Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 6 - 30 settembre 1896

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTER:(1: E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATù AL PARLAMENTO Il ALIA: anno '!ire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno Il. - N .6. Abbonamento postale Roma30 Settembre 1896 Sommario. LA RIVISTA - li risveglio repubblicano. Dr. C. CAGLI - I gruppi sociali e l'individuo. SICULO- Sul " Memorandum ,, dt:i Socialisti. Avv. G. LIBERTI - Le associazioni cooperative. B. SALEMI - Il mondo giallo e la civiltà europea. XY. - Il movimento letterario armeno. Sperimentalismo Sociale - I sindacati agrari in Francia. Notizie Varie - Il 1·accoltodel gra~o 11el r 896 - Il monopolio del petrolio - Gli a11imalidr/la terra - L'osservatorio più alto di Europa - L' lstrnzio11edegli adulti - Telefo110 e ferrovie - Psicografia - L'aria e la tubercolosi - L'ex mi11istrofra11,esedel co11inze•·•io. Recensioni - Avv. E. Lombardo Pellegrino: La questiolle del parlamentarismo (F. Puglia) - Orta11izziamoc, I Memoriale sulle co11dizio1d1eii ferrouieri dopo le Co11Vm{io11i. Note Bibliografiche - F. Turino : il settimo corso11azio1Zadlie lavoro educativo ili 'RJpatramo11e - Prof. Giovanni Marchesini : Elementi di logica : Elemmti di psicologia - Dot. Mariano Falcilnelli Aotoniacci : Sulla questioneafricana - Luigi Cernezzi : Contributo alla storia della /euislazione milanese. • Rivolgiamocaldapreghiera agli abbonati della ''Rivista,, che non fanno la collezione a volere rinviare alla nostra Amministrazione ,IN. 3 del 2.0 anno. - I rivenddori che hanno delle copie invendute del medesimo numero sono pregati a volerle restituire. "'-..,/"~'-.../"-../'-../ '-./ "\../ '\,.._/ '\..../ '-/ '\..../ "-,/ "-./ "-./........., '\J '-.,.,""'-....,,/° IL RISVEGLIOREPUBBLICANO. All'indomani delle famose nozze di argento tra Roma e l'Italia, che si vollero commemorare con insolita solennità, in questa Rivista con realismo nudo, che oggi si riconosce essere stato al disotto del vero, si constatò che le feste furono· miserevoli sopratutto per l'assenza completa dell'entusiasmo popolare ; assenza illustrata e commentata eloquentemente dal risveglio clericale. La commemorazione delle nozze di argento non poteva riuscire diversa, date le condizioni d'Italia e trovandosi al governo l'uomo fatale, che incarna la suburra e il manicomio. (1) Ad un anno di distanza dopo la seconda celebrazione della nuova festa ci·vile, la constatazione non è diversa. La festa del 20 settembre non ha dato luogo che alle solite esplosioni di rettorica I) Il pr0cesso Cellere è venuto in buon punto a mostrare come l'on. Crispi abbia insozzato la poli2ia e la magistratura italiana per salvare dall'estremo vituperio il figlio, che costituisce una delle migliori prove della eredità morale. Setto Crispi si tentò colpire la Contessa Cellere per simulazione di reato, come in altri tempi - tempi Por::iani li chiamò Garibaldi ed erano migliori dell'attuali - si processò e si condannò, per lo abbandono vile dello stesso Crispi, il povero maggiore Lobbia. Ricorsi ! glaciale, ed è stata cosa meschina più che pel passato. C'è stato il solito telegramma del Re al Sindaco di Roma, dal quale si rileva sin dove può· arrivare la cortigianeria umana nel creare un'atmosfera satura di menzogna attorno ad un Capo di Stato; poichè il Re, coglie l'occasione per manifestare il sommo compiacimento per la partecipazione di Roma e di tutta l'Italia alle gioia domestica prodotta dal prossimo matrimonio del Principe ereditario. A questa partecipazione il Re crede sinceramente perchè i cortigiani gli hanno assicurato che esiste ; ma che ci sia nessuno ha potuto accorgersene. E la gioia non poteva essere suscitata nel popolo dai dileggi che i monarchici sfe gatati, altra volta. gettarono sulla dinastia dei Petrovich. L'on. :tlfacolasulla sua Gazzetta di Venezia, chiamò la principessa Elena una rosicchiatrice di castagne, per alludere alla sua modestissima condizione politica e finanziaria, che agli occhi dei democratici nulla toglie ai meriti della fidanzata ; ma che in altre sfere viene tenuta ancora in grande conto. Tornando alla seconda celebrazione della nuova festa civile riconfermiamo ch'essa fu tanto fredda da far venire i brividi al meglio intenzionato festaiolo. Ad esempio ad un giornale monarchico dei più ortodossi - Il Giornale di Sicilia di Palermo - hanno telegrafato da Milano: « Oggi anniversario del 20 Settembre 1870, l'apatia è completa: nessun entusiasmo, pochissime bandiere, nemmeno sulla guglia del Duomo sventola la bandiera eh' è solita inalberarsi nelle feste nazionali. Sembra piuttosto una festa di clericali; da pertutto Te Deum, telegrammi di consolazione al Papa e numeri unici r-ivendicanti Roma papale». Ora Milano, piaccia o non piaccia a coloro che Alberto Mario chiamava gli Allobrogi, è davvero la capitale mora le d'Italia. In una sola città pare che ci sia stata una commemorazione imponente: a :Messina. Ciò si spiega colle condizioni locali; forse si senti il bisogno di protestare contro i clericali, che vi sono potenti e disciplinati, come dapertutto; ma speriamo che gli amici nostri si convinceranno della perfetta inutilità di certe gazzarre.

