Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 8 - 30 ottobre 1896

RIVISTAPOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr NAPOLEONE COLAJANNI DBPUTATO AL PARLAMENTO ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno Il. - N. 8. Abbonamento polta/e Roma30 Ottobre1896 Sommario. LA RIVISTA - Agli Abbonati. Dr. N. CoLAJANNI - La propaganda per la pace. (Da Ginevra a B11da-Pest). Prof. VALERIANO VALERIANI - Le nostre cooperative. CESARE CASTELLI - Lo Stato Piovra. S1cuLo - Per la Sardegna. FRANCESCOMORMINA- Il Socialismo di Stato. G. A. PI.NTACUDA- La Bancarolta della scienza. Prof. EMILIO ZANELLI - Per l' Aleardi. Sperimentalismo Sociale - I salari in Russia. Notizie Varie - n 4· Co11ffressodi a11tropologiacrimillale di Gillevra - Società di studentesse - Casi isolati di lebbra - L'applicazio11edell'elettricitàa scopi agricoli. Recensioni - Lelio V. Teiberman: :Macrologia - Avv. Orazio Giuffrida : Le Riforme organiche e la soppressio11ed lle provi11ete - C. Ferrari: La 11azio11alità e la vita sociale. Note Bibliografiche - Prof. Federico Flora : La fi11a11za e la quistionesociale - Deputato Tullio Minelli : Protezio11e legislativade/I' i11fa11zia. Condizioni d'abbonamento. Quest'anno l'Amministra-tione della Rivista. Popola.re fa condizioni speciali d'abbonamento: - Chi procu1·a quattro abbonati annui che paghino anticipatamente avrà gratis la Rivista per un anno. - Chi procura tre abbonati che paghino anticipatamente riceverà in dono la Politica Coloniale del Dr. N. Colajanni. ( Un volume di pag, 300 ). - Chi acquista la Sociologia Criminale del Dr. N. Colajanni (due grossi volumi di 1300 pag., oltre una grande tavola L. 13) riceverà gratis la Rivista per un anno. Aggiungere, centesimi 60, per la spedizione. Rivolgiamocaldapreghiera agli abbonati della ''Rivista,, che non fanno la collezione a volere rinviare alla nostra Amministrazione,! N. 3 del 2. 0 anno. - I rivenditori che hanno delle copie invendute del medesimo numero sono pregati a volerle restituire. AGLI ABBONATI. L'Illustrissimo sig. Giudice Istruttore, sulla richiesta del sig. Pro• curatore Generale della Corte d' App31lo, ha voluto onorare il nostro giornale d'un altro sequestro, per un articolo intitolato: NIENTE FESTE! In esso ha creduto scorgere le solite offese alle istituzioni vigenti col solito voto di distruzione ecc. ecc. ecc. Avrebbero potuto notificarci la relativa ordinanza a tempo per non arrecarci la grave iattura economica che sempre produce un sequestro fatto quando il giornale è intieramente tirato, ma si è preferito non far ciò, evidentemente per farei cosa piit qradita. Noi, sopportando il danno economico, preghiamo i nostri abbonati sopportare il ritardo forzato nell'invio del giornale, non senza protesta~ contro la cos2eletta libertà di stampa che si gode nel nostro bello italo regno. La Rivista.

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RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIALI 143 LA PROPAGANDAPER LA PACE (Da Ginevra a Buda-Pest). L'idea della pace, propugnata solennemente in tanti Congressi, fa ogni anno nuoYi passi e nuove conquiste; essa si afferma serena e fiduciosa nel trionfo finale anche quando, come in questo momento, si erge minaccioso lo spettro della guerra e il militarismo prosegue le sue devastazioni tremende. Contro la guerra, e contro il militarismo in favore della pace, in quest'anno si ebbero tre manifestazioni, varie d'importanza. Quella dei socialisti in Londra - la prima in ordine di tempo e pel suo grande significato, venne qui stesso incidentalmente asaminata ( Gli ultimi congressi nella Rivista del 15 Agosto l8P6). Ritorniamo oggi sull'argomento prendendo occasione dai due Congressi contemporaneamente tenutisi sul finire del Settembre in Buda - Pest : il Congresso delle società per la Pace e la VII Conferenza Interparlamentare per la Pace. Imprendendo a dire di proposito della grande utopia, come viene per decisione designata l' idea della pace, non intendo farne la storia, che può agevolmente apprendersi da varie pubblicazioni, tra le quali ottima una del nostro Prof. Scarabelli ( Cause cli guer1·a in Europa e rimedi. Ferrara, Tipografia sociale). Se a quest'articolo bo apposto il sotto-titolo : Da Ginevra a Buda -Pest, che potrebbe fare sospettare 111 me l'intenzione di accennare, anche sommariamente, a tale storia egli é per indicare in quale senso desidererei si svolgesse il movimento in favore della pace ; e in quanto a questo esporrò in ultimo il pensiero mio. Nè tratterò della guerra e della pace dal punto di vista generale dei loro rapporti collo sviluppo della civiltà e quale esplicazione della darwiniana lotta per l'esistenza, applicata alle società umane (1). Più modesto è il mio intendimento e non voglio guardare ali' importantissimo problema che sotto l'aspetto dell'interesse attuale e quasi esclusivamente europeo . .. * * Abbandonato ogni criterio sentimentale che si presti ai sogghigni beffardi, è giocoforza riconoscere che l' idea <lella pace progredisce rapida per la percezione chiara dei grandi danni che arrecano alla società umana il militarismo e la guerra, l'organo e la funzione. Questi danni enormi, talora incalcolabili, sono di vario ordine : a) Morali. In un lungo capitolo della Sociologia criminale dimostrai che guerra e milita- ( I) Della guerr/\ con•ide..at/\ sott, questo aspello mi sono occu-• pato nei miei sci-itti : il Soeialis,no, La Soeiolonin criminale, e Le due utopie nella Rivista Italiana del soeialismo, anno 1887).

