Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 16 - 28 febbraio 1897

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE-SOCIALI Direiiore: Dr NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATO AL PA&LAMENTO Il ALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Un numero separato Cent. 20. Anno Il. - N. 16. Abbonamentopo!liale Roma 28 Febbraio 1897 Sommarlo. LA R1v1sTA - Per la prossima lotta elettorale. Dott. N. CoLAJANNI- Mazzini e la quistione di Oriente. GASTONMocH - Revision~ del trattato di Francoforte. P. F. CASARETTO- Istruzione po/itica degli operai V. PARETO- Perchè le maggioranze si lasciano spogliare dalle minoranze. PIETRO FoNTAXA- L'eterna questione dcli' ideale del!' arte. Cronaca Politica. Sperimentalismo Sociale - Il co11lralto di lavoro al Parlammlo 'Belga. Notizie Varie - Il suffragio fe111111i11ile il I11g/Jilterra. Ancora una volta torniamo a pregare vivamente tutti coloro che non abbiano pagato l'abbonamento, a volersi mettere in regola con l'Amministrazione. Perlaprossilmotatealettorale Si attende da un momento ali· altro il decreto reale che manda a casa i deputati della XIX legislatura, e la miuuscola parte del paese che si interessa alla vita politica italiana, si trova già entrata nel periodo della lotta elettorale. Lo scioglimento della Camera dei Deputati, dove il regime rappresentativo è cosa viva e reale, è atto d'importanza tale che si devono bene esaminar·e le ragioni, che hanno potuto determinarlo e che chiariscono i criteri dil'ettivi del governo, che lo compie. Vagliate tali ragioni dove il paese è sano e normale e si può prestar fede alle manife. stazioni della sua pubblica opinione, si possono dalle prime e dalle seèon,le trarre au~pici sui risultati delle future elezioni. Disgraziatamente non è questo il caso per l'Italia nos~ra e !;i pui'.>anche pL'evedel'tlche giudicata pessima - senza seria contestazione - la Camera passata, gli elettori ricostituiscano quella della XX legislatura poco di versa dalla precedente, per incoscienza più che per determinato malvagio pr·oposito. Checchè ne sia del paese e delle sue determinazioni prossime, che manife,terà nei Comizì, chi, come la rivista, ha il compito, oggi ingratissimo, di fare il proprio dovere, e di dire quello che è o stimbra la verita, deve farti l'inventario dell'opera della XIX legislatura ed esporre il proprio pen siero sui principi, ch9 dovrebbero guidare gli elettori nelle lor.o sc~lte ; sulle quali, naturalmente, deve influire la conoscenza dell' opera compiuta dalla Camera mor·ibonda. La Rivista ha avuto ripetute occasioni di pronunziarsi sulla conrlotta dei deputati della passat1 legislatura; oggi non dovrebbe che riepilogar·e ciò che altre volte ha pubblicato, ·La rivista non lo farà colle proprie parole e preferirà riprndurre quelle di un periodico, che, seb• bene militi nel campo democratico, è noto e stim:110per la sua temperanza ed equanimità. « La Camera che muore, scrive la Corrispon densa Verde, si prestò a tutte le prepotenze, si rese complice di tutte le tenebrose macchinazioni che mira,ano a consolidare la pit'1odiosa dc>lleòittature per;;onali, e si mostrò pronta a subire tutte le seevitù. Chinò la fronte davanti allo scudiscio e tacque di fronte alla di~fatta. Fu la Camera di Amba-Alagè e di Abba-Gar-ima. Dopo l' eccidio di Toselli, quanòo l'ou. Crispi, cui per la prima volta mancò l'audacia, si era ecli~s:ito, colto da un reumatismo volontario, e l' on. Saracco si schermiva, canzonandola, e salvava, colla puer·ile astuzia del veterano parlamentare, la pel'icolante barca ministeriale, e,sa rimase inerte, muta, attonita, e si prestò al giuoco, amnistiando, col silenzio, il govemo che aveva preparato quel primo disastro, e si re$e anticipatamente solidale col ministero del disastro finale che si andava malur·ando. E quando giunse la n•>tizia della strage di Abba-Garima, allorchè, in tutte le città d' Italia, il popolo tumultuava per le piazzc>,gridando vendetta, si strinse nelle spalle e bastò che il presidente, on. Villa, la licenziasse, mostrandole lo scudiscio, perchè essa se ne andasse, dimessa e ras,egoata, come una cagna frustata. Poi, fece la convertita e parve rigenerarsi nel battesimo ruiliniano ; e quella ·stessa Camera, che si era mantenuta sdegnosamente indifferente di fronte alle calde perorazioni dell' on. Cavallotti in favore dell'onore conculcato e contro il peculato tr·ionfante, parve prestare un orecchio compiacente alle virtuose omelie del nuovo mini-

302 RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI stero, e come la Maddalena del Vangelo, si atteggiò a convertita e si chinò per ungere i piedi del Messia parlamentare che giungeva in tempo a cancellare il suo peccato originale. » Meglio della nostra consorella non avremmo potuto fare l'orazione funebre dei moribondi di Montecitorio ; di più avremmo potuto aggiungere, a discarico di coscienz,i,, che non è giusto lasciare tutta all'on. Crispi la responsabilità dei luttuosi avvenimenti d'Africa: essa va divisa, almeno in parti uguali, tra il Ministro e i deputati. Dopo tutto questo po' po' di male operato dalla Camera passata se si possa dire colla Corrispondenza Verde ch'essa « visse senza gloria e senza infamia » lo dicano i nostri lettori. Il nostro giudizio sarebbe assai più severo. La opportunità è un elemento essenziale della politica; epperò è necessario indagare se, ora come ora, c' è una ragione sufficiente per lo scioglimento e per la convocazione dei comizi. Che questa ragione ci fosse all'indomani di AbbaCarima, nE:ssuno lo nega, e si conviene anche ..dai più, che allora poteva farsi appello al popolo sopra una grande quistione: quella dell'abbandono o del mantenimento della Eritrea. La democrazia - in tutte le sue gradazioni-non avrebbe desiderato di meglio che il paese fosse stato interrogato sotto la impressione degli avvenimenti di Africa. Se non lo fu, non può farsene colpa all' on. Di Rudinì, che allora era bensì il Presidente <lelConsiglio, ma sotto la tutela dell'on. Ricotti. E poi si dimentica che allo stesso on. Di Rudinì, monarchico sincero, non poteva convenire ciò che conveniva ai repubblicani ed ai socialisti? Inoltre; se l'on. Ricotti e l'on. Di Rudinì si fossero mostrati più preoccupati dell'interesse nazionale anzichè degli interessi dinastici, essi avrebbero dovuto sempre fare i conti col Capo dello Stato ; e il Re, è risaputo, che all' indomani di Abba-Garima, non avrebbe mai accordata la facoltà dello sc\ogliment0. A spiegare la sua riluttanza non occorre fare intervenire la suggestione di una Maintenon o di una Pompadour ; basta ricordare che per le solenni parole fattegli pronunziare in Napoli in occasione della partenza delle truppe, le elezioni fatte esplicitamente e direttamente sulla quistione di Africa avrebbero nettamente posta in discussione la monarchia. Contro la opportunità delle elezioni in questo