RIVISTA DI POLITIECSAC· IENZSOECIALI Olrettore Dr NAPOLEONE COLA.JANNI Deputalo al Parla1udoto ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. AnnoI. - N. 20. Abbonamento postale Roma30 Aprile 1896 SO!>IMARIO : La Republilica francese in pericolo?, La Rioist« - Primo Maggio 189G. Errico De A1arinis -Archeologia, \1ilfredo Pareto - Perché non si fece la l'ivoluzbne, Un soeialistoide - I tassi delle banche popolari italiane, Prof. Valeriano l'aleriani - L"evoluzione delle credenze e delle dottrine politiche, G. Romano-Catania - Sperimentalism, sociale - li f~llimento del sistema industriale P. K,·opoilcine - Note bibliografiche - Libri ricevuti in don". La Repubblica francese è inpericolo? I reazionari e i bigotti della monarchia in Italia gongolano di gioja perchè credono che la repubblica in Francia sia agli sgoccioli. Essi hanno troppa fretta nel fare previsioni e andranno incontro ad amari disinganni, adesso, come li provarono all'epoca del Sedici Maggio e del Boulangismo. Allora la repubblica, fu veramente in pericolo. perchè essa al Sedici Maggio trova vasi nelle mani dei suoi nemici ed era insidiata incoscientemente da molti repubblicani, da socialisti e dalle mas~e popolari all'epoca del Boulangismo. Il caso è assai diverso oggi: tanto i· sostenitori del gabinetto Bourgeois quanto i suoi avversari, in maggioranza reclutati nel Centro sinistro, non mettono in discussione la repubblica. La presente crisi ministeriale in Francia, quindi, può condurre ad una crisi presidenziale o alla revisione della Costituzione; non potrà mai riuscire ad una ristorazione monarchica o imperiale. A noi non è permesso dire liberamente della crisi latente in Italia; ma per fortuna ci concedono ancora di potere esporre senza ambiguità di linguaggio e senza studiate circonlocuzioni ciò che pensiamo della crisi francese. Essa ci suggerisce alcune osservazioni ed alcuni raffronti, che hanno un particolare significato in Italia. Notiamo, anzitutto, che i socialisti francesi alcuni dei quali - Jaurés, Milleroud, Ronanet, Guesde, Grousset, Brousse - sono ritenuti di alto e indiscutibile valore dai più intransigenti marxisti di Europa dinanzi alla peggiore delle repubbliche, qual' è la francese, non si dichiarano antirepubblicani, come ha ùichiarato che farebbe il Ferri in Italia, ma gridano: Viva la repiibblica ! E col ,grido cli Viva la Repubblica! Gustavo Rounanet chiude un ·suo articolo nella Petite republique (23 aprile); e la Repubblica difendono tutti i quarantasei deputati socialisti nel vibrato mani festo agli elettori pubblicato dopo il voto dell"ordine del giorno di Ricard. I socialisti ortodossi italiani non prenderebbero una scalmana per questa cosa inutile che si chiama la repubblica; essi, beati loro, mirano pitt in alto e sopratutto più lontano. i\Ierita attenzione altresì, la causa vera che ha determinato il conflitto tra il Senato ed il ministero Bourgeois. La imposta prog1·essiva sul rt!ddito in Italia viene considerata dagli stessi nostri socialisti ortodossi come un pannicello caldo, che non meriterebbe affatto il sacrifizio di una qualsiasi transazione, di un qualsiasi YOto in favore di un ministero. In Francia, inYece, l' insi$tenza e l'ardore onde i conservatori e gli economisti hanno combattuto la riforma tributaria del Doumer, ed il calore e l'intelligenza onde l'hanno difesa i radicali e i socialisti, ne mostrano l' importanza. D'altra parte, mentre in Italia il Senato, che mai fu popolare, negli ultimi tempi ha acquistato simpatie inattese per la opposizione fatta ai due ministe1·i Giolitti e Crispi e per essersi mostrato curante di un minimum di legalità e di moralità, in Francia il Senato ha saputo accumulare contro di se tante antipatie e tanti odi che non è difficile che si Yeoga alla sua abolizione o alla sua trasformazione. In questa occasione noi non esitiamo a dichiarare che non siamo partigiani della Camera unica, ma che riteniamo utile:: la esistenza di una seconda Camera specialmente in uno Stato federale. S' intende che le sue attribuzioni le vorremmo ben definite e che alla sua funzione rettamente moderatrice non vorPemmo sacrificato lo . spirito riformatoPe, che pitt facilmente si asila in una Camera di Deputati eletta a suffragio unirersale. Ora in Francia il Senato qual' è stato organizzato dalla costituzione del 1875 pare uno strumento efficace di ostruzionismo, che può fare sorgere quando vuole dei conflitti la cui soluzione costituzionale se non impossibile pare molto difficile.