144 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI rismo sono tra· i precipui· generatori del delitto. L' Hamon colla sua Psycholo-gie du militai1·e professionel confermò pienamente il rapporto causale che c' è tra le due serie di fenomeni ; rapporto invano negato con delle semplici frasi vuote dall'anonimo autore delle Istituzioni militari odierne e il lo1·0avvenire, che si è sentito ferire nella sua professione o nella sua casta dalle inesorabili deduzioni dei dati della storia e della statistica. Un aneddoto riportato da Bruno Wille (Soeiétè Nouvelle Settembre 1894, p. 316) spiega quasi il · meccanismo criminogeno delle guerre. Egli narra che un soldato francese condannato a morte per assassinio non ne comprese un'acca. Rideva, incredulo, della sua condanna; ma condotto al patibolo, fu costretto a credervi. Allora la sua indignazione contro la morale vigente si manifest6 con questo grido: « al Tonllino ho ucciso molte « persone e mi si dette la croce della legione « di onoi·e; e in Fi·ancia mi si vuole tagliare « la testa pel'chè vi ho ucciso appena due «vecchi?». Non c' è contraddizione colla dichiarata intenzione di schivare ogni argomento sentimentale,-in favore della pace, nè mettere in prima linea le sinistre conseguenze morali della guerra e del mi li:tarismo; poichè a questo sentimentalismo che si connette alla conservazione della vita e degli averi, rendono omaggio anche i materialisti pratici, che tengono in poco conto l'ideale e la morale. b) Anti·opologici. Alcuni scrittori, con a capo Spencer, alla guerra assegnarono una diversa influenza secondo la fase di sviluppo in cui si tl'Ovavano i popoli, che la praticavano. Secondo il loro avviso riusciva essa ad una selezione progressi va durante la barbarie; inverrnmente oggi tra popoli a civiltà inoltrati, guerra e militarismo esercitano una terribile azione degenerativa. Si potrebbe contestare la p1·ima parte di questa dottrina; è innegabile la seconda, perchè controllata dalle cifre. Uno scrittore eminente che s' ispi1·a al più rigido positivismo e selezionismo darwiniano ha testè messo in evidenza la degenerazione fisica della razza umana per causa del militarismo e della guerra (1). L'estensione del male si può riconoscere dai dati raccolti dal Direttore della Statistica dell' Impero tedesco. Secondo l' Engel, in quest'ultimo mezzo secolo perirono nella guerra di Crimea 750,000 uomini; nella guerra di Secessione 280,000 per gli Stati del Nord e 52,000 per gli Stati del Sud; 43,000 nella guerra Austro-prussiana del l8GG; 65,000 nelle spedizioni del Messico, della China e della Cocincina da parte degli europei; 155000 per la Francia e 60,000 per la Germania nella guerra ()) Lapouge: • Les sélectiones sociales Paris, Librairie Thorin et fila. 1896. (Selec\ion militaire). del 1870-71; 25,000 nella guerra russo-turca, che seguì; 30,000 nelle guerre degli Inglesi nell'Africa del Sud e 25,000 nell' Afganistan..... E in questo spaventevole elenco non figurano gli individui la cui morte non fu immediata. Quando si riflette che i morti appartenevano agli elementi più sani e fisicamente meglio costituiti ci si può sorprendere constatando che guerra e militarismo favoriscono la degenerazione fisica della razza? Di quPsta degenerazione è un indice eloquente la diminuizione della statura presso quasi tutte le nazioni europee. Si eleva invece la statura nella Norvegia, che da quasi un secolo non va soggetta al flagello della guerra. Ora nel secolo in cui i privati ed i governi rivolgono le loro cure al miglioramento di varie razze di animali dai bovi ai maiali e ai cani, anche i cinici sentono il bisogno di allontanare la guerra, che più efficacemente impedisce il miglioramento della razza umana. c) Economici. Per fare comprendere la immensità dei danni dèlla guerra e del militarismo sul terreno economico non c' è nemmeno bisogno di calcolare il valore che rappresentano gli uomini caduti sui campi di battaglia; basta fare il conto di ciò che costano gli eserciti europei e i relativi armamenti. Novikow (Les luttes entre sociétes humaines) calcola a 3,200,000 i soldati e 293,700 i marinai dei 23 Stati Europei con spesa di 4. 782,000000 di lire all'anno. Riducendo gli eserciti al necessar'io per la polizia, nelle proporzioni degli Stati Uniti di America, annualmente si potrebbero risparmiare quattro miliarcli e mezzo di lire. Aggiungendo alle spese militari il lavoro utile che potrebbero dare i soldati attivi e i riservisti e gli interessi al 4 e 112 per 010 degli ottanta miliardi di debito pubblico fatto per spese militari si arriva alla perdita annua per l'Europa di clodicimiliardi. Queste perdite si devono considerare da un doppio punto di vista. Si deve, in primo luogo, esaminare come si potrebbero utilmente impiegare. Ecco dei dati convincenti : La grande ferrovia transiberiana non costerà che un miliardo; la linea Messico-Buenos-Ayres si farebbe con due miliardi e mezzo; si taglierebbe almeno per tre volte l'istmo di Panama colle spese militari di un solo anno. E chi può calcolare le immense trasformazioni che nell'agricoltura, nelle abitazioni, nei risanamenti si potrebbero ottenere impiegando utilmente i dodici milianli all'anno divorati dal grande Leviathan ?(l) Eppure queste considerazioni non scuotono i governanti; i quali seguitano a sciupare spensieratamente tanti ingenti tesori, ma si preoccupano di (I) Baschmanoff in un articolo convincente della e Revue politique et Parlementer • ( IO Set\embre 1896)ha provato che la prosperità della Filandia deriva quasi per intero dalla mancanza di milita rismo.

