RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTER~~ E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr NAPOLEONE COLAJANNI DF.PUTATO AL PARLAMENTO Il ALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. AnnoIl. - N. 3. Abbonamentopostale Roma 15 Agosto1896 Sommario. Dr. N. CoLAJANNI - Gli ultimi Congressi. Dep. EUGENIOVALI.I - L' fatrema Sinistra al Governo? CHARLES GmE - Socialismo e Cooperativismo. lng. CAMILLOMANCINI - Per le terre incolte d' Italia. Lo ZOTICO- " La Monarchia socialista. ,, JACQUES MESNIL - Il socialismo non è semplice quistione di stomaco. G. A. PINTACUDA - Della natura del Bello. Sperimentalismo Sociale - Cassepe11sio1p1eir gli operai - Contro l'Alcoolismo. Notizie Varie - L'altezza delle stradeferrale - Gli a11alfabeti - Il progressodella meccanica - La cooperazione - Edison e i raggi X - Il da/to11is111a0l Giappone - U11 1111oupoarassita della vite - Gli studenti di P"rigi - I progressi della Russia. Recensioni - Enrico Seletti: Se il socialismoabbia fo11dame11to scientifico - M. L. Patrizi: Saggio psico antropologico su G. Leopardi - L. Roncoroni: Genioepazzia ÙI T. Tasso, - Angelo Fani: La Deportazione. Siamo costretti a rimandare al fascicolo venturo una corrispondenza dalla Russia pervenutaci troppo tardi. '-"./"-./"-./',__r,._r,._~'-..,/'-../"-../'-./'v~,r GLI ULTIMI CONGRESSI. Temevo, col mio sincero giudizio sul Congresso di Firenze, di procurarmi molti rimproveri e non poche invettive da parte di coloro che potevano sentirsi colpiti, le recriminazioni forse verranno, ma sinora devo constatare con soddisfazione che non mi sono . pervenuti che approvazioni e incoraggiamenti a perseverare nella via battuta. Ciò mi conferma vieppiù che in certi momenti di fiacchezza negli uni e di aberrazione negli altri quella che riesce utile ed accetta è la verità detta rudemente, senza circonlocuzioni studiate. Continuo oggi ad occuparmi di congressi, per quanto non manchino coloro che li hanno in uggia, come inutile trionfo delle chiacchiere; ed hanno torto perché i congressi richiamano l'attenzione degli indifferenti, rinsaldano le convinzioni, esaltano i propagandisti, formano la pubblica opinione e preparano i fatti. Tra gli ultimi congressi, che si tennero verso la fine del mese di Luglio, mi occupo per il primo di quello repubblicano di Pavia, che in una alla elezione di Federico Zuccari in Roma, segna il salutare risveglio del partito repubblicano in Italia; risveglio, i cui indizi non sono recenti e che si è andato preparando e maturando sopra tutto come reazione contro la prepotenza crispina, da un lato, e contro il disprezzo socialista, dall'altro: l'una e l'altro servirono di pungolo, che ha fatto scuotere i tiepidi e risvegliare i dormienti. Tutte le simpatie della Rivistu e mie sono per il Congresso di Pavia; ciò non m'impedisce di giudicarlo liberamente e deplorare che esso abbia dato un esempio di mimetismo morboso in una deliberazione, che sembra copiata o suggerita da altra analoga del Congresso socialista di Firenze. Si tratta della deliberazione IV, che tolgo dal Futuro Sociale, e colla quale nei rapporti coi partiti affini sul terreno elettorale· si stabilì di appoggiare i candidati socialisti e radicali, alla precisa condizione che essi abbiano a fare pubblica affermazione di principi repubblicani. Che ci siano dei candidati socialisti, che pur dichiarandosi repubblicani siano diversi dai repubblicani prop1·iamente detti è certo; l'affermazione politica da loro si può esigere perchè vi sono i socialisti della peggiore specie che non si curano delle forme ; ma in che cosa si possa distinguere un radicale repubblicano da un repubblicano puro e semplice, in verità non riesco ad intenderlo. Rimane logica la deliberazione del Congresso di Firenze che esige in caso di ballottaggio l'accettazione del programma minimo da parte del candidato, perché si può accettare il medesimo senza essere collettivista-marxista, rimane perfettamente superflua quella del Congresso di Pavia, che esige la dichiarazione di repubblicanismo... dai repubblicani. Osservo ci6 mettendomi dal punto di vista di coloro che l'appoggio elettorale intendono accordarlo sotto certe condizioni politiche. La tattica elettorale io la intendo in modo diverso e più largo; tanto largo e diverso che in un collegio dove si trovassero di fronte un farabutto, che si dichiara repubblicano, un progressista a tipo Miceli ed un moderato dello stampo di Silvio Spaventa non esiterei un istante a votare per l'ultimo. Il mio cri-
kIVIS'i'A :POPOLARÉ Dl POLlrICA tETTERÉ E SÙIÉNZE SOèIALt terio potrà essere sbagliato, ma lo espongo qual' è e quale lo sento. ' Fatte le mie riserve sulla tattica non posso che meravigliarmi della meraviglia di qualche giornale socialista, il quale non ha capito un'acca della deliberazione dei repubblicani relativa alla parte economica; deliberazione che è il riassunto delle dottrine di Giuseppe Mazzini troppo e deplorevolmente trascurate dai iOcialisti italiani. Manca in essa la chiarezza? Ma via! non sono i discepoli di Carlo Marx, che hanno il diritto di rilevarlo. * * Il secondo Congresso cui voglio consacrare un cenno è quello del partito socialista francese fonutosi a Lilla come preparazione all'altro di Londra. Non me ne occupo se non per mostrare come il così detto patriottismo sia divenuto da pertutto barbogio, insulso, ingiusto, fomentatore di odi. A Lilla dovevano arrivare Liebknecht, Bebel e gli altri rappresentanti del partito socialista tedesco in viaggio per Londra, e il Congresso nazionale francese decise di far loro un'accoglienza affettuosa. • Oli cflauvins balordi e in malafede pensarono che quella era una occasione buona per mettere in cattiva vista i socialisti, che accusarono di leso pi.tl'iottismo per una dimostrazione in favore di tedeschi ed aizzarono la plebe ad una controdimostrazione a base di revanche. Quanto incolsulta e disonesta sia stata la condotta dei patriotta1·di francesi l'isulta all'evidenza da i cenni seguenti, che provano come i socialisti tedeschi non si siano limitati a platoniche dimostrazioni a fatti compiuti, ma come abbiano vigorosamente protestato a tempo debito conto la guerra franco-tedesca e contro l'anne sione · dell'AlsaziaLorena. Infatti, il 21 Luglio 1870 nel Reichslag, Uebel parlò energicamente contro i crediti per la guerra. 