102 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI · Così è stato e così doveva essere perchè le condizioni d' Italia non sono mutate; certamente non poteva essere Abba Carima a farle apparire migliori. Quali esse siano dal punto di vista politico, economico e morale la Rivista pit1 volte ebbe occasione di esporre; ma perchè i lettori non ab biano a sospettare che il daltonismo politico ci faccia vedere le cose diversamente da quello che sono o c' induca, per quanto involontariamente, in esagerazioni, noi oggi riproduciamo ben volentieri il giudizio che sulle condizioni morali - risultato ultimo di quelle politiche. ed economiche - ha dato testè un monarchico convinto, un sincero nostro avversario, il Bqrelli. Egli precisamente per ispiegare la continua e minacciosa ascensione del clericalismo scrive nel Pungolo Parla111,enta1·e di Napoli, altro giornale monarchico ortodosso: «Sento un acerbo accoramento stringermi la gola nel confrontare quest'opera di preti, proclamati residui di barbarie e di tirannide disumana, con le rovine del laicato, vinto e di,-perso nell'atto stesso in che con rettorica superbia aveva proclamato la flue dell'organizzazione cattolica. E, se questa è diagnosi esatta, vi maravigliate voi della conquista clericale che avanza e sale con sicura fede nella vittoria, trovandosi di fronte una turba magra, affralita, disordinata, senza capi e senza fecle: senza entusiasmi e senza abnegazioni : una turba cli critici, di scettici, di malcontenti, persuasa della sua disfatta, e robbiosaniente attaccata all'ultime ebb1·ezze della sua corruttela utilitaria? Quesfo turba è la borghésia, non pu1· d' l tali a, ma della razza latina intera e in parte della teutona e dell'anglo sassone: la borghesia che altrove toccò i vertici della sua a5censione sfolgorante e lascia una immortale e secolare traccia di opere storiche, ma che qui, nel bel paese, si esauri in una fantastica vibrazione lirica, priYilegio e Yidt1 sovrane di due sole generazioni di giganti: quelle della Rivoluzione. Vi meravigliate voi se con una borghesia battezzata nel prodigio del Hisorgimento e che a pochi lustri di di,tanza, in Homa eterna, davanti alle memorie riso1·te della latinità ferrea e dominatrice ed in cospetto della universalità del Papato, ha gove1·nato con i complici degli spogliatori delle banche, con le manette dei questurini, con le coei·cizioni del pote1·e politico, con la violenza a1·bitra della giustizia, con la più sfacciata delle corruzioni elettorali ; col più nefando mercato cli coscien.::e per cui il Parlamento, fii messo, ne' s,wi scanni come al l'asta pubblica: con una borghesia così fatta. Yi meravigliate voi se tutte le fedi ,·ive e sincere, se tutti gli sdegni, tutte le nausee insorte, in pochi anni organizzandosi, spazzeranno via, sotto un ciclone S?aYentevole persino il ricordo di tali brutture? ~ Abbiamo là coscienza di non aYere mai adope - rato tinte così scure nel descrivere la borghesia italiana; ma nessuno dirà che sono menomamente alterate. E questa borghesia è quella che governa! Per un momento si pensò che ci fosse un mutamento d'indirizzo e che si fosse all'inizio di una nuova fase della vita politica italiana: quando l'on. Di Rudinì assunse la Presidenza del Consiglio. Le speranze furono esposte in questa stessa Riv;sta; ma pur troppo dobbiamo· dichiarare che l'on. rappresentante per Caccamo pur rimanendo un galantuomo nella vita privata, ci ha tolto ogni illusione. Egli non ha potuto liberarci dall'Africa; egli infine si è messo completamente ai servizi della reazione. Se le condizioni generali del paese, specialmente delle classi dirigenti, spiegano lo sviluppo del· partito clericale, l'ultima disillusione, che si ha avuto dopo pochi mesi di goYerno dell'on. Di Rudinì, crediamo che abbia contribuito non poco a determinare il salutare ri:s,·eglio del partito repubblicano; gli onesti, anche ingenui, comprendono oramai che c'è qualche cosa che s'impone ai rninisfri, li paralizza, li corrompe e li asservisce; sentono che c' è bisogno di rimedi veramente radicali pei mali che ci affliggono (1). Il risveglio repubblicano in una a quello clericale ed allo straordinario incremento del socialismo provano - ed i mouar chici intelligenti non se lo nascondono menomamente - che moralmente certe istituzioni sono morte nella coscienza pubblica e che dalle medesime nes5uno attende più la salute. Solo la forza materiale le mantiene ancora ritte e pro· lunga la loro agonia, che potrà essere lunga, ma non ostante gli stringimenti di freni sarà seguita dalla fine attesa ed i11evitabile. Del 1·isveglio repubblicano ci ra!lPgt·iamo sinceramente e se, come in questa Rivista fu osservato, non è ancora quale dovrebbe e potrebbe essere, ad ogni modo ci fa aprire il cuore alla speranza. Questo risYeglio repubblicano non data da oggi: fu significante nell'inverno scorso che in barba alle violenze e alle minacce cr-ispine, quando pitt infieriva la reazione, in Milano si poterono riunire a banchetto con carattere decisamente repubblicano (I) Sulh, ragione di essere della monarchia in Italia e sulla ragione del ... viceve1·sa ci se:nbrano assai adatte queste pa1·ole di un monarchico non b1g0Uo, di una illustrazione dell'Università di Pavia: Se la fol't una della monarchia non ha da scompagnarsi da quella «• della patria, è necessario che la monarchia mosh'i e provi di me- • 1·itare la sua fo1tuna : è neces,sario ch'cssa ascolti )a voce della « patria e si tl'Ovi con questa sempre in perfetta armonia; é neces- « sario che gl' interessi del la monarchia non siano mai diversi (non • diciamo opposti/ da quelli della patria; è necessario che la monar- « chia si faccia arnare e ~timare dal popolo, e no,t pi9li per entu- « siasmo di popolo ci6 eh' è solo entusiasmo di pol'!hi parassrti, • che oivono alle spalle della cucca9na monarchica e che • pur ,arebbern i primi ad abbandonarla quando le ,orti • sue oolgeuero alla peggio•· Oh se il Regio Procuratore di Roma ci lascia••e libe,·amente commentare queotepa,ole del Prof Vidal'i che abbiamo letto nell'Idea Ltbsral• di MIiano !...