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 145 qualche centinaio di milioni consacrati al mantenimento degli inabili al lavoro! I potitici e gli economisti, però, si allarmano per le conseguenze di altro ordine; le spese militari sproporzionate dell'Europa la disarmano nella concorrenza coll'America del Nord e coli'Australia ed aggravano una crisi agricola industriale minacciosissima, che nemmeno più si può chiamare crisi; perchè è divenuta lo Stato normale. I De Molinari, i Novikow - per non citare che avversari illustri del socialismo - hanno luminosamente provata la inferiorità dell'Europa nella concorrenza colle nazioni transoceaniche ed oramai, anche i politicanti - gli ultimi ad avvedersi dei mali e dei pericoli - confessano eh' è tempo di mutare strada. Il militarismo e la guerra coi loro eccessi economici si sono da loro stessi defi. nitivamente condannati. d) Politico-sociali. Guerra e militarismo hanno creato i colossali debiti pubblici dell'Europa e in conseguenza hanno pari passu aumentato la pressione tributaria. I balzelli innumerevoli sono divenuti insopportabili e da pertutto da, un momento all'altro, possonodivenire causa di riYoluzioni interne. E se ne preoccupano, per questo gli statisti mentre se ne ranegrano i grandi banchieri che nei debiti pubblici trovano il migliore e più sicuro impiego ai loro capitali: lo confessa candidamente l'anomimo scrittore militare il cui libro fu citato poco innanzi. Ma i banchieri dimentical'ono che la corda stirata troppo si deve rompere e che il fallimento degli Stati arriverà e sarà santa ed esemplare punizione della loro avidità immorale. La pressione tributaria si risente maggiormente dal proletariato, che non trova i compensi che i capitalisti rinvengono nei .le biti pubblici; i balzelli tolgono il necessario ai lavoratori nel momento in cui il progresso intellettuale fa avvertire di più il bisogno di un migliore tenore di vita di uu piìi elevato standard of li(e. E i lavoratori che odiano già il militarismo per le imposte che fa loro subire, ora cominciano ad odiarlo maggiormente perchè nel medesimo riconoscono il grande mezzo, che sei-ve a mantenerli nella servitù politica ed economica. Così da ogni parte, dall'alto in basso e dal basso in alto, le conseguenze morali, antropologiche, economiche e politico sociali della guerrn e del militarismo, minano queste due istituzioni e riescono a spianare la strada alla granrfe utopia. Altre cause intrinseche favoriscono i suoi pt·ogressi: i tagli degli istimi, i trafori delle catene di montagne, tutte le agevolezze crescenti per i viaggi, l'internazionalizzazione di molli sei-vizì pubblici, aumentano con progressione crescente in ragione dirnUa del tempo e delle scovel'te, gli scambi materiali e intellettuali tra i popoli, che conoscendosi meglio, più si apprezzano. Si attenuano od1e rancori, crescono le reciproche simpatie, che potranno subire parziali e temporanei regressi, ma che non potranno mai essere arrestati dalle artificiali barriere doganali. * * * Non iscoraggiati dalla convergenza dell'azione di tanti numerosi fattori che indeboliscono la guerra e il militarismo, i pessimisti - spesso tali per tornaconto individuale o di casta - predicano sempre che la guerra, per quanto male grandissimo, è male necessario che bisogna subire rassegnati ed enumerano, compiaciuti, le cause ed i fomiti di dissidi, immediati o remoti: l'Alsazia-Lorena, l'Oriente, la politica coloniale. Si compiacciono delle sinistre possibili conseguenze di queste cause di complicazioni e per bocca del generale austriaco, il Barone Sacken menti:-eriunivansi i due congressi di Buda-Pest, annunziarono prossima una guerra di esterminio contro la Francia e la Russia. I pericoli sono reali e nessuno li dissimula; ma i progressi fatti sono altrettanto innegabili, e passandoli in rassegna se ne trae conforto a sperare. Rinunziamo a misurare i progressi fatti dalla grande utopia colla enumerazione delle Società per la pace e del crescente numero dei soci : è criterio fallace. Non è più sicuro, ora almeno, quello desunto dalle deliberazioni dei Parlamenti ed a diffidarne induce l'ultima conferenza interparlamentare di Buda-Pest dove accanto agli apostoli agli idealisti, ai sinceri sostenitori della Pace concorsero; per ragioni indelicate, gran numero di partigiani della guerra, italiani specialmente. Poca sincerità viene a questi congressi dalla partecipazione del mondo ufficiale; ma l'effetto morale cresce sulle masse, che non hanno modo e tempo di analizzare e sottilizzare e s'impressionano delle apparenze. Ifa maggiore importanza l'attitudine benevola della stampa, che rispecchia e crea ad un tempo la pubblica opinione. Fatti più palpabili, e che spiccano guardando nel passato, si hanno per dimostrare quanto siano diminuite le cause di conflitti e come si sia rnnuto circoscrivendo il campo della guerra. Vi fu tempo in cui tutta l'Europa - e per ripercussione le altre parti del mondo - era un campo percorso a brevi iuterralli dai belligeranti; ora invece la situazione 0 mutata profondamente. Fu guena aspra per secoli Li'a la Spagna e la Fr'ancia e da tre quarti di secolo ira loro regna la pace e non pare più possibile la guerra. Per diversi sec0li la Srizzera ru in lotta con tutti i suoi vicini ed a Lutti sornmini:,Li-omcl'cenar-i; or·a è elemento di pace tra le nazioni. L'Italia pel' molti secoli fu campo di battaglia Lt·a_\.usl!-ia,F1·ancia e Spagna;

146 RIVISTA. POPOLARE DlP OLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIALI ma <lacchè è costituita a nazione, venne eliminata una delle più frequenti cause di conflitti internazionali. E tra la Russia e la Scandinavia, tra l'Austria e la Prussia e gli altri Stati, che ora compongono l'Impero Germanico, si sono pure eliminate le cause di guerra. Inghilterra e Stati Uniti furono per molti anni negli stessi rapporti tesi nei quali adesso si trovano l'Italia e la Francia, ma scansata la lotta brutale per alcuni anni, questa si rese sempre più difficile e quando, negli ultimi anni, la rottura pareva imminente per l'Alabama, per Terranova, per Venezuela la pubblica opinione impose la pace e l'arbitrato, che ora sta per essere consacrato da un trattato, di cui mostransi così convinti partigiani oggi i conservatori, come ieri lo furono i liberali. Speciale menzione meritano i rapporti tra la Francia e la Germania perchè sono quelli che più facilmente possono condurre alla guerra. La revanche certamente viene desiderata dalla maggioranza dei francesi, che in vista della medesima hanno prodigato prestiti a miliardi ed entusiasmi indecenti per lo Czar; ma non può metteesi in dubbio che il fanatismo della Lega dei pati·iotti è in grande ribasso. La partecipazione