11 0 Settembre all' indomani della proclamazione della repubblica i socialisti tedeschi pubblicarono un vilJl'ato manifesto in favore di una pace immediata ed onorevole col popolo francese. I membri del Comitato che pubblicò il manifesto furono arrestati, e sottomessi a processo per alto tradimento e il 29 Novembre 1870 nel Reichstag Liebknecht rifiuta i crediti necessari per la continuazione della guerra; e il 3 Dicembre l'ipete la protesta. La condotta dei socialisti tedeschi fu tale che Lefaivre console francese a Vienna mandò loro ring,•ziamenti e felicitazioni in nome della repubblica. Comparsa la lettera del Console nel Voll,sstaat del 17 Dicembre 1870 Bebel e Liebknecht vennero arre5tati processati per altro tradimento e condannati a due anni di fortezza il 26 Marzo 1871. Infine Bebel, anche in nome di Liebknecht il 2 Maggio 1871 nel Reichstag fece questa dichiarazione: Protesto contro l'annessione dell'Alsazia-Lorena perchè la considero come un delitto contro il diritto dei popoli e come un'onta nella storia del popolo tedesco. Ci vuole delraltro per convincersi che il vel'o sentimento patriottico va scomparendo e che quello che lo sostituisce è una menzogna, una ciarlataneria, una speculazione? Il pati·iottismo dei cflauvins di Lilla è degno di fa1·eil pajo con quello dei rettili italiani, che pretenderebbero che all'estero ladri si gabellassero per galantuomini. * * E vengo al Congresso socialista internazionale di Londra giudicato coi più partigiani criteri, a seconda del colore politico dei giudici; partigianeria, da cui non andò immune questa volta la stampa inglese, che di ordinario è abbastanza imparziale. Questo Congresso somministra l'occasione per protestare contro l'ufficiosa Agenzia Stefani, che ha dato al pubblico italiano resoconti smilzi ed incompleti, mentre l'ufficiosa IIavas ha fatto un servizio lodevole. .-U Congres o di Londra ogni nazione mandò il suo rapporto; ed è notevole - dovuto probabilmente a F. Turati - quello italiano, per la sobrietà e per la sincerità con cui tratteggia le origin'.i, lo sviluppò e le condizioni attuali del partito con larghi accenni alla catastrofe della Banca Romana e agli Avrenimenti di Sicilia. Non posso resistere alla tentazione di riprodurre il seguente ritratto che vi è fatto di Francesco Crispi: avocat politicien, now·ri et enrichi par la corruplion temperamenl de chefs de bandits, menleur comme dix vrostiluées, t,·ompeur cle femmes f'l marchand de decorations, ·un rusè brigant sans sci·upules bon à tout {aire (meme le bien, par acciden1, si cPla peut lui pro(Uer). Le sedute del Congresso furono precedute da un mce1ing colossale tenutosi in Hyde-Park il 27 Luglio come protesta in favore della pace e contro la guerra. La impol'tanza del meeting - per il quale s'innalzarono dodici tribune, da cui parlarono france3i, inglesi, tedeschi, olandesi, dan~si, russi etc. - non venne diminuita dalla pioggia dirottissima. Da notare la esplosione di biasimo contro Jameson - l'invasore della repubblica del Transwaal - quando l'inglese Aveling Marx lo nominò. La manifestazione socialista inglese contro un inglese violento e disonesto fa un nobile contrasto collo chauvinisme di Lilla. E ben fecero i socialisti ad organizzare una speciale manifestazione per la pace e ad insistervi nel Congresso stabilendo che la festa del 1 ° Maggio deve avere principalmente il significato di protesta contro il militarismo, perchè alla società nessuna cosa è più infesta della guerra e della caserma.
'Rl'VISTA POPOLARE DI POLITièA LETTERÉ E SCIENZE SOCÌALÌ 43 Le manifestazioni contro il militarismo e contro la guerra ebbero questo solo difetto: furono troppo sempliciste - monosillabiche, direbbe Ferri -; perchè l'uno e l'altra vennero attribuiti esclusivamente al capitalismo mentre ne sono molteplici i fattori. Se non ad eliminare entrambi cotesti mali, ad attenuarli al meno e ad allontanarli possiamo adoperarci anche sotto il regime capitalista. A vremmo un bell'attendere se dovessimo vedere i risultati benefici della propaganda quando il capitalismo fosse scomparso ! A proposito di questa protesta, poi, per la sua amenità non può essere lasciata pa~sare inosservata la serotina difesa del militarismo tentata da un giornalista di non poco ingegno. Esso ha osato asserire che in Italia il solo ideale intatto è l'esercito ed essersi rialzato questo ideale... pei fatti di Zurigo ! Proprio oggi si trova il buon tempo di difendere l'esercito quando i fatti di Zurigo ne hanno mostrato la inutilità politica, come Abba Carima ne mise in luce la debolezza tecnica. Il Congresso ebbe un preludio tempestoso: la discussione sull'ammissione o esclusione degli anarchici. E stata la parte debole della riunione sulla quale hanno insistito maggiormente gli organi della borghesia; non è necessario, quindi, che mi ci dilunghi io nella Rivista. Rilevo, ad ogni modo, che se fu giusta la conferma della decisione di Zurigo, che esclude gli anarchici dai congressi socialisti, non fu logica e parlamentare la condotta della minoranza francese - benchè condotta da uomini del valore di Millerande di Jaurès - che si distaccò dalla propria sezione nazionale giusto perchè restò in minoranza. Se questo criterio delle secessioni prevalesse nelle assemblee non sarebbe distrutta l'essenza stessa del Parlamentarismo? Intanto molti degli anarchici cacciati dalla porta rientrarono dalla finestra promovendo spesso discussioni tumultuose, che dettero occasione ai socialisti di mostrarsi intolleranti e violenti; ma l' inconveniente dimostrò la necessità di ovviarvi preventivamente nei futuri congressi. Altra necessità assodata fu quella di scegliere una lingua unica; la facoltà ad ogni oratore di parlare nella propria lingua dà a questi congressi un' impronta babelica e genera malintesi colle traduzioni infedeli. La limitazione ad una sola lingua, che non potrà essere se non la francese, arrecherà il grande vantaggio di rendere meno numerosi, ma piit seri e proficui i futuri congressi. Così una circostanza in apparenza lieve può condurre a risultati importanti. A qualche voto del Congresso si accennò. come a quello contro le guerre completato dall'altro per la costituzione di un Tribunale arbitrale internanazionale. Degni di menzione e di qualche osservazione inoltre furono i seguenti : Si ammise la gratuità dell' insegnamento e della educazione - dalla scuola elementare all' Università. - Si raccomandò un'intesa tra i rappresentanti europei e quelli transoceanici per regolare l'emigrazione ed impedirne gl' inconvenienti. Si condannò la politica coloniale, - qualunque ne sia il pretesto, religioso o sedicente civilizzatore, - perchè essa non è che l'estenzione del campo di sfruttamento capitalista. Su questo riguardo, però, non ho trovato cenno di alcune proposte pratiche ventilate da Jaurès nella Petite repubblique. Si riafferm6 la necessita della conquista del potere politico come mezzo pe< i lavoratori di arrivare alla loro emancipazione e col quale si può stabilire la repubblica sociale. In questa deliberazione non