Rl"\tISTA POPOLAR~ DI POLÌTICA t.E"'I"l'E'kE E SCIENZE SOùtA.t.l 103 circa cinquecento cittadini. Dopo sono venuti i congressi di Pavia, Livorno, Roma e di altre regioni e la riunione importantissima di Varese, e dapertutto si riaffermò senza sotterfugi e senza sottintesi la necessità della propaganda repubblicana. La propaganda repubblicana deve superare ostacoli non lievi - deve sopratutto sfuggire alle persecuzioni bestiali ed illegali della polizia e della magistratura italiane, che invece lasciano libera e quasi proteggono la propaganda clericale. La propaganda repubblicana non incontrerà valida resistenza nelle classi dirigenti che per solo calcolato opportunismo si dicono monarchiche; ma deve fare i conti colla deplorevole atonia delle masse popo- . lari di gran parte d'Italia e sopratutto del mezzogiorno, dove più letali sono state le conseguenze del principato e pur così profondo è il sentimento monarchico. La propaganda repubblicana, infine, deve saper vincere l'astiosa e boriosa opposizione di gran parte del partito socialista. E a proposito ribattiamo questo chiodo: i socialisti, involontariamente, sono stati sinora i migliori alleati della monarchia; e dobbiamo all'on. Crispi - che per questo può considerarsi un vero cittadino di Gand - se cominciarono a rinsavire e se fu possibile la costituzione della lega per la libertà, che per quanto efimera, fu un indizio importante del salutare mutamento nel loro indirizzo politico. La cura del confino, del domicilio· coatto e delle manette - che in modo più decente pare voglia continuare l'on. Di Rudinì - li ha rimessi sulla retta via; speriamo che ve li manterrà sino a guarigione completa. Proprio: non ogni male viene per nuocere! Il cenno su questo risveglio repubblicano - cui hanno tanto contribuito il gruppo dell'Italia del Popolo e gli on. Vendemini, Taroni e Zavattari - crediamo debba chiudersi con una parola franca a Matteo Renato Imbriani e al suo discorso di Belluno. Non entreremo nel dibattito tra il Deputato di Corteolona e quello di Corato; entrambi ci sono cari assai per titoli diversi e ad entrambi - e certo di più al primo - deve molto la democrazia; ma esamineremo brevemente un punto del discorso di Belluno, che si riferisce all'argomento in discussione. Un giornale socialista-repubblicano di Roma all'indomani di quel discorso scrisse: Imbriani non è repubblicano. Noi crediamo eh' esso sbagli : Imbriani lo divenne il giorno in cui Re Umberto indossò l'uniforme di colonnello austriaco; perchè in lui la convinzione politica è subordinata alla quistione irredentista - al vino della quale a Belluno ha aggiunto molta acqua. Di che ci rallegriamo. Imbriani è repubblicano, ma confondendo momenti storici diversi e non tenendo conto dei trent'anni di dolorosa esperienza fatta sotto la monarchia, ingenuo com' è, non dispera di vedere un giorno Re Umberto movere guerra all'Austria odiata; non dispera di riprendere l'antica divisa di granatiere per combattere sotto lo stendardo regio sulle Alpi Giulie. D'onde il suo grande riserbo nell'attaccare le persone sacre ed inviolabili; perciò egli a Belluno mentre rimproverava a Cavallotti di avere attenuata la parola radicale in quella di liberale sfuggiva - giudicando almeno dai brani che abbiamo letto del suo discorso - con cura, di proclamarsi apertamente repubblicano e parlava di de7Y!'ocrazia dimentico che la parola è sciupata ed equivoca. La propaganda repubblicana riceverebbe un impulso poderosissimo se Imbriani, mettendo da parte l' irredentismo, eh.e rappresenta una deviazione a beneficio della monarchia, si gettasse a capofitto, come può e sa farlo lui, nella lotta. Sarebbe davvero incalcolabile la sua azione se egli evitasse le intemperanze parlamentari, se sollevasse- gli scandali non sugli incidenti talora troppo piccini e volgari, ma picchiando sodo su quel tasto, che il Presidente della Camera non vuole affatto che sia toccato, se oggi si lasciasse meno sedurre dalle carezze e dalle adulazioni di coloro che sistematicamente lo vituperarono per lo passato. Matteo Renato Imbriani ha tutte le qualità esteriori - ha il vero physique du ròle - per imporsi sulla immaginazione delle masse : ha la v0ce, la statura, il volto fieramente bello, il sorriso dolcissimo e penetrante, lo scatto generoso e irresistibile. Ha ancora di piit: il patriottismo purissimo di sè e dei suoi, la coltura storica e costituzionale superiore di molto a quelle che il volgo gli attribuisce, il coraggio cavalleresco, la generosità dell'animo. Egli non è trattenuto dalle miserie delle quotidiane lotte per la esistenza, dalla preoccupazione dei figli ; infine, ha con sè, una forza immensa che gli viene da una compagna nobilissima che lo ama, lo comprende e lo sorregge; da una compagna tanto buona e gentile quanto colta, provata al dolore ed al sacrifizio. Nulla manca, adunque, a Matteo Renato Imbriani perchè faccia da solo quanto non potrebbero cento propagandisti dei più attivi ed eletti. E qui ci fermiamo. Sappiamo, che questa importanza attribuita ad un individuo farà sorridere i moderni interpreti della storia che non mancheranno di rammeniarci che gli avvenimenti hanno in sè qualche cosa di fatale; e riconosciamo che questo è Yero, ma non è tutta la verità, perchè siamo cmn-inti pienamente del pari che certi individui possono esercitare una efficace azione ritardatrice o acceleratrice sul corso degli avvenimenti. LA RIVISTA.

104 RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI I grupspoiciaeli l' individuo. « Lar"o è il cervello, ristretto il mondo: i pensi~ri possono facilmente esist~re gh uni vicin'> agli altri, ma le cose s1 urta• no duramente nello spazio: da per tutto dove una cosa prende il suo posto, un'altr?- deve ritirarsi: per non essere soprafatt,, dobbiamo tentare noi stessi di sopraffare: la lotta regna e la forza trionfa ». Schille.- in "'allenslein. Come il grande tragico un illustre sociologo moderno non vede nella società che lotta eterna, lotta dovunque e fra tutti: ma, osservava acutamente il Dormat, « )l ne faut etre tt-op poete en science, et c'est surtout en sociologie qu'il convient de retenir son élan »· Limitandosi ad osservazioni parziali e prendendo per legge generale dell'evoluzione umana una delle tante leggi che la governano, si riconduce la scienza socio!, gica alle costi•uzioni metafisiche fondate su pcche osservazioni e molti pregiudizi, e si arriva d'altra parte a conseguenze spesso assurde. La scuola sociologica moderna, fra tante benemerenze per lo studio e l'osservazione posi ti va di importanti fenomeni sociali, offre parecchi esempi di questa parzialità di vedute - per cui ogni studioso crede di aver trovato in un dato fenomeno la legge universale regolatl'ice di tutta l'evoluzione sociale. Se complesse sono le leggi che regolano l'evoluzione individuale, se i fenomeni fisici e chirr..ici risultano ùa. cause sempre molteplici, non è ardito immaginare che l'organismo più elernto nella scala• degli esseri sia governato da un 'unica legge? Recentemente il prof. Gumplowicz in un articdo sulla Revue des Revues, riassumeva i concetti sociologici - da lui valorosamente sostenuti nei suoi importanti lavori - e accennava una conseguenza generale che con tutto il rispetto dovuto ali' illustre scienziato, sembra. cadere nell'assurdo. Azioni o fenomeni? così intitola l'articolo l'illustre professore di Gratz, e brevemente criticando il tentativo delle di verse scuole di fissare le leggi che governano necessariamente i fatti umani, osserva non avei• risolto il problema nè gli enciclopedisti che riconoscendo la necessaria cJncatenazione dei fenomeni non seppero darne la ragione, nè i materialisti che vollero trasportare nel campo sociale le leggi fi ,i che, né Montesquieu, né Burckle e Moleschott con l' ir,tluenza del nulrimrnto. Non sembra al Gumplowicz abbastanza attendiLile l'idea dell' organismo sociale, sostenuta dalla scienza tedesca, e gli sembra pure inammissibi!e la spiegazione data dai filosofi della storia che cercarono dimostrare nello