306 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI Uno di questi conflitti è stato quello, che ha cagionato la dimissione del gabinetto Bourgtois; e ciò perchè il Senato si è attribuito una funzione pit1 che moderatrice creando una situazione assai imbrogliata. Stando alla logica ed anche allo spirito di una repubblica a base cli suffragio universale il Senato francese ha esorbitato. Con ragione il Goblet nella discussione sulle dimissioni del ministero l3ourgeois ha osserrnto che all'alta Camera se si può riconoscere il diritto cli opporsi alle riì'orme non le si può accordare quello di rovesciare i ministeri; poichè con questo diritto si arrivel'ebbe al seguente dilemma: o si subordina la Camera eletta dal suffragio diretto ed universale al Senato o si rende impossibile il funzionamento della costituzione, perchè alla Camera non si potrebbe negare la facoltà di abbattere un ministero, che godrebbe della fiducia del Senato. In questo ca o, e scoppiato un conflitto, si scorge· chiaramente che nessun goYerno si potrebbe reggere perchè avrebbe contro tli se la Camera o il Senato con eguale diritto ad abbatterlo. L'attuale costituzione francese non indica i modi di uscire dati' imbarazzo del genere di quello che ha costretto il Bourgeois a dimettersi; e si capisce che gli autori non avevano alcun interesse di provvedere. Essi erano monarchici e colla costituzione del 1875 intesero stabilire una monarchia, nella quale il Capo dello Stato ern una caeicatura di Re costituzionale i cui poteri durano pe1· sette anni; lo spirito che la informa è tanto sinceramente 1·epubblicano quanto fu leale l'esperimento della repubblica che i monarchici dichiararono di voler fare. Le riYelazioni fatte dal Generale Da Burrai], che fu ministro della Guerra nel Ministero del Sedici Maggio oramai hanno messo fuori discussione che il :Maresciallo Mac ~Jahon - il preteso caYaliere senza macchia e senza paura - cospirava sfacciatamente cogli altri ministri pee ammazzare la repubblica e ricondurrn sul teono il Conte di Chambord. Date le lacune della Costituzione, che cosa poteva fare il ministero Bourgeois di fronte al contegno del Senato? Ricorrere ad una specie di colpo di stato non tenendo alcun conto dei rnti contrari ricen1ti dalla seconda Camera? A noi sembra che questa condotta sarebbe stata imprudente e incostituzionale e che perciò le dimissioni non meritino il biasimo irato dei socialisti, che chiamano il suo riti1·0 d<1l ministero pii'.1che una abdicazione un tradimento. Ha fatto bene il Bourgeoi5 a dimettersi facilitando la soluzione costituzionale del conflitto; ed alla soluzione si verrà o per la prudenza cui si vedrà indotto il Senato che non vorrà spingere ad estremi pericolosi il suo ostruzionismo o per la revisione della Costituzione; revisione che dovrebbe riuscire ad uno dei due tipi di vera repubblica, che attualmente esistono: o al sistema presidenziale degli Stati Uniti o alla forma più democratica, a base di referend·um, che vige in Isvezzera. Per quanto ci riesca sgradito l'esito finale della crisi francese, non possiamo che ammirare il contegno della Camera dei Deputati. La quale allo annunzio dello dimissioni del Gabinetto Bourgeois riaffermò solennemente i propri diritti, che sono i diritti del suffragio universale, e la intenzione di proseguire nella politica delle riforme democratiche. E ciò riaffermo rntando la mozione Ricard nonostante le manovre dei reazionari, che per bocca di Lebon - cui rispose splendidamente Jaurés - sostennero che la Camera non arnva il diritto di votare nell'assenza del Gabinetto. In questo incidente finale della seduta emozionante il Presidente della Came1'a Brisson fu cot'· retto ed enel'gico nel difendere i diritti dell'assemblea; il suo contegno costituisce il rimpt'OYero più severo e pit1 meritatato verso quei Presidenti della Camera italiana che in casi simili si chiarirono complici dei ministeri in fuga e non custodi della dignità e dei diritti a loro confidati dai colleghi. Noi attendiamo sereni gli avvenimenti convinti che il ministero Mèline non potrà arrestarli e siamo sicuri che si arriverà alla democratizzazione e al consolidamento cleila repubblica. Ad ogni modo gTimba1·azzi attuali della vicina nazione insegnano che poco di buono c'è da sperare da una contraffazione di repubblica, eia una repubblica organizzata dai monarchici. LA RIVISTA. PRIMO MAGGIO 1896 La celebl'aziono della festa del lavoro del 1 ° maggio va sempre pit1 acquistando carattere universale e pacifico come più si va formando la sicura coscenza socialista. S'intende oramai che la nuova idea sociale abb1·accia tutte le varie correnti della vita collettiva umana, la quale da sè stessa si va trasformando. Ciò che talvolta turba questa evoluzione di cose è solamente l'ignoranza o la mala fede dei gove!'lli. Per una g1·ande illusione dello spirito umano si attribuiscono ancora gli avvenimenti sociali alrarbitrio umano. ~elle nazioni, così dette civili, impe1·ano tuttora uomini che c1'edono sia dato ad essi art·eslare una cor1'ente storica, agendo sop1'a una particolare classe di uomini con leggi restrittive delle libertà pubbliche. Tra Serse che battern l'Ellesportto e mozzava il capo all"ingegnere perchè la burrasca aveva di-
