RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATO AL PARLAl\lBNTO ITALIA: anno lire &; semestre lire 8 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Un numero separato Cent. 20. Anno Il. - N. 20. Abbonamentopostalo Roma30 Aprile1897 Sommario. LA RIVISTA_ Sull'attentato. A I Procuratore del Re. R. M1RABELL- I La democrazia radicale nel Parlamento. - Primo Maggio. G. BoNAGIUSO- Idee e denaro. Prof. A:sTONIOF1c1 - Etica Naturale. BENEDETTOCROCE- Polemica sul materialismo storico. FRANCESCOPARESCE-. Due romanzi. Cronaca Politica. Sperimentalismo Sociale. Notizie Varie. Recensioni. Pubblicheremo net prossimo numero un articolo di J. Novicow. La vita umana ci è sacra e sentiamo orrore, per qualunque attentato contro di essa. Poco ci importa che la vittima designata sia un Re, un Presidente di repubblica o un semplice borghese. In nome dei nostri sentimenti e· dei nostri principi, perciò, ci associamo alla protesta degli Italiani per l'attentato contro la vita di Re Umberto, che con molta filosofia lo qualificò sin dal primo istante : un piccolo incerto professionale. Chi ci conosce non sospetterà menomamente della sincerità della nostra protesta e del nostro rammarico; a coloro che non ci conoscono diremo che se non bastassero i nostri sentimenti, il nostro interesse ci farebbe odiare i metodi violenti preferiti dagli anarchici e dai pazzi che giovarono sempre soltanto a coloro contro cui furono diretti. I regicidi non condussero mai alle repubbliche, come l'assassinio del Presidente Lincoln non valse a ristabilire la schiavitù, e quello di Carnot non uccise la repubblica. Una répubblica, poi, che non fosse la espressione della matura convinzione degli italiani, una repabblica sorta da un regicidio o da un disastro nazionale, non è il nostro ideale perchè sarebbe una repubblica bastarda, sterile e poco duratura. L'attentato del 22 Aprile, però, dovrebbe servire di ammonimento ai governanti; e l'ammonimento viene dall'interrogatorio di Pietro Acciarito. Domandato quale mestiere esercitasse rispose: « l' affamato » Rinnovatogli la domanda ripetè:: l'affamato ». Poscia spiegò meglio la risposte : « avevo nn piccolo negozio di chiavaro ; ma siccome non facevo chiavi false, il lavoro mi manco. Ne cercai, ma non mi riuscì trovame. É oggi questa la condizione di tutti gli operai: il lavoro manca e la fame aumenta. Quando oggi vidi tanti signori tante livree, tanto lusso e pensai che il Re aveva dato 24000 lire pel cavallo vincitore, perdei la testa e feci quello che feci ». Alla domanda se appartenesse a qualche partito rispose : « No ; quello che ho fatto l'ho fatto s.olo per conto mio ». Pietro Acciarito che non faceva chiavi false fu trascinato all'atto disperato ; altri che con chiavi false hanno derubato il tesoro dello Stato non sono andati in galera o al manicomio, dove finirà l'.Ac- · ciarito .... Quali saranno le conseguenze dello stolto attentato contro Re Umberto ? Il Corriere di Napoli, giomale ultramonarchico e conservatore per giunta all'annunzio del fatto osservò: « Non mancheranno coloro che vorranno trovare nelle speciali condizioni degli operai a Roma, nei pericoli di certe propagande, la causa dell'attentato: ma il delitto politico il quale non sia conseguenza di un complotto e che non profitti agli autori - cosa impossibile negli Stati liberi - è sempre l'opera di un pazzo o di un auto-suggestionato ». Poteva aggiungere che non mancheranno coloro che renderanno responsabile l'on. Di Rudinì della colpa di .Acciarito, come resero responsabile Cairoti e Zanardelli dell'attentato di Passanante. In Inghilterra dove gli attentati contro la regina Vittoria furono numerosi, i loro autori furono mandati al manicomio senza che i loro atti esercitassero alcuna influenza sinistra sulla politica intema. In Italia abbiamo una grande paura che come Ca-
38i RIVISTA POPOLARE DI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI serio e Lega serYirono a biechi fini della reazione sotto Crispi, così l'Acciarito servirà ai fini non migliori della reazione sotto di Rudinì. E più che una colpa sarà un altro errore dell'attuale ministero. ~l c!§rocuratored l <!je. Non avremmo mai creduto che un Procuratore generale come il Comm.Forni, che ha delle buone qualità, avesse potuto ordinare il sequestro del N. 19 dela Rivista per un articolo innocentissimo. 'Egli avrà presa l'abitudine dei sequestri arbitrari in Sicilia, durante lo Stato di assedio, e la vorrà continuare in Roma per fare cosa gradita all'onorevole Costa, ministro di grazia e giustizia, che si rese celebre da Procuratore generale per le sue persecuzioni contro la libera stampa. Sarebbe inutile la nostra protesta. Ci limitiamo soltanto a sfidare il sig. Procuratore generale a farci subito il processo, prima che Yenga l'amnistia del 2 Giugno, che riesce comoda solamente a chi ha tutto da temere dalla pubblica discussione, cioè al magistrato che sequestra per libidine di arbitrio. Da parte nostra lo possiamo assicurare che l'on. Colajanni - direttore responsabile - pregherà vivamente i suoi colleghi della Camera dei Deputati ad accordare immediatamente l'autorizza zione a procedere contro di lui, non appena verrà chiesta. LA RIVISTA Lademocrazia radicalen lParlamento. Nel convegno del 6 aprile, indetto dag:i an,ici Vendemini, 'l'arvni e De Andreis, la mia parola, fu dinanzi alla situazione grave del paese e do' partiti ropolari d'Italia, determinata dal desiderio di rimuovere, se possibile, un dissidio tra' migliori - che, finora, nel paese e ne' partiti popolari, hanno combattuto le battaglio della libertà e della. moralità. ll dissidio, secondo me, è nefasto al progre3so dei partiti popolari e alle sorti del paese, che dal processo evolutivo di questi partiti attende la s tlute sua. Mii, come ora., la democrazia radicale entra nel Parlamento forte di numero, di dottrina, di ftlde, di carattere, di ingegno. E che cosa è la democrazia radicale ? Per me, la comune classificazione dei partili popolari è politicamente e scientificamente erronea. Il partilo radicale, se tende a mutar la forma politic1 dello Stato, è partito republicanc; se ten le tende a mutare l'ordinamento economico, è partito soci i lista.. Ma il socialism '.l non deve cristallizzarsi nel collettivismo. Quebto, nel parer mio, è, o dovr•ebbe essere, il gra.ndo sigmficato del partito radicale - cui non è, perciò, sottratto nessuno dei prublemi politici e sociali contemporanei. * Ma. è, o può essere, questo il significato e l'azione del partito radica.le nell'assemblea legislativa ? Di certo, no: se un partito volesse proclamare nel Parlamento la repubblica. o il collettivismo, farebbe ridere i pollai italici. Ma può, invece, un partito radicale, con un'azione illuminata e costante, minai·e da' fondamenti, dalle radid la cost:tuzione politica dello S ;a.to, per derivarne i cor->llari logici e necessari anche nell'orbita vasta della legislazione sociale. Un 'azione simigliante nel Parla.mento può questo p.1rtito esercitarla - rivendicando, serenamente e coraggiosamente, a.Ila nazione quella parte della sovranità, che le fu confiscata., qnando, a' primordi del risorgimento suo, elesse il capo e la forma politica dello Stato. In che consiste questa rivendicazione ? Quest'alta e suprema rivendicazione consiste nel r;conoscimento legista.ti vo, pieno e sincero del diritto della scheda a tutti - in un paese, che col suffragio di tutti è surto a dignità di nazione nel consorzio degli Stati civili - e nel! 