sviÌ~ppo dd genere umano l'es!stenza di una regolarità immanente; manifestazione dell'idea assoluta, (Hegel), giacchè bisogn~rebbe poter studia1·e tuLto il e >rso della. sto1·ia per arl'ivare alla conoscenza di questa idea assoluta. Ma osservando nella società lotte' continue fra tribù, popoli, nazioni, classi, partiti politici, per interessi diversi e sotto aspetti diveri1i, ma sempre per la dominazione, sotto diverse forme, dogli uni sugli altri, poichè questa lotta è il fatto più generale di tutta la storia, si crede poter cÒn· chiudere che non siamo in presenza di azioni individuali derivanti dal libero arbitrio, ma di fenomeni indipendenti dalla volontà degli individui. Il Gum· plowicz segue questo processo logico perchè, come nella « Lutte des races » e nei suoi « Précis de sociologie » ha €Sposto, reputa che il problema del libero arbitrio non abbia ricevuto dalla scienza una soluzione soddisfacente. Se l'indole dello scritto non l' impedisse, 1otremmo forse accennare diverse obbiezioni al metodo che lo scienziato aust1·iaco crede seguire pe1· dimostrare la necessità dei fatti storici. Il problema della libertà umana ha dai recenti studi sociologici e psicologici avuto una soluzione tutt'altro che dubbia: gli ultimi difensori si sono rifugiati in dott1•ine che sono anch'esse una quasi completa negazione della libertà volitiva, e la scienza, priva di ogni pregiudizio o dogmatismo, dovrebbe piuttosto chiedere ai sostenitori della libertà volitiva una prova della loro affermazione, che soffermarsi a valutare le critiche, per altro completissime, degli avversari. Ma non è sempre meglio provata la inesistenza di un libero arbitrio qualunque, l'esistenza dovunque e fra tutti di quella lotta eterna cui si riferisce lo scienziato austriaco? E può positivamente parlarsi di una lotta eterna, quando le nostre cognizioni sono ristrette a brevi limiti di spazio e di tempo, e dinanzi a noi sorge, mistero impenetrabile, l'avvenire? Sociologbi valenti dubitano della costanza e del1' universalità della lotta umana, ad esempio il Bagehot, l' Espinas, il de Roberty: il Fouillée criticando l' iucc esposte dal prof. Gump1owicz in una sua lettura al congresso dell'Istituto ùi sociologia a Parigi (Olt. 94) scrive: « Non vi è nella. società alcun altro legame di simpatia, di imitazione, di sug 5 estione scambievole oltre la forza? l'ìon vi è alcun fenomeno di attrazione pacifica, sia tra le sensibilità, sia tra le intdligenze, sia tra le volontà? Tutto si riduce alla lotta di razze, alla guer,·a? La lotta è in fondo antisociale, sebbene i suoi effetti possano essere utili. Il prof. Gumplowicz prende per essenza della società ciò che ne è la limitazione e la negazione parziale (1 )». Ed un altro scienziato illustre, il Novicow, rimprovera al Gumplowicz di vedc,rc nel mondo sociale soltanto la lotta: < Che sarebbe il chimico clie vedesse soltanto le forze spingenti alla deformazione dei composti chimici, e t~ascurasse di studiare quelle che spingono alla loro coesione? Sono due faccie dello stesso i,risma. Gli atomi non possono disparire dall'uni ver.;o. Se lasciano un aggregato, bisogna che necessariamente si associno ad un altro. La chimica è a dirlo propriamente, la scienza di questi composti atomici, essa é in egual tempo la scienza delle associazioni e delle dissociazioni atomiche, i due fenomeni sono simili e paralleli (2). Non è nostra· pre- (I) R~vue lnlernalionale de Sociologie, 1895. (2) I.es Etudes recentes de sociologie di A. Fouillèe nelle Sean• ces et Travaux de l'Accademie des sciences morales et politique• Marzo 1896.

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZESOCIALI 105 tesa di interloquire in tale grave disputa; altri lo hanno già fatto e tra questi autorevolmente il Colajanni (1 ): nell'articolo della Revue des Re vues lo scienzato austriaco ha accennato a conclusioni anche più ardite, e di queste vogliamo occuparci brevemente, data la novità della tesi sostenuta e l'autorità dello scrittore. È lungi dal pensiero di chi scrive qualunque pretesa scientifica: solo ad una conseguenza audace che si vuol trarre da una tesi gia ardita contrapponiamo possibili obbiezioni, lasciando ai più competenti uno studio profondo della questione. Dimos1rata dal Gumplowicz la universalità e l'eternità della lotta tra i gruppi sociali, ne viene per conseguenza logica che ci troviamo in presenza di fenomeni indipendenti dal libero arbitrio individuale, e la prova che sono fenomeni ci è data ancora dal fatto che si possono prevedere. « È altrettanto facile, dice il Gumplowicz, calcolare la maniera in cui si comportano i gruppi, che difficile calcolare la maniera con cui si comportano gli individui ». É questo assolutamente esatto? Non dipende forse questa maggior possibilità di prevedere i fenomeni sociali dalla non conoscenza delle cause che agiscono sulle volontà individuali, e dalla maggior facilità di conoscere le cause che possono influire sulla determinazione di un dato gruppo? Se noi abbiamo una cono>cenza esatta dtlla vita di un determinato individuo non siamo in grado di prevedere il suo modo di comr orlarsi in molte circostanze, meglio e più di quel che po;siamo prevedere la condotta del nostro stesso partito politico alla vigilia di una battaglia? Certo nel prevedere il modo di comportarsi dei gruppi abbiamo elementi più appariscenti da calcolare, cause più generali e manifeste, mentre le cause di minore impoitanza o particolari ai componenti non hanno grande influenza e si eludono fra loro : con tutto ciò la previdibilità delle azioni del gruppo resta sempre molto relativa. Il Gumi lowicz aniva assai più lungi: ammessa la necessità dei fenomeni sociali, ne viene per conseguenza la necessità dei fenomeni individuali e la sottomissione dell'individuo al gruppo. Tutto il segrèto della non libertà della volontà per lui consiste in questo, che gli avvenimenti sociali sono movimenti di masse o piuttosto di gruppi obbedienti a leggi o a una necessità naturale, e l'individuo non ha altra alternativa che pr, ndere parte a questi movimenti che lo trascinano come una forza esterna, o di op porvisi dispiegando una foria eccezionale. L' indiv'duo quando viene al mondo fa parte di un gruppo ; da questo gruppo, dall'atmosfera che lo circonda egli riceve la sua direzione morale, la sua di. sposizione intellettuale tutta intera e la facoltà di las~iar3i guidare nelle suo azioni da certi motivi, ed è secondo questo insieme che l'individuo agisce ge· neralmente. Il Gurnplowicz nega la personalità ali' individuo per trasportarla nel gruppo: l'individuo è uno strumento cieco che fa parte del gruppo in cui è nato, (!) N. Colajanni - Il socialismo - Catania 1884, p. 54 e segg. (altrove almeno concede la scelta determinata da cause complesse) e da esso si lascia trascina1•e normalmente, salvo i cMi eccezionali in cui ha abbastanza forza da opporvisi, (ed anche allora l'influenza del gruppo è la causa determinante): il gruppo è ·per l'opposto l'individuo intelligente, cosciente, che ubbidisce alla necessità della lotta, ma sotto l'influenza di q~esta necessità e delle altre cause che indubbiamente agiranno su lui, sceglie i mezzi la direzione ecc: l'indi · viduo è la cellula, il gruppo l'organismo. Il concetto dell' unità organica del g1•uppQsò_ciale è portato dal Gumplowicz all'assurdo - merii~é sembra va a lui contraria al buon senso l'idea deU' organismo sociale di Schaeffie e Spencer. L'individuo è portato dalla sua nascita o dalle sue occupazioni, dalle sue tendenze, dalle sue simpate ecc ...., in un gruppo determinato: da quel momento egli non è più un individuo, ma diventa una parte qualunque dell'individuo gruppo, una parte che non può pensare, sentire, od agire se non identicamente al tutto. - Sulla sua volontà non hanno più influenza le cause che hanno conti-ibuito a portarlo nel gruppò, e che pure dovevano essere particolari a lui e generalmente differenti da quelle che hanno agito sugli individui dello stesso gruppo: non hanno pur la più piccola influenza. le infinite cause