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 307 strutto il ponte, tra il potere ecclesiastico dell'Evo Medio che puniva col rogo i nevropatici e i governi contemporanei, che attribuiscono il socialismo alla mala volontà di pochi agitatori, che occorre eliminare, la differenza solamente è di modo e di quantità, ma il fenomeno è lo stesso. Nondimeno questi governanti contemporanei che credono mutare i destini sociali con una legge e che vedono nella sto1·ia il riflesso della libera volontà umana, sono giudicati grandi uomini di Stato! Malgrado tutto e sia stata qualunque l'azione dél governo, violenta o calma, dal 1 ° maggio 1890 al 1 ° maggio 1896 l'idea socialista nel mondo ha segnato progressi con un moto che Ya direntando sempre pii't celere, perchè il pl'Ogresso della idea socialista sta nella stessa trasformazione delle prnsenti istituzioni sociali. Noi siamo in una organizzazione che da sè stessa va a gravitare verso un nuovo contenuto. E ciò appunto che principalmente bisogna mostrare: è su questo fatto che innanzi tutto occorre insistere. Siamo alla vigilia d'innovazioni spontanee, necessarie. Sicchè è avvenuto che siano giudicati elementi pericolosi e ribelli allo stato presente quelli che di questa tendenza spontanea della vita attuale, e a cui fatalmente partecipano tutti, hanno formato il loro idealo. Lo stesso programma politico di accentramento, il programma economico di unità bancaria, i monopolii di Stato sono avviamenti al socialismo, che poi si punisce come reato. I colpi mortali che lo Stato dà alla speculazione privata capitalistica per vantaggi proprii o per cause secondarie sono un contributo alla lotta individualista delle parti, allora (lo comprendano i signori liberisti) si affretta quell'accentramento capitalistico in poche mani, il quale è condizione che si compia, perchè il irnovo ordinamento economico possa trionfare. Il lavoro si va sempre pii't organizzando collettivamente, come ogni giorno si ripete e come fanno prova i grandi opifici industriali, che sono esempio di produzione collettivista a beneficio di un solo o di pochi. Vi sono già, per questo fatto, ragioni contemporanee, ove l'ordinamento econòmico novello sarebbe attuabile in pochi mesi. In molte città si vanno organizzando i servizii pubblici secondo quei principii, pei quali i socialisti sono condannati come malfattori. I beneficii di questa socializzazione dei pubblici servizii non sono intesi compiutamente, perchè accanto ad essi resta imperante l'individualismo economico, e l'attuazione ne viene compiuta con transazioni imposte dalle circostanti condizioni. Non vi è parte della presente società che da se stessa non si avvii verso una nuora forma di equilibrio sociale. Jl cammino duilque della nostra fede rn connesso con una celere trasformazione delle condizioni conc1·ete della Yita sociale. Si spiega così il carattere uniYersale e pacificò che rn pigliando sempre piit la festa del l O maggio, la quale in fondo appare come una celebrazione del presente progresso umano. ERRICO DE MARINJS. ARCHEOLOGIA La guerra africana ha dato la stura alle riminiscenze classiche. Roma e Cartagine, la disfatta del Trasimeno, il campo di Annibale messo all'asta, Leonida alle Termopili; c' è n'è per tutti i gusti. Ora c' è anche un anonimo che pubblica un passo della prima filippica di Demostene, e vuole che faccia pei casi presenti dell'Italia. Quell'anonimo mi pare un poco imprudente di 1·ammentare nel regno cl' Italia la repubblica Ateniese. ~el resi3tere a Filippo, re Macedone, erano forse mossi gli ateniesi dal desiderio di potere seguitare a cantare le lodi di Armodio e di Aristogitone, mentre non possono gli italiani dire che combattono Menelik per serbar. i liberi di cantare l'inno dei lavorato1·i. In altre cose ancora il paragone non torna. In Atene il governo arnva per unico scopo di procacciare al popolo vita agiata e comoda; in Italia, mira a torre al popolo quanto pii't denari può. Per quante ricerche storiche io abbia fatto non ho trovato che il popolo ateniese pagasse una lista civile di 18 milioni; invece tutti sanno delle J.w:cupy,,:à che in pro del popolo pagavano i ricchi. Il governo ateniese Yoleva che il pane al popolo costasse il meno possibile, e con gravissime pene mirava a favorire l'importazione del grano. In Italia, con graYi dazi si procura di impedirla, e la banda Crispina comprò dagli agrari l'impunità col concedere loro un dazio sul grano di 7 franchi 50 cent. Non è lo stesso pel popolo pugnare in difesa di un governo che assicura il pane, o in favore di un altl'o che lo toglie cli bocca. Le parole del Demostene stanno bene dette ai cittadini ateniesi, sarebbero un' ironia rivolte ai sudditi italiani. Ma di ciò basti, che sono cose a tutti note. Piuttosto vo' dire di un caso di cui ebbi ora conoscenza. 1.:-ncerto Megavor, di nazione armeno, scampato agli eccidii ordinati dalla maestà del Sultano, maestà non ancora cantata dal senatore Carducci, e non so io perchè, giunse nel porto di Palermo, e comprato, per la tenue moneta di cinque centesimi, il magno giornale Crispino, lesse: « Lungo il viaggio l'Imperatore di Abissinia ha dato nuovi saggi di quella carnlleresca generosità che gli fu attribuita dalla stampa ministeriale. Infatti doYunque