si scorge traccia di quel voluto antagonismo tra repubblica e socialismo. Anzi! E l'amico Ferri dichiarò a Londra, come fece in questa Rivista, di voler divenire anti-repubblicano sotto la repubblica? Si lasciò arbitra ogni nazione di determinare i mezzi di azione, la tattica meglio adatta alla situazione di ogni paese. Questo é positivismo e relativismo di buona lega, applicabile alle regioni entro i confini di uno St!l.to. Questo positivismo tutto inglese va completato col ricordo della coesistenza in Inghilterra di tre gruppi socialisti a tinte diverse - la Società Fabiana, il Partito indipendente del lavoro e la Federazione democratica - nessuno dei quali pretende possedere il monopolio del socialismo. I dolorosi fatti di Zurigo intrattennero il Congresso di Londra; e, come \l,ll'epoca dei fatti di Berna nel Congresso di Zurigo, a proposta del Russo Wassilief, si dichiarò che soltanto il socialismo può impedire la fenomenologia dolorosa della concorrenza del lavoro; così opportunamente in questa ultima occasione si ripetè la osservazione sulle rive del Tamigi. Quando i nostri lavoratori si saranno convinti della giustezza di siffatta dichiarazione ed all'estero agiranno in conformità della medesima, potrà venir meno la rattristante caccia all' Italiano! Alcuni hanno rimproverato al Congresso di essere stato inspirato a soverchio parlamentarismo ; ed il rimprovero non è meritato. Lo spirito che vi ha dominato cottituisce un indizio sicuro di quell'evoluzionismo, che guadagna sempre più gli animi e che i governi dovrebbero sapere sorreggere e consolidare. Assai severa, come dissi in principio, si è mostrata la stampa inglese verso il Congresso - dal Times alla Pall Mall Ga:;::ette, dal Morning Post al Daily Ch1·onicle ecc. - Essa ha insistito nel
44 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIALI costatare la innegabile differenza che esiste tra i Tracles Unionisti e i socialisti continentali. Forse dominato dallo spirito delle grandi corporazioni inglesi, John Burns - considerato da molti come un rinnegato e eh' è sinceramente un egotista - in un comizio a Battersca proclamò il Congresso un fiasco colossale. L'esagerazione, l'ingiustizia delle parole del celebre organizzatore dello siopero dei Doks sono evidenti. Il Congresso ebbe la importanza e il significato, che poteva avere; e il torto è di coloro che dalle decisioni di un Congresso attendono il muhmento istantaneo delle condizioni politiche e sociali dei popoli. Un Congresso del genere di quello di Londra rimane sempre un grande avvenimento perchè indica la coscienza crescente, nei lavoratori, dei propri diritti e della propria forza; coscienza, che prepara e matura le trasformazioni future, inevitabili. Dr NAPOLEONE Cor,AJANNI. L'ESTREMA SINISTRA ALGOVERNO? In omaggio a quella libertà di opinione, che genera le feconde discussioni, pubblico la lettera aperta che mi dirige un avversario politico - l'egregio collega Eugenio Valli; e la pubblico tanto più volentieri in quanto che mi darà agio nella risposta, che sono costretto a rimandare al prossimo numero, di eliminare i malintesi generati dal mio innocente articolo sul- !' Estrema Sinistra e di ridurre al giusto le sbagliate inte1•pretazioni cho ne fu1·ono date. l\. c. lellera aperta a//'011. ~VapoleoneColajmmi. Leggo, come vedi, molto attentamente, la Rivista Popolai·e scritta - purtroppo ! - con acu - tissima suggestione. Il tuo cervello non si diletta di far tintinnare chiacchiere vane, come il giocoliere i suoi sonagli. Tu sei collo: studi, mediti, confronti e tiri le somme - sbagliatis. ime - secondo me, ma, semp1'e, tali, da proYocare una discussione interessante e feconda. Ora, un punto solo, doHesti avei· la bontà di chiarirmi, nel tuo periodico pugnace. Guarda che, - probabilmente - finirò per recare un servizio non dispregevole. A dirti la verità, io mi troverei d'accordo, col Secolo e coli' Italia clel popolo, nel giudicare il tuo articolo del 15 luglio decorso. intitolato: l'Estnma Sinist1·a. Invece, due . ettimane dopo, scrivi che, i due giornali ùi ?llilano, sono incor,;i in un equivoco. :'\el concetto tuo. ce1·to, dal momento che lo a;sse1·e1·i; ma, nel giudizio del pubblico, no, affatto. Abbi un po' di pazienza, perchè si tratta di un altissimo interesse politico, che deve essere discusso con ampiezza, precisione e rigida buona fede. Di queste due eventualità - come vedi , distinguo, un momento, anch'io - Cavallotti ministro, ed Estrema Sinistra, al governo, con lui ; oppure, Cavallotti ministro, tagliato fuori dagli amici suoi - n'ho sentito par-lare, con moltissima calma e grant.!e equit.'1, abbastanza in alto. Quindi , se non esistono scrupoli di sorta - per questo risultato eventuale - nella persona e nelle persone , che potrebbero sentirli, come l'adempimento di un dovere o come l'esercizio di un diritto, sarebbe grottesco che tali scrupoli avessero a turbare la serenità della mia coscienza politica. ~Ia, non voglio sviarmi e ti richiamo ali' argomento. Fissiamo intanto - e con esattezza - il punto di divergenza tra te, e i due giornali di Milano. Evidentemente, non può essere che il seguente , che io trascrivo, dal tuo articolo, parola per parola. « ...... 1nolte (?) condizioni sono indisrensabili « perchè la parte radica!e del Parlamento possa « decoros:1mente e utilmente rlirenire partito di « governo . « Perchè l'avvento dell' Estrema no,1 rappre- « senti un episodio vergognoso del trasformismo, « occorrerebbe che essa venisse presa qual'è, con « tutte le sue tradizioni, e col bagaglio delle « sue idee e delle sue tenden:e , senza esigere « alcuna ritrattazione. Se a Dilke per divenire mi- « nistro non si chiese che disdicesse il libro che « attaccava la vita privata della regina Vittoria, « non ;;o perchè si donel.,be costringere Carnllotti « a rinnegare le poe ie dell'anticesareo. « L' E'st1·em1, sotto la monarchia, non potrebbe « arrivare al gove1·110, decorosamente e proficua- « mente, se non come solu:;ione di ima situa- « :::ionepf1Ylamentan netta, dalla quale sorges- « se e,·idente il bisogno del suo concorso, sulla « base di un clo ul cles confessabile, senza vinco- « li imposti dalle sfe1·e extraparlamentari, che si- « nora pL'evalsel'Onella politica italiana. « Coll'Hslrema al governo, infine, la politica « italiana dovrebbe cessare ùi esser dinastica per « divenir essenzialmente nazionale. « E probabile che si verifichino in Italia le « condizion; su esposte, che rappresentano il sine « qua non, senza di cui l'Est1·ema non può e non « deYe lasciarsi se'.furre dai bagliori del potere ? « Francamente non lo credo ; il mio ottimismo « non mi illude a tal segno. L'ipotesi teorica che « ho esaminata sinora mi sembra che debba con- / « tinuare ad essere brutalmente smentita dalla « pratica e dalla realtà. E ciò perchè la monar- « chia si crede ancora lanlo fo1·te clapoter fare I « a meno del c .ncorso di cooperatori, che essa « giudica infidi; tanto forte da poter scansare « le limitazioni alla sua influenza nell'esercizio del 1 1