della flotta della repubblica alle feste di Kiel non sarebbe stata possibile dieci anni fa, come non erano possibili le rappresentazioni dei capolavori di vVagner; un mutamento si rn maturando nella pubblica opinione cli cui se non può prendersi quale esponente il linguaggio di Federico Passy - troppo impegnato nel moYimento per la pace - deve, però, prendersi come un indice significantissimo l'articolo di R. Mitchell - un intimo amico del pat1·iotta De Roulede ! - nel ilfatin in cui dichiara una necessità per la Francia la rinunzia all'Alsazia-Lorena ed anacronistiche le idee di revanche. Qualche anno fa l'autore di un siffatto articolo sarebbe stato lapidato! Auguei'amoci chi:' tali idee si facciano larga strada nell' interesse della pace ltut0 opea e della stessa repubblica francese ; la quale nel militarismo ha il suo temibile insidiatore. La boulange peovò che in Fracia è ancora possibile un diciotto brumajo. Quali indizi sicuri dei progressi dell'utopia non enumererò i tanti casi cli arbitrato che impedirono scoppi· di conflitti sanguinosi - e dei quali rimane sempre il più celebre quello per l'Alabama -; mi fermei·ò al movimento per la Rifo1·- ma e la codi(tca::ione del di1·itto inte1·nazionale - il cui ultimo congresso si tenne tcstè in Vcnezia - e che da un lato è un prodotto dei progressi dell' i(lea della pace e dalraltro esso stosso l'affretta. Pe1· questa Riforma e per questa Cocli(icazione, che troYcranno il coronamento in un codice e in un tribunale internazionale, si tennero molte conferenze. Nella tredicesima, 111 Londra, fu notevole il discorso di apertura del suo presidente Butt, giudice dell'Alta Corte di Inghilterra, in cui si riconosceva la tendenza generale all'arbitrato internazionale. L'Attorney general alla sua volta dichiarò: che l'aumento; dei mezzi di comunicazione conduce a ricercare i princip:i sui quali si deve basare la legge delle nazioni. Queste manifestazioni del più autorevole positivismo inglese incarnato nella sua magistratura valgono più che_i discorsi degli apostoli - pei quali lo entusiasmo per la santa causa è divenuta religione - di cui avemmo campioni in Italia prima il compianto capitano Siccardi ed ora il Moneta. La pace, infine, fa1°àun grande passo sul terreno diplomatico il giorno in cui si costituirà quella Lega dei neutri propugnata con tanto calore dal De Molinari, che vorrebbe vederla presieduta dal1' Inghilterra. Sarebbe la vera Lega, che allontanerebbe le guerre e renderebbe possibile il disarmo. * * * I derisori della grande utopia non si danno per vinti e costretti a riconoscere che le guerre oggi sono molto meno frequenti che pel passato soggiungono: ciò che hanno. perduto in durata lo hanno guadagnato in intensità; e peri alla guerra cruenta si sostituirono le guerre economiche che riescono non meno disastrose, specialmente per i lavoratori. Non posso dilungarmi più oltre per esaminare quanto c' è di vero in queste affermazioni e quanto c'è di erroneo nella interpretazione della parte di verità, che esse contengono. Preferisco, invece, riassumer-e questa dimostrazione dei progressi della ~rande utopia con un cenno sul progresso seguito sinora dalla solidarietà tra gli uomini, che ci fa preco_nizzare quale potrà essere nel futuro, e ci permette di constatare la tendenza. È innegabile che la lotta cruenta cominciò dal cessare tra gli uomini e le famiglie di uno stesso clan, e di una stessa città; la pace poscia si stabilì tra le città vicine e le regioni, che furono per secoli Stati inclipenclenti; indi le provincie e le regioni si riunirono per costituire le nazioni; oggi regna la pace fra alcime nazioni. Chi oserà proclamare impossibile l'avvento del giorno in cui essa regnerà tra tulle le nazioni ? Infatti le guei·re civili furono il fatto generale presso tutte le nazioni - rette a principato o a repubbliche - e gradatamente scomparvero le guerre cruenti ed eco· nomiche - le barriere doganali esistevano tra le città e tra le regioni, come oggi esistono tra le nazioni - interregionali per dar luogo alle sole guerre interna::ionali. I pregiudizi e le antipatie interregionali superati non erano meno vivi e numerosi dei pregiudizi e delle antipatie internazionali,, che rimangono ancora da superare.

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 147 È certo adunque, come insegna la filosofia della storia che la solidarietà umana procede per circoli concentrici: dalle famiglie al clan e alle città; dalle tribì1 e dalle città alle provincie ed alle 1·egioni; dalle regioni alle nazioni. Dal passato inducendo al futuro non si merita taccia di avventati profeti affermando la tendenza verso la costituzione dell'umanita. La tendenza si tradurrà più facilmente in fatto col prevalere della indipendenza nazionale dei popoli, dei regimi liberali e delle organizzazioni fe. derali. La libertà e il federalismo potranno ageYO· lare lo sviluppo del sentimento della razza, che a parer mio precederà la formazione del circolo concentrico pii1 largo - l'umanità - e la formazione di quegli organismi politici internazionali, di cui attualmente abbiamo un saggio stupendo nella Svizzera. La guerra non produce orrori e disastri soltanto quando è internazionale ; la guerra civile tra le città, tra i partiti, tra le varie classi sociali è forse lo spettro p:t\ spaventevole che si dirizza innanzi agli occhi dei sostenit0ri della pace. La pace, adunque, non deve predicarsi soltanto tra le nazioni, ma è necessaria tra le classi sociali e non può ottenersi sè non colla giustizia nella libertà come fondamento degli Stati. Perciò la propaganda per la pace come la intendono i congressisti cli l3ucla-Pest é monca ed unilaterale. Ed amici infidi della pace sono coloro, che, come, il Richa1'ds, la vogliono fondata sulla base della iniquità e della servitù (1). La propaganda dev'essere integrata col propugnare la pace in una alla libertà ed alla giustizia sociale; perciò meglio avvisato e più conduducente allo scopo fu il primo Congresso di Gine· Yra che s'intitolava della Pace e della Liberta; e pii1 completo e veramente integeale è il concetto della pace quale lo intesero i socialisti nel Congresso di Londra. In conclusione: è aneora possibile la guerra al1' interno e all'esterno; ma tutto induce a ritenere, preconizzando l'evoluzione futura dalla passata, che come disse Vittor Hugo, i popoli venendo dalla guerra ,·adano Yerso la pace; e pace vera e duratura non potrà esservi, se sarà scompagnata dalla libertà e dalla giustizia. La gueera sarà sempre preferibile alla pace sepolcrale che riconosce come suoi cardini: r iniquità sociale e la servitù politica. Iìr. ~AP0LEONE O0LAJANNI. (I) Ciò si rile\'a da un imp0rtante intervista nella quale il Ri,·hards dichiarò al coi-rispondente del Pu119olo Parlamentare di Napoli che v0lpva mantenuta la integrità deJla Tul'chia mercè l'alleanza t1·a l'Jnghilterra e la Russia e la opp,·cssione del!