'esame largo e profondo di una Carta costituzionale octroyèe, che non è plebiscitaria: anzi è in contraddizione co' plebisciti, i quali sono il fondamento storico e giuridico dell'Italia. moderna. .. * * Perchè non dovrebbe, dunque, essere questa la base comune di un partito radica.le nell' assemblea. legislativa, la bandiera. - intorno a cui bene possono stringersi tutti i partiti popolari ? Su tale ba.se si possono combattere, nel Parlamento - senza sterili ed accademiche proclamazioni di principii astratti - tutte le battaglie della libertà, politica, civile, giuridica, morale, sociale: il che risulta evidente dall'analisi attenta e comparata di non poche dispo~izioni, contenute nello statuto albertino, con le al1re costituzioni europee più progredite. Muterebbero d'incanto i lineamenti e gli orizzonti della politica estera ed interna, con una profonda rivoluzione nel campo del diritto pubbiico, se si assestasse un buon colpo di piccone a quelle disposizioni shtutarie, che effigiano in halia il jus regium,e tradiscono i diritti immanenti ed inalienabili della sovranità popolare. • * * La democrazia radicale deve ritemprarsi al concetto nativo del diritto costituente - ripigliando la grande tradizione di Giuseppe Mazzini. Nel '71 il sommo italiano vedeva nell'abdicazione di tale principio la cagione suprema delle condi.z-ioni morali che lamentiamo e che minacciano d( ,pegnere in culla la nuova vita. E l'Estrema Sinistra. - se non vuo!e spezzare il Ilio del suo passato migliore - può scrivere ancora, nella storia patia menta.re d'Italia, pagine memorande, come quelle, cui nel '63 e nel!' 82 accennò un valentuomo, che fo capo suo venerato, t>d è oggi, sovente, errJnea.mente invocato - Agostino Bertani. N~l '63, ei rammentò al ministro Pauzzi il radicale concetto proclamato dal popolo lombardo vincitore alle barricate nella rivoluzione nel '48, e i gloriosi precedenti del Parla.mento subalpino - quando Vincenzo Gioberti, capo del Ministero democratico, ab-
RIVISTA. POPOLA.REDI POLITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI 383 bracciò, con entusiasmo, l'insegna della costituente italiana, e Li Camera e il Senato la votarono, e necessa1·ia la giudicò il Pinelli: però che lo statuto, che oggi rappresenta l'arca santa di tutte le libertà, non poteva per lui, Pinelli, che era il capo eminente dei conservatori d'allora, come p3r Ricci, Manno, GiovanneW, Balbo, Cadorna, Tecchio, dirsi confacente allo stato dell'opinione generale, Queste e altre cose significò, nel '63, il Bertani, serenamente, vigorosamente - senza che il campanello presidenziale ne strozzasse la libera parola: e poi, nel 1882, egli, lo scienziato, il cui nome si lega alla storia delle audacie più belle nel risorgimento d'Italia, proclamò alto che lo statuto non è mica la legge fondamentale del paese, non é plebiscitario: osservando, trionfalmente, al Farini che di statuto su le tavole plebiscitarie non c'è verbo - e che monarchia costituzionale non dice quale la costitu• zione sia. Tesi svolta magistralmente e mirabilmente, more solito, da Alberto Mario - il più forte ed elegante polemista, che l'Italia abbia avuto, in materia di storia contemporanea e per certi punti di ragione costituzionale. ,,_ * * Il gruppo parlamentare che s' appunta all'amico Cavallotti, ha bene meritato della. democrazia, dichiarando di essere fermo nel riconoscere la sovranità nazionale, immanente nel popolo e già esercitata coi plebisciti. Ma bisogna essere precisi: e intendiamoci. Che cosa è mai la sovranità nazionale, se si prescinde dal dirit:o costituente - ohe è uno dei ca.rdini, nei quali s'integra. e su' quali la sovranità popolare poggia? Statuto o Suprema Potestas, ecco il dilemma: e se, davvero, presupposto della. democrazia radicale è ..:.. com' è - la sovranità nazione.le, obbietto dell'Estrema Sinistra, che in Parlamento è voce del partito radicale, dev'essere la. riconquista del diriLto costituzionale - senza di çui la sovranità nazionale è una lustrJ. rettorica, una vescica. sgonfiata. L'Italia fondò, coi plebisciti, l'unità politica ed elesse il re - non esercitò il diritto costituente. La sovranità le fu confiscata. Lo statuto piemontese si sostituì al patto nazionale - che un'assemblea eletta dalla collettività plebiscitaria, doveva elaborare e votare. N è lo sta.tuto è confondibile co' plebisciti: i plebisciti rispecchia.no la sovranità della nazione - · lo statuto deriva dall'a.utorità del principa. La differenza è, costituziona.lmente, essenzia.le. * * * In ci6 nessuna eterodossia politica, Il voto per una nuova Carta costituzionale é an• che conforme a.Ha tradizione della casa Sabauda.. Nel 1848, Carlo Alberto, accettando la fusione della Lombardia, di Padova, di Treviso, di Vicenza e di Rovigo, fece solenne promessa e si obbligò di con· vocare una costituente italiana con voto universale. Si legga il decreto reale del 13 luglio 1848: a.nzi fu legge votata dal Parlamento e sanzionata da Carlo Alberto. Nel 1859, la Lombardia, unendosi al Piemonte, si richiamò, espressamente,' a.ll'atto fusionista del 1848: e Vittorio Emanuele accettò la Lombardia, in virtù di quel dect•eto popolare _ nel quale é formale, categorico, l'obbligo e il patto della costituente. Si legga il manifesto solenne del Municipio di Milano del 5 g:ugno 1859 e l'altro dell' 8 - dove, chiaramente, è mentovato il diritto storico delt' atto di fusione del 1848: e si legga il proclama del 9 giugno - che il r.i bandi a' popoli di Lombardia. * * * Questi precedenti storici della vita italiana furono altra volta evocati nel nostro Parlamento. Il 13 giugno 1863, il ministro Peruzzi - stigmatizzato il pl'ogramma di un sodalizio democratico, perché invocante un patto nazionale, dettato da tutti, votato da tutti, supremo per tutti - esclamò: < Signori, io credo che di patti nazionali l' Italia « non ha bisogno. Ne ha uno: lo Statuto. Non ne « vuole altro. ► Ma un deputato interruppe : « Lo voleva Cavour. ► Onde il Peruzzi: « Io non credo che Cavour volesse questo. Per me, « o Signori, chiunque intende nei limiti dello Statuto « allargare le nostre istituzioni fa opera di buon cit• « tadino; ma chiunque voglia mutare il patto scritto ... ► E qui rumori della sinistra, che aveva altri sensi, allora l Ma il Peruzzi proseguì : « Chiunque voglia mutaN il patto scritto è un ri· « belle, e come ta.le lo trattel'ò. » E aveva torto. Cavour, nel suo Maidén' s speech si dichiarò faut:'ore del patto, cui il voto lombardo