teologiche o fisiche, non ne· gate neppure dai fautori del materialismo economico - , e le stesse cause economiche sono ridotte probabilmente ali' interesse del gruppo, davanti al quale l'egoismo individuale scompare per diventare un altruismo ristretto nell'egoismo del gruppo. - Le stesse influenzo sociali sono limitate nel loro valore e nella loro estensione: l'individuo, se fosse vera l'ipotesi del professore di Gratz, sarebbe chiuso nel gruppo cui appartiene meglio che l'impero celeste dalla celebre muraglia.: nessuna relazione con individui o con gruppi estranei, nessuna influenza per lo meno che non sia risentita generalmente dal gruppo. Ma l'ambiente sociale non è evidentemente composto di questi circoli ristretti ed isolati, di gruppi così o• mogenei, - così definiti - così chiaramente ostili gli uni agli altri, che .stanno eternamente con le armi in mano a combattere l'eterna lotta delle razze che ha immaginato la geniale fantasia dello scienziato pessimista austriaco. Nell'ambiente sociale_i diversi gruppi coesistono gli uni accanto agli altri, hanno intimi contatti tra loro, si compenetrano - si scambiano idee e influenza: tra gruppo e gruppo c'è un flusso e riflusso di idee e d'individui, e se la lotta c'è essa è disordinata, confusa e molto lontana dallo ri'gide e ferree norme che imperano nei c'ampi di battaglia. - Qui netta divisione 1ra amici e nemici, distinzione esatta di territorio, di scopi, di metodo, severamente proibito il passaggio da un campo all'altro: nella vita sociale per l'opposto confusione di persone e spesso d'idee tra i diversi gruppi, frequente mutarsi di idee, di gregari e di capi, incerti e mal definiti i ·confini tra i partiti diversi, gli scopi, i metodi, sicchè è malagevole in molti casi discernere il nemico dal!' amico e taluno credendo favorire gli interessi del gruppo, li combatte senza saperlo.

106 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Se l'uomo .fosse davvero, come afferma il Gumplowicz, un animale vivente in banda, che sente e pensa come la sua banda, ne ha i gusti e agisce nel suo interesse, si dovrebbe avere una meravigliosa identità di fenomeni in individui appartenenti ad uno stesso gruppo, e quel che sembra più assurdo qest'identità. si verificherebbe anche per fenomeni affatto indipendenti _dall'interesse o dagli scopi del gruppo stesso. Ora n;m si può negare neppure dinanzi ad una esagerazione manifesta che una qualche uniformità non possa trovarsi nei fenomeni individuali in uno stesso gruppo, ma questa uniformità. è dovuta oltre all'influenza del gruppo, al fatto che appunto la affinità dei sentimenti, delle tendenze, delle opinioni ha indotti quegli individui a far parte di un medesimo gruppo; nè può ritenersi poi assolutamente esatto che i fenomeni individuali dentro un gruppo siano semi,re . uniformi, giacché non accennando neppure ai fenomeni c~e non hanno relazione cogli scopi cui tende il gruppo, e che danno luogo a diversità. rivelanti::1sime, nel modo stesso di comportarsi, agli individui componenti un gruppo quando si tratti dell' interesse di questo, esistono spesso differ. nze di non lieve importanza: si tratti pure di casi speciali, essi fa,nno dubitare della legge che si vorrebbe porre per base dello svolgimento sociale. Certamente simiglianze ce ne sono, e sono esse che formano infatti le caratteristiche e la ragion d'esistere d'un determinato gruppo: certamente l'interesse del gruppo agirà come causa importante, e spesso principale nella determinazione di molli degli individui componenti, ma dall'ammette1•e ciò allo stabilire leggi fisse, assolute, esclusive ci corre parecchio. Come dimostrazione ddla sua teoria l'eminente sociologo austriaco ci porta l'esempio del diritto penale, dove, secondo lui, il fenomeno della lotta dei gruppi si manifesta più chiaramente, e ancor qui, portando concetti giusti in parte all'esagerazione, crede poter fissare questa legge: « La severità della pena inflitta al condannato è sempre in proporzione diretta !dell'allontanamento sociale tra il gruppo cui appartiene il giudice e quello cui appartiene l'accus1to. » Caso tipico, un processo politico svoltosi davanti il Landgericht I a Berlino il 21 Maggio 1894. Erano accusati, uno sciittore Von \Vaechter appartenente per nascita al partito dei Sunkers prussiani, un operaio pure pru·~siano, ed un giovane dottore in medicina austriaco. Or bene il primo fu assolto sebbene avesse pronunziato le parole più veementi, il S€Condo fu condannato a tre mesi, il terzo a pitì di due anni: un penalista tedesco sostenne che ciò é dovuto al caso, il Gumplowicz vi trova naturalmente una splendida conferma delle sue teorie. Sugli scarsi elementi datici non è forse possibile decidere se in quel dato caso abbia ragione il Gumplowicz o il penalista tedesco, ma non sembra che ciò possa a vere una grande im - portanza. Posto anche che il Gumplowicz abbia ragione non è da un caso speciale, per quanto esso collimi perfettamente colle conseguenze dedotte da una determinata teoria che può giudicarsi della verità della teoria stessa: all'esempio citato se ne possono oppor1·e molti altri che significherebbero precisamente l'opposto, e anche nel caso nostrv non sarebbe difficile trovare parecchie sentenze di tribunali che potrebbero provare teorie o leggi del tutto diverse. Ancora, nell'esempio citato dal Gumplow;cz lo scrittore prussiano apparteneva per nascita al gruppo Junkers prussiano, ma per convinzioni appar~eneva al gruppo socialista, e con questo gruppo combatt~va la lotta eterna ed inevitabile: quindi il Gumplowicz darebbe troppa importanza al fatto solo della nascita, e non terrebbe conto invece di ciò che si verifica molto spesso in casi simili, che cioè i giudici aggravano la pena piuttosto che alleviarla per coloro che appartengono per nascita alla loro stessa classe, e combc1.ttono invece in campi opposti: è forse meglio lasciare gli esempi, del resto non lontani dalla mente dei lettori. Il Gumplowicz poi non dà nessuna importanza a mille altre cause che possono influire sulla decisione del magistr ..to, causa talvolh momentanea e di ordine diverso, dall'aut0rità dell'avvocato difensore alla buona o cattiva digestione, cause non sempre avvertite, ma non perciò meno importante o meno influ. enti nella determinazione della quantità. di pena da infliggersi al reo. La teoria del Gumplowicz ha certo una buona parte di vero: è importantissimo l'aver stabilito come oggetto della sociologia i movimenti e le lotte dei gruppi sociali, e non è da escludersi certo l'impor. tanza che essi possono avere nella determinazione delle azioni individuali: ma nel sostenere la sua tesi l'illustre sociologo é forse andato troppo innanzi e non ha forse veduto che un lato del problema. « Davanti la massa dei fatti che si compiono nel seno della società umana, massa ondeggiante ed oscura sulla quale si leva lentamente la luce della scienza, ogni scuola ogni popolo crede essere solo a vedere spuntare il giorno. Così uno spettatore posto davanti all'Oceano nou vede che dinanzi a lui il solco risplendente tracciato sui flutti dell'asta che sale sull'orizzonte: ma sebbene gli sembri che il resto del mare resti nell'ombra, l'altro lo rischiara in realtà tutto quanto: che l'osservatore si sposti, e da ogni punto di vista nuovo esso vedrà un'altra striscia di luce che altri occhi scorgevano prima dei suoi (1) ». DOTT. CESARE CAGLI (I) A. Fouilléc - La science sociale contemporaine. ~'-"./~'-J"" Condizioni d'abbonamento. Quest'anno l'Amministrazione della Rivista Popolare fa condizioni speciali d'abbonamento: - Chi procura quattro abbonati annui che paghino anticipata- ·mente avrà gratis la Rivista per un anno. - Chi procura tre abbonati che paghino anticipatamente riceverà in dono la Politica Coloniale del Dr. N. Colajanni. ( Un volume di pag, 300 ). - Chi acquista la Sociologia Criminale del Dr. N. Colajanni (due grossi volumi di 1300 pag., oltre una grande tavola L. 13) riceverà gratis la Rivista per un anno. Aggiungere, centesimi 60, per la spedizione.