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 45 • suo potere, che fin oggi - checchè dicano gli « articoli dello Statuto scritti sulla carta - è stato « illimitato. » Ora, ragioniamo un poco. Dal complesso di queste espressioni, e da altre, che riporterò più avanti, i giornali di Milano ne han dedotto la conseguenza che tu sostenevi la utilità, nell'Estrema, di diventar partjto di governo. Le altre tue parole esplicite sono le segeenti : ........ « penso che dato « il diritto pubblico italiano - che dovrebbe dare « alla monarchia una base plebi~citaria - e « data la superiorità del metodo evolutivo, che « oggi pochi negano, non rappresenterebbe im « atto biasimevole quello che facesse assumere «.alla Estrema Sinistra la responsabilità del « potere. » Dunque, se tu stesso ammetti che l'assunzione della Sinistra al governo non rappresenterebbe un atto biasimevole ; se ne discuti le condizioni indispensabili, affinchè possa, decorosamente e utilmente, assumere una tale responsabilità; se vai in cerca di esempi stranieri, per quanto non ,mscettibili di nessun adattamento pratico al nostro paese; se lodi l'adesione dell'Estrema alla maggioranza dell'attuale Gabinetto ; se tu stesso presti l'orec- {:hio fine alle varie tonalit~ del tuo articolo , mi sembra che i due giornali di Milano abbiano ragione da vendere. Certamente, tu poni alcune condizioni a questa eventualità. E, qui, mi pare che la fredda ragione dello scienziato ceda il posto alla vivacità della fantasia meridionale. Vorresti che l'Estrema dovesse esser presa qual' è, con tutte le sue tradizioni, col bagaglio delle sue idee e delle sue tendenze, senza esigere alcuna ritrattazione. Intanto - di passaggio - permettemi una lieve domanda: Che conti hai fatto per stabilire che l'Estrema conta 85 voti, circa? Io non me ne sono accorto mai, pur essendo alla Camera da sei anni. Aggiungi quanti ù·regolari vuoi, l'errore di desiderio mi sembra inconfutabile. Non basta. Quando parli del sesto del totale, per aver diritto a formar parte dell'Ufficio di Presidenza e della Giunta del Bilancio, sbagli sempre nel numero, come non sei equo nel giudizio relativo. Nella scorsa legislatura, era Vice-Presidente della Camera l'onor. Mussi, che apparisce ora estremamente mancino da tutte e due le mani. E nella Commissione generale del Bilancio, vi troverai qualche altro nome, assai vicino al banco ove tu siedi. Mà tu vuoi che l'Estrema vada al governo col bagaglio delle sue idee. Sia pure; anzi, non può essere diversamente. Ma quali idee metterà in pratica? Secondo le tue stesse espressioni, che trascrivo, l' Est?·ema « non ha contorni precisi per la « parte economica e per la politica; c'è del vago e dell' indeterminato. » Come vedi, questo è un grande inconveniente, quando si tratta, non più di declamare soltanto, ma di fare. Procediamo pure, trascrivendo le tue parole. « Vi sono delle zone intermedie, assai vaste » Meno male. Qui, il pensiero è oscuro; quindi, mi posso risparmiare il piacere di trovarti in una facile contradizione. Un punto essenziale, veramente di primo ordine, apparisce invece da quello che segue. « Nella sua grande maggioranza è - « l'Estrema - anti-marxista. L'on. Diligenti è un « individualista con coscienza - dici bene, sog- « giungo io - al quale si avvicinano, più o meno, « gli on. Imbriani, Vendemini e Antonio Gaetani « di Laurenzana. Gli altri professano la dottrina « sulla azione dello Stato » Continui: « è anti-repubblicana l'Estrema Sini- « stra? 11tfenoche mai. Tutti i suoi membri « - non esclusi, forse, gli irregolari - hanno « in cuor loro, la 1·epubblica; nel suo avveni- « mento, non scorgono che una questione di « tempo e di modi. » Soggiungi che « questa varietà di tendenza, di « aspirazioni rendono il radicalismo parlamentare « più plastico, più attivo, e più adatto allo studio « ed alla soluzione (?) del poliedrico problema poli « tico-sociale. » Ora se tu vuoi che l'Estreina vada al governo « col bagaglio delle sue idee », e l'affermazione non fa una grinza sola, come ti par possibile e cònciliabile la responsabilità del potere, che esige unità di concetto e cli azione, colla varietà poliedrica dei pensieri, che ho riportato, colle tue stesse espessioni? L'Estrem,a, come viene descritta da te, potrà combattere un· gabinetto con ardore, con efficacia, con differente intensità di assalto. Ma - al governo - l'utile varietà dell'opposizione deve essere necessariamente convertita nell'omogeneita salutare dell'azione. Altrimenti, i Ministri finiscono - ed è succeduto - a farsi l'opposizione tra di loro. Ed in tal caso, l'unico effetto che se ne ritrae è questo: la macchina viene colpita dalla paralisi. S'arresta e non fa un passo avanti. Dùnque, i tuoi elogi - e meritati - devono essere attribuiti all'.t:strenia, come opposizione: come partito di governo, costituiscono una sua intrinseca debolezza. Quindi, errore nel numero: errore, nella valutazione utile del suo bagaglio g°'·ernativo. Tu dici: l'Esl1·ema non negò mai il suo voto ad una legge buona, da chiunque venisse. Con ciò, vorresti affermare che essa è pur capace di atti positivi. Fermati un minuto a pensare. I voti positivi dell'Estrema, ai quali alludi, furono sempre dati nell'interesse diretto e immediato del
46 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTE.RE E SCIENZE SOCIALI proprio partito. Lasciamo stare la legge sugli spiriti e l'Africa, due argomenti nei quali l'Estrema era tutt'altro che sola. Ma rimane - fuor d'ogni possibile acuta confutazione - questo mio pensiero: che un partito di governo può esser forte, soltanto a patto di essere omogeneo: che l'Est1·ema, v.ibrante di combattività all'opposizione, diverrà scarna e mogia mogia come sostenitrice d'un gabinetto, anche, in parte, suo. Come poi l'Est?