308 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI egli passò, furono commesse le più spietate razzie, e i Yillaggi, i cui abitanti resislernno ai razziatori, vennero messi a fiamme e a fuoco ». Se ciò tanto è biasimato in Italia, pensò il Megavor, è segno che diverso modo Yi tiene il governo. Felice deYe essere questo paese, e fa proprio per me. Sbarcò dunque, e imbattutosi in un indigeno non potè trattenersi dal cl ire: « Voi fortunati, che non siete razziati come i sudditi del J-lenelik ! » Ma con somma sua meraviglia si sentì rispondere: « Eh! caro signore, la non ci Yenga a canzonare e ad aggiungere al danno le beffe. I sudditi di J1enelik saranno razziati una volta l'anno, noi, ogni giorno. Su ogni cosa si paga gabella, manca solo che ci mettano la museruola per fa.rei pagare il dazio sull'aria che respiriamo. Il governo italiano non è pit1 mi te di quello del i\Ienelik per chi non yuole essere razziato. Fame e piombo qui danno fine alla vita, e agli scampati prorvedono i ti·ibunali militari». li MegaYor, trornto rera quelle cose, stimò pel proprio bene di non dorersi troppo trattenere in Sicilia. Yenne a :--lapoli,orn Yide Yillini• edificati coi denari delle banche, e lusso orientale pagato coi denari lucrati sui muli. Onde a lui parendo di essere capitato in un paese che troppo si assomigliava a quello che ayeva lasciato, proseguì nel viaggio, e, per farla breve, dopo molti e rnri casi perrnnne nelle montagne eh-etiche. Lì troYò cittadini, non sudditi; uomini libe1·i, non ser1·i. Al governo, gli uomini onesti; nelle carceri, i ladri. Le armi adoperale solo in difesa della patria, non in offesa del popolo e delle patrie leggi. ln fhe un gorerno saYio ed onesto. ln quel paese, dunque, parYe al JfegaYot· di clornre prendere ·tanza, e così fece. Arern costui 1·ecato seco alcuni preziosissimi manoscritti, fra i quali uno dell'Erodoto, OYe molte cose si trovano che nei codici nostri sono mancanti; e poichè fu tanto cortese <la lasciaemeli leggere e copia1·e, voe1·ei qui recare tradotto uno di quei passi clell'Erodoto, che nelle edizioni nostre non si rinYienc. Se quello scritto sia rnramente dell'Erodoto, non saprei; mi assalgono gray i dubbi per certi anacroni,;mi, ma sarebbe in errore chi li volesse spingere sino ai tempi nosfri. li manoscritto non è certamente posteriore al decimo secolo, onde è sicurissimo che nes,;un cenno, neanche in•liretlo, ri può essere di casi seguiti oggi. Ed Ma 1·eniamo al fatto. Lo E1·odot >, come è ben noto, pone in bocca di tre persiani le lodi di tre dirnrsi reggimenti: dell'oligarchico cioè, del monarchico, e del democratico. Dario tolse la difesa del monarchico, ed alle parole riferite in tutte le edizioni nostre dell'Erodoto, sono di aggiungere le seguenti, che solo nel · manoscritto del Megavor si trornno. « Io reputo, o compagni, che nessuna miglior lode Yi sia pel reggimento monarchico, se non il paragonarlo al reggimento dell'ateniese repubblica, il che, brevemente, ora intendo di' fare». « E per prima cosa dico che il reggimento monarchico ha il pregio che vi si adoperano pel governo della cosa pubblica uomini accorti, intendenti, e cli non piccola levatura, che dalla democrazia ateniese sono esclusi. Invero, poichè natura è sempre avara dei suoi doni. nè tutti insieme li concede, sogliono taluni di quegli uomini essere alquanto ladri, mancatori di fede, bugiardi, spregiatori della morale diYina ed umana, e tali uomini Atene colla i!ì:z,11.'l.,;',o: respinge, mentre il reggimento monarchico li accoglie, li regge, li impone al popolo e non lieYi benefizi così reca alla patria». « Che sia la i!ì:z,,,;.o:,;'a penso che ognuno di Yoi sappia. È l'esame che dei canditati alle pubbliche magistrature viene fatto in Atene, e pel quale è escluso chi meno onesto appaia così nella vita pubblica come nella privata. » « Si ricerca se il canclitato abbia onorato sempre il padre e la madre, nè può alcuno essere stratega se non è congiunto ad una donna con legittimo matrimonio. Gravissima condizione è questa, per la quale nella repubblica ateniese un bigamo non potrebbe clisporrn dell'esercito, mentre la monarchia ad esso dà tale podestà, e così coglie il frutto di ben prepat·ate e splendite vittorie. « Si ricerca minutamente come abbia vissuto il candidato (1), poichè, come dice il Lisia, è dornre che, clii n10l essere magistrato, cli ogni suo atto renda conto (2). Invece la . monarchia opportunamente toglie quell'obbligo ai suoi ministri, i quali, anche se accusati di opere triste e disoneste, possono seguitare a reggere la cosa pubblica; anzi, perciò appunto salgono in onore, sono cari e ben YOluti, poichè, per esser tristi e malvagi, si può da loro ottenere sen·igi che dai galantuomini sono risolutamente negati. » « Delle accuse al candidato giudicano i tesmoteti, nè in alcun modo è concesso di trascurarle. e chi tentasse di ciò fare sarebbe sicuramente colpito da gravissime pene. Invece la monarchia toglie ai suoi fedeli quelle molestie. I tribunali ordinari li rimandano al giudizio della ~:ui:!., questa se ne laYa le mani e così rimangono impuniti i ladei di papiri, onde, fatti forti e sicu1·idal fayore clte li sorregge nelle laudabili opere, proseguono senza alcun timore per la stessa via, e se qualche papiro si ap- (i) Dinarch. C. Al'istugit. §. lì. (2) Pro Mantitheo, §. 9.