momento si adduce la indifferenza colla quale vi si prepara il paese. Perchè l'argomento possa passare per buono occorrerebbe che coloro, i quali lo accampan<', ci sapessero dire in quale occasione questo nostro paese è uscito dal suo abituale torpore ; e sì che di occasioni, nelle quali avrebbe dovuto farsi vivo - dagli scandali della Banca Romana, agli avvenimenti di Sicilia, alla questione morale, alla tragedia africana - ne ha avute! Tutto sommato, dunque, tenendo conto che la Camera moribonda nacque da una violenza e visse malamente, si deve desiderare che essa scompaia al più presto possibile e che dell'imminente decreto di scioglimento si dica : meglio tardi che mai! * A spiegare l'apatia del paese e la mancanza di agitazione per le imminenti elezioni, si accennò un motivo, eh' è reale e che perciò esaminiamo a parte. Si dice : il paese è indifferente perchè il parlamentarismo è discretato e non suscita interesse e simpatie ; perchè dal parlamentarismo non si aspetta alcun. bene e si teme molto male. Tutto questo è vero ; e noi torniamo a deplorare che così sia. Non è il momento di dare addosso a coloro che per le colpe e per gli errori di un Parlamento intendono condannare il regime rappresentativo ; oggi ci limitiamo a riprodurre un parere su cui richiamiamo tutta l'attenzione dei nostri lettori. « Io credo che noi, scrive Saverio Merlino, com- « battendo ad oltranza, come abbiamo fatto, il par- « lamentarismo, ci siamo data la zappa sui piedi : « perchè abbiamo contribuito a creare quest'orri- « bile indifferenza del pubblico per il sistema par- « lamentare non solo, ma anche per le libertà « costituzionali, sì che il governo ha potuto impu- « nemente violarle senza che un grido solo di « protesta siasi levato dai figli di coloro , che « dettero la loro vita per conquistarle. « Il parlamentarismo non è la fenice dei sistemi « politici : tutt'altro ! Ma per pessimo che sia, è « sempre migliore dell'assolutismo, al quale noi a « grandi passi ci incamminiamo. . « Il parlamentarismo, infine, non ostante i suoi « inconvenienti può essere adoperato come stru- « mento di lotta : esso non è un principio, ma un « mezzo. » Questo giudizio, che abbiamo più volte enunziato, acquista singolare importanza dal fatto che esso non può riuscire menomente sospetto : viene da chi non è stato deputato e non desidera divenirlo perchè egli - illogicamente - vuol essere elettore, ma non eletto. Fermiamoci un momento su questa giusta affermazione del Merlino ; è quella di un anarchico, che dagli studi severi e dall'esperienza della vita è stato condotto a modificare le proprie idee, e le ha modificate con tanta sincerità, che il suo compagno di esilio Enrico Malatesta, che serba l'antica fede e la nota intransigenza antiparlamentare degli anarchici, gli ha risposto senza l' acrediue, che si adopera contro i transfughi, contro i rinnegati. A molti l'evoluzione del Merlino è apparsa im-

RIV'ISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE ESCIENZE SOCIALI 203 provvisa ; non a noi che ne seguiamo le manifestazioni intellettuali da molti anni e che intravvedemmo la sua odierna evoluzione nell'opuscolo: Bases et necessité d'une organisation. Se gli auarchici in Italia fossero numerosi il distacco del Merlino potrebbe esercitare una influenza sulla parte che gli elementi democratici prenderanno nella prossima lotta ; non lo sono, e quindi l'atto non ha che l' importanza che gli viene dal valore intellettualtl e morale di chi lo ha compiuto ; questo valore non è poco e se ne devono compiacere, perciò, quanti vogliono vedere farsi più _ numerosi i sostenitori delle cause giuste e dei giusti metodi. Si dica ancora anarchico il Merlino, ma quanti hanno senno plaudiranno alle sue osservazioni contro gli astensionisti, che non colpiscono soltanto gli anarchici, ma anche gli ultimi avanzi del mazzinianismo braminico ; e plaudiranno ancora alle con- -siderazioni accennate contro i bugiardi dispregiatori delle forme e delle quistioni politiche, che per voler troppo raggiungere la quintessenza delle cose finiscono coll'essere gli ausiliari più utili dei governi cattivi ed antipopolari. Il Merlino infatti scrive questo periodo, che noi accettiamo alla lettera e dovrebbe essere meditato nel presente momento elettorale : « É risaputo che i socialisti, in lotta coi repub- « blicani e coi democratici, hanno sostenuto per « molti anni, e molti di essi sostengono tuttavia, « che le forme politiche sono di nessun valore, che « tanto vale la monarchia quanto la repubblica, e « che le libertà sancite dagli statuti sono una lustra, « perchè chi è povero è schiavo. « La questione sociale - si è detto - è tutta « nella dipendenza economica degli operai dai pa- « droni : scalziamo questa, e la libertà verrà da sè. « Questa è una grande verità. Le libertà poli- « tiche sono, ma chi pon mano ad esse ? Chi pu6 « esercitarle davvero sotto il regime attuale? Non « può essere politicamente libero il popolo, se è, « economicamente, schiavo. Ma, se le libertà poli- « tiche e costituzionali hanno molto minor valore « che generic~mente non si crede, non segue che " esse non servano affatto. Servono tanto che il " governo ce le strappa con intendimento di ri- " ta1·dare l'emancipazione della classe operaia. " Dnnque esse hanno un valore innegabile. » In ogni battaglia elettorale importa, se non vuolsi combattere disordinatamente, e forse inutilmente, conoscere e possibilmente predeterminare il terreno su cui si deve impegnare la lotta ; un programma, che in queste occasioni chiamansi piattaforma; è indispensabile quando esistono partiti politici e non aggruppamenti amorfi - e peggio che amorfi : vivificati solo da ambizioni puerili, da competizioni di campanile, da loschi interessi personali. La disorganizzazione politica è a tale tra noi, che in realtà nella lotta il programma è quello che conta meno. Ad ogni modo gli uomini del governo e la così detta opposizione di Sua Maestà sogliono anche tra noi fare, per decenza, alcune promesse - colla decisa intenzione di non mantenerle - che additano ai minchioni come i capisaldi della loro piattaforma. Mentre scriviamo ignoriamo quale sia il preciso pensiero del Ministero; e molto meno conosciamo quello della oppo~izione costituzionale; poiché non possiamo prandere per programma nè i discorsi di alcuni Ministri secondari, né gli sproloqui di alcuni giornali guerrafondai. In mancanza del vero programma del ministero si hanno le notizie e le propalazioni degli ufciosi. I quali fanno intendere che c'è accordo perfett_o tra l'on. Di Rudinì e l'on. Cavallotti; tra il primo e l'on. Giolitti. Non si dice con pari sicurezza che l'intesa sia completa tra il ministero e l'on. Zanardelli, perchè questi si tiene in disparte. Tali accordi, se veri, darebbero un' apparenza di ragione all'opposizione, che deride il nuovo confusionismo peggiore dell'antico