·ema non possa arrivare al goYerno, decorosamente e pacificamente, se non come soluzione cli una situa::ione pai·lanientare netta, non è ben chiaro nel mio pensiero. forse, non è lucido, neppure nel tuo. _Converebbe rifare i vecchi partiti. Tanti di qua e tanti di là, coll'Estrema, quale avanguardia della maggioranza cli governo o della minoranza oppositrice. È questa la tua idea? Sai meglio di me che i partiti non si creano artificialmente col compasso, ma sgorgano spontanei dalla vita nazionale. Tu hai scritto che « tutti i suoi membl'i - « non esculsi forse gli irregolari - hanno in « in cuore la repubblica. Ebbene: coll'ingegno, acuto e profondo che hai, vorresti spingere l'ingenuità, fino a pretendere che si facesse, all'Esti·ema, la pulitum della str·ada, per arrivare alla repubblica? Questo, mai. Se l'Estrema fa l'occhio di triglia alla repubblica, peggio per lei. 1on arriverà a nessun risultato, neppure da qui a un secolo. It più facile intendersi coi socialisti, sopra un minimum possibile, che non coi repubblicani, persone stimabili, senza dubbio alcuno, ma irrigiditi in formule apriori tiche fervidi adoratori della par,·enza e non della sostanza delle cose. Ma l'itorniamo al punto essenziale del dibattito. Attraverso a qualche affermazione arrischiata, a parecchi pensieri nebbiosi, ad alcune condizioni impossibili, tu hai scritto che « l'assunzione al po- « tere dell'Estrema Sinistra non rappresenterebbe « un atto biasimevole » Hai soggiunto che « teoi·icamente » sei di questo avviso. Vedi, adunque, che i giornali di Milano non avernno alcun torto nella loro affermazione. L'on Cavallotti ha detto il 30 luglio, a Rapallo, che non è disposto a sacrificare tutta una vita di coerenza, per raggiungere il potere. Io pure lo credo. Quindi, si verificherebbe la seconda delle ipotesi, da me posta a,·anti: che, cioè, il capo del1' Estrema aspiri alla responsabilità ministeriale, pienamente d'accordo coi suoi amici politici. :Ila in questo caso, quanti ne perderà per istrada? Quanti - con rigidà lealtà - non avranno più in cuore la repubblica dei loro sogni giovanili? Lo chiedo a te, mio caro Colajanni. Come vedi, l'argomento è del pit1 grave interesse. Ficcavi nuovamente il viso al fondo, perchè la decisione può segnare una traccia indelebile nella vita politica italiana. Credimi sempre con alta stima e cordiale amicizia. Homa, 4 Agosto lS~G. AffmoCollega EUGENIO VALLI Deputato al Parlamento Nazionale. Socialismo e Cooperativismo. È noto come in Inghilterra il socialismo e il cooperati,·ismo siano stati lungamente fratelli, poi che avevano lo Rtesso padre: 0,Yen. E anche in Francia, per quasi mezzo secolo - dal ':W al' 75 -- restarono confusi. I grandi socialisti utopisti di quell'epoca, il Fou1'i&r, nel suo falansterio, il Cabet nella sua colonia d· !caria, il Leroux nella sua teoria della solidarietà, proseguivano un ideale non essenzialmente diYe1·sodall' idé'ale cooperativo; e ogni volta che de' lavoratori tentarono di realizzare qualche loro aspirazione socialista, non trovarono di meglio che creare associazioni cooperative di produzione. Si sa che la ri,·oluzione del 1848 non lasciò altra traccia del suo passaggio, dal punto di vista socialista, che due o trecento associazioni cooperatiYe di durata effimera. Anche dopo la Comune del 1870 il padito operaio in Francia conservò ancora lo stesso pl'Ogramina e l'affermò solennemente ne' suoi congressi: nel congresso del '7G a Parigi e in quello del '78 a Lione dichiarò infatti « che essendo il salariato uno stato transitorio, le camere sindacali dornvano f:::.r di tutto per istabilire delle società ·generali di consumo, di credito, di produzione, sorrette da un controllo serio, la cui mancanza fu causa degli insuccessi anteriori ». Ma al congresso di Marsiglia del!' '80 si compi la rottura tra il socialismo e il cooperativismo. Sotto l'influenza del partito marxista, rappresentato da Jules Guesde, il programma cooperativo fu scartato, e la socializzazione del suolo e degli istrumenti di produzione, ciò è dire il collettivismo, fu assegnato come unico fine del partito operaio. E di fatto, esso, da sedici anni, s' è orientato su questa via. L'associazione cooperativa di produzione che era l'ideale della generazione passata sembrava non solo abbandonato ma disprezzato: il piccolo numero di operai rimasti fedeli venivan denunciati come rinnegati, poi che - si diceva - essi non aspiravano che a trasformarsi in piccoli padroni. Le associazioni coop~ative di consumo eran riguardate con meno disfavore, o qualcuna era anche composta di socialisti; ma pure queste eran risguardate quali espedienti che permettessero agli operai un maggior consumo - poi che quasi tutte le società operaie di consumo ànno per norma, contrariamente al tipo di Rochdale, di vendere al minimo prezzo - e non si attribuiva loro nessuna
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 47 portata sociale. Si dichiarava che la cooperazione non era altro se non un programma « bo1°ghese » e che di fatto tutti i coopel'atori francesi e i loro leaclers erano de· « borghesi ». Ma -ecco che la situazione accenna a mutare: diversi fatti, che si manifestano da differenti parti paiono indicare che siamo come aìla vigilia di un tal quale ravvicinamento fra il collettivismo e il cooperativismo, non solo in Francia ma anche in vari altri paesi. Forse i lettori di questa Rivista troveranno interessante il conoscere que' fatti ed io sono per esporli, brevemente. Prima di tutto nel 1892, in quella stessa Mar siglia d'onde era partito, dodici anni prima, il segnale della scissura tra collettivismo e cooperativismo, un altro Congresso socialista venne a inaugurare un programma novello, dichiarando che si abbandonava, provvisoriamente almeno, il principio della socializzazione del suolo per ciò che risguarda la piccola proprietà, che sarebbe rimasta proprietà individuale. Come è noto, in Germania, specialmente in Baviera, e anche in Sicilia (1) i socialisti si son messi a testimoniare una grande e inattesa sollecitudine per la piccola proprietà. Or questa comporta come conseguenza logica l'associazione agricola tra i coltivatori; e gli autori di quel programma contano bene che essi, prendendo nell'associazione il gusto e l'intelligenza del lavoro collettivo, arriveranno poco a poc·o, da sè e spontaneamente, a chiedere d'esser liberati dal peso della proprietà indi,·iduale e ad adottare francamente il comunismo. Checchè ne sia di queste aspirazioni che ci paiono dubbie, sta il fatto che l'associazione cooperativa agricola sembra una delle conseguenze del nuovo programma di collettivismo rurale. 