per la fusione era condizionato :- e, nel Risorgimento, pubblicò scritti di Rosmini su la futura costituente. Quel deputato, che interruppe, aveva, invece, ragione: ed era il Crispi. Onde la sinistra storica fece della costituente, per lungo volge~ di tempo, il cap;isaldo del suo programma : ed il Crispi nel 1860, con Cattaneo, Garibaldi, Mario, Bertani, Mordini e altri, parteggiava per le assemblee - da cui era inscindibile il con· cetto di elaborara e votar'e un patto fondamentale, nazionale. * * * L' ora p1•esente è per i partiti popolari solenne: mai, come ora, la democrazia. radicale parlamentare può rendere servigi alla causa della libertà e del proletariato in Italia: un manipolo compatto e serrato di 80 e più deputati può rovesciare, a data ora, qua• lunque gabinetto, che voglia essere di oste.colo o di inciampo alla evoluzione sto1•ica e fa.tale de' destini popolari. Ma questo manipolo - se davve1•0 vuol essere utile alle sorti del paese - non deve scindersi in gruppi, gruppetti e gruppettini : ed io vorrei l'autorità, che non ho, per inculcare a tutti i più cospicui rappresentanti de' partiti popolari la concorJia massima intorno alla bandiera, spiegata al vento, nel 1879, da Giuseppe Garibaldi: nelle cui pieghe sono scritti i nomi di Bertani, :Mario, Bovio, Cavallotti, Imbriani, Colajanni ed altri. Questa è l'ora del tempo. R. MIRABELLI. Deputato al Parlamento
384 RIVISTA.POPOLA.RE DI POLITICA.LETTERE E SCIENZESOCIA.LI PRIMO MAGGIO. Quand on démonsti·e c'ést avec des fusils ! Così il Cipriani commentava, al Congresso di Parigi del 1889, il voto che istituiva una grande dimostrazione internazionale pacifica dei lavoratori, da ripetere ogni anno il primo di maggio. La dimostrazione si ripete da sette anni ; ed è andata di mano in mano perdendo quel carattere minaccioso o rivoltoso che parve avere nei primi tempi, o a dir meglio, che le attribuivano i paurosi delle classi proprietarie, e i governanti sempre in agguato dei fusils di Cipriani. - E questa paura ha fatto qualche primo maggio sanguinoso come Carmaux e Santa Croce in Gerusalemme ; ha fatto qualche primo maggio comico come quando la cavalleria di Nicotera fu fatta manovrare per tutte le piazze d'Italia alla ricerca del dimostrante da caricare ; e poi i primi maggio crispini festeggiati alla chetichella per « biglietti d' invito ». Quelle paure sono ormai passate. Il popolo i_laliano ha accolto lietamente questa festa, ed essa tro va celebratori anche eterodossi; poichè siamo larghissimi, noi italiani, in questa materia. In alcuni luoghi, essa assunse fin da principio un carattere di vera festa nuova, come di una nuova e più vera annunciazione, e chi vide tal festa, in quei primi anni, nelle campagne dell'Emilia non la può scordare, come per un altro aspetto non sono dimenticabili le grandi dimostrazioni nei paesi' industriali del Belgio. Ma quella poesia ch'era fatta di freschezza si perde presto; ora il primo maggio è diventato una festa normale che non desta grandi paure da una parte nè, dall'altra, grandi entusiasmi. In ogni paese i partiti, celebrandola, le attribuiscono un signi ficato, diremo così, di attualità politica; si valgono di quel giorno per agitare la questione del momento: il primo maggio a significato unico mondiale, s' è andato spezzando in tanti significati locali, com' era naturale che avvenisse; e in un paese si preparano le elezioni, e in un altro si organizza la resistenza dello sciopero, e in un terzo si buttano i primi semi di propaganda perchè maggio li fecondi, e via via. Ma l'unità della festa rimane. Quest' anno par meno significante e richiama meno l'attEmzione, questo primo maggio, anche perche coglie il proletariato in un mrmento di quasi incertezza. Gli avvenimenti di Oriente hanno trovato i partiti socialisti d'Europa non concordi nel preHdere posizione. i va dal filellenismo ad oltranza di quello italiano alla quasi turcofìliadi quello tedesco. Alcune delle ragioni di cotesto vario atteggiarsi sono evidenti ; di altre l'esame pur interessante, sopratutto per noi, ci porterebbe ora troppo in lungo e fuori di tema. Qui nota ramo soltanto qualche causa cieli' apparente minor coesione del proletariato in questo primo maggio. Ma in realtà si rinnova anche quest'anno, in quanto è delle riven· dicazioni proletarie, ii fatto e lo spettacolo della solidarietà. internazionale, ed è cieco cl'occhi e di mente chi di quello spettacolo non vede la bellezza e di quel fatto non intende la portata. IDEE E DENARO. Non è un fenomeno nuovo quello che qui vogliamo rilevare e confutare, anzi è vecchio abbastanza e, malgrado quanto se n'è detto replicatamente, a quanto pare poco ha perduto della sua resistenza. Ciò è doloroso, ma è così, e non c'è che fare; le questioni controverse non si sciolgono mai d'un tratto; è necessità tornarci sopra sempre; bisogna insistere quante volte si può per riuscire a far breccia nell'inerzia dei pregiudizi dominanti. La sapienza latina a questo proposito ci ha lasciato un grande ammaestramento: repetita y"uvant. Il fenomeno è questo, che molti si permettono di trinciare gmdizi sopra cose e fatti che, non solo non sono di loro competenza, ma che non hanno osservati nè da vicino nè da lontano, che non hanno studiati nè poco nè molto e che spesso conoscono appena di nome, quando non li abbiano intesi per la prima volta. Comunemente si osserva che una persona competente, la quale ha avuto agio di guardare da tutti i lati una questione • e di approfondirla, non va così presto al giudizio come chi di quella questione è profano; si può dire anzi che quanto più si è profani, tanto più facilmente si giudica, tanto più leggermente si sentenzia, quantunque poi, a far mostra di serietà, si vada ripetendo da tutti che il vero ed il falso non si separano mai d'un colpo e con un taglio netto. Di questi tempi è il socialismo che fa le spese a tutti i fannulloni sputasentenze che, assorti nel loro ramo cli studi - se studiano, - isolati n~lle loro professioni - se hanno una professione, - trincerati sempre nella loro presunzione, inseparabile dall'ignoranza, si fanno leciti sentenziare a destra ed a manca sopra dottrine e questioni che non hanno potuto o saputo studiare, per nes· sun verso e delle quali perciò sono incompetenti. Così un avvocato, che non è andato mai al di là dei codici ; un medico, che non s' e allontanato mai dal fare J"icette; un ingegnere, che s'è occupato solo cli progetti costruttivi; un professore, che ha passato il suo tempo a ricordare regole di grammatica ed appunti di letteratura, così un veterenario, un notaio, un farmacista, un prete, un ufficialetto dell'esercito, persino un delegato di