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 107 Sul" Memorandum ,, eiSocialisti (il giudizio di un avversario). Fra gli avversari colti e leali del socialismo non mancano le persone che giudicano con serena imparzialità. Egli è cosi che Vilfredo Pareto or è poco constatava che la libertà in Italia ha trovato difensori sinceri e calorosi in Filippo Turati e in Napoleone Colajanni mentre tacciono e quel ch'é peggio, male agiscono, quelli che si dicono liberali e non sono altro che opport1rnisti e reazionari. Dopo le parole franche ed oneste dell'illustre economista che insegna nella libera università di Losanna sono venuti gli articoli dell' Economista sul Memorandum dei socialisti Siciliani. Da un pezzo, e specialmente in Italia, non si era avvezzi a riscontrare, non dil·ò equanimità, ma una certa decenza negli ortodossi i:i.uando si occupavano dei loro avversari; per la novità del caso e per l'importanza della rivista che lo dà, perciò mi pare opportuno riass,1mere il parere formulato dell'Economista nei tre ultimi numeri sul documento succennato. L'autorevole rivista fiorentina comincia dal constatare che il memorandum dei Socialisti ~iciliani è degno di studio per la sostanza e per la forma, lo trova scritto benissimo e con intonazione urbana e pacata, che dà diritto a farsi ascoltare e con quella temperanza di espressioni verso le altre classi sociali e in genere verso gl'intcressi altrui, che colpisce gradevolmente ed è utile porre in rilievo. Ritiene vaga e nebulosa la domanda dell'autonomia rPgionale, non tale da autorizzare menomamenic il S'>Spetto calunnioso cb.'essa miri al sepa1·atismo. Riconosce che la Sicilia più delle altre regioni, per la storia, per le condizioni geo;rafiche ed ogricolc é meritevole di conseguirla. L'unità ha agito coll'assorbire i cnpitali deÙ'isola e coll'impedire l'accumolo di risparmi e la evoluzione nol'male della borghc~ia· << Per avere troppo unito la legislazione italiana ha « troppo disunito; ,, e il sovel'chio accentramento ha generato mali gravi e non pochi alla cui cura urge porre mano. L'Economista si spiega il rapido incremento del partito socialista coll'abbandono in cui fu lasciata l'isola per tanti anni, col trascurarne i più urgenti spoi bisogni. Sicchè il partito più che di socialisti coscirnti suebbe composto da malcontenti. Le co1pe del governo non attenuano quelle delle classi dirigenti: 11..propositodelle quali il memorandum dice al Regio Commissario: « La vostra nomina è un « atto di sfiducia dato dal governo. a queste clas,i di· ~ rigenti ed anche a tutti i Prefetti ed a tutti colo- << ro, che sinora furono preposti nell'amministrazione « dull' isola.» Il nostro avversario non trova da ridire su queste severe parole e le completa osservando che l'inettitudine delle classi dirigenti è genel'ale in Italia; più accentuata in Sicilia. Ben detto! Nella parte economica e politica ad un tempo conviene che l'abolizione del feudo, promossa dall' aristocrazia accerta, non dette e non poteva dare benefici risultati. Il barone si trasformò in proprietalio del latifondo ed i contadini nominalmente liberi in realtà rimasero servi. Questi rapporti anacronistici aggravati dal mal governo che dell'isola si fece dalla capitale generarono la mafia e la particolare delinquenza alla medesima connessa; ciò che sin dal 1886 dimostrò l'on N. Colajanni nella Delinquenza del/a Si-:itia e sue cause e in parecchi suoi discorsi alla Camera, particolarmente in quelli sull'eccidio di Caltavuturo del 31 Gennajo 1893 e del 4 luglio 1896. Si comprende il consenso sull'abolizione del dazio di consumo; sulla retta applicazione della legge sulle opere p' e del 17 Luglio 1890; sull'immiserimento dei contadini; sull'usura e sulla necessità dei probi-viri nell'agricoltura, ma è notevole il dissenso su questo punto del memorandum. L'Economista deplora cJ,e i socialisti domandino per tutta l'Italia, senza tener conto delle varietà delle condizioni il referendum, il suffragio universale e l'elezione annuale e ritiene precisamente che la Sicilia sia la meno matura per tali riforme. Infine esso non sa se sia vero ciò che • dice il memorandum sui procedimenti illegali e disonesti adoperati dal governo e dalle classi dh·igenti per privare del diritto di voto i lavoratori. Pur troppo possiamo assicurarlo che quelle parole sono forse al disotto della realtà. In Sicilia appena il 3 0t0 del totale della popolazione fa parte del corpo elettorale; sicchè per l'isola più che per le altrè regioni d'Italia si può dire che la rappresentanza legale non corrisponde al paese reale. Così si spiega come mai ci possono essere deputati siciliani che hanno applaudito e promosse le inique repressioni, ed altri che stupidamente Ilfgano i mali della Sicilia. L'accoglienza onesta c~e il memo1·andum ha trovato presso gli avversari colti e leali deve essere feconda d'insegnamenti agli stessi socialisti, i quali devono convincerdi che si guadagna di più coll'esporre le proprie buone ragioni con calma anziché col ricorrere alla retorica vuota ed alle formule noiose pappagallescamente ripetute. LeAssociazioni C operative. La cooperazione appare sotto varie forme, sotto varii aspetti. Da prima per eliminare i numerosi intermedia1·ii del commercio che rappresentano i parassiti della produzione e del lavoro, sorse la ccoperativa di consumo. Il concetto ne è abbastanza chiaro: si riuniscono più individui e col danaro da o 6 nuno di essi anticipato comprano una determinata quantità di generi direttamente dai produttori e in condizioni molto favorevoli; li mettono in vendita con un lieve ribasso dai prezzi correnti nel mercato - ccsa per· essi assai facile non sotto5tando alle speculazioni degli intermediarii, e così ottengono doppio vantaggio: la facilitazione nello acquisto dei generi e il guadagno, coi risparmii realizzati nel consumo, che ripartiscono in proporzione del cJpitale anticip.i.to. La società cooperativa di produzione è la più complessa e la più efficace, a non rendere il laYoro schiavo