1el dominio stesso che sembrava riservato al collettivismo intransigente, quello della grande industria, noi abbiamo avuto un'altra sorpresa. Iu seguito alla lotta di Carmaux, sostenuta con tutte le forze del partito socialista e particolarmente dal deputato Jaurès, è stata decisa la creazione di una fabbrica di vetro operaia. Una lotteria di 2.500.000 biglietti a venti centesimi l'uno fu emessa per procurarsi il capitale cli 500.000 lire; il terreno è stato comprato in una città vicina a Carmaux, ad Albi, e i tre o quattrocento operai che non vollero capitolare sono intanto occupati a elevare i muri delta futura fabbrica, aspettando il giorno che potranno istallarvisi come cooperatori vetrai. :'\on basta: si è fatto appello a tutte le società cooperative di consumo perchè si impegnino a comprare le bottiglie alla futura vetriera operaia. E a Parigi, in una grande riunione, alla quale erano pre- (1) N. Colajanni- Gli avvenimenti di Sicilia. senti i delegati di un gran numero di quelle societa cooperatirn, il Jaurès si congratulò « cliveder le società C(,operatiYe entrar finalmente nel moto socialista ». :\fon potremmo con più diritto ritorcere la frase e congratularci cli veder venire, fi. nalrnente, i socialisti alla coopf:lrazione? Senza dubbio, non senza chiare riserve, il partito collettivista intende adottare questa associazione cooperativa: esso à stipulato che la vetriera apparterrà non agli operai vetrai quali comproprietari associati, ma collettivamente a tutti i gruppi corporativi - sindacati operai o società qualunque - che abbiano sottoscritto dei biglietti; e che sarebbe loro attribuita la maggior parte dei benefici, e che questi benefici debbono essere impiegati in opere di utilità generale, ecc. Ma queste sono dichiarazioni che forse non saranno mai ap. plicate; però ciò non toglie che come lotta emancipatrice contro il patronato, gli operai, il partito collettivista, tornano all'idea una volta sdegnata e chiamata «borghese,, dell'associazione cooperativa di produzione. :'{egli altri paesi non è verso l'associazione cooperativa di produzione, ma verso l'associazione cooperativa cli consumo che i collettivisti evolvono, e io credo in fatti questo termine assai più favorevole che l'altro. In Inghilterra, SJ"dlleJ' Webb in un suo libro su 'Phe Coopei·ative moveinent scorge nella federazione cli tutte le società cooperative di consumo che abbraccino tutta la popolazione di un paese e sopprimano ogni commercio e ogni cortcorrenza, e organizzino la produzione unicamente in Yista ciel consumo, un meccanismo gigantesco che permetterà cli realizzare per via indiretta un ideale analogo a quello ciel collettivismo. \Tel Belgio, Anseele e quasi tutti i leacle1·s socialisti vedono nelle società cooperative di consumo, il miglior mezzo di realizzare immediatamente certi desiderati del collettivismo, e il mezzo migliore anche di preparare con l'educazione e la propaganda la realizzazione di fini più lontani e grandiosi. In Svizzera, infine, uno dei capi del partito democratico, Gschwind, nell'assemblea di Berna, mesi fa, dichiara,va che bisognarn abbandonare « l'idea di accaparramento eia parte dello Stato o del Comune cli tutti i mezzi cli produzione » e prendere per nuovo programma « l'organizzazione della produzione nell'interesse dei consumatori, conforme al sistema delle società cooperative di consumo ». * * * Si Yede clte tutto ciò è un rinnovamento generale e noi speriamo che si sviluppi. Fra il socialismo e il cooperativismo esiste di fatti comunanza di vedute in più di un punto,
48 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI I cooperatori, mettendo direttamente in relazione i produttori e i consumatori vogliono fare scomparire gli intermediarf, i parassiti, tutti coloro che vivono - in qualunque modo - sul lavoro altrui. Essi vogliono rovesciare l'attuale ordine di classi, che del lavoro fa il servo del capitale, rendendo al contrario il capitale strumento del lavoro. É noto che nelle società cooperative il capitale non à parte nei profitti e à solo il diritto a un interesse molto modico come remunerazione del servizio reso. Si ·può dunque dire che ormai esso, il capitale, è ridotto alla funzione di salariato, ed è questo un principio nuovo nella nostra organizzazione economica. Infine essi vogliono sopprimere la concorrenza e la lotta per la vita sostituendovi l'unione per la vita. Al principio individualista del « ciascuno per sè » essi oppongono la formula « ognuno per tutti », Ogni rivalità e ogni concorrenza è di fatto soppressa non solo tra gli individui membri di una stessa associazione cooperativa, ma anche fra differenti associazioni appartenenti a differenti paesi che non ànno motivo di conflitto fra 1:,ssep;oi che esse non ànno a disputarsi clienti e profitti. È anche da notare che ogni associazione cooperativa à per iscopo essenziale di sopprimere gli antagonismi tra il venditore e compratore ; la società di credito, l'antagonismo tra il creditore e il debitore; la società di produzione, l'antagonismo tra il padrone e l'operaio. E l' alleanza cooperativa internazionale che è stata costituita a Londra nel mese di aprile dell'anno passato e che deve riunirsi quest' anno a Parigi nel mese di ottobre, ci mostra abbastanza che le contestazioni internazionali sono anche nel numero di quelle che la cooperazione si propone di abolire. Ora sono pur questi ugualmente alcuni desiderata de' socialisti, comunque questi ne abbiano altri quali sono esclusi dai programmi cooperativi. CHARLES GrnE. Perleterreincoldte'Italia. Il problema della trasformazione agraria delle terre incolte è senza dubbio tra i più gravi d'Italia. L'Italia, la magna parens frugum, è ridotta a comprare cereali dall'estero: l'anno scorso ne comprammo per oltre quattrocento milioni di lire; l' ltalia, paese essenzialmente agricolo, manda via dalle sue terre duecento mila lavoratori l'anno, contadini, la massima parte che non possono campare la vita in paese; l'Italia, il paese della vite, dell'olivo, dell'arancio, il paese della coltura promiscua e delle piccole industrie agrarie, è trn vagliata da quella gran piaga sociale eh' è la disoccupazione, madre della miseria. Pur fra tanta angustia di situazione er.onomica, espressa chiarissimamente dalla importazione de' cereali, dalla emigrazione, dalla disoccupazione, menti insane, e propositi delittuosi hanno fatto sperperare un tesoro di forze per la conquista di estr~nee contrade dove non si raccoglie che miserie e rovine. Ben è vero che i sapientoni negano financo l'esistenza di un grave problema agricolo economico-sociale italiano, ed han financo l'audacia di far annunziare in cifre ufficiali che il tanto strombazzato problema delle terre incolte è una bolla di sapone I Tuttavia - giova riconoscerlo - la necessità di redimere le nostre terre incolte dall'abbandono in cui si trovano, si va facendo strada nella coscienza del pubblico. Oggi infatti se ne scrive e se ne parla molto più spesso che per lo passato, ed i più esprimono la convinzione che questa sia l'unica via per ridare all'Italia il suo equilibrio economico. Ma per vero dire, il problema non è neppure al1' inizio della sua soluzione. Chi si facesse a ricercard la ragione vera di ciò la troverebbe subito nell'inadeguata, diciamo anzi irrisoria misura dei mezzi coi quali si vorrebbe