.RIVISTAP. OPOLAREDI POLITICA.LETTEREE SCIENZESOCIA.LI 385 P. S., che non hanno avuto l'audacia di oltrepassare le incombenze immediate alla loro professione o carica, ciò IT\algrado si credono nel diritto di asserire ora una ora un'altra cosa - la quale per lo più non può essere che uno sproposito - sul socialismo, di cui conoscono appena il nome, di cui sanno tutto al più quello che i giornali borghesi hanno interesse di spacciare per calunniare tuttodì. Ordinariamente un contadino, p. es., non si azzarda ad ammettere giudizi sulla meccanica, nè un meccanico sull'agricoltura; un calzolaio non si permette di sentenziare, p. es., sulla oreficeria; nessun operaio, insomma, che sia uno sciocco, si fa · lecito elevarsi a maestro di un mestiere o di un arte che non sia la propria. All'opposto, medici e farmacisti, ingegneri e preti, avvocati e delegati di P. S., coll'albagia dei satrapi antichi, si elevano a giudici inappellabili, condannando il socialismo come err0re od utopia, senza che di socialismo e di sociologia conoscano neppure i primi elementi. Infine, per le arti ed i mestieri si riconosce una competenza specifica, per le professioni invece, non si sa con quanta e con quale logica, si vorrebbe ammettere, non solo la competenza, ma quasi la onniscienza. Questa, per un altro verso, è quella stessa questione - di cui forse ci occuperemo un'altra volta - per cui, a difesa di certe false dottrine e di più false credenze, si adduce l'autorità di alcuni grandi uomini che, geniali nelle arti o nelle lettere o in altri rami dello scibile, in quelle credettero ciecamente o, meglio, da quelle non ebbero la forza di emanarsi. * * Per molti, che misurano tutto da sè stessi, il denaro è tutto, è - come Gothe fa dire a Faust - il signore del mondo ; chiusi nel loro gretto egoismo, non ammettono ci possano essere individui psichicamente differenti da loro e moralmente a loro superiori. Secondo costoro l'influenza del denaro è così micidiale ad ogni ideale, che un ricco che lo professi non può sottrarsi ad ogni genere di frizzi e d' insinuazioni, di sospetti e di calunnie. Per questo strano modo di pensare ci tocca ancora Eentire dei marroni che sembrano impossibili, come questo, p. es., che chi è ricco non può essere un socialista. C' è proprio da sbalordire dell' iner· zia mentale, o meglio, della cecità di certa gente, la quale non sa vedere neanco ciò che tuttodì le va a cavare gli occhi, cioè che ricchi ed agiàti sono stati sempre gran parte dei partiti rivoluzionari; che ricchi ed agiati sono- stati appunto gli espositori e gl' interpreti della dottrina socialista; che ricchi ed agiati sono stati appunto gli espositori e gl' interpreti della dottrina socialista; che ricchi ed agiati furono i precursori e sono i leaclers più laboriosi e più risoluti del partito socialista. Si pretenderebbe che i socialisti ricchi si spogliassero dei loro averi e si riducessero in umile condizione; si pretenderebbe che spartissero e dessero via tutto in elemosina, come facevano i primi cristiani, senza capire che costoro vissero circa venti secoli fa e che perciò avevano della vita un criterio così differente dal nostro, da fare della miseria, eh' è il coefficiente delle turpitudini umane, una cosa meritoria ed indispensabile per la conquista del regno de' ci'eli, mentre pei socialisti lo scopo della vita è l'agiatezza per tutti nel regno della terra, agiatezza eh' è il coefficiente necessario delle virtu sociali ; senza sospettare che lo spir-ito del socialismo non consiste nella rinunzia ai beni della terra, ma invece nella conquista o, meglio, nella rivendicazione di questi beni. E poi questi censori sono sicuri che tutti proprio tutti i primi cristiani si spogliassero dei loro ·beni per portarne il ricavo ai piedi degli apostoli? Possono giurare che molti non dessero che una parte sola, pii'.1o meno grande, delle loro sostanze? Possono mettere la mano sul fuoco che molti non rifuggissero e non si astenessero dall'adempire tale precetto? Se collo stesso criterio noi asserissimo che chi è ricco non può essere un cristiano - ed il paragone evangelico del camello attraverso la cruna di un ago, con quel che segue, sta per noi - cosa direbbero quei signori ? Che noi vorremmo spacciare delle fandonie, precisamente come con maggior ragione pensiamo di loro. Se i socialisti militanti portassero a conoscenza del pubblico quanto direttamente costa loro questa fede, non solo di lavoro, ma anche di borsa, certo non sarebbero creduti - si negano fatti più evidenti! - e li accuserebbero di superbia, di ostentazione, di vanità - se le attribuiscono loro senza essere! - che sono la negazione di ogni fede. Non sarebbe poi annesso di citar loro con sussiego il noto precetto evangelico che la destra non debba sapere quello che fa la sinistra; appunto perchè i socialisti secondano tale precetto, piì1 umano che evangelico, sono accusati di non far nulla, di non aver fede, di non essere socialisti. Pensare a convincere del contrario questa gente volgarmente scettica, e per<:)iòprevenuta contro di noi, è tempo perso. Adesso dicono che facciamo per vanagloria, 'per fanatismo; se poi dessimo via tutto veramente, se ci riducessimo alla miseria o quasi, ci deriderebbero come sciuponi e come imbecilli che ci siamo privati di una validissima arma di difesa, che abbiamo abbandonata una cOJ·azza invulnerabile, senza bisogno e senza fruito alcuno - allora si ricorderebbero delle nostre dottrine,
386 RIVISTA.POPOLA.REDI POLITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI ora no, perchè non basta che tutti i socialisti si spoglino dei loro averi, non basterebbe neanco che facessero altrettanto tutti i ricchi della terra quando è il sistema che deve mutare. E dire inoltre che questi tali sconoscono il nome non che la vita dei socialisti più battaglieri; e dire che non hanno avuto mai in mano i nostri giornali, che s'incaricano delle sottoscrizioni; e dire che ignorano quanto costano le persecuzioni, i processi, le contravvenzioni, le condanne al confino, domicilio coatto, al carcere, alla reclusione; e dire che non sanno quanto ogni socialista spenda per giornali, riviste, opuscoli, libri di propaganda; e dire che non possono aver sentore delle collette che si fanno a prò dei compagni più bisognosi ; e dire che non possono apprezzare non solo il sacrificio dei guadagni di una vita egoistica e dei piaceri della giovinezza, ma le pene, i dolori, le inimicizie, le sconfitte, le calunnie cui vanno. incontro i seguaci di un ideale nuovo, i soldati di un partito giovane! Eppure accusano ! * * Questi accusatori hanno un concetto così poco esatto della natura umana, che non sanno immaginare gl' individui appartenenti ad un partito od ad una religione, professanti una comune teoria o dottrina che tutti d'un pezzo, simili, avzi identici, senza differenze, senza gradazioni, senza sfumature, proprio alla stregua della uguaglianza assoluta, che poi addebitano a noi socialisti, che non l'abbiamo mai neppure sognata. Il loro criterio è così falsato dall'assenza di ogni esperienza da stimare ingenuamente che le credenze e le dottrine, le convinzioni e le idee comuni possano debbano anzi trasformare completamente l'individuo che le professa, anche in ciò eh' esso ha di più individuale, di più particolare; credono che gl' individui, dimenticando repentinamente tutto e tutti, sottraendosi alla eredità e alla educazione, facendo astrazione del tempo e dell'ambiente, possano farsi assorbire interamente, come un eremita od asceta qualunque, di vecchia memoria. 