tras~ormismo. Non si può negare, però, che la vita politica è tanto scaduta che un' intesa, ad esempio tra l'on. Presidente del Consiglio col Deputato di Corteolona ; sarebbe possibile ed anche benefica pel paese se con pari lealtà fosse stata stabilita dalle due parti. L'accordo sul riavvicinamento colla Francia sulla politica doganale, sulla quistione morale, sull'Africa, sul ritorno alla legalità se non ad un regime veramente liberale, sarebbe desiderabile e darebbe frutti eccellenti. E forse l'accordo è sincero sui primi due punti; non lo è sul resto. Si poteva credere che l'on. Di Rudinì avesse in animo di portare a giusta soluzione la quistione mor-ale: ma egli ciurlò nel manico nell'affare dei terremoti e dovesse ricevere una lezione di correttezza da un suo dipendente - dal Senatore Astengo; ed ora l'on. Cavallotti fa mostra, di una insolita ingenuità, severamente giudicata anche da intimi amici suoi, sperando di spuntarla su quella quistione morale, che costituisce la sua più grande preoccupazione. Per l'Africa l'on. di Rudinì, crediamo che di poco dissenta del radicalismo parlamentare; ma avrà il coraggio di parlare e di agire come pensa? Non lo crediamo. Egli subirà l'influenza della Corte, che lo farà parere caratterizzato da quella mancanza di coraggio morale, che lo Standard crede che sia una seconda natura degli uomini cli Stato in Italia. Ma il dissenso è ineliminabile nella politica interna, e ne convenne in una intervista lo stesso

• RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCfENZE SOcrALl on. Cavallotti. Quanti speravano - e noi fummo del numero, ed abbiamo perciò il dovere di recitare il confiteor - che l'on. Di Rudinì restaura•se il regime della legalità e della libertà, anche nei limiti angusti dello Statuto Albertino, si sono oramai perfettamente ricreduti. La politica reazionaria del ministero degli Interni e ciel ministero dell'Istruzione pubblica sta a provare che la dichiarazione dell'on. Di Rudinì sul desiderio di emanciparsi dai partiti estremi non era platonica e non fu fatta per tranquillare i timidi inquilini di Palazzo Madama, ma rispondeva a cappello ai propositi ed al programma del Ministero. 1 fatti seguirono alle parole e vennero commesse tutte le illegalit'l possibili e immaginabili a danno dei repubblicani e dei socialisti. Dopo questi fatti riesce risibile semplicemente l'Opinione che afferma che questa volta passerà davvero la volontà del paese e che le elezioni le le faranno davvero gli elettori. Per provare che la norma ufficiosa è in vena di scherzare sono sopraggiunti i fatti di Catania, che sono veramente nuovi nella loro enormità. Se non altro essi insegnano che una parte del paese - la socialista' è stata messa al di fuori della legge .. •. L'incertezza che c'è ancora sul programma elettorale del ministero e della opposizione costituzionale non può, o almeno non dovrebbe, esistere per i partiti avanzati; i quali gli obbiettivi immediati da raggìungere devono cercarli non nell'ideale p1·0prio, che non può tradursi in realtà per opera diretta di un Parlamento, ma nelle contingenze presenti, nei bisogni più urgenti, nelle aspirazioni più generali e più _comprese, in uno di quei programmi, che dovrebbero essere davvero minimi e che possono, in nome di miglioramenti tangibili ed urgenti, interessare il maggior numero di persone e colla maggiore pos~ibile intensità. Lo ha compreso Claudio Treves, uno dei rappresentanti simpatici di quello che chiamasi il socialismo scientifico - che ogni giorno piit lascia tra i ferrirecchi una particella d"intransigenza. Egli vorrebbe che i socialisti nella battaglia elettorale imminente si fermassero ed insistessero su que;ti punti: abbandono dell'Africa, difesa clelle libertà cast tuzionali e difesa del su/Fragio. Qui non c' è niente di nebuloso, di òifficile, di remoto; quelle proposte sono tre que3tioni ali' or- _dine del giorno, che attendono pt·onta soluzione - una delle quali i>appresenta uno stimolo ai partiti costituzionali ad agire in conformità degli interessi nazionali ; le altre due invece invocano la concordia di tutti gli elementi dem·,cratici sul terreno della legge e dello Statuto contro i governanti, che li calpestano. Mentre socialisti, repubblicani e radicali vengono dipinti co.ne for.,ennati sovvertitori dell'ordine, non ·è poco vantaggio di fronte alla massa elettorale il potersi presentare come i difensori delle leggi ; la cal.muia degli avv,wsad è implicitamente eJ esplicitamente lumeggiata dai fatti prop1·i e dal programma dei primi, suggerito dagli stessi fatti. Quante coscienze non si rass:cuetlr·anno collo svolgimento intelligente e caloroso di u11siffatto pt'ogramma? Noi lo accettiamo; ma senfam0 il dover·e di completarlo. Non faremo menzione cldla rifo,·ma tributaria, che i;" impone, ma che non è sperabile venga affrontata dalla XX legi~latura; per-ò, ci sembra che repubblicaui, r·adicali e socialisti debb mo energicamente insistere sulla quistione mori}.le e sul problema militare, che sono di vera e palpitante attualità. Non in~istiamo sulla prima perchè nota; e sul secondo aggiungiamo, ch'esso è perfettamente compreso dal paese, che ha visto il militarismo alla prova. Il p::iese sa quanti miliardi ha divorato !"esercito e sa che non ha potuto dargli nè la gloria, nè la sicu1·ezzadella difesa nazionale; i miliardi ingoiati dal militarismo non possono ritenersi bene spesi solo p H'chè riuscirono al ma'l• sacro dei contadini siciliani . Dunque: Afi·ica, difesa della libertà, conservazione se rzon allm·gamento del su/Fragio attuale, quislione moral,) e problema militare, a nostro avviso dovrebbero essere i punti p1·incipali che i candidati di parte democratica dovrebbero srolgcre dir.anzi ngli cl,•(tori, E qui pervenuti scaturi,couo legittime alcune domande, che si risol vouo in un consiglio : que,to programma minim0 ha forse qualche cosa di speciale ai socialisti, e meglio ancora ai collettiYisti? non possono accettarlo i repubblicani, i radicali ed anche gli avanzi one.,ti di quel partito progressista che nella Riforma del 1867 espose un programma piLt vasto, che non sia quello che s' impone oggi ai primi ? E se c' è un pl'Ogramma minimo, che rappresenta la necessiti, ddla difesa della esist~nza propria contro i reazionari camuffati da conservatori, perchè coloro, che hanno gli stessi inlere,si e gli stessi transitori ideali, dovrebbe1\J tra loro combattersi a vantaggio di un comune nemico ? Ecco come i fatti e le situazioni reali contro i vaneggiamenti dogmatici demoliscono i sillabi dei congt·essi e per necessità di vita richiamano gl'intransigenti dalle astrazioni teoriche alla realtà ed impongono le alleanze. LA RIVISTA.. ~~~ La Rivista Popnla1·e di Puhlica le tere e Scienze sociali esce il 15 A il :10 d'ogni mesP., in fascicoli di 20 pa~ine in 4° gr.,nde. ----- Soedire Vaglia o Carlolina-Yaglia all'on Dr. Napoleone f"olajanni Roma.