raggiungere questo alto intento; mentre un problema di tanta entità e vastità o lo si affronta seriamente o è 11ieglio lasciarlo dormire in pace. Ora non è davvero coi quattro miserabili milioni l'anno che si destinano dal governo a questa povera dimenticata che è l'agricoltura (che viceversa di sua parte ne paga oltre cinquecento) che si può pretendere la soluzione di questo gravissimo problema. Ed è vano fare a fidanza coli' iniziativa privata. In Italia questa iniziativa è minima; eppoi essa incii.mpa in uno scoglio insormontabile: il difetto del capitale. Quando la proprietà fondiaria è già oberata come lo è da noi, da un debito ipotecario di olte sette miliat·di, quando gl' interessi di esso accoppiati all'ammontare delle imposte superano il reddito netto dei fondi, quando il denaro in Italia, dopo tanto sperpero bancario che se n'è fatto, è diventato talmente raro e caro da costituire una vera usura uf fi.ciale, che cosa volete sperare da una massa di gente squattrinata ed inerte, che per giunta non è direttamente interessata nella quistione? " * li difetto del capitale è dunque lo scoglio insormontabile che più di tutti gli altri ostacola la bonifica delle terre incolte. Spezzate pure il latifondo, appoderatelo, conducete sopra luogo famiglie di buoni coltivatori, fate loro i più equi, anzi i più vantaggiosi contratti: tutto que- ~to varrà nulla se voi non sarete al caso di fornire a questa gente il capitale necessario per il bestiame, le sementi, i foraggi, le macchine, gli attrezzi, eppoi il vestito ed il vitto almeno per un primo anno di esercizio. La storia di qualunque bonifica e' insegna che l'insieme di questo capitale d'impianto e circolante è niente affatto indifferente, e che nella maggior parte dei casi esso è superiore al valore stesso del fondo/
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 49 Infatti dalle L. 1500 all'ettaro che furono spose nel Fucino, al minimo, si va alle 500 lire ohe si calcola bastino in Calabria ed in Sicilia. Ma anche 500 lire sono un valore: per una tenuta di 1000 ett. sono 500,000 lire, che rappresentano un capitale vistoso e senza del quale voi non farete nulla, perchè miseria genera miseria. Preoccupato di ciò Francesco Cirio, e preo~cupato della difficoltà enorme di trovare da noi capitali sufficienti alla bonifica delle nostre terre incolte, ha ingegnosamente ideato tutto un sistema speciale da applicarsi alla loro redenzione e colonizzazione seguendo il quale la necessità del capitale-moneta viene ridotta ai minimi termini. A molti potrà sembrare questo un paradosso; ma pure il sistema Cirio non soltanto è teoricamente giusto ma è anche praticamente attuabile avendolo egli già sperimentato con buon successo in alcuni paesi. Vediamo dunque di che si tratta. Il Cirio giustamente osserva che se in Italia manca il capitale moneta, non mancano però altri capitali in natura che restano completamente inutilizzati, e che potrebbero invece essere adibiti e diretti alla produzione del suolo. E così fra i capitali in natura di cui noi abbondiamo, oltre le terre e le icque, il Cirio nota: 1. Tutta la gente disoccupata che è la maggior piaga nostra e che o va a riempire gli ergastoli o va a crepare in America. 2. Tutte le sementi che non trovano pronta vendita mancandone la ricerca, o ignorandosene l'esistenza, o per cagione di un prezzo troppo basso e non rimuneratore; 3. I concimi che si sprecano in usi poco produttivi, o che vengono gettati via per ignoranza o in- . sipienza, come è frequente il caso per le nostre· amministrazioni governative e municipali che pagano per la pulitura delle strade e per il trasporto fuori dell'abitato delle si,azzature e immondiiie, mentre con quegli elementi, opvortunamente impiegati, il terreno rifeconda sè stesso, rendendosi adatto a nuove produzioni. 4. I bestiami che in dati tempi e luoghi non trovano adatto mercato di consumo o di lavoro; 5. Tutte le macchine e gli attrezzi che arruginiscono nei magazzini e costituiscono pel loro proprietario uno stock inalienabile o alienabile soltanto a lunga scadenza e quindi infruttifero e persino dispendioso per la perJita degli interessi sul capitale da esso rappresentato e per le spese di conservazione e custodia; 6. I materiali per costruzione, che ovunque preparati nella supposizione di sviluppi edilizi sproporzionati ai bisogni del normale accrescimento delle popolazioni urbane rimangono per le recenti crisi abbandonati nei magazzini, con grave onere del pro• prietario il quale pur avrndo sopportato un grave dispendio per produdi non ne trae frutto, me3tre invece, deve spendere ancc,ra p~l' custodirli e conservarli fino al giorno della vendita; 7. Gli oggetti ed effetti di uso personale che gli squilibri della produzione industriale ·e gli errori di tanti fabbricanti buttano continuamente sul mercato a prezzi vili, sto~k anche questo considerevole che non trova uno sfogo nel commercio ordinario ma soltanto nei bazar, mentre pure esercita sui prodotti consimili una concorrenza spesso disastrosa. 8. Altre me1•ci o materie prime le quali, per dirla in brevi parole non trovano conveniente spaccio o consumo fruttifero; prestazioni d'opera oppure servigi che non hanno chi li richieda o adeguatamente li retribuisca. .. * 0iò ammesso, il Cirio ragiona così: se noi possiamo trovare la forma che riunisca tutti questi elementi e li converga al grande obbiettivo della bonifica delle terre incolte, noi abbiamo risolto il problema. Ora quale sarà questa forma? La forma cooperativa. In sostanza adunque l'idea del Cirio è questa: la cooperazione nel più largo senso applicata alla bonifica del suolo col minimo impiego del capitale monetario e col massimo impiego di capitali in natura che abbiamo in abbondanza e che restano inutili.z.zati. La colonia agricola cooperativa - così la chiama il Cirio - secondo il suo concetto, dev'essere una società a la1·ga base, ma ristretta ad un comune o meglio ad una frazione di comune ed applicata ad un'estensicne sufficiente, ina non eccessiva di terr,mo. Come si costituir«nno praticamentl' queste colonie? Trovata la terra, che naturalmente altrettanto è migliore quanto sono migliol'Ì le sue condizioni intrinseche, già c'è la base per la sua costituzione. Altra base indispensabile sono le famiglie - non più di 25 o 30 o 50 per colonia - che debbono co- ~tituirla. Se vi sor:o fabbric.1ti sopra luogo tanto meglio; se non vi fossero è questo l'unico capitale monetario che bisognerà trovare per costrui~li, ma colla massima economia. Quanto al bestia.me o ne hanno i soci-coloni stessi, o si recluta nel paese o nei dintorni fra quello soprappiù ed inutilizzato per lavoro. Gli attrezzi, dovendo essere perfetti, si troveranno presso qualche officina o deposito vicino, e non sarà difficile riuscire a che l'officina stessa, che altrimenti non saprebbe come impiegarli, diventi socio della cooperativa. Per le sementi, le vettovaglie, i vestiti, le suppellettili necessarie ai coloni per l'impianto della colonia non sarà neppur difficile trovare delle persone nei paesi più vicini, che avendo inoperosi questi generi e queste mercanzie, vogliano entrare a far p.lrte della colonia stessa. Così per altre merci od articoli che fosser0 necessari. Ed ecco che la colonia può cominciare a funzionare cioè a bonificare e lavorar,3 il suolo con poco o niente capitale. Infine tutto il diflìcile sta andare innanzi per il pr·imo anno, anzi per i primi l O mesi, cioé dalla semina al raccolto. Venuto questo, le difficoltà sono finite,