'ulla di più falso. La credenza comune - di qualunque genere essa sia - non può mai uniformare in tutto e per tutto gl"individui che la condividono e la professano; nè la identica professione produce in ognuno la stessa intensità di fedé; nè la medesima fede può cancellare le passioni ed i caratteri che sono specifici ai diversi individui. Una trasformazione avviene, certo, ma fino a certo punto e giammai in senso assoluto. Poeta nascitiw, dicevano gli antichi, intraYvedendo una grande verità; la verità è questa, che non solo si nasce poeti, ma si nasce avari o prodighi come si nasce buoni o cattivi, vili o coraggiosi, miti o violenti; la verità è questa che si nasce avari o prodighi come si nasce pacifici o battaglieri, conservatori o progressisti, retrog1;adi o rivoluzionari. Lo stesso fenomeno psicopatico degli asceti e degli eremiti - degni di altri tempi e che oggi verrebbe curato nelle case di salute - anche nel cristianesimo non fu generale, ma fu delle eccezioni, e di eccezioni pur troppo non va esente nessun partito. Ogni uomo sorte dalla natura una dote fisica e psicologica - dovuta alla eredità in armonia col1' ambiente - più o meno varia, nè tutta buona nè tutta cattiva - meno casi eccezionali che vanno dal nano al gigante, dal cretino al genio - che le idee nuove possono modificare più o meno profondamente, ma non distrurre. Così nel partito socialista - come in ogni altro partito - al di sopra delle convinzioni, ·prevale il carattere personale. Molti, p. es., sono pronti a profondere il loro avere a prò della causa abbracciata, mentre hanno un sacro errore pei birri; altri sono pronti a cimentare la pelle, non che la libertà, mentre sono restii a mettere la mano alla borsa; alcuni non sanno stare senza lotta, senza sconfitte, senza dolori, quando altri amano sopratutto il quieto vivere. Può darsi che l'una e l'altra virtù coincidano nella stessa persona; fortunatamente abbiamo molti di questi esempi eroici; ma essi, per quanto ammirevoli, non infirmano la regola generale. Un partito di eroi, in cui ogni membro concentri in sè tutte le virtù sociali, non s'è visto mai; in ogni partito, fra gli estremi dell'eroismo e della vigliaccheria, si stabilisce la media - la maggioranza - in cui le diverse virtù, in maggiore o minore misura, si contemperano, ed è questa media che ne costituisce la spina dorsale e gli dà la caratteristica propria. Ora nessuno potrà negare che nei partiti giovani - come il socialista - il lato buono è tanto più sviluppato quanto meno lo è il lato cattivo; ne risulta quindi una moralità media più elevata di fronte ai partiti vecchi, in cui succede l'opposto. Fra i socialisti - come fra i non socialisti - pur essendo una la fede, certo che in questa fede e' è differenza d'intensità fra un individuo ed un altro, a seconda dei diversi fattori che vi concorrono, specialmente del temperamento e dell'educazione. Facciamo un esempio: i cristiani sono tutti avari o tutti munificenti, sono tutti crudeli o tutti pietosi? Giammai; fra Domenico di Guzmav, che esultava nel bruciare la gente, e Francesco d'Assisi, che appellava fratello fino il lupo, e' è una scala immensa di gradazioni; eppure nessuno si attenta a negare che entrambi sieno cristiani, se ne togli tutto al più il modo e la misura. La legge1·ezza e la munificenza sono qualità che
.RlVISTAPOPOLAREDI POLITICA.LETTERE E SCIENZESOCIA.LI 387 poco o nulla hanno da vedere colle convinzioni ; la fede quindi non si può nè si deve misurai e col criterio delle oblazioni. Spilorci e splendidi, pur troppo, ce n'è da pertutto, in tutti i partiti e al di fuori dei partiti; ce n'è fra i ricchi e fra i po veri. Ciò è tanto vero che un prodigo - sia socialista o antisocialista, sia credente o miscredente - profonde il denaro indifferentemente pel partito o per la religione, come per qualunque altra cosa. Appunto per questo ci può essere un socialista. convinto che non dia un soldo per la causa, ed un socialistoide che spenda molto per la stessa, · tale e quale come ci sono cristiani ferventi che spendono nulla e cristiani molto tiepidi che spendono assai per la chiesa. Teoricamente forse così _non dovrebbe essere, nel fatto però è così, malgrado che le contigenze spesso impongono dei sa - crifizi pecuniari contrari al proprio carattere. Ma allora - ci si osserverà - quale differenza passa fra la fede socialista e le altre ? Ne passa molta, e consiste in ciò, che il socialismo, per correggere nell'uomo le cattive passioni e migliorarlo, si rivolge contro la causa del male, eh' è il cattivo sistema sociale ; mentre gli altri pat·titi e le religioni, pur predicando la giustizia e la virtù, non riescono a nulla, rivolgendosi direttamente agli uomini, senza smuovere le vere cause del male. Di più, una fede nuova suscita sempre maggiore entusiasmo ne' suoi seguaci, entusiasmo che si esplica colla propaganda, la quala non può non attirarsi le persecuzioni dei poteri costituiti. Ma « le persecuzioni mutano le idee in sentimento » - diceva ~Iacchiavelli - e « dov' è più sentimento - aggiunge Leonardo da Vinci - li è pitt martir·io ». * * Per questa disposizione congenita - cui abbiamo accennato - due sono le vie per accedere al socialismo: prima è quella del sentimento della giustizia, in omaggio alla quale si rinunzia ai privilegi della propria classe, si sacrificano i propri interessi a quelli della maggior parte, ed è la via dei ricchi, nobili o borghesi ; l'altra è la via del proprio interesse, ed è quella dei lavoratori e dei proletari, di tutti quegli sfruttati e spostati che nel socialismo vedono la fine delle loro miserie ; non deve escludersi, inoltre, che alcuni sono mossi un po' dall'una un po' dall'altra ragione, e sono quelli che appartengono alle così dette classi medie. Quando perci6 un ricco, dir.hiarandosi socialista passa a militare in favore del proletariato, lo si deve riconoscere senza sospetti, perchè questo nella storia è stato sempre un fenomeno strano, se si Yuole, ma normale. L'accusa di vanagloria e di ambizione contro di costoro non regge, in quanto per altra via potrebbero soddisfarle meglio queste passioni tristi, senza i pericoli e le sofferenze che i seguaci di una fede nuova non possono scansare. Può darsi che costoro, per motivi più o meno plausibili. più o meno ignobili, possano quando che sia smentirsi, ritirarsi, defezionare, tradire; ma ciò accade pure in persona di lavoratori. È un fenomeno, dunque, comune a tutte le classi come a tutti i partiti, ed è appunto perciò che non infirma un fatto tanto interessante quanto costante. La cosa procede un po' differente pei proletari, che subiscono la prima spinta solo dall'interesse egoistico, del resto tanto legittimo quanto e più del