RIVISTA POPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZE SOCIALI Mazzeinlia questiodnieOriente. Agli uomini che hanno molto amato e molto operato; agli uomini che hanno seminato idee nuove; agli uomini che hanno fatalmente suscitato passioni, rancori, odi ed affetti ; a coloro, insomma, che Giornuni Bovio cltiama fondatori di civiltà arriva sempre la giustizia e quasi mai dai contemporanei. Tale la sorte toccata a Giuseppe ì\Iazzini, di cui soltanto oggi si comincia a riconoscere la vastità della mente, pa1·i soltanto alla purezza degli ideali e alla santità della vita. Di Giuseppe i\Iazzini spero che in questa rivista si dica degnamente nel prossimo numero in occasione del 25° anniversa,·io clelle sua morte ; ma non si può pitì indugiare a J'icordare il suo nome a proposito della quistione ardente, che tiene in allarme il mondo civile e p1·eoccupa la vecchia e disonesta diplomazia Europea. Coloro che conoscono il grande genovese per averlo soltanto sentico nominare nelle gazzette e nei discorsi degli uomini politici nostri credono che egli nella sua vita di sacrifizio e di apostolato non si sia occupato che dell'Italia sola, che abbia consenato le sue forze a far risorgere quello, che sembrava un cadavere e che come cadavere insultarono e calpestarono quelli stessi, che, a fatti compiuti, lo sfruttarono disonestamente e ~pietatameutr quale nazione. E così non è. Giuseppe :Mazzini non fu una mente unilaterale, ma isuardò acutamente a tutti i lati del problema politico, economico, morale - al problema sociale in tutta la sua complessità e interezza. Necessità di cose impose, che la sua azione venisse dispiegata pai-ticola1·mente e più intensamente nella unificazione italiana; ma questa non lo distolse giammai dal volgere il pen,iero agli alti·: problemi e agli altri popoli ed a quelli che ai suoi tempi i politici della corta vista non com,ideravano neppure come una espressione geog1·afica e che appena appena formavano oggetto degli studi degli antropologi e degli etnologi. Egli è così, ad esempio, che quando l'Europa non intravvedeva rnenomamente la espansione dell'idea slava, che diventa oggi minacciosa sotto forma di panslavismo, che da :.\losca all'Adriatico scuote convulsivamente l'organizzazione politica del vecchio continente, :.\[azzini invece sin dai primi suoi scritti, sin dal 1832. gu'l.nla con intelletto cli amore agli slavi tutti, ne studia le manifestazioni intellettuali e spera e confida nel loro avvenire. Di più : Mazzini vivo, deriso come p1·ofeta, additò la via retta, che al'l'ebbe potuto scongiurare quello che oggi si designa come il pericolo moscovita, che coi suoi tentacoli slavi minaccia diversi impei-i ad una volta; e se i suoi consigli fossero stati seguiti, oggi gli slavi costituirebbero un forte antemurale contro il cùlosso del Nord e non sarebbero costretti a sperare salvezz·t eia quel Kremlino, d'onde gli altri temono danno grave e non lontano. Mazzini che intravvide nel 1832 (Dell'Ungheria nel 3 Yolume delle Opere) lo sviluppo della popolazi0ne clella Russia e quanto questa avrebbe pesato sui destini d'Europa, ammonì popoli e governi, che l'orso bianco non ·poteva rendersi innocuo attaccandolo direttamente, cercando anzi di rincorrerlo nella sua stessa tana; e nei suoi scritti si può dire che sia stata profetizzata la inùtilità della sanguinosa e dispendiosa guerra di Crimea. Ciò ch'era vago accenno, dal 1832 al 1854, diveniva chiara visione dell'avvenire, mentre volgeva al termine l'opera degli alleati anglo -franco-piemontesi nel Mar Nero; visione che non lasciavasi sviare dal successo e dai bellicosi episodi favorevoli. Perciò scriYendo al Daily Neivs nel Luglio 1855 sull' Unica soluzione nella questione d'Oriente p1·evedeva che la Crimea sarebbe stata la sepoltura dell'onore e dei figli dell'Inghilterra. La presa della torre di Malakof e poscia il trattato di Parigi del 1856 parvero dargli torto; ma Giuseppe Mazzini prima di chiudere gli occhi potè assistere alla burbanzosa lacerazione cli quel trattato e· potè vedere pienamente giustificate le proprie profezie. Infatti all'indomani della guerra franco-tedesca il pericolo moscovita riaffacciossi al\' Europa divisa, egoista, disonesta, incerta, più minacciosa che mai - quale forse non era prima della guerra di Crimea, perchè ingigantita dal fatale concorso della Francia. E Giu eppe i\Iazzioi non aspettò la serie disgustosa di promesse solenni seguite immediatamente dalla loro sfacciata ed impunita violazione, che caratterizza la sto1·ia dei rapporti diplomatici tra la mezzaluna e gli stati europei eia oltre quarant'anni, per mostrarsi incredulo cli fronte alla utilità e reàltà delle riforme amministrative dell'impero Ottomano ; di cui preannunziava inevitabile la caduta per interno dissolvimento. Alle annunziate riforme amministrative, cui finse di prestar fede la diplomazia europea sino a ieri, il grande genovese negò la sua ~in dal 1855. Parimenti nel 1834 Giuseppe Mazzini vedeva giusto sull'azione che avrebbe potuto spiegare la Grecia nella soluzione del problema orientale. « La Grecia, santa di ricordi e di speranze, chia- « mata a grandi fati nell' Oriente Europeo, è ora « troppo piccola per essere iniziatrice ...( Opere vol. V. p. :32). E pitt tardi - nel 1858 - : alla Grecia si è dato nome di nazione, non realtà; ..... un moto Greco è impotente senza l' alleanza coli' elemento slavo-eumeno. (Opere Voi. X p. 100 e p. 134)· Quale .fu costituito il regno cli Grecia dopo la battaglia di :--lavarl'ino el'a facile prevedel'lle la im-

306 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI potenza ; previsione che non viene smentita oggi dall'entusiasmo con cui l' Ellade ha accolta ardita iniziativa del principe Giorgio. cui il mondo civile e umano augura prospere sorti ; l'iniziativa alla Corte s'impone per salvarsi e ridare popolarità alla dinastia, che ha già un piede sulla via dell'esilio; e la Corte ha potuto sperare !lalute in siffattà iniziativa mirante alla liberazione di Candia, perchè lo sfacelo dell' Impero turco è a tale grado, che popolo, governo e dinastia della Grecia hanno pensato essere oramai impossibile che la diplomazia europea, per quanto disonesta e spietata, si presti ancora a mantenere uno statu quo, che sembra intollerabile anche ai giovani turchi. Perchè la diplomazia Europea si sia condannata da sè stessa da circa un secolo ad un vero lavoro di Sisifo, immorale e grondante sangue, - quale non era quello dell'eroe mitologico - è noto: essa non trovossi di accordo nella divisione dell'eredità dell' Impero turco, imputridito prima di essere cadavere; essa temette e teme che nella divisione delle spoglie un.,. grossa parte· spetti alla Russia già troppo potente ; essa sperò, sebbene debolménte, che