50 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Dobbiamo o no aver fiducia nel terreno? Il seme che vi si sparge deve dar frutto se chi lo sparge adopera i mezzi più acconci alla coltivazione che l'arte agraria consiglia. Il ten•eno è la vem, infallibile cassa di rispa1·mio da cui ciascuno, in fior di stagione, è sicuro di ritrarre il frutto del capitale che giudiziosamente vi impiega. Ciò ammesso, come cosa indiscutibile, è il terreno che alla fine del raccolto si sdebiterà verso tutti i cooperato1·i dell'interesse del capitale, monetario o in na- •tura, che ciascuno di essi avrà immesso nella società. •Questo è il concetto fondamentale della colonia agricola cooperativa sistema Girio. Ma si dirà : come si regola l'ammissione in società nella colonia di tutte queste merci, di tutti questi capitali (terreno, braccia, generi, foraggi, attrezzi ecc.) cosi diversi? ~ qui la trovata del Cirio: La colonia, legalmente costituita, è rappresentata da una commissione amministrativa, di cui uno dei membri ha la firma come delegato. Ora il principio è questo: qualunque capitale - sia mobile che immobile, sia fisso che circolante - venga immesso nella colonia dev'essere quotato nel suo valore all 'allo dell'immissione e rappresentalo cla ùna ricevuta agricola, co1Tispondente al 1,alorn del capitale immesso, ricevuta che viene rilasciata al socio o colono immittente. Questa ricevuta, perfettamente legalizzata, è girabile, frutta un interesse di 2 cent. al giorno ogni 100 lire, da calcolarsi dalla data della sua emissione e da esigersi in fine del raccolto insieme al capitale che rappresenta. Queste ricevute saranno convertibili in denaro, solo a raccolto compiuto, dalla cassa sociale. Queste ricevute che in una vasta azienda accentrata con larga circolazione fra il pubblico potrebbero esser falsificate, non potranno mai esserlo quando siano emesse da piccole aziende quali Cirio immagina e quando la loro circolazione sia soltanto locale ; allora essendo il credito concesso cosa nota a tutti i coloni e a tutte le persone con essi in necessarie relazioni, e potendosi quindi facilmente conoscere la verità, sarà eliminato ogni pericolo di falso o frode. * * Ora vediamo il funzionamento pratico di queste colonie. Come abbiamo detto, la colonia è amministrata e rappresentata da un piccolo consiglio di cinque membri scelti dai coloni stessi. Questi consiglieri per turno avranno la firma della colonia; uno di essi sarà delegato a reggere la cassa. All'atto della consegna qualunque capitale immesso nella colonia verrà apprezzato in hase al suo valore attuale e il proprietdrio che se ne spoglia ne ritirerà ricevuta sulla quale s~rà marcato il valo1·e attribuito all'articolo. Tutti i capitali saranno divisi in cinque categorie: l. Capitale fonàiario, cioè terreni e fabbricati annessi, .. 2. Scorte vive e morte, cioè bestiame, attrezzi, concimi, mangimi ecc. ecc. 3. Sementi e vettovaglie, cioè generi, vino, olio, paste, coloniali, biancheria, indumenti, vestiari ecc. 4. Prestazioni d'opera. 5. Moneta contante. Sui capitali della ia categoria verrà calcolato l'ammortamento in cinquant'anni; su quelli della 2a in dieci anni; su quelli dt' lla 3a in tre anni; quelli della 4 e 5a verranno addirittura rimborsati in un anno. L' interesse annuo è uguale per tutte e cinque le categorie ed è di 2 cent. al giorno ogni 100 lire. La coltivazione del (ondo si fa in comune, ed è il reddito netto del terreno quello che alla fine del raccolto deve ricompensare tutti i soci-coloni in proporzione dell'opera che ciascuno sotto qualunque forma ha impiegata al risultato finale della produzione rurale. Cosicchè tutti sono, in varia misura sì, ma tutti interessati a che la produzione sia massima e il risultato finale economico migliore possibile, perchè da ciò deriverà il maggior utile per tutti e per ciascuno, precisamente come lo sono gli azionisti d'una banca perchè il dividendo sia maggiore onde maggiore sia quello che spetterà a ciascun 'azione. Con questa differenza che le azioni, ossia le ricevute della cooperativa agricola hanno una base incrollabile - il terr.Jno - mentre che le azioni delle banche tutti sappiamo, perché l'abbiamo visto e forse anche provato su quali basi incrollabili esse poggino I E quale sarà il dividendo sociale della cooperativa ? Sarà il reddito residuo del fondo, pagate tutte le spese, tutte le prestazioni, tutti gli ammortamenti ai vari cooperatori e dedotta anche una quota del 10 OtO almeno di previdenza per gl' infortuni meteorici e del lavoro, per tenersi al sicuro dalle disgrazie di varia natura che possono compromettere un raccolto od una porzione di esso. Cosi, se per esempio, il reddito netto della colonia, depurato come sopra, risulterà alla fine dell'esercizio di 10.000 lire, e la somma totale delle azioni ossia delle ricevute agricole emesse, fosse di 200.000 lire, è evidente che ogni ricevuta di 100 lire avrà diritto a ritirare dalla ca:,sa sociale 5 lire di dividendo. Cosicché Tizio che avesse immesso nella colonia un paio di buoj del valore di 1000 lire, ritirerà sulla sua ricevuta un dividendo di L. !::O, beninteso oltre la quota d'ammortamento che gli appartiene secondo la categoria di cui fa parte il capitale immesso, che in questo caso, essendo la 2a avrà l'ammortamento in dieci anni; Cajo, che avesse immesso sulla colonia del vino per il valore di L. 2000 avrà 100 di dividendo, oltre la quota d'ammortamento che gli spetta per la categoria 3a di cui il vino fa parte; Sernpl'Onio che avesse prestato lavoro personale per L. 500, dopo essere stato rimborsato dell' intere L. 500, poichè le prestazioni di 4a e 5a categoria si rimborsano per intero, prenderà anche un dividendo di L. 25, e così di seguito. Quanto al proprietario o ai proprietari primitivi del fondo colonico, oltre la quota d'ammortamento
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