puro altruismo. Se costoro hanno avuto tempo e modo di subire una educazione socialista, cioè, se hanno avuto agio di formarsi una coscienza veramente socialista, temperando l'egoismo coll'altruismo, qualunque ne sia la ventura della vita, non muteranno di convinzione. Ma se la educazione socialista non li ha sfiorati non che maturati; se la coscienza non s' è fatta o è in via di formazione, allora potrà benissimo darsi e non darsi che un terno al lotto, una ricca eredità od altro li faccia mutare di idee. Avviene all'uomo quello che avviene alle miscele chimiche: un piccolo perturbamento intempestivo le può guastare, mentre ad operazione finita cento scosse non possono pitt alterarle. E che perciò ? Il denaro - è chiaro abbastanza - se ha influenza è sugli incoscienti, sui fiacchi, sui timidi, non ne ha sui coscienti, sui forti, sui coraggiosi, cui il mutare di tempo e di fortuna non 1 iuscirà a mutare nessuna delle loro convinzioni nè la minima delle loro idee. Non c'è dubbio che su alcuni individui di carattere fatuo la improvvisa ricchezza, come la inaspettata persecuzione, ne attutiscono l'entusiasmo e l'audacia, dovuti alle strettezze economiche o alla propria leggerezza; ma ciò avviene in tutti i partiti, perchè in tutti i partiti e' è sempre chi inconsideratamante spingesi fin dove poi non sa e non pu6 restare. Ma allora in che consiste - diranno alcuni estranei al nostro partito - la differenza fra socialisti e non socialisti? - Consiste in ciò, che mentre gli altri partiti hanno uno scopo indi,·iduale e di classe, il partito :ocialista invece ha uno scopo generale ed umano ; quindi, menti-e i partiti borghesi, per la immoralità del loro fine egoistico, rendono immorali i loro componenti, il partito socialista, invece, proponendosi un fine onestamente egoaltruistico, alla onestà deve informare la condotta dei suoi seguaci, e nella solidarietà di co.-toro trova la fot•za di sconfessare ed allontanare i disone><ti.Così, mentre gli altri partiti sempre più s'inquinano e si corrompono, il partito socialista invece i.J il convegno dei buoni e degli animosi, che non possono
388 RIVISTA POPOLAREDI POLITICA.LETTERE E SCIENZESOCIA.LI nè sanno tollerare la disonestà nelle sue svariate manifestazioni. Tutto ciò ha un riscontro così eh iaro ed esatto nei fatti, che non riesce poi tanto difficile il convincerne quei maldicenti quanto buontemponi di accusatori ; e poichè su questo terreno le loro accuse sono insostenibili, sdrucciolano sempre su di un altro con accuse di altro genere. - Perchè - dicono - i socialisti ricchi non impiantano nuove indush'ie, perchè non aprono stabilimenti, perchè insomma non forniscono agli operai quel lavoro di cui da tutti si lamenta la mancanza? - Così dicendo costoro non si avvedono di offrirci la prova palmare della loro ignoranza sn tali questioni; essi mostrano di sconoscere che i grandi rivolgimenti - come l'industrialismo - si verificano per cause indefettibili superiori alla volontà umana; mostrano di non sapere che l'industrialismo non si produce - come i fiori di stufa - artificialmente e che nell'attuale periodo storico è sfruttatore del lavoro umano, nè può vivere ed esistere altrimenti ; essi non sospettano neanco che l' immaginarsi l' industrialismo favorevole agli operai è come immaginarsi il lupo amico degli agnelli. E poi per l' industrialismo - come per le altre cose - ci mole un'attitudine speciale e noù tutti i ricchi socialisti - che ci possono fare? - hanno il bernoccolo industriale. Perchè, inoltre, una industria vada bene - certo non si fa nulla per andar male - senza compromettere l'agiatezza del proprietario, è giocoforza che si assoggetti alle leggi economiche del tempo e del luogo, cioè d_eve andare di conserva colle altre industrie e cogli altri industriali se non vuole restare schiacciata dalla concorrenza non solo ma dalla vendetta della borghesia industriale che avendo piede nei pubblici poteri, di questi si serve per strozzare il rivale con ogni sortà d"imposte e di angherie. Ogni ricco socialista, infine, deve anzi rifuggire da ogni impresa industriale per non dare il triste spettacolo - ·che il volgo non sa spiegarsi - di sfruttare gli operai come tutti gli altri industriali, per evitare il fallimento. Tutto ciò forse riusciri1 chiaro abbastan1.a a chi non conosce o non riconosce il materialismo storico o determinismo economico - come lo chiama E. Ferri - e di cui pure colle loro accuse sono incoscientemente gli adoratori più dommatici: ma riuscirà chiaro anche troppo il fatto incontestato cd incontestabile che i socialisti si trovano tanto fra i riccl1i quanto tra i poveri, come gli avversa1'i del socialismo si trovano tanto fra i poveri quanto fra i 1·icchi. li l'atto che ogni pa1·tito, rivoluzionario o reazionario, è sempre composto di ricchi e di poveri, è la prova più esauriente della verità del nostro as unto, cioè, che il denaro non influisca che poco o punto sulle idee, o meglio che gli uomini moderni sono assillati nella lotta della vita in uguale misura dai bisogni dello stomaco e da quelli dello spirito, effetti anche questi dei primi, ma che diventano causa alla lor volta. L'uomo non forma la propria coscienza colle proprie mani, per dire così; ma questa, prodotto dell'ambiente fisico e morale, obbedisce a spinte organiche latenti ed ignote. Una tendenza innata, corretta da una data educazione, lo spingono a professare un'idea piuttostochè un'altra, a militare in un partito anzichè in un altro, senza che la ricchezza o la miseria possano schierare tutti i ricchi da un lato e tutti i proletari dell'altro. La storia ci offre esempi ad esuberanza di uomini che per fare l'interesse generale vanno contro l'interesse proprio, cioè che si lasciano guidare pii1 dall'altruismo che dall'egoismo, sacrificando i cosidetti beni di fortuna ed anche la vita. Prima, senza distinzione di classi, si moriva per la religione o per la patria; ora i socialisti danno l'esempio di lottare e sacrificarsi per !"umanità. Il fine è diverso, ma il fenomeno è lo stesso. La verità e la giustizia sanno fare di questi miracoli; col loro fascino dispongono gli animi ad atti di eroismo e di sacrificio così sublimi che il volgo, alto e basso, che Yive per sè solo, non può nè capire nè apprezzare. G. Bo:--Aornso. ETICA NATURALE La scienza che dà la norma di una condotta morale, che contribuisce alla formazione del cai·attere e dei sentimenti, che si olTre come guida sicura dell'uomo, in qualsiasi contingenza della vita, che pone innanzi a lui degl'ideali, come fari illuminanti le vie incerte e mal sicure, che definisce la sua libertà, i suoi diritti e i suoi doveri nella vita individuale e collettiva., non vi ha chi non veda come sia imporportante, specialmente pei giovani, ai quali ricordi come la vita nobilmente si consacri ali' educazione dell'intelletto e alla rettitudine della condotta. Ma poca efficacia avrebbero gl'ideali nella formazione del carattere, se essi rimanessero pura visione, se non li vedessimo uscire dall'astrazione e incamarsi e scaldare il cuore e la monte anche di pochi ; a nulla precetti e dottrine ::ipproderebbero, se non ci fosse· alcuno che ad essi s'inspirasse ed informasse costantemente le sue azioni. Tutti conoscono come qualità preziosa sia nell'uomo il carattere che sicuramente ne dirige la condotta senza cedere o piegare davanti certe esigenze che possano far dcviaro dalla via buona ed onesta; e anche tutti ben sanno come segno sconfortante di decadenza sia in una nazione l'assenza di
RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI 389 tale qualità., per cui l'arbitrio e l'utile privato si sostituiscono alla legge e al pubblico bene, gl'ideali si oscurano, viene a mancare ogni no~ma sicura alla vita, o;ni fine etico alle azioni umane. Rialzare il carattere, risollevare la fode negl'ideali, rinvigorire il sentiment_o del dovere è compito altissimo e necessario. Sar<'bbe ai giorni nostr, follia chiedere ciò alla religione, come da taluni si pretende. 11 sentimento della fede, ormai ammortito nei cuori, quando non sopravvive come superstizione, non può elevarsi a motivo ispira tor e di una condotta mo1·ale; essendo esso un fenomeno accidentale e transitorio, non può pigliarsi a base di una dottrina etica, la quale riuscir~LbJ perc:ò particolare, insufficiente a spiegare e dirigere la condotta di molti. Solo la scienz ,, e intendo la scienza positiva, è cap.ace di costituire su solide basi una dottrina morale. Con ciò io rispondo a quei filosofi, che negano l'esistenza di una morale indipendente dalla religione, sostenend0 invece che non solo essa sia po~sibile, ma che nessun' allra sia legittima e rigo1•osamente scientifica. Anche recentemente Ferdinand Brun~tiére ha scritto che « rien ne ser·ait, plus vain, ou plus fallacieux, que de vouloir tirer une morale de la science en général, ou de la doct.rine éVvlutive en i,articulier (1). » Strana prùposizion", che non comprenderemmo davTero come possa da uo nini di soda cultura. e di mente equilibrata. pronunzia, si, se non considera':lsimo pote1·e il pregiudizio scientifico tra.scinare al para.do;so anche i più avveduti! Io non so che scienza Sd.rebb" mai quella alla quale invano 1·icorreren1mo per cavarne dei princip·i e delle norme per la. nostra condotta. Essa. ci servirebbe per spieg-are la natura fisica, svelandocene le più occulte leggi; essa. dovremmo anche invocare per intendere i f,momeni della. vita animale; - e il Brunetiére stesso lo ammette volentieri senza esitazioni o riserve - ; ma. nel campo della moralità dovremmo riconoscerla impotente, e saremmo obbligati a ricorrere ad altra. scienza, poiché una mo1•a.le positiva sarebbe una contraddizione o una rovina universale, e sconvolgerebbe ogni ordine etico coll'eguagliare l'uomo ai bruti, col negare la creazione, l'anima spirituale, la libe1•t.à.del potere volitivo. Ognuno comprende facilmente quanto questo modo di vedere sia falso ed arbitrario. Se la scienza positiva fosse davvero incapace di darci una. dottrina etica, se anzi dalla teo1•ia evolutiva venisse un pervertimento generale nelle coscienze e uno sconvolgimento nelle sociali istituzioni, se in altre parole dovesse condurci al male la scienza, essa non sarebbe pit'1 la verità, e dovrebbt:1 ripudiarsi del tutto e negarsi anche in quello che ci ha aiutato a scoprire e spiegare nell'ordine naturale. Sarebbe lo stesso allora che rinunziare alle più belle conquiste dell'umano pensier0, disfare il lavoro dei secoli sforzando a ritroso l'evoluzione storica, e tornare nei tempi bui d.-ll' ignoranza. Ma appunto perché tali ronquiste sono il frutto più glCll·,oso del secolo; appunto perché esse sono state dai più chiari intelletti vagliate (I) La Mo,·alitè de la doctrine écolt<t;ce. Paris, Firmin-Diolot 1896 pag. 5 e segg. e discusse prima che accettate ; appunto perché la ricerca scientifica, l'investicazione rigorosa e paziente le ha. sempré conforma.te, noi non possiamo in modo alcuno ripudiarle, e le consideriamo come le sole attendibili e costituenti la scienza. o la verità. Ei.l è pos~ibile che ci conduca al male la verità, e che il bene debba venire dall'ignoranza, dalla superstizrone e dal pregiudizio? Nessuno può seriamente affermarlo. Se la fede, se la t1•adizione non sono la verità, una morale ad esse inspirata mancherebbe di base scientifica. Solo d,t.lla. scienza. sperimentale e dalla. teoria dell'evoluzione in particolare, noi dobbiamo preni.ler le mosse per costituire una dottr·ina etica. Ed ha ragione il Trezza di esclamare: < che giova. la scit:1nza se non si converte in sentimento il quale rinnovi l'uomo che vi sacrifica la. sua miglior parte? che giova ripescare le rt-1,quie disseminate per il passato, se non edifichiamo dentro di noi la coscienza vivente? L'intelletto non partorisce i suoi frutti divini se non si ammogli ad una volontà che li fecondi in se stessa » (1). La scienza positiva deve a.dunque darci la moralità.; la scienza positiva. deve formare il r>ostro carattere, g11idare la no,tra condotra, ispirarci gli a.lti idea li e il sentimento del dovere per il dovere. Come si vede noi arriviamo fino ali' impera.ti vo ca.tegorico di E. KA nt, e noi l'accetcettiamo e tendiamo an1.i a far bÌ che esso, da solo sia la norma della condotta umana. Md. non deve per noi rappresentare un comando estrinseco da un un essere superio1•e imposto al,'uomo, il quale poi è libero di seguirlo o trasgredirlo; esso deve invece costituire un motivo organico, acquistato lentamente per adattament.o e trasmesso ptr eredità, al quale l'uomo obbedisce necessariamrnte come ad ogni altro motivo. La. teoria della. discendenza, secondo i nostri avversal'i, è in op,iosizione a questo ideale morale, poichè, per essa e per le leggi dell' eredità noi abbiamo in noi, nel nosti•o sangue, nelle più riposte profondità del nostro essere qualche cosa. della brutalità, della lubricità e ferocia del gorilla o dell'orangoutang. E' la. moralità naturale, ma non umana, che spiega e trova. quindi lecito, che ogni essere abbia un diritto sovrano sopra tutto ciò che egli può, come è naturale, ma non umano che la legge del più forte o del più abile regni sovranamente nel mondo animale, che lo sciacallo o la iena, l'aquila o l'avvoltoio, quando sono stimolati dalla. fame, obbediscano all'impulso della kr..i ferocia, che il leone appaghi i suoi amore si piaceri secondo il caso, e con tenda coi nati della sua razza l'oggetto della sua scelta. E' ancora il Brunetiére che d'ce ciò (2), e per lui il progresso morale è in piena cont1•addizione con le leggi naturali, e l'uomo alla nascita. porta i germi degli istinti più brutali e perversi, e ogni virtù, ogni nozione di bene morale non é che acquisita e appresa facendo forza alla natura. In questo modo la dottrina evolutiva condurrebbe a uno sta.to di barbarie, ostacolar,te qualunque miglioramento sociale, e sarebbe (I) La crit;ca moderna. Bologna, Zanichelli I SO. pag. G. (2) Op. cit. pag. 27.