un moribondo potesse tenere in freno un corpo giovane e vigoroso. Ebbene: su questi motivi che ispirarono ed ispirano la diplomazia europea, Giuseppe Mazzini vide sempre rettamente e si può affermare che la soluzione da lui preconizzata, anche oggi - quantunque le colpe e gli errori commessi l'abbiano pregiudicata - sia la sola non solo conforme a giustizia, J?a la sola possibile ed utile agl' interessi collettivi del vecchio continente. ln quanto alla convenienza di tenere in piedi l'impero turco per opporre una barriera alle ambizioni della Russia, il grande agitatore nel 1858 non esitava a proclamarla una prova di suprema stoltezza della politica Europea ( Opere Vol. X p. 137). Il freno alla Russia, vero e poderoso, stava e sta nel creare un nuovo centro di forza politica e di civiltà con uno Stato Ellenico pit1vasto che non sia l'attuale, che divenga l'impulso guidatore degli elementi rumeni, serbi, bulgari, albanesi riuniti in libera federazione. E Mazzini pensava che con una siffatta federazione si potevano definitivamente sottrarre all' infiuenza russa tutti quelli elementi etnici, che nella medesima speravano e sperano perchè abbandonati dalla diplomazia europea, che non seppe fare altro che raccomandare la rassegnazione ad un giogo incivile ed inumano - 1832, 1852, 1855, 1858 - (Opere. Vol. 3, 8. 9. e 10.). Che egli non s'ingannasse sui rapporti che si sarebbero stabiliti tra la confederazione slavorumeno-ellenica e la Russia sorge chiaramenLe dal conLegno della Bulgaria, che pur deve alla Russia la propria liberazione. Opportunamente, poi, egli insisteva nel mostrare quale forza morale avrebbe acquistato l'Inghilterra, se invece di sostenere l'Im· pero turco, avesse aiutato i popoli che ne subivano l'efferata tirannide, 1859 - Vol. 10. p. 253). Nè mancava di additare all' Italia, ancora non costituita a nazione, quale sarebbe stata la sua vera missione. « Le prime linee di una politica italiana, « egli scriveva nelle Lette1·e Slave nel 1857, « quando una Italia sarà, devono essere Slavo- « elleniche nella loro tendenza. Fin dai primi pai;si e del nostro sorgere noi potremmo, volendo, risu- « scitare la quistione d'Oriente.» (Opere. Vol. XX. p. 11). Certamente nulla ha guadagnato l'Inghilterra a non seguire i consigli di Giuseppe Mazzini, dei quali rimane invitto e generoso propugnatore il vecchio Gladstone, e ciò che avrebbe potuto guadagnare accettandoli, solo fanno intendere le simpatie calorose dalle quali fu circondata quando rinunziò, in favore della Grecia, al suo protettorato sulle Isole Ionie. In quanto all'Italia risorta a nazione, Giuseppe Mazzini, purtroppo! non nella sola politica seguita verso gli Slavo-ellenici, avrebbe trovato l'amarezza io.effabile di una grande disillusione! L'Italia monarchica non aspira che alla gloria triste di far parte del concerto Europeo; ma l'Italia del popolo, di cui si son fatti interpreti Bovio, Imbriani e pochi altri depulati repubblicani, fa intendere agli Elleni frementi e indignati, che essa mal sì adatterebbe a farla vergognosamente da gendarme per mantenere l'ordine nell'isola di Creta a benefizio dei feroci musulmani. Speriamo almeno! Comunque, oggi, gli avvenimenti incalzano: l'Armenia, Candia, la Macedonia rappresentano tre assilli dell'Impero Turco, che non lo tormentano soltanto, ma che lo dissanguano e lo trascineranno a sicura rovina. La malvagia diplomazia Europea per quanto concorde nel male, non riuscirà a domare l'incendio, che divampa in Oriente e dalle ceneri dell'imputridito regime della mezza luna uscirà una Grecia più forte e più vigorosa attorno alla quale, più o meno presto, si aggrupperanno alti-i frammenti di popoli, che faticosamente, ma inevitabilmente, costituiranno una libera confederazione di giovani nazioni, ed un nuovo focolare di civiltà irradiantesi nell'oriente. Le decise profezie di Giuseppe Mazzini si avvereranno; ed oggi ho sentito il dovere di ricercarle per mandare dalle colonne di questa rivista un· augurio sincero e senza fronzoli retoriri ai ribelli, che Eiroicamente combattono per la propria libertà e per rendere omaggio alla gloria del grande che da venticinque anni riposa a Staglieno. Dott. N. CoLAJANNI,

RIVISTA POPOLARE DI PQLITIOA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI 307 RevisidoenlterattadtoiFrancofort~. (La pace per mez.z-odella giustizia). IV. -- Applicazione. 22, - Per essere equa ed efficace, la revisione del trattato di Fr.mcfort deve avere per oggetto: A) Di determinare la sorte delle provincie contestate, conformemente al voto, liberamente dato, della maggioranza degli abitanti ; B) Di assicurare, nella maniera più largamente bel}.evola, i diritti della minoranza, bene regolando le situazioni legittimamente acquistate nel paese sulla fede dei trattati ; C) Di fornire alla Germania un compenso equo, nel caso che questo territorio cessasse di far parte dell' impero ; D) Di mettere fra le provincie legami di una amicizia dnratura. 23. - Sul punto A, : La. popolazione dell'AlsaziaLol'ena dovrà essere consultata nel suo futnro destino, così definito: Francia, Germ2nia, o Indipendenza. Riguardo alle precauzioni destinate ad assicura.re la sincerità del voto ed a. restringere l'agitazione provocata. nel paese (corto periodo preparatorio, voto di domenica, etc.), vedere l'opera l' Alsace-Lorraine devant l'Europe, p. 434 e se.;uenti. (1) Il solo punto, in quest' ordine d'idee, che possa presentare una difficoltà relativa, è la definizione delle c,i.tegorie di abitanti che godettero ùel voto (questione degli emigrati e degl' immigrati) ; ma non v'è perciò ragione di arrestare seriamente dei negoziatori animati da un sincero desiderio di venire ad una tr,msazione, avendo saputo troncare la gl'ande difficoltà da principio. B) Qual:1nque sia la risoluzione imposta dal voto della maggioranza, i membri della minoranza potrebbero restare nel p1,ese consuvando la nazionalità di loro scelta, se 5 uendo il principio l,berale cr.::ato dalla Francia in Sa voi a e a Nizza nel 1860; essi godranno sotto tutti i riguardi del trattamento della nazione più favorita, come i loro figli nati e nascituri ; forse si potrebbe tutto al più per la. terza generazione rimasta nel paese dopo il cambia.mento di regime, considerare l' ipotesi d' una procrastinazione per farsi naturalizzare. Questo dettaglio è d' altra parte conforme alla legge francese : è francese ogni fanciullo _ nato in Francia da genitori stranieri, na.ti essi pure in Francia. Date le circostanze, l'esistenza d' una. simile colonia straniera non presenterebbe nessuno degl' inconvenienti che si sartlbbe tenta.te di attribuirle ( velere su questo punto l'opera citata). CJ Il compenso eventuole da d.irsi alla Germania potrà consistere in un territorio