· It·landa negando l'Jlome Rule. (Punyolo Pa,·lamenta•·e l Go N· 2701 • Quanto elevate e c•>11facenLi alla ,·era pace sono ancora le idee di ~lazzini sul clù·illo di l ntervento ! LE NOSTRE COOPERATIVE. 1 Le società cqoperative, che oggi vanno crescendo di forza e di numero anche in Italia, si possono distinguere in tre grandi categorie: l O di credito, 2.0 di consumo, 3.0 cli lavoro e p1·oduzione. Le prime cominciarono ad apparire da più di tl'en• t'anni, ma come già dimostrammo negli articoli testè citati, sebbene quasi tutte siano distinte coll'ep_iteto di popolare, in realtà poco o nulla esse fecero a beneficio della numerosa classe dei lavoratori delle città e delle campagne, e i loro intenti furono invece quasi esclusivamente rivolti al giovamento della media e grassa borghesia. Le cooperative di consumo, in generale, del pari attecchirono a beneficio della stessa classe media borghese, e segnatamente vennero promosse e stabilite fra gl' impiegati civili e militar.i. Nel vasto campo della cooperazione, vennero ultime quelle di lavoro e produzione, fra gli operai dei diversi me"stieri, e fra i braccianti, nelle svariate imprese di costruzione. Dal benemerito periodico: La coope1·azione italiana {Milano, 1 G .\gosto 189G), organo della J,ega na:=ionale delle cooperative italiane e della Previdenza, togliamo alcune importanti notizie, aggiungendovi pochi e chiari commenti. Il braYOed infaticabile ex Deputato Antonio Maffi, degno Prnsidente della Lega, avendo tenuto a Biella il ,3 Luglio 1806 una sua importante conferenza, corredava le sue pratiche e savie osservazioni con opportuni da ti siatistici; dai quali emerge che il rialzo delle mercedi dei lavoratori si trova in una corrispondenza diretta col numero d!'gli scioperi. Questo fenomeno dello sciopero è infatti la risultante di d,ue componenti, le quali sono una funzione dell'altra, e che quindi s'influenzano a vicenda: la misura della libertà, consentita dalla legge rispetto al dititto di sciopero, e il concomitante sviluppo della coscienza popolare e collettiva. Questa seconda circostanza legasi d'altronde col principio della cooperazione bene intesa fd applicata. Ed esso risale al primo fattore, poichè pur indipendentemente dalle mire politiche, ben a ragione propugnate dai seguaci del collettivismo marxiano che pmsono importare nella Camera dei Deputati, una leva sempre maggiore in favore della leggislazione sociale, le cooperative di consumo e di p1·oduzione veramente popolari, cioè proprie delle . classi diseredate, per sè sole possono esercitare una assai benefica influenza sui propri destini. Al p1·esente abbiamo in Italia nientemeno che al!' incirca duemila cooperative, delle quali soltanto 11·1 risposero all'appello della Lega, e troransi IJ Vcg~ansi i miei articoli sulJ'a1·gomcnto1 in questaRir;ista« Coo· ,,erazione e collettioisnio ».

148 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI federate nel senso collettivo per la difesa dei loro interessi economici e, diciamo, anche morali. E nemmeno indipendentemente dal giusto e pratico criterio della federazione, le dette società mostransi solidali fra loro in occasioni eccezionali. Poichè nel caso recente in cui la Lega ebbe il felice pensiero di richiedere il loro aiuto in favore delle Cooperative delle trecciaiuole toscane, soltanto 400 all'incirca società, ripetiamo, sulle 2000 e più che abbiamo in Italia, sentirono il dovere di solidarietà ·e di fratellanza, accettando la proposta di concorrere alla sottoscrizione con un modesto contributo. L'ultimo Congresso Socialista di Firenze, da quanto ne scrissero e dissero i più competenti e non sospetti adesionisti di esso, che pur vi presero parte, ha già anche troppo dimostrato che la gran maggioranza dei socialisti Italiani lascia non poco a desiderare per serenità e praticità d'intenti, non curando abbastanza ciò che risponde allo immediato immegliamento morale ed economico dei lavoratori. Noi facciamo voti perchè le numerose società cooperative, che oggi esistono e vanno sempre piu aumentando in Italia, abbiano a fedérarsi facendo capo a quella Lega, nella quale potranno trovare ad un tempo l'eco delle loro manifestazioni e dei loro bisogni amministrativi, giuridici ed economici, scambiandosi qu~i raggi di vita e di luce, senza cui non è possibile il loro cammino ascendente di prosperità e di progresso. E poichè di contro l'ultimo e settimo Congresso delle Cooperative medesime, tenuto non ha guarì (dal 10 corrente mese in poi) a Firenze, non poteva riuscire più spendido per numero di aderenti e d' intervenuti, anche autorevoli nostrali e stranieri, nonchè per la praticità e importanza delle sue larghe ed opportune discussioni e conclusioni, nutriamo speranza che i voti nostri caldi e sinceri, siano per essere fra non molto resi paghi, con vero ed incontestato vantaggio delle classi lavoratrici. Prof. VALERIANO V ALERIANI. LO STATO PIOVRA. I tentacoli del mollusco terribile, avvinghiano la vittima e ne assorbono e la materia e la vita, gli organi dell'amministrazione italiana, non meno feroci compiono la stessa opera sulla nostra infelice nazione. Non un membro, non una fibbra sfugge all'a vvinghiamento crudele, e sopravvive alla fatale distruzione. Le cause? Le spese pubbliche, elevate ad una somma sproporzionata alle risorse del paese, che crescono sempre, mentre la produzione è stazionaria o dec1·cscente. Il debito pubblico, cui tali spese ci hanno condotto è di tredici miliardi, al quale aggiungendo 2!)0 milioni di debito dei Comuni e delle Province, 3445 milioni di debito vitalizio e 1097 milioni di proprietà del tesoro, si ha una cifra di oltre diciotto miliardi, sui quali i contribuenti italiani, debbono annualmente pagare interessi elevati che vanno dal 3 al 6 per °lo, Sono questi debiti, che contratti in gran parte all'estero per mezzo dei titoli di Consolidato, assorbi• scono la miglior parte delle nostre rendite, ed influiscono ed aumentano di anno in anno la tangente di imposte che ciascuno paga e conseguentemente ad impedire qualsiasi iniziativa, a mantenere l'inerzia nella quale tutte le nostre attività sono piombate. Secondo alcuni, questi debiti dello Stato, dei quali tutti i cittadini pagano colle imposte gli interessi, sono il miglior rimedio; eppure se si tien conto della massa di ricchezza che va sperperata per il pagamento dei soli inte1•essi, e della apatia che questi interessi infiltrano nei proprietari di capitali, bisogna riconoscere che quei debiti costituiscono il peggiore dei mali. Tutti i capitali che oggi si investono in