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 309 propria il fdir:•fi,, altl'i e migliori toglie il l'ptar:d,; (l ). » « Infine, in Aten.e, qualsiasi magistrato deYe al termine della sua magistratura rendere conto del suo operato, nè può in alcun modo, con alcun pretesto, mercè nessun favore, sottrarsi a quel giudizio. I logisti rifanno i conti dei denari maneggiati dai magistrati, e se trovano, per esempio,che questi hanno adoperato i fondi secreti per pagare i sicofanti, li accusano davanti al tribunale degli eliasti, il quale, se stima vero il fatto, condanna a gravissime pene quei magistrati prevaricatori. Li fa sah-i inYece la monarchia e parmi meritamente. » « Neppure vo' tacere dell'accusa per avere operato contro alle leggi, che ognora si può dare in Atene contro al magistrato che la giurata fede non mantesse e le leggi che, primo deve rispettare, trasgredisse e spregiasse. In altri goYerni la costituzione c' è e non c' è, si Yede e non si Yede. Si rompe il patto solennemente giurato di ron deferire i cittadini a tribunali straol'dinari, si impone arbitrariamente tributi, si sovverte ogni regola di legge e di giustizia. Ora a me pare, o compagni, che se ci() da un lato è male, dall'altro e ottimo, poichè concede di usare maggior"e speditezze nelle cose del governo e di consegui1·e la prosperità del paese all'interno, la Yittoria all'estero. 11 fine giustifica i mezzi; ed OYesi considc,·i quanto utile, quanto rispetto, quanta lode, quanta gloria tragga il paese da quei fatti, nessuno vorrit con ragione dolersi elci mezzi coi quali fur·ono preparati. )) Qui il manoscritto è 1·0,0 da un topo, nè vi si può pit1 leggere cosa alcuna. Grave danno ha recato quel topo alla letlceatm·a g1·eca ed alla storia antica. \'11,FREDO l'ARETO ~~./·'-./"~'.,/"'\../"'\../""- /"'\. /""'.J Perchè non si fece la rivoluzione Chi cono,ce l'ammireYole dbciplina del partito socialista italiano, letto l'arLicolo della Critica Sociale, - di cui mi occupai nel N. 18 di questa stessa rivista -- potè prevedere che, riacrordata la libertà ai gregari d'insolentire contro i repubblicani, sarebbero venuti altri attacchi più o meno violenti contro la vile democrazia: come ai brutti tempi di una volta. Ed ecco, infatti, che nella C,·itica sociale del lAprile con tutto l'entusiasmo d'un neofita il sig. Ivanoe Bonomi rincara la dose contro i radicali e contro la democrazia. (1) C'è chi crede che quri d11e nomi sienn di arconti vis~uti nel CVl olimpiade. ?llaso del Sa2;gio che, come dice il Boccaccio, « era gr~n mcrcatante cbe schiacciava noci e vendeva uusci a ritaglio.» lasciò scritto cli avere trovato, in lontani 0paesi, una lapide fatta incidere ria certi speculatori di bt>rsa, ed ove ci sarebbero lettore che parrebbero di uno di quei nomi. :\la Maso del S3ggio non ha grande autorik't nella greca epigrafia. Non l'ileverò la calunnia che c'è in coda all'articolo: Il domani e la democrazia del sig. Ivanoe, il quale dice che la democrazia, se i socialisti avessero fatto sul serio, li avrebbe abbandonati alla ferocia del nostro partito nirale e dei suoi Thiers - Certe accuse non si respingono neppure; tanto sono indegne di discussione. Preferisco occuparmi del resto, e lo faccio perché ciò mi dà agio di ribadire e di chiarire ciò che dìssi nel precedente articolo e perchè temo che il pensiero del sig. Bonomi sia tipico e rispecchi quello di altri socialisti intransigenti. « La democrazia, scrive il sig. Bonomi, s'è ridotta a « patteggiare per la testa di Crispi gli antichi ideali.» Troppa fretta nel diffamare la democrazia! del resto la testa di un uomo in certi momenti e in certe situazioni non è un semplice trastullo; quella testa oggi rappresenta un minimum di legalità, di moralità e di libertà, che consente la vita - grama per quanto si voglia - ai democratici ed ai socialisti, che più degli altri trassero beneficio dalla caduta di Crispi. E,si hanno avuto l'amnistia - quantunque incompleta - e ne ebbero tanto incoraggiamento da spingere l'on. Ferri a fare alla Camera un magnifico discorso logico e rivoluzionario che non fece mai sotto Cris,>i sebbene le occasioni fossero state più propizie e più numerose. Continua Ivanoe: << L'agitazione all'indomani di « Abba Carima partiva esclusivamente dai socialisti « in mezzo alla din1denza dei radicali » Quanta modestia e sicurezza nel giudizio! ~fa se i socialisti sentirono il bisogno di muoversi; se essi fecero tutto perchè non continuarono e non andarono in fondo? Kon si direbbe che le guarnigioni fresche e sicure e la preparazione dei cannoni agli sbocchi delle strade abbiano agito come una doccia fredda? Il sig. Bonomi non si può contentare di queste asserzioni e filo,ofoggia: « La concezione socialistica « della storia spiega tutto; spiega la inerzia dei de- « mocratici, che si lasciarono sfuggire una bella oc- « casione per realizzare i loro ideali antidinastici .... « 11 partito democratico italiano non può muoversi « per la diffidenza, che lo allontana dalle classi la- « voratrici e l'aiuto dei socialisti scambio di ringa- « gliardirlo, par,ilizza e scema le sue forze. La fiac- « chezza della democ1·azia in Italia non proviene « dalle diSHlioni dei suoi seguaci. Al contrario. Più « il processo capitalista aumenta le file della bor- < ghesia e del proletariato intellettuale, più i nuovi « tormenti del fisco accr0scono i tormentati e più il << partito democratico va raccogliendo nuore simpatie. « ì\fa sono simpatie sterili, di gente che muore d'im- « bccillità e di pigri:=ia.. Per costoro benvenga la re- « pubblica, ma dopo una Sedan qualunque, quando « non occorrono le bal'rìcate per liberarsi del paras- « sitismo della-Corte (1) e delle sue aderenze, '}uando << non c'è il pericolo di trovarsi a fianco un prole- « tariato rivoluzionario, che reclami i suoi diritti « all'avvenire. (Il Avvertiamo il rappresentante ciel Regio Fisco in Romn che queste frasi non furono scque,trate a Milano. (X <I. R.)