coloniale, o una indennità pecuniaria, o una combinazione di tutte e due queste cose. Esso sa.rà determinato prima del voto degli abitanti, in vista dello due i11otesi che potrebbero dargli luogo, cioè, sia pel caso di ritorno alla (I) 1-'aris. Ollendorff, 18~4 (sotto il pseudonimo Patiens). Francia, sia pel casa. di formazione di uno Sta.to indipendente. D) Qualunque sia la situazione risulta.nte del voto, la Francia e la Germania « disarmeranno » ognuna una parte di territorio lungo la sua nuova frontiera, cioè che invece di accumulare in queste regioni, l'una in faccia all'altra, dei veri eserciti pronti a entrare in linea., esse si limiterebbero a tenervi le forze riconosciute di comune accordo sufficienti pel mantenimento dell'ordine, e tutte le fortezze sarebbero sma.ntellate. Insomma, questi territorii sarebbero resi inoffensivi. (Vedi ancora l'opera succitata, pei particola.ri di questa proposta). D) Dietro queste zone, le due potenze poti·anno conservare lo stato militare che loro converrà, ed è evidente che esse si limiteranno, al principio, a fare retrocedere alla distanza convenuta, le loro formidabili truppe di difesa attuali. Ma è non meno chiaro r,he dopo alcuni anni passati così senza ostacoli, esse ridurranno da sè, progressivamente queste difese riconosciute inutili, e che il disarmo risulterà così logicamente dalla logica dei falli. E) La Francia e la Germania conchiuderanno un'alleanza, o, per usare un'espressione che non possa. inspirare dei timori a nessuno, un trattato di amicizia, di cui tutti gli ai·ticoli saranno pubblicati, e la cui tendenza nettamente pacifica sarà stabÙita secondo le disposizioni seguenti: 1. Conclusione fra loro d' un trattato d'arbitrato permanente; 2. Alleanza economica completa (Zollverein); 3. Alleanza militare difensiva escludente ogni possibilità d'una politica aggressiva riguardo ai terzi. A questo effetto, ciascuna delle due potenze si obbligherà di faccia all'altra a proporre l'arbitrato per ogni litigio che possa sorgere fra essa ed una terza potenza; ed esse si dovranno aiutare se la terza potenza rifiuta. l'arbitrato, o non si sottomette alla sentenza data, o, a più forte ragione, in caso d' aggressione inopinata, ma solamente in questi tre casi. In fine, mantenimento a spese comuni, in Strasburgo, d' una Università-modello franco -alemanna, destinata a. rendere l'Alsazia alla sua missione naturale d'intermediaria e di linea d'unione fra le due grandi civiltà dell'Europa centrale. (I) Mi permetto di attirare l'attenzione su questa clausola, che, come quella delle « zone disarmate • io credo nuova. I trattati di alleanza difensiva conchiusi fino ad oggi han,10 sempre costituito una minaccia contro i terzi, più o meno· felicemente mnscherata: almeno i terzi 1i giudicherebbero sempre così. I loro stipulatori avevano in vista solamente lo stabilire in comune una certa prepondCranza, o il mantiemimcnto d'una situazione acquistata, non il rispetto della giu ... stizia ed il mantenimento della pace nei limiti del possibile, cioè a dire coll'aiuto mutuo in caso di legittima difesa. La forma del contratto che io ho proposto nel mio libro Alsaee-Lorraine devant l'Europa, visibilmente inspirata dalla Triplice alleanza, non sfuggiva a a questo rimprovero. ùa allora. ho immaginato questa clausola che vincola il casus Joecle,•is al rifiuto dell'arbitrato da parte dei terzi. Spero che vi si vedrà una base accettabile per I a stipulazione cl' un trattalo-tipo di alleanza difensiva rra due Stati pacifici.

308 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LE'l''.fERE E SCIENZE SO<JlALl V. - Particolarid'esecuzicne. Gli abitanti che, in un tempo dato dopo il plebi- (N. B. _ Il croquis n• 1 dà i particolari delle scito, dichiareranno o di voler restare cittadini della zone disarmate di cui si deve ora parlare. I nomi Germania o diventare cittadini francesi, potr.i.nno delle piazze forti sono sottolineate). resta1•e nel paese coll'una o l'altra di ques•e qualità --~-----------------------,colle garanzie specificate più sopra. ,; Il nuovo Stato darà alla Germania il compenso che '0<,_,'\ sarà stato stabilito prima. È naturale che questo <:). --<J compenso sa1•à meno considerevole che nel caso I" 2- ,,:···, v- ,,< , precedente, e ch'esso sarà unicamente pecuniario, ( ~ \ per esempio, l'Alsazia Lorena, assumendo la sua i ~ '•. (i1/' quarta parte nel debito dell'impero germanico e con- ,, \ ~ ~0,;· ~A servando quella che le è propria, pagherà alla Ger- ··0__ V /C, mania una indennità corrispondente alle proprietà che 1//4 l'Impero possiede nel Reichsland ed alle spese che vi /.. •• .:..c;.'--'-'r"'i'=,"1/ ·· .. /2 ha fatte pei lavori pubblici. Si potrà pure esaminare / '' ,.·- ,-·. •• ;; ie nei negoziati p1•eliminari, la que;tione di sapere se non \ 4 I IV . /3itcli _...(\ converrebbe che la Francia contribuisse a comple- ( i(!: ·-...;:. tare questa indennità; è tanto vero che i Francesi · S /.;J ' ·· non mirano ad altr., che a liberare gli Abazia ni-Lo- ~---,· lms6ou 7 1 ,.-,_._.. :------._ ~ r x"\ renesi da una dominazione che loro incre:ce, che . ..·. ', (.) en ·vrr\ · · li senza dubbio alcuno, accorderebbero loro questa in- .,;:, ~:: dennità molto volentieri. """'-~-,-__ , 1 fti. L'Alsazia-Lorena, divenuta indipendente, sarà pro- .' ' /--- ..-.. ·.....'.::·, clamata neutrale, e disarmata. Bisogna intendere con ,-·•.•, ciò che non si dovrà limitarsi a dotarla di quella ,L.-1llf"J'eJ ·-~ .. :__ '• neutralità precaria, per non dire illusoria, che il ··~~'4/[M<r. ,. ·-~~~ Belgio e la Svizzera sono attualmente obbligati ad .,______--~ 0-:;,;;tl!ehit:t1-/ appoggiare con armamenti così gravi come quelli 1•'C1·oquts r-----, • , Jij-lsd~!.b 11101il5 U I S S E delle potenze militari; essa sarà effettivamente «: di· Ca;--/e d f /1Sf/Jl J le. .Besa1 1cm._ty' . rarma ta ) CO m e è r----777?7T7T77777T,'777777?777l '---------_._ ___ _,____________ _,detto più s )pra, e 24. - Ja ipotesi: L'Alsazia-Lorena torna ad esse. re francese ( croquis n° 2). Gli abitanti, che, in uno spazio di tempo dato dopo il plebiscito, dichiareranno di voler restare cittadini della Germania, conserveranno questa qualità colle garanzie specificate più sopra (§ 23, D). La Francia darà alla Germania, in un tempo determinato, il compenso stabilito. Essa disarmerà il territorio restituito, come pure il territorio di Belfort, che vi si riannoda strategicamente, alle condizioni specificate più sopra (§ 2:3, D). La Germania disarmerà pure una zona [sensibilmente equivalente, situata lungo la frontiera, e comprendente il Palatinato, ed una parte della Prussia renana e del Baden (per esempio, la più grande parte del distretto di 'l'rèves, il principato di Birkenfeld, il Palatinato, e i 'l'èrritori di Karl.j;ruhe, Bade, Offenberg, Tribanrg e L6rrach). I due paesi conchiuderanno fra loro il trattato di amicizia stabilito al § 23, E. 25. - 2a ipotesi: L'Al:::azia Lorena diventa inclipenclenle (c~·oquis n. 3). protetta dalle dispo- ~ / sizioni seguenti: , '\ , La Germania « di- · '•'::::t.,-•' 1° sarmcrà» ugualmen- ,' <1/, ,@. t I f . t· ( s . e a zona- ron 1era . 