108 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI del capitale. Il concetto di Buchez era di costituire società di lavoratori formanti da sè medesimi il capitale necessario coll'attribuire nella ripartizione degli utili assoluta prevalenza al lavoro. Ma il concetto della assoluta prevalenza di questo e le tendenze ostili al capitale vennero trasformandosi offrendo un miglior trattamento al capitale, e si venne cosi a costituire il fatto dell'associazione del capitale e del 111,- -, vo1•0nella impresa della produzione. ll concetto scien• · tifico della cooperativa è presso che simile nei ~arii scrittori di economia che la propugnano. Il Costa nella sua « Economia Sociale » così la definisce : creazione autonoma degli operai e dei piccoli imprenditori che si propone di migliorarne le sorti procurando loro condizioni più favorevoli quanto alla abitazione, al · vitto, al credito ed allo eserc'izio individuale o collettivo delle rispettive industrie. Il Cairnes: associazioni di operai posti in condizioni di eguaglianza, possidenti in comune il capitale mediante il quale fanno le loro operazioni, lavoranti sotto la direzione di gerenti che sono elatti da essi, e che essi possono· revocare. Egli propugna la cooperazione di produzione come mezzo efficace per riunire nella stessa persona le due qualità di lavoratore e capitalista per aumentare di conseguenza il salario coli' interesse d'el capitale. Per mezzo di 11uesta associazione di operai possedenti il capitale, egli dichiara essere assicurata la emancipazione dei lavoratori dal capitalismo. Infine lo Schonberg dice : l'as_sociazione di produzione è una intrapresa nella quale gli operai che in essa lavorano la fanno anche da imprenditori esercitando per conto e rischio comune e sotto la loro responsabilità l'intrapresa: essi .sono i proprietarii del capitale impiegato come avvisa lo Schaffle. Così la condizione necessaria p~r il concetto di cooperativa, secondo questi citati scrittori, è il seguente : che gli operai associati posseggano tutti una parte del capitale (anche minima) che è impiegato nella impresa sì da spettare a loro e il salario come lavoratori, e il reddito come imprenditori e capitalisti. Ma altri scrittori osservano che essendo assai difficile che gli operai facienti parte di queste cooperative posseggano un capitale, così non è necessario che essi ne apportino alla impresa, ammettendo possibile il prestito a un interesse quanto meno pesante. Così il Thornton sintetizza l'associazione di produzione: una associazione di lavoranti che da sè stessi provvedono tutti i requisiti per il loro impiego; sicché i cooperatori tendono - a dire del Walcker - ad eliminare la impresa, la quale, pur essendo una funzione necessaria, é disastrosa agli interessi degli operai. E il Brentano si rassomiglia molto al 'I'hornton e al Walker dicendo che l'associazione di produzione è un insieme di più individui per la produzione di un determinato bene, caratterizzata da ciò che tutti i membri della associazione si assumono tutte le funzioni dello intraprenditore, e scopo loro è la trasformazione di sa1ariati in imprenditori della produzione. È quindi anche per lui indifferente che gli operai facienti parte della cooperativa siano tutti o alcuni privi di capitale potendolo richiedere in caso di bisogno dal capitalista, come fa l' imprenditore. Così un concetto largo e comprendente tutte le forme di cooperazione vien dato dal Gobbi per cui la società cooperativa è una associazione di consumatori, è l'organizzazione spontanea di una pluralità di economie particolari domin!tte da un comune bisogno per esercitare collettivamente ed in modo autonomo la funzione industriale che produce le specifiche prestazioni economiche atte a soddisfarlo. Di queste t.i-e specie di corporazione, le prime due - che costituiscono, come dicesi, le forme pure - hanno lo scopo di emancipare il salariato dallo imprenditore e dal capitalista, e nello stesso tempo ij risultato della riunione, nelle mani del lavoratore, del salario. del reddito e dello interesse; l'ultima - che è la più possibile - ha anche essa un vantaggio: fare scomparire l' imprenditore, vero parassita che vive a scapito della classe lavoratrice. L'istituzione delle cooperative di produzione fu combattuta dagli economisti ortodossi e principalmente dal Thiers, dal Cernuschi dal PrinceSmith, dal Leroy-Beaulieu, dal Price e dallo Schonberg, mentre tra i fautori sono da annoverarsi lo Stuart-Mill, il Fawcett, il Thornton, il Cairnes, lo Chevalier, il Rossi, lo Chebuliez e tra i più recenti Brentano, Boscher, Bohemert, Schaffle; e per parlare dei nostri: Cossa, Cognetti, Losavio, Gobbi. Lo Stuart-Mili seri ve che le associazioni tenderanno ad assorbire la c'asse operaia tutta intera, eccettuati gli uomini inferiori in capacità ed in moralità, ed à fiducia che sotto l'influenza del principio cooperativo avverrà quel cambiamento sociale che combinerebbe la libertà e l'indipendenza individuale coi vantaggi morali, intellettuali ed economici della produzione in comune: cambiamento che senza violenza o spoliazione, senza improvvisa scossa, realizzerebbe le migliori aspirazioni dello spirito democratico. Così il Cairnes dice che il modo nel quale si può ottenere la emancipazione del lavoro è soltanto quello della industria cooperativa. Ci piace a proposito dire ciò che ne pensava Giuseppe Mazzini, il quale ravvisava nella cooperazione la soluzione del problema economico, così esprimendosi nei Doveri dell'uomo « Il lavoro associato, il riparto dei frutti del lavoro tra i lavoranti in proporzione del lavoro compiuto e del valore di quel lavoro: è questo il futuro sociale. Associnzione libera volonta1•ia, ordinata su certe basi da sé medesimi tra uomini che si conoscono, s'amano, non forzata, non imposta dalle autorità governative, non ordinata, senza riguardo ad affetti e vincoli individuali: ecco la emancipazione dei lavoratori ». E in un suo articolo nella « Roma del Popolo )) così si esprimeva: « Il riordinamento del lavoro sotto la legge dell'associazione sostituita alla attuale del salario sarà - noi crediamo - la ba.se economica del mondo futuro. Le società di produzione sorsero coli' intendimento di provvedere agli inconvenienti del presente ordinamento industriale. La cooperativa tende a produn·e un grande cambiambnto nella condizione dei lavoratori e nei rapporti fra gli elementi della produzione, essa sorse per ri. vendicare i diritti del lavoro e non quelli del capi-