310 R[VISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI Lascio stare l'ajuto che i socialisti danno alla domocrazia: è proprio quello che la corda può dare all'impiccato ; e constatato che ora, come pel passato, alcuni socialisti intransigenti facciano da provocatori contro la democrazia, vengo all'osarne di questo brano del Bonomi in cui il vero e il falso sono confusi in modo non compatibile in un interprete della concezione materialista della storia, che dovrebbe essere dotato di una sufficit,nte dose d'infallibilità. Per quanto superfluo avvertirlo si deve ricordare che rivoluzioni senza il concorso del proletariato non possono avvenirne i,iù con le armi perfezionate e colla perfezionatissima disciplina dei numerosi eserciti permanenti, contro i quali occorrono masse sterminate di combattenti, il cui intervento deve demoralizzarli. Si possono raccogliere queste sterminate· falangi senza il concorso del proletariato che in lta-- lia da solo rappresenta oltre 1'800t0 della popolazione totale? La lotta senza il concorso del proletariato non è possibile; ma il proletariato nel settentrione, nel trrreno della rivoluzione, secondo la giusta osservazione di Turati, di repubblica non vuol saperne perché ha appreso che repubblica e monarchia si equi valgono ; che la repubblica, anzi, fa. gl'interessi della bor.;hesia meglio della monarchia; e che non vale la pena, ,1uindi, di versare nè una stilla di sangue, nè una goccia di sudore per una istituzione, che si dovrà combattere appena nata. Siamo dunque in un circolo vizioso : la repubblica deve farla la borghesia; ma la borghesia, anche volendolo non può farla senza il concorso dei lavoratori. Ciò basterebbe a spiegare la paralisi da cui sarebbe colpita la parte della borghesia ch'è repubblicana sincera. Essa sa che se scendesse sul terreno da sola sarebbe maciullata con una spaventevole facilità e rapidita. Questo sa, e si comprende che essa rifugga da un sacrifizio perfettamente inutile, che servirebbe soltanto a procur.i,re ai purissimi socialisti un ghigno di soddisfazione per la disfatta dell'odiato partito affine. Continuiamo nell'esame della situazione reale. Il signor Bonomi per la ignoranza sua della composizione e della qualità della parte della borghesia ch'è coscientemente repubblicana ha attribuito a questa tutti i difetti che vanno alla massa ordinariamente inerte e che merita le accuse, che le vengono scagliate. Sono anche io convinto che quest'ultima è capace di morire d'imbecillità e di pigrizia e credo ami che essa non si dia. neppure la pena di pensare ad una repubblica, che le possa venire da una Sedan qualunque e che non sarebbe quella vagheggiata dai repubblicani coscienti, che seguono gl'insegnamenti di :1Iazzini o di Cattaneo. Questa massa imbecille e pigra pe1· protestare contro un ministro delinquente, che consumava la 1•oyina della patria, ha avuto bisogno di un disastro nazionale cd è tanto vile e smemorata, che potrebbe tra non molto subirlo di nuovo e cantarne le lodi. Non si esclude, infine, che ci sia una parte - non grande, però - perchè la buona coltura politica in Italia è poco diffusa - della borghesia la qualo vedrebbe di buon occhio la repubblica per calcolo bene inteso, ma ohe ha paura che affrettandola aprirebbe una breccia nella organizzazione presente e dalla quale potrebbe passare il socialismo. E nel socialismo per lo appunto vede l'ignoto, che non la rassicura. Ma chi potrebbe darle torto ? Proprio questa paura dell'ignoto alimentata dalla propaganda del socialismo intransigente, ha contribuito per noo poco a far durare per oltre due anni il ministero Crispi. Siffatta propaganda - causa le speciali condizioni intellettuali del nostro paese - ha fatto ·perdere alla causa della moralità. e della libertà gran parte della borghesia intelligente senza farle guadagnare, specialmente nel mezzogiorno, le classi lavoratrici ancora analfabete, che capiscono poco la repubblica e molto meno il collettivismo. * * ll sig. Bonomi, dopo aver seppellito, colla bavarderie solita in alcuni suoi compagni di fede, il cadavere della Lega pe1· la libertà supera se stesso scrivendo : « Io credo che la democrazia in Italia non « saprà mai dai ci nulla di vitale; essa non oserà mai « allearsi al proletariato socialista in una lotta aperta « contro il parassitismo dell'elemento militare capeg- « giato dalla Corte. Forse, so non interverrà qual- « che cosa d'imprevisto noi arriveremo colla mo- « narchia fino alla vigilia della società sooial sta. «: L'ironia della sto1·ia vo1Tà che la 11wnarchia :.i « salvi 11er volontà degli antichi repubblicani ». C:ho la democrazia non dovcebbe allearsi coi socia,listi dello stampo del sig. Bonomi sa1·obbc cosa umana. Per quanto essa abbia fatto la figura di quel buon diavolaccio di Don Abbondio - è il sig. Bonomi che lo assicura - pure non dovrebbe sentirsi lusingata di entrare in un'alleanza con un partito, che apertamente dichiara - almeno per bocca di alcuni suoi capi - di volerla abbracciare per sot~ focarla; con un pa1·tito che si riserborebbe di vituperarla e di apprestarle pedate nel sedere da mane a sera. Ci vorreblie quella rassegnazione cristiana, che per parte mia non saprei mai raccomandare. Pure, la democrazia. ha mostrato di possedere tanta rasscgnaziono ed ha invocato ripetutamente l'alleanza col partito socialista. La rassegnazione forse le sarà venuta dalla convinzione che non bisogna confondere la causa do] pr0letariato socialista con quella di alcuni che papeggiano in suo nome. Chi afferma, adunque, che la democrazia non 03erà allearsi col proletariato socialista mentisce allegramente o è un asino, che ignora la storia del pr.iprio plrtito e non conosce gli articoli del credo formulato nei vari Congressi e le scomuniche minacciate contr.> gli eretici che li dimenticasset•o. Sono precisamente i socialisti puri e intransigenti, che hanno stabilito come caposaldo della loro tattica la guerra a morte contro i 11artiti affini; e se non la guerra a morte la proibizione assoluta di un'.allean7.a con loro (1). Accusare i repubblicani (i) Questa la teoria del socialismo puro ed ortodosso; nella pratica ... elettorale l'alleanzacoi radicali non è stata respinta. Di che non lì biasimo.