390 RIVISTA POPOLAREDI POLITIOA.LETTERI!:E SCIENZE SOCIA.LI impotente a far derivare dai suoi stessi prìncipi le nozioni etiche di bontà, virtù, dovere, nonchè i sentimenti morali e una condotta ad essi conforme. Ma il ragionamento del dotto accademico, come quello di tutti i nostri avversari, ha un peccato d'origine. ,Qu)esta legge dell'ereditarietà dei caratteri avrebbe un assai singolar modo di manifestarsi: s' incaricherebbe di trasmettere soltanto le qualità cattive, accusanti l'origine animale dell' uomo; e quanto alle qualità buone, che l'educazione e una scienza morale privilegiata fanno acquistare, dovrebbe cominciarsi sempre da capo con ogni individuo. Ma ognuno vede l'm•tificiosità di una simile argomentazione. La scienza ha mostrato falsa essenzialmente la dottrina di Elvezio e di Rousseau, secondo i quali autori, prima che l'arte educativa imprima nell'uomo dei segni differenziali, viene a mancare ogni differenza naturale od organica fra individuo e individuo. Invece non è solamente l'educazione che forma quello che dicesi carattere individua.le, ma si aggiunge anche a costituirlo un insieme di disposizioni, date da natura ed ereditate da lontani progenitori, che ne costituiscono il fondamento. Per la dottrina della discendenza questi progenitori essendo l'animale bruto e l'uomo selvaggio, noi si1imo costretti ad ammetter" col Brunetiére che nell'uomo precisamente debbono esistere alla na:. scita dei germi di istinti brutali, riferentisi appunto al carattere della razza acquisito durante la primitiva condizione ferina e sei vaggia. Ma due considerazioni vengono in aiuto della tesi che sosteniamo, della legittimità cioè di una morale, dedotta dalla scienza sperimentale e dalla dottrina evolutiva. Anzitutto, perché i germi originarii debbono essere necessariamente e tutti brutali? Bisognerebbe allora che fra gl' istinti che si manifestano nella scala degli esseri percorsa dall'uomo, non ne trovassimo neanche uno capace di diventare una virtù. Si sa invece che anche gli animali più feroci o le popolazioni, in cui maggiormente le nozioni etiche sembrano sconosciute, sono forniti di sentimenti morali abbastanza elevati, e basta citare fra gli altri l'attaccamento tenero che molti animali dimostrano per la p1•ole e le cure affettuose di che le sono prodighi, e hl gratitudine che altri risentono, e spesso per molto tempo, verso chi li ha beneficati. Fedeltà, devozione, amicizia, disinteresse, amore al natio loco non è raro trovare fra gli animali, e in ci6, come si vede, vi sono tutti gli elementi per costituire un mondo morale. E se ciò non bastasse, nell'istinto sessua.le della propagazione della specie, in quella prima forma puramente fisica, in cui esso dapprima si manifesta, vi è latente la potenzialità dei più puri sentimenti altruistici. Anche questi germi di future virtù deve dunque l'uomo avere ereditato insieme a quegli altri b1•utali, di cui a preferenza parla il Brunétière ; e allora non ci può più sembrare rispondente al vero la sua affermazione, i vizii essere dall' uomo ereditati, e le 'lirtù solamente acquisite: quanto questa ereditarietà solo a mezzo sia arbitraria, non vi ha chi non vede. Ma c'è ancora di più. Il carattere non è soltanto costituito da questo fondo primitivo ed ereditato dagli organismi ; come più sopra notamaio, concorre alla formazione di esso una parte acquisita dall'educazione e dall'ambiente, la quale si aggiunge al fondo originario, e può talvolta essere così preponderante da modificarlo profondamente, in modo che la loro fusione si trovi adattata a nuove esigenze della vita individuale e sociale. La vita morale dei nostri tempi è certamente differentissima, per va1•ietà, ricchezza e modi di manifestazioni, da quella delle società primitive ; ed è noto come qnesta varietà e modi si sieno venuti lentissimamente, in una serie infinita di generazioni, manifestando dallo stato primitivo. Quanto più lungo è stato il cammino percorso dall'uomo per l'acquisto della presente civiltà, quante più generazioni si sono in questo periodo così lungo succedute, tanto maggiormente le condizioni di esistenza si sono cambiate, e in conseguenza tanto più il carattere fondamentale è stato modificato per successive addizioni di quell'alt1•0 elemento, che il Sergi chiama avventi.zio, acquisito dall'educazione e dall'ambiente. Ma è natnrale, se dobbiamo accettare completamente e non solranto a metà i principii fondamentali di una scienza, che anche questa parte avventizia, tosto che è entrata a far parte degli stati di coscienza e ci spinge in conformità ad operare, diventi presto organica, associandosi a idee e sentimenti già posseduti, e si trasmetta anch' essa pe1• eredità. Così l' evoluzione psichica si fa sempre nel senso di un adattamento migliore alle condizioni del mezzo, e gli ultimi elementi acq 11isiti del carattere, perché più freschi, più adatti e piil attivi, hanno maggiore potenzialità ed efficacia degli elementi primitivi, i quali allontanandosi sempre più dalle vecchie condizioni di esistenza. a cui prima rispondevano, non si trovano più adatti alle nuove, e per questo e per il non-uso si oscurano, sopraffatti dagli elementi nuovi sovrapposti, avvenendo di essi come di quegli organi non più rispondenti a funzioni nuove e che si trovano allo stato rudimentale. Quella scienza positiva adunque, impotente secondo i nostri avversari a costituire una moralità, vi perviene invece nat.uralmente, con le due leggi ben note dell'adattamento e dell'eredità, quelle stesse che Carlo Lamark invocava per spiegare i fatti della biologia. Così quello che dicesi ordine etico non è che il completo adattamento della condotta umana alle esigenze attuali della vita individuale e collettiva, l'agire normale e naturale rispondente alle idee e ai sentimenti organizzati e che costituiscono la coscienza generale di un'epoca. Un'azione che turbi quest' ordine è immorale, perché non adatta alle esigenze della vita e alle condizioni psichiche e storiche in cui questa si trova; ed osserviamo in tal caso che essa in epoche ante1•iori costituiva la condotta normale, e si deve per questo considerare come un fenomeno patologico di degenerazione, prodotto dal prevalere di quei germi brutali, costituenti il fondo primitivo ereditario del carattere, tornati in attività per condizioni particolari, sì individuali che sociali, condiLioni che à anche possibile prevedere e rimuovere. Ed è precisamente questo il compito di una scienza educativa, preparare le condizioni a promuovere lo sviluppo degli elementi adattati o in via di .adattamento. Se le azioni
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