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 109 tale; che non à biso 6 no di essere emancipato; essa intese e intende redimt re e rendtN indipendente dal salariato quegli operai che la costituiscono ». La quintessenza della questione sociale, dice lo Scheel, sta nella esclusione dei lavoratori dal sopra più del prodotto oltre la spesa del salario: questo, secondo il presente ordinamento, esclude il lavoratore dalla partecipazione al valore del prodotto della industria, ed impedisce ad esso di esercitare qualsiasi infiuenza sulla ripartizione di tale prodotto, ponendo in antagonismo l'interesse del salariato coli' interesse di coloro fra cui tale ripartizione avviene.· Gli economisti magnificano il salario come sistema di retribuzione che dà al lavoratore la massima delle guarentigie e lo emancipa dalla massima delle tirannie quella dei rischi e delle vicende della produzione, ma bisogna riconoscere che questo vantaggio è pagato a caro prezzo dal lavoratore. Nell'ordinamento attuale quale è il risultato ultimo? Senza dubbio la dip~ndenza del lavoratore, non più centro ed anima ma semplice strumento di produzione. Il lavoratore soggiace nella lotta tra capitale e lavoro e più fra impresa e lavoro. Ora le varie· forme di società di produzione si propongono appunto questo scopo: eli· minare la preponderanza del capitale e più di tutto la classe degli imprenditori, facendo scomparire il salariato, togliendo al la vo1·0 la qualifica di mer0e, restituendogli la sua indipendenza economica. Diciamo col Duval che la società di produzione non rinnega il capitale, ma vuole l'unione di questo col lavoro, non rinnega l'interesse ma come al capitale così al lavoro reclama una parte dei guadagni, sopprime il salariato, e mette le macchine a profitto dei lavoratori. Enumeriamo sinteticamente i vantaggi della cooperativa di produzione. Essa invero trasforma il lavoro da merce in elemento della produzione partecipante alla impresa e ai guadagni di essa. Assicura l'indipendenza economica, morale e fisica dell'opera.il' che da semplice salariato passa a lavoratore-imprenditore. Assicura l'impiego dell'operaio ali' infuori della volontà del1' imprenditore. Fa partecipare al vantaggio dell'esercizio delle macchine l'oper ..io che per ora ne è escluso e finalmente produce la cessazione dei conflitti degli interessi, degli scioperi, degli attriti assai comuni ai giorni nostri, esiziali alla produzione in genere, se pur non vogliamo notare•come beneficio indiretto la influenza ad aumentare i sala.rii perciò che riducendo il numero dei salariati si costringono gl' imprenditori a concedere ai loro operai una partecipazione ai profitti. I socialisti difendono queste società cooperative; sono tra essi il Buchez, il Blanc, Lassalle, DelitzSchultze : l'apostolo della Banca-cooperati va. Accanto alle lodi e agli inneggiamenti da parte dei fautori della cooperazione e' intratterremo anco brevemente - per non essere tacciati di parzialità - dei difetti e delle difficoltà messe innanzi dagli avversari. I più accaniti si trovano in Francia, ciò è a dire: Leroy-Beaulieu, Cernuschi, Le Play, Thiers. Da tutti questi si fa l'apologia del salario, e lo si chiama la retribuzione più vantaggiosa del lavoro agli stessi lavoratori, quindi si contesta da loro non solo la possibilità ma anche l'utilità della soppressione di esso. Si dice da Leroy per esempio: « Le salaire est le plus nature! et le plus utile de contracts. Le salaird rende le tra vaill eur responsa.ble de son p1·opre tra va.il, et JhJ le rend p:is dépendant du fait d'autrui, de l'intelligence, de l'esprit d'administration, de l'entente des affaires et du bonheul' d'autrui. Le sala.ire est co:nme une assurance contre l'incapacité possible, la maladresse eventuelle de celui qui comande, et dirige le travtiil ». Egli crede essere un errore volere affidare l'impresa agli operai che sono affatto inetti all'esercizio di questa funzione, la quale è localizzata per tradizione nella classe borghese. Altri tra i quali Brenta.no, Thiers, Rota, Rosler sostengono che gli operai non possono cimentare i loro risparmi nei rischi della im1,resa e battono sullo stesso chiodo coll'affermare preferibile il sistema del salario. Più importante e forse più veritiera è la 1·assegna delle difficoltà nell'attuazione delle società di vroduzione. Esse - si dic'e - per prosperare bisognano di elementi forniti di qualità intellettuali non molto comuni fra gli operai. Onde una sa via ed esperta direzione della impresa, che è indispensabile al buon andamento; e la formazione del capitale sociale necessario al funzionamento della impresa; e l'assicurazione di un credito che supplisca alla insufficienza del capitale d'eser0izio, per la poca garanzia che offrono tali associazioni, specie nel loro primo sorgere - quando arpunto ne ànno più di bisogno - sono reclamate dallo Schultz-Deliztisch e dal B :entano. Un'ultima difficoltà ancor grave tutti scorgono nella ripMtizione degli utili, specie quando il capitale viene apprestato da parte dei socii, o da estranei o anche da tutti ma in diverse proporzioni. E qui per dare una soluzione la più conveniente citeremo ciò che ne dice il Cossa: « Nella applicazione del sistema di ripartizione del prodotto tra capitale e lavoro occorre necessariamente dar luogo ad una transazione - essendo insolubile il problema tentato dal Thunen - adottata con vari criti:rii, e secondo noi si dovrebbe stabilire preventivamente un interesse pel capitale impiegato lasciando tutti gli utili da ripartirsi fra i socii lavoratori. Comunque sia la cooperazione si presenta per ogni riguardo vreferibile all'attuale industria speculativa tanto che nella pratica à raggiunto quei vantaggi anzicennati, e se si son dovuti lamentare degli inconvenienti è stato non per colpa della istituzione in sè stessa, ma perchè combattuta dalla borghesia e dai governi o per ragioni di indole diversa. Faremo una rassegna brevissima del movimento cooperativo nelle principali nazioni industriali : In Francia si sono costituite, dal 1848, un numero considerevole di queste società, che a vero dire, la più gran parte ebbero vita breve e risultati negati vi; dal 1875 alcune di esse ànno prosperato: così per es: quella dei cocchieri i quali dispongono nella sola Parigi di ben 5 mila carrozze, di cui più di 3 mila in esercizio; quella dei carpentieri con più di 200 socii che compie annualmente affari di più che 400

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