titoli di credito verso lo stato, sia in patria che all'estero, non potendo i possessori lasciarli infruttiferi, sarebbero stati impiegati nell'industria, nell'agricoltura, nei commerci. La tanto deplorata mancanza di capitali, che è una delle ragioni dell'anemia della nostra vita economica. non si farebbe così sentire. Il proprietario di capitali, potendo risparmiarsi le cure di un' amministrazione qualsiasi, e sfuggire alle peripezie ed alle eventualità che tutte le imprese, recano con sè inevitabilmente, ritenendosi assai più garantito dallo Stato che dai privati e dalle Banche, colloca i proprii capitali in tali Prestiti lasciando che le attività, anche più promettenti e vitali, si provvedano come possono dei fondi occorrenti al loro sviluppo. È un fenomeno dolorosissimo quello che presenta presso di noi il risparmio; risparmio che, come si vede, cerca di investirsi, quanto più può, nei titoli di rendita dello Stato, e che poi fa rigurgitare le Casse di Risparmio e le Casse Postali. La somma dei depositi presso le casse di Risparmio in Italia al 31 Decembre 1895 ascendeva a Lire 1.343.723,104. cifra enorme, che se da un lato dimostra esistere fra noi una certa quantità di danaro, dall'altra prova quanto questo danaro sfugga da quel1' impiego, pur sempre produttivo, che potrebbe alimentare vigorose iniziative e vivificare tante nostre attività con beneficio di intiere popolazioni. e,. * * Sfuggito così il denaro agli impieghi diretti, potrebbe trovare un collocamento proficuo ed utile al pubblico nelle Banche. Ma anche queste sono state avvinchiate dai tentacoli della immane piovra, anche queste subiscono le vicissitudini critiche dell'economia dissanguata, e sono più direttamente vittime dell'invadenza sconfinata dello Stato. Il privilegio della emissione aveva messo i maggiori Istituti cli Credito in condizioni di fornire, al pubblico ed alle !Janche minori, una somma di capitali che avrebbel'o potuto bastare alle necessità del

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 149 commercio e della industria paesani. Ma l'essere entra ti nel campo della. speculazione, l'aver portato, indotti dallo Stato, un aiuto non prudente nelle parziali crisi di questi ultimi anni, l'aver troppo risentito nelle operazioni normali di sconto l'influenza del mondo politico, ha allontanato questi Istituti dttlla via utile ad essi ed alla economia generale, e· li ha oggidì ridotti con una somma ingente di capitali immobilizzati, nell'impossibilità di servire di ausilio alla produzione ed al movimento della ricchezza. Il capitale effettivamente versato dai tre istituti che oggi rimangono colla facoltà di emettere biglietti di Banca a co1•so legale è di L. 191 milioni di fronte al quale stanno le immobilizzazioni per mezzo miliardo, cifra non coperta adunque dall'attivo. Onde i biglietti emessi, invece ,di costituire una somma di capitali circolanti trovansi per altri 300 milioni impiegati in queste immobilizzazioni, le quali solo in una lunga serie di esercizi finanziari potranno venir liquidaie. Della rimanente cifra, che pure dovrebbe in gran parte servire alle operazioni di sconto, sia per un sistema poco lodevole di dedicar capitali ad altro genere di imprese, sia per una certa sfiducia che la situazione dei clienti in un periodo di crisi come l'attuale inspira, non viene destinata alle opel'azioni di sconto suddette che in piccolissima parte. Al 31 Decembre 1895 il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia e le Banca d'Italia non avevano in portafoglio che 273 milioni di effetti cambiari, il che prova che sopra un miliardo e 215 milioni di lire che essi come istituti di credito, dovrebbero fornire al commercio ed all'industria, solo una minima parte mettono a loro disposizione. Tale condizione veramente anormale del funzionamento delle maggiori banche, è causa del languire di tutte le nostre attività, che rinvigorite con capitali pot1•ebbero agevolmente svilupparsi, e mercè uno sviluppo maggiore di produzione e di affari, vincere le difficoltà che il fisco colle sue gravezze va ad esse creando. Negli anni più vicini a noi, di un relativo benessere, questo credito era assai più largo. Durante l'anno 1887 le operazioni di sconto ascesero a 4 miliardi e 911 milioni, il che fa supporre (svolgendosi esse in quattro trimestri, cioé essendo la media delle scadenze non superiore ai 3 mesi) il portafoglio ascenda sempre a un miliardo e 227 milioni. Dal 1887 in poi la somma degli sconti decresce gradatamente fino a scendere nel 1894 a 2 344 milioni. 'futte le imprese che in passato, o coll'ausilio di altre banche minori o di banchieri usufruivano di tanti capitali e con essi davano vita e sviluppo ai loro affari, si son trovate rapidament1, senza questa linfa benefica, ed hanno perciò risentito un disagio che, dove non ha procurato il fallimento, ha recato le angustie e la diminuzione degli affari, obbligando i più prudenti ad abbandonare il campo, per investire_ in titoli di rendita ed in libretti di risparmio i capitali salvati. Riprova questa di quanto fu detto a proposito del risparmio ed ancora più del debito pubblico sul quale si è avverato un fatto sconfortante: il rimpatrio di una forte massa di valori di Borsa italiani, che prima circolavano all'estero. Ed è sconfortante perchè, se questo risparmia allo Stato ed agli enti che smisero i titoli, il pagamento dEllle cedole in oro, immobilizza nel debito pubblico il danaro che, circolando, avrebbe servito a sviluppare in mille forme il lavoro. Ecco adunque come alla serie delle disavventure economiche del nostro paese, e come causa e come effetto, si aggiunge la paralisi del credito che è la leva più potente nella economia moderna. Ora, qual meraviglia può destare la considerazione di tante altre cifre statistiche che riassumono in un modo o nell'altro la storia economica d'Italia ? La somma dei fallimenti dichiarati dai tribunali italiani nei diversi anni si rileva dal seguente prospetto: Anno 1871 113 fallimenti » 1885 1106 > » 1886 1300 » » 1887 1623 » » 1888 2200 » » 1889 2075 » » 1890 1912 » » 1891 2021 » » 1892 2213 » » 1893 2190 » » 1894 2338 » * * E la piovra, abbattuta la produzione agl'icola coi vincoli e coi deprimenti aggravi, annientate le funzioni del credito, provocata, per la mancanza quasi assoluta di esso, una nuova concezione degli affari, implicante la malafede, la frode e la truffa, seminate dovunque le rovine, procede oltre ed annienta le industrie. In esse, a preferenza, seguendo gli impulsi della meccanica, eh' è la forza maggiore del nostro secolo, l'Italia pareva voler ritrovare, le risorse che venivano per tante ragioni, dalle altre parti a mancarle! Ma la produzione continua la costringe a dare sfogo ai prodotti con fidi non sempre sicuri , gli aggravi fiscali ed il prezzo elevato relativamente alle condizioni dell'Italia, dei generi di prima necessità rdndono difficile lo smercìo de' prodotti ; sicchè ogni anno, fra molti stabilimenti che tentano di svilupparsi, non pochi si chiudono travolti dalla cQncorrenza di stabilimenti maggiori, o dal fallimento della loro clientela. É indubitato che alla condizione delle industrie non è estraneo quel processo di lotta che si avvera dovunque per causa della concorrenza. La grande azienda che utilizza tutti i risparmi nella lavorazione, distribuisce quanto più è possibile il lavoro ed ottiene prodotti più perfetti, e dispone di maggior copia di capitali per l'acquisto di materie prime e l'estensione dei fidi, vince l'azienda più ristretta e la elimina; ma questa lotta da noi è così limitata, che non può per ora esser presa in considerazione. Per ora l'industria non lotta e non vince qua e là ché la manifattura e l'artigianato, forme