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 311 di non volere l'alleanza coi socialisti è un colmo di sfacciataggine. Quel caro sig. Bonomi guidato dalla sua filosofia della storia pensa che in Italia al'l'i ve remo colla monarchia fino alla Società socialista ....... . Vada un poco più in là e pronostichi che arriveremo al collettivismo in piena monarchia e che il Re e la Qorte, il governo e l'esercito organizze1·anno la nuova società socialista, assumendosi anche l'odioso incarico di adoperare piombo e manette per farla accettare dai recalcitranti. Il Re e la Corte dopo averne assicurato il perfetto funzionamen1o con una generosità ultra-cavalleresca rinunzieranno spontaneamente ai loro poteri e seppelliranno la società presente ... Re, Corte, Governo ed esercito saranno i becchini di loro stessi.. .. I collettivisti per gratitudine faranno loro funerali di primissima classe e assegneranno 101•0 una buona quantità di buoni di consumazione in premio dei servizi rosi alla causa socialista! Ci sarà ironia della storia nella conserva:done della monarchia sino al giorno in cui il colletti vis mo funfunzionerà in piena regola? Non oserei asserirlo; comunque non ai repubblicani antichi sarebbe imputabile il fatto; essi di questa mummificazione della monarchia non avrebbero nè merito nè colpa. Diavolo! se sono morti e sepelliti da un pezzo .... I pochi superstiti senza il proletarictto non possono faro la repubblica; e il prolota1·iato o non vnolo fai la perchè non c.tpisce un acca o non lo vuole perché è di venuto socialista puro e intransigente Potrebbero fare la repubblica i.... monarchici; ma questi non ne sentono ancora il bisogno. Ed ecco pcrchè non si- è fatta ht rivoluziono: i repubblicani sincc1·i da soli non possono; i socialisti non vo61iono farla perchè non è il loro momento; i monarchici si trovano ancora comodi colla 0rganizzazionc presente e fanno voti che i secondi continuino a pensare ed agire come pensano ed agiscono attualmente. * • Filippo Turati nello stesso numero della Critica sociale commenta in un articolo apposito quello del sig. Bonomi e mette un p')' d'acqua nel vino di quest'ultimo. L'esperienza che dà gli anni lo ha reso diffidente dei semplicismi e delle spiegazioni, che hanno tutta l'apparenu del più puro marxismo. Riconosce « che la democrazia è un conglomer_1to essenzialmente eterogeneo, che tende ad una scissione. ad una decomposizione dei vari elementi onde risulta; clie lo rivoluzioni non. avren.gono acl opera cli un. solo pa1·/ilo, in. nome cli un. solo principio, 11erun. solo fine; che i socialisti hanno il dovere di studiare la democrazia, di stimolarla, di vigilarla. » Studiarla si, non calunniarla; stimolarla e vigilada, va, bene non reciderle i garretti. Nell'affermazione che le rivoluzioni non avvengono acl overa cli un.solo var/ito in nome cli un. solo princivio, per un. solo fin.e a ve vo intraveduto il riconoscimento di un savio principio che poteva avere fecondo applicazioni ed utili risultati; ma nel numero successivo della Critica Sociale il signor tutti e nessuno poi• fare una piccola palemica con me si 1•imangia il buon principio precedentemete annunziato e in fondo si associa al sig. Bonomi ed alle sue spiegazioni sempliciste, che hanno soltanto l'apparenza del marxismo. ì'ion mi preme protestare contro l'accusa di sofista, che mi regala - e che ho meritato riproducendo integralmente un brano dello scritto del Turati dal quale spicciavano lampanti le contraddizioni!, nè ritorcerò contro il signor tutti e nessuno la qualifica di sofista; lo chiamerò abile - di un abilità, che non invidio - nell'accennare a quel tanto delle mie osservazioni, che gli fece comodo di far conoscere ai p1•opri lettori e che gli parve facile di poter combattere ; e rinunzierò, per ora, alla parte retrospettiva per dire ancora quattro parole sulla quistione di cui mi occupo. Noto anzitutto che il sig. lutti e nessuno ragiona come se i movimenti che seguirono all'annunzio di Abba Ca.rima fossero stati voluti e preparati, mentre essi furono bpontanei e improvvisi. Di fronte ad un moto si-onta.neo improvviso non è doveroso che faccia chi può? E i socialisti però avrebbero fatto ... se non ci fossero stati i cannoni e le truppe fresche. 11 sig. Turati non risponde per mezw del sig, tu/li e nessun.o ai quesiti posti da me in occ.isione dei fatti di Abba Carima poteva aversi la sommossa o la rivoluzione? e se non potevasi riuscire che alla sommossa perchè dare lode ai socialisti biasimo ai repubblicani per non averla provocata? La repubblica é non o è una fase necessaria da attraversare? la repubblica è o n'bn è utile allo avvento del socialismo? A r1uesti qutsiti doveva dare risposta e non, per quanto abilmente, divagare. Ad ogni modo conferma - di accordo col Bonomi e coll'on. Ferri - che la repulJblica dovranno fol'la ... i monarchici, e cita la repubblica frauceso, ch'è poco di buono porchè la tece1'0... i monarchici. Il mio contraddittore con quella scionza, che nessuno oserebbe negargli, mi dà una lezione - di cui lo ringrazio - sulla divisione delle funzioni e sul compito dei radicali. Ma se questi non sono in condizioni di fornirlo? Ecco il busillis. Egli preferisce supporre che i monarchici abbiano fatto ... la repubblica e sog6iunge che verrà giorno in cui i socialisti le daranno il contenuto democratico e sosterranno la parto. che dovrebbero sostenerd i 1adi<!ali. ì'ion desidero di meglio e per vedere arrivare siffatto giorno darei entrambi le mie gambe n.ssicurandolo, che non mi dorrebbe la mia gamba repubblicann. se per fortuna doYcssi conservarla. Ma ... c'è un brutto ma: Por . dn,re alla repubblica il contenuto democratico bisogna prima fare la repubblica. E' il caso dd!la necessità del lep1•e per fare un pasticcio di lepre. Orn. ho timore grandissimo clic le due mie gambe and1•anno ad imputridire al camposanto scn1.a vcdorc il lieto avvenimento percltè i social:sti papeggianti aspetteranno dei secoli a. dare il contenuto democratico alla repuliblica, se la republJlica, in os3e11uio alla divisione delle funr.ioni, dorranno farla ... i monarchici. UN SOCIALISTOIDE.