0 ',-, .,, 0 / 1/ l l ' 1 . L ""~--- <' 1 ~ .,,,1. ungo A sazia- ore- '--~--,, ' ,,,>Jf"' na, di cui si è par- ~- ~:3Y 0 yf~;,, 1 . d l ,---....-.-..-.~~ ~- .. .1::0 l/.~7: ato a proposito e-::--~ ~---v.;,,"::_) :v~_.·_, _ l'ipotesi precedente. ~~-}/ z V'/. E la Francia, dal can- . . ~,.':'. • ~P to suo « disarmerà:> 3•Crnq 11" ' . 'IndientlJNe) · una zona equivalente ._.__,_ _.:,..t,,,;:s..:,.::s,:. _____ _j lungo la frontiera del nuovo Stato; questa regione potrebbe comprendere, per esempio, il dipartimento Meurthe-Moselle, quello della Meuse fino al fiume Meuse, e i circondari d'Èpinal, Saint- Dié, Remire- .mont, Lure, Belfort e Montbèliard. In questa maniera, la Francia e la Ger.r1ania, stabilendo fra esse, di comune accordo, una triplice linea di territori inoffensivi, renderebbero evidente la loro ferma volontà di non intra prendere niente, nè contro l'Alsazia-Lorena, nè l'una contro l'altra. E per ciò, niente le obbligherebbe a diminuil•e d'un solo uomo il loro stato militare attnale, prima · del momento - che non tarderebbe a venire - in cui converrebbe a ciascuna di cominciare spontaneamente il disarmo per conto loro. Pel momento esse si obbligherebbero solamente a ritirare il grosso dello lor o forze, l'una dietro la Meuse, la Moselle, la catena dei Hallons e la via di Belfort, e l'altra, dietro le

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIA.Li 309 montagne del Palatinato ed il Reno, ciò che non potrebbe restringere nè la loro indipendenza nè la loro sicurezza. 2G. - 3a ipotesi: l'Alsazia-Lorena resta della Germania (croquis n. 4). In quest'ultimo caso, una volta data la sentenza popolare, quegli abitanti che, in un tempo determinato, avranno dichiarato voler restare cittadini francesi, acquisteranno questa qualità restando nel raes e colle garanzie più sopra specificate. L'Alsazia-Lorena, che è presentemente un « Reichsland », cioè una possessione indivisa dei di!forenti paesi dello impero, qualche cosa come una c o I on i a, sarà ormai autonoma ed avrà. una base di completa uguaglianza agli altri Stati della confederazione. Essa sceglierà libera mente la costituzione che le converrà. È natm•ale che non sarà pagato alla Germania veruna indennità. La '8-ermania disarmerà l'Alsazia Lo1•ena, e la Francia disarmerà la zona limitrofa che è stata determinata a proposito dell' irotesi precedente. Infine trattato d'amicizia, come più sopra. GASTON MOCH Ex-capitano di artiglieria, (ltfaggio 180G. - 25· anniversario). (Unica traduzione italiann, di Luigi Ltteehe,i, autc,rizzata dal1·~utore). Istruzione DOlitica dB[liODBrai. Coloro che si danno per missione di condurre nella vita pubblica le masse popolari si preoccupano quasi esclusivamente delle questioni che hanno attinenza immediata col lavoro. E specialmente quando si tratta di eatechizzare le masse sui loro interessi, essi alle masse non parlano che di associazione fra i lavoratori per mutuo soccorso o per resistenza, di diritto ad un dato livello cli vita., di diritto di sciopero, di proprietà, di capitalismo ; di lotta di classe. Ma di tante altre questioni che agitano tutto il paese, importantissime, agli operai non parlano, come se fossero cose che all'operaio non inte1·essassero direttamente, come se non gl' interessassero altro che nello stesso modo che uno qualunque s'interessa con piacere che il suo vicino faccia buoni affari, o come chi desidera che tutto vada secondo giustizia anche laddove l'ingiustizia non lo tange, per un senso naturale all'uomo onesto che brama che da tutti si faccia omaggio alb giustizia. E quando si tratta di organizz:r.i le masse operaie come partito che prenda parte alla vita politica del paese, che deve influire sulle decisioni del pal'lamento e sull'indirizzo del governo, altro non scrivono sul programma di questo partito che le questioni i desiderati degli operai nelle giornaliere questioni tra operai e padroni; o se mettono di 1,iù - e questo fa il partito socialista - sono le aspirazioni ad una futura organiz,r,azione in cui dovrà adagiarsi la sccietà, della quale non si accenna.no che le grandi linee. Quello invece che voglio oggi far risaltare è, come ci sono molte questioni che realmente dovrebbero interessare gli operai porchè hanno un' influt:nza sul loro benessere, e delle quali essi non si occupano. E non se ne occupano perchò chi li dirige non si occapa di istruirli, epperciò non gli spinge neppm•e a prendere come partito una posizione spiccata e determinata quando esse si pn ·entano. Quando é per esempio che si parla agli operai delle questioni monetariP, della questione della protezione data alle industrie, o per meglio dire agli industriali, ai proprietari di terre ecc. ? Quando si parla loro del nostro sistema t.ributario in modo da sapersi regolare in certe questioni che non si possono sciogliere nel senso favorevole alle classi popolal'i dato il nostro sistema tributario, ecc.? 'l'utti i giorni nelle amministrazioni locali risuonano proposte di lavori o di servizi nuovi che devono specialmente rivolgere la loro utilità a r,ro del popolo. Ma naturalmente queste proposte implicaro la necessità di nuovi aggravi pel contribuente. Oi-a siccome il cont,-ibuente nei municipii è specialmente il popolo - almeno in senso della proporzionalità dei suoi bilanci, - giacchè i comuni vivono specialmente sul dazio consumo e sui centesimi addizionali alla tassa fondiaria. Il primo si sa colpisce relativamente più il povero che il ricco per quanto certi economisti abbiano voluto attenuare la crudezza di questa affermazione. I secondi, i centesimi addizionali, apparentemente colpiscono la classe ricca., la classe proprietarià.; ma nelle città dove la popolazione è in continuo incremento, più che la fabbricazione, e dove perciò gli aflìtti si regolano esclusivamente sull'offerta e la domanda di locali, essendo questa superiore all'offerta, è facile al proprietario riversare sull'inquilino ogni rincrudimento d'imposta. E lo è tanto più per le case abitate dalla classe operaia, delle quali si fabb1·ica meno che di quelle di maggior lusso, e ciò per molte ragioni che io ora non voglio ripetere. In oltre se ne distrugge un numero forte per svent1·amenti, risanamenti ecc., tutte cose sia· detto di passata, che abbelliscono le nostre città, risanano certi quartieri, ma a detrimento di quelli che restano ancora quartieri popolari, dove il ceto operaio va così addensandosi, con danno dell'igiene e con danno emergente degli abitatori che sono obbligati a restringersi o a pagare pii1 forte fitto di prima. Coloro che credono fare opera saggia abbattendo le vecchie stamberghe, la farebbero davvero se in pari tempo provvedessero al sorgere di quartieri popolari nuovi, sani. Ma questo o non sì fai generalmente o se si fa si fa pe1• metà soltanto. Dunque prima di far adottare dalle comunità, da comuni specialmente di città dei provvedimenti favo_