150 RIVISTA POPqLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI di proJuzione che non servivano neppure ai bisogni locali, P1·ima che la lotta asp1•a nel campo industriale si accenni,'l' Italia potrebbe, agevolando in tutti i modi l'industria, avere un lungo periodo di floridezza. Sodisfatte le 1·ichieste del consumo interno, il basso prezzo di alcuni prodotti italiani, li porterebbe nel mercato internazionale, e questo che è vastissimo e si va allargando coll'estendersi delle colonie, non potrebbe nè oggi nè in un tempo vicino prevedibile · rimanerne saturo, od accogliere prodotti che altri paesi offrono a maggior prezzo, o mettersi in con- * * E poichè i fenomeni economici e quelli sociali sono gli uni alla diretta dipendenza degli altri, concatenati come le ruote di un ingranaggio, da questo affievolirsi violento della attività industriale e commerciale procedono la maggiore disoccupazione, la corruzione, la miseri!!. e la delinquenza. CESARE CASTELLI. P.ERLA SARDEGNA.( 1 ) dizioni di supplire colla industl'ia locale ai propri L'Italia, nella Sicilia e nella Sardegna, possiede consumi. due sentinelle avanzate nel mediterraneo che per le Ma tali considerazioni spingono troppo oltre le no- loro condizioni di clima e di suolo dovrebbero essere stre vedute e conviene tornare nel modesto ambito sorgenti di prosperità e di sicurezza; la malvagità della vita industriale, e vedel'e dove direttamente si secolare degli uomini e dei governi, invece, delle avvel'a la persecuzione fiscale. due isole belle, han fatto una sorgente di preocLo Stato, che voleva per i suoi fini ottenere facile cupazioni. ed ampio tributo, è andato a colpire con enormi ag- Stampa e Parlamento da molti anni discutono vigraYi e con una sorveglianza più che vessatoria le vacemente, se non proficuamente, della Sicilia; meno più fiorenti industrie, e ne ha ben visti i risultati nel si occuparono della Sardegna, sebbene i mali suoi, breve volger di pochi anni, e ad ogni nuovo provve- della stessa natur,1. di quelli della prima, siano asdimento tendente ad aumentare le precedenti fiscalità. sai più gravi. Chi volesse ricerca,.e le cause della l'i ella fabbricazione dell'alcool, malgrado il ere- differenza nel trattamento fatto dalla pubblica opisciuto consumo, il prodotto da 225 mila ettolitri è nione e dal mondo ufficiale alle due isole, ne trovedisceso a 166 mila, e le fabbriche da 8487 a 3285. rebbe una che dovrebbe far pensare e che non ha Le fabbriche .di Birra, che nel 1887 davano un agito soltanto in Italia, ma sempre e da pel'tutto. La prodotto di 175 mila ettolitri, non ne dettero nel causa è questa: i Siciliani hanno fatto numerose ri1804-95 che 95 mila, sebbene l'uso di tale bevanda volte e qualche rivoluzione fortunata; i Sardi, tranne fosse generalizzato. un tentativo d'insurrezione, tosto represso, a SasLo sttsso è accaduto delle fabbriche di polvere sari or sono più di cinquantanni, si sono mostrati piri.:a e di esplo~enti. Sopra 093 polverifici esistenti rassegnati al loro fato e ci tennero per tanto tempo solo 76:3 sono in esercizio, e la loro produzione, che a dirsi ed a mostra1•si sudditi fedeli di quei Sabaudi, ·nel 189~-93 aveva toccato la cifra di 22,409 quintali che, a giudizio di Thouvenel, di Esperson, di Siotto è ridotta, dopo soli due anni, cioè nel 94-95, ad Pintor, verso la Sardegna agirono come tanti \'erri 11,154 quintali. • spoliatori; e la Sardegna ebbe realmtnte sotto i RoFinalmente, nella somma delle relazioni commer- mani il suo Verre iu Vipsanio Lega, che fu punito ciali coll'estero l'opera si completa. da Nerone. Ai dazi fortissimi si unisce l' imposizione del pa- I Sardi, colla loro supina fedeltà, ebbero adunque gamento in oro, e il danno lo risentono direttamente quello che meritarono, e la loro sorte può servire i consumatori italiani se importavano prodotti con- d'insegnamento a tutti. Riforme e miglioramenti non fezionati, i produttori e le industrie tutte, per ciò si ottengono dai governi e dalle classi dirigenti se che rigual'da le materie prime destinate ad alimen- non si chiedono minacciosamente; se all'occorrenza, tarle; la forma delle esportazioni e delle importazioni non si strappano colla violenza. si rileva dalle seguenti cifre: In favore della Sardegna e come un' eco dei moti Anno Commercio generale di Sicilia del 1893-94 e dei provvedimenti promessi 1886 2.635.000 c'è adesso un certo risveglio; si torna a studiarne 1887 2 -835 ,000 le condizioni dai privati e dai rappresentanti del go1890 2.501.000 · d 11 1891 2.401.000 vel'no. Non è difficile che si ritorni a dormire e a 1895 2.333.000 grossa se i Sardi con qualche forte conato non salo questa diminuzione ha la. sua importanza il de- pranno tener desti coloro, cui incombe l'obbligo di crescere delle importazioni, che potrebbe riuscir di provvedere. conforto se provenisse da uno sviluppo tale delle no- Ad un Siciliano come me, che non conosce de. visu stre intime attività da rendere inutile il ricorrere la Sardegna, non è dato emettere giudizi propri e. all'estero, ma che dimostra invece il progressivo impoverimento del nostro paese giacché deriva da cessazione o da traslazione di consumo, imposto, o dall'enorme dazio d'importazione, o dalla impossibilità di destinare il denaro a consumi di lusso, o maggiormente raffinati. (1) La Rivista sinora non ha voluto occuparsi dell' importantis• sima relazione Pai s sul1e condizioni della Sardegna, perchè alcuni collaboratori sardi promisero intrattenersene con la dovuta compe,. tenza. In attesa dei loro articoli pubblichiamo questo, che ci manda il nostro Siculo, il quale prendendo occasione dall'esame di un libro recente, volle dare una prova delle simpatie che in Sicilia si hanno verso la sorella sventurata.