312 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI I tassinelleBanche DODOlari italiane Di un'a.ccusa, che non a torto i sinceri amatori del credito a vera base popolare, fanno alle b1.1nohe tedesche ed italiane, s'occupa il Luzzatti, industriandosi semprc1 a suo modo di difenderle e scagionarle. 1t noto ohe il tasso, ohe esse impongono ai lol'Odebitori - comprendendovi lo spese che nel caso di piccoli ammontari a brevi e quindi ripetuto scadenze, risultano non indifferenti - varia nei casi più comuni ed ordinari, da un minimo del 6 °lo fino ad un massimo del 10 °loIn mancanza di dati statistici dobbiamo, pur in tJuesto delicato argomento, accontentarci di quello ohe oi consta dall'esperienza nostra personale, ohe però abbraccia o largamente tutto il trentennio. E del resto cho le banche medesime giungano al tasso del 9 e del 10 °/o comprese le provigioni, oe lo dicJ lo stesso Luzzatti nella sua relazione da r.oi cornpulsata. E sebbene egli assuma che questi tassi eccessivi, che a nostro avviso rasentano l'usura, non Yengono applicati altro che in via eoceziomt!e; non avendosi dati statistici per apprezzare in modo esalto e preciso tale eccezionalità; e poiché ogli stl's;o stabilisce la massima del tutto antidemocratica, cioè eminentemente borghese e capitalistica, che: « a parità di condizioni, più povero è lo stato del debitore e maggiore dev'essere il premio di assicurazione confuso nella ragione dell' interesse a guarentigia del credito» - massima comr ben si vede non solo borghese ma addirittura usuraia - ne segue all'evidenza che il tasso massimo oscillante fra l' 8 e il 10 °lo, le banche popolari con solenne ingiustizia lo impongono ai più poveri. Abbiamo così nuova o chiara occasiono per oonvincer.:i, che le ~tesse banoho nella diffusione del crtldito fanno proprio ciò olie con acume di filosofo verista, 1,arlando degli uomini in generale, ebbe ad osservare il Leopardi, ne' suoi mirabili pensieri: « S' invita a pranzo chi non ne ha di bisogno ». Questa deduzione, anche senrn la sicurezza e la i:,rova fornite dai dati, é confortata in modo assolutamente indubbio dalle stesse ingenue confessioni del Luzzatti, che cioè l'uso del tasso massimo d'interesso delle somme prostate ò eccezionale, e va con sapienza borghese appiopp.ltO ai più pO\'C,ri, fra i clienti delle banche. D'onde segue con innegabile certezza che al !aut-i banchetto dello sovvC'nzioni e anticipazioni a fido personale si assidono, come a noi consta realmente, in prima linea, oioé ai posti di onore, i proprietari i capitalisti e i grossi industriali o commercianti, i r1uali sia puro in via eccezionale, quanto è maggioro la somma e lunga la · scadenza, a facilo sebbene intera e poriodioa rinnovazione, fruiscono del cradito verso le b:inohe popolari al tasso minimo del (3 °/o o anclto del 5 °lo- Tra il 6 e il 7 per cento, o loco più, ~i aiuta del pari con uguale e larga misura la mezzana borghesia, che come si ò veduto rappresenta por le banche popolari italiane circa il 90 °/0 della intera clientela azionista, senza contare la 111Onazionista che a maggior ragione dove presentare garanzie di solvibilità materiale. Lo bl'icciole ai pochi lavoratori, ohe come Lazzari, stanno a carponi sotto la tavola, e pur codeste poche povere briociole loro concesse per grazia, è d'uopo che essi le paghino a caro p1·ezzo sotto ogni riguardo. * * Pare che lo stesso Luzzatti senta la vergogna r.he ricade sugli Istituti da lui caldeggiati e strombazzati coi titoli di moralizzatori M educatori ddle masse, poichè egli por isousarli del loro peccato originale di concedere in via eccezionale, ma soltanto ai poveri, sovvenz'oni piccolissimo al tasso del 10 °lo, osserva ohe altrimenti yuei poveri sa1·ebbero costretti a rivolgersi ad usurai molto più avidi delle banche, i quali in denaro o in genere sogliono al 20 o al 30 per cento, prestare alla povera gente. Ma poichè i poveri, che col benefico tasso del 10 °lo possono essere sovvenuti dalle banche popolari, in grazia dell'accennata cccozional. tà di sim;li oasi, non sono che pochi, simi, ne viene che pure coli' istituzione democrntioa del credito creato ed organizzato dalla borghesia con tanta e mal simulata ostentazione, la gran massa dei lavoratori della campagna e della città, rimano dolorosamente in balia dell'usura privata, e non di rado come avviene in Sicilia (1) per i disgraziati carusi delle zolfata1·e, per opera degli inumani loro padroni e sfruttatori. 1'iè è bello, né ha va.lor serio e sicuro, ciò ohe dopo tutto questo viene di bel nuovo a sentenziare il Luzzatti allo stesso p~oposito dei tassi. « Dd 1vsto in questa materia ogni paese ha l' interesse ohe si merita e l'economia na.zionale coi suoi particolari fattori prevale sull'economia universale ». Pet· quanto oscura, o per lo meno non bene enunciata sifatta pretesa legge, del resto non iscoperta dall'apostolo della cooperazione italiana, ma ammessa o pronunciata da tempo da tutti gli economisti ortodo,si suoi pari, noi anco una volta non possiamo esimerci dall'osservare cito pur qui col consueto ritornello si fa un circolo vizioso dei più tristi od imperdonabili. Come ! le classi dirigenti, cioè borghesi, quelle che coi loro mezzi e con la sapiente astuzia creano le banche popolari e ne godono larga.mente i benefici ànno le sovvenzioni persino al 5 °lo, e poi il paese ha il tasso che si