310 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIALI revoli al benessere delle classi inferiori, ma ohe imi,licano aggravio di bilancio, si dovrebb3 cercare di mutare il sistema tributario municipale prima, e non fare come si fa, di tenere il processo inverso che è a tutto danno di coloro ai quali si vuol far del bene. Mi pare tipico a questo proposito un discorso che intesi fare alcuni anni or sono ad un professore della facoltà di medicina a proposito dell'ospedale di Genova, il quale per chi non lo sa vive quasi esclusivamente sui lar 6 hi sussidi del municipio. Il detto professore che è un luminare ddla scienza medica, faceva proposte grandio,e a proposito del miglioramento di quell'ospedale; proposte però che implicavano aumenti rilevantissimi di spese. Ma, egli diceva non bisogna preoccuparsi di questo: bisogna invece ricordarsi che la questione degli ospedali è una questione d ·ordine sociale, che in essi si cura l'indigente il proletario; non bisogna quindi badare ai sacrifizi. Invece il detto professore avrebbe dovuto ragionare così: alla spesa bisogna invece badare perchè se aggraviamo il contribuente comunale che è il proletario, riduciamo il suo standarcl of life, lo obblighiamo a fare anche maggiori sacrifizi sulla sua tavola, e ciò è talmente contrario ad ogni principio igienico (è già così in cattive condizioni il cibo dell'operaio nostro per potere combattere con trionfo la vita anti igienica che è obbligato a menare nell'officina) che -il togliere al suo sostentamento anco1•a qualche cosa vorrà dire farlo ammalare, e io non voglio che il popolo si ammali per avere poi la soddisfazione di curado all'ospedale con tutte le risor3e della scienza moderna. Ma invece pur troppo! precisamente dagli uomini più capaci di slancio generoso verso il meno abbiente si ragiona in generale come quel professore. Invece costoro in tutta buona fede fanno anche di più ; cercano aver in appoggio delle 101•0proposte il voto stesso degli oper,ti, i quali in tal modo persuasi di fare il proprio vantaggio, fanno invece il proprio danno. Pas,iamo ad altro. La questione monetaria non interessa solo i ricchi. Essa deve interessare massimamente il ceto operaio. La storia c'insegna che ogni qualvolta il valore della moneta, sia metallica, sia cartacea, venne a scemare, chi ne subì più immediatamente c più a lungo i danni, fu l'operaio. Quando l'oro del nuovo mondo si riversò in Europa dopo la scoperta del1'America, si sa che scapitò enormemente di valore. Le cose tutte rincararono di prezzo per questa ragione. Solo il prezzo della man d'opera si mantenne lungamente al li vello di prima. Ma se le mercedi in danaro si mantenevano al li vello di prima, la potenza d'accatto di esse, appunto per il rialzo di tutte le cose che consuma la classe operaia, era effettivamente diminuita. In tutti i paesi dove lasciò le sue traccie il corso forzoso della carta-moneta ( e dove non ne ha lasciato ? ) successe lo stesso. Lo hanno esperimentato i nostri operai dopo il 1866, come già prima lo avevano esperimentato quelli degli altri paesi d'Europa e d'America che avevano avuto la fortuna di fare prima l'esperienza di questo mezzo circolante. Come dunque non si dovrebbero occupare gli operai, come cittadini che col voto hanno parte ali' indirizzo della pubblica cosa, delle questioni riflettenti la circolazione? In Inghilterra appunto per impedire che rinnovandosi un giorno il bisogno di proclamare il corso forzoso, si rinnovassero anche i mali lamen- -tati per le classi operaie ; quando il forzato fu tolto e si diede assetto alla circolazione fiduciaria del biglietto di banca, si stabilì il taglio minimo del biglietto a cinque sterline. Appunto perchà data l' ipotesi che di fiduciario il rorso diventasse nuovamente forzato, almeno gli operai ricevendo la paga alla. tlne della settimana o quindicina, non potessero e,- sere pagati in carta, ma in oro. Mi piace ancora citare un'esempio della storia di Firenze nel xiv secolo, quando la lotta di classe nel senso quasi moderno della parola, ferveva tanto che scoppiò, poi colla rivoltà dei Ciompi. Nel 1347, siccome per l'esodo continuo dell'argento esso per rispetto all'oro era cresciuto di valore, i lanaioli, ossia i padroni delle fabbriche di lanerie - per dirla con frase moderna - che pagavano i loro operai in argento, mentre vendevano in oro i prodotti della loro industria, vollero che la signoria coniasse una nuova moneta d'argento calante d'intrinseco, affine di pagare con essa gli operai. Ma questi non vi si acconciarono mai di buona voglia, e durante il periodo che la democrazia operaia trionfò colla rivolta dei Ciompi, abolirono quella moneta pregiudizievole ai loro interessi. Da noi una volta stabilito il corso forzoso per necessità di guerra, si è poi invece successivamente in piena pace allargata la circolazione cartacea in modo cosi scandaloso da fare persino il 17 °lo d'agio, e ciò sotto mille scuse infondate, ma in realtà per favorire un gruppo ristretto di gente. Se allora il partito democratico che deve avere di mira specialmente l'interesse delle masse, si fosse preoccupato del danno che lo svilimento del valore della carta portava alle classi lavoratrici, si fosse preoccupato di ciò e avesse fatto argine a chi voleva l'in· flation della carta, avrebbe reso un servigio non solo al popolo, ma a molte altre categorie di per3one che bonariamente credevano per ignoranza di essere avvantaggiate da essa. L'abbondanza del mezzo circolante quantunque deprezzato in faccia all'oro e quindi anche come mezzo di scambio coll'estero, favoriva il rialzo dei titoli di borsa interni, e pareva quindi a molti piccoli o g1•ossi capitalisti che l' infiation fosse una bella cosa. M'l. non si accorgevano che se guadagna vano da una parte perdevano dall'altra perchè tutto ciò che dovevano trarre dall'estero dovevano pagare di più perchè i crediti che avevano all'interno veni vano pagati con una monda deprezzata, ecc.. Il partito democratico avrebbe reso un servizio in definitiva all'intero paese. E lo avrebbe potuto fare con tanta pi:ì forza dopo l'allargamento dtl suffragio se avesse istruito e convinto di queste cose il ceto operaio. Dopo 1l'allora altri mali sono venuti a aggiungerai

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