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 151 prec1st; ma per dare un segno della solidarietà. e della simpatia che in Sicilia si nutre verso la Sardegna, dirò di essa sulla scorta della pubblicazione ultima del Dr. Marcello Vinelli permettendomi di aggiungere del mio qualche rara osservazione. (1) La Sardegna, come la Sicilia, si presta ad una osservazione pregevolissima per coloro ehe vogliono spiegare i fenomeni sociali colla fatalità. del clima e del suolo. Essa fu fertilissima un tempo e potè nutrire bene oltre due milioni di abitanti mentre adesso ne conta poco più di settece1:tomila. La Sardegna vive principalmente di agricoltura e di pastol'izia e nell'epoca in cui è generale ed intensa la crisi agraria si capisce ch'essa deve risentirsene. Pochi dati bastano per dare un'idea delle sue presenti condizioni : il debito ipotecario che nel 1870 era di lire 76,664,027 arrivò nel 1894 a lire 221,720,291; tristissime vi sono le condizioni della picèo!a - anzi polverizzata - proprietà, tanto che le espropriazioni giuridiche del!' isola oramai rappresentano il 50 ¼ del totale del regno. Si disse che la SarJegna è assai più povera della Sicilia e queste aride cifre lo provano; in Sicilia la ricchezza media di ogni abitante viene rappresentata da L. 2030 e in Sardegna appena da L. 720. Se si riflette che con superficie quasi uguale la prima ha una popolazione di oltre 3,000,000 di abitanti e che la seconda ne ha poco più di 700,000 si potrebbe concluderne alla lesta, contro Malthus, che la ricchezza si sviluppa in ragione diretta dell'aumento della popolazione. È la tesi socialista. che non accetto incondizionatamente, non ostante i casi singoli, che la corraborino. Queste tristi condizioni vengono illustrate sinistramente dalla degenerazione fisica e morale del popolo sardo: è veramente spaventevole la proporzione dei riformati e rivedibili di leva - dal 70 al!' 80 ¼ ! - ed è indiscutibile il suo non invidiabile primato nella criminalità.. Su questa genesi sociale della delinquenza convengono e il Vinelli e l 'on. Pais-Serra nella sua pregevole relazione sulle condizioni della Sardegna. Nella crisi agraria certamente va trovata. una delle cause precipue della presente miseria; altre ve ne sono di data più antica e di cui in gran parte sono responsabili gli uomini, i governi e le istituzioni civili e politiche. Dal lato morale arrecò grave danno la coscrizione; e lo rilevò nell' Inchiesta agraria l'on. Salaris. La proprietà. individuale non vi può dare i buoni risultati dati altrove per la sua incertezza e per il suo frazionamento. Il fisco rapace con- :fìcca crudelmente i suoi artigli nelle carni dei Sardi; il catasto del 1852 gli serve a meraviglia e i vincoli imposti alla fabbricazione dell'alcool fanno il resto. La rottui•a delle relazioni commerciali colla Francia riuscì esiziale alla Sardegna, come alla Sicilia, come .alle Puglia, come a tutto il mezzogiorno; e lo riconosce, lo stesso on. Pais-Serra, che pure è stato ed è tra i lodatori della politica insana, che vorrebbe impedire il ristabilimento dei buoni rapporti colla il) Dr. Marcello Vinelli: La Sardegna nel problema economico, Tipografia dell'Unione sarda 1896. vicina repubblica. Si capisce che, date le condizioni economiche suesposte l'usura debba farvi guasti seri; poichè l'usura è prodotto di viziosa organizzazione sociale ed alla sua volta aggrava la miseria, che ne ha favorito lo sviluppo. Della loro miseria alcuni danno una parte della colpa all'indole stessa dei Sardi. A loro rimproverano il misoneismo nell'agricoltura; ma giustamente risponde il Vinelli che lo stesso rimprovero venne rivolto a popoli, che ora sono all'avanguardia nella agricoltura; ad esempio la Francia e l'Ungheria. I pr0gressi e le trasformazioni agrarie hanno bisogno di cultura· e di capitali, che mancano ai Sardi; ecco la ragione vera del loro misoneismo. Adolfo Rossi accusò la popolazione della Sardegna di essere inerte e disposta all'ozio, e il Vinelli rettifica soggiungendo che i suoi abitànti nè sono del tutto inerti, nè fanno quanto dovrebbero; la verità. starebbe nel mezzo. A prova della loro laboriosità. ricorda che secondo Eliano gli antichi sardi avevano stabilito pene severe contro ·l'ozio; chi viveva nell'ozio era chiamato a dar ragione dei mezzi dai quali traeva l'esistenza. ·veramente questa prova non è vittoriosa, poichè si sa che la severità di certe pene e la frequenza colla quale vengono comminate indicano la esistenza del reato che si vuole allontanare; e così si sarebbe indotti a sospettare se non aggiungesse che le prammatiche reali stabilivano cento colpi di bastone per gli oziosi ; ma la pena applica.- vasi raramente perché gli abitanti erano laboriosi e tenevano in tanto onore il lavoro che ·un loro proverbio dice: Chie travagliat pregat. L'accordo che regna sulla diagnosi dei mali tra gli studiosi della Sal'degna, nelle grandi linee, si con-, serva sui rimedi; alla indicazione dei quali tanto l'on. Pais-Serra, quanto il Dr Vinelli, premettono che il governo italiano non può essere accusato - dal 1860 in qua-d'aver trattato l'isola come una Cenerentola, che anzi fece per essa non poco; ma il tutto fu fatto molto male ; sicchè molte cose bisognerebbe qua$i rifarle. Tra i tanti rimedi proposti dal Vinelli sta in prima linea l' homestead - proposto dal prof. Santangelo Sooto alcuni anni fa - per impedire la polverizzazione della proprietà. e per mettere un freno al fiscalismo incauto, che uccide la gallina dalle uova d'oro. Le ferrovie sono soverchie e rendono meno che nel continente, dove già rendono poco; sono numerose le strade nazionali e provinciali, ma scarseggiano quelle comunali, che rappresentano i capillari indispensabili alla sana circolazione. In quanto a ferrovie ora si constata, che si ebbe torto a non accettare i consigli dati da Spaventa nel 1876 che levoleva a scartamento 1·idotto. Lo stesso inconveniente si ripetè in Sicilia, con una spesa forte pel governo e per le provincie e con utile scarso. S'impone la perequazione - ed hanno un bell'attendere i Sardi colla legge del 1 ° Marzo 18961 È urgente il rimboschimento; e non lo sono meno i lavori di sistemazione idraulica. All' industria, alla terra occorrono credito, capitali, sicurezza, che non li ha dati e non li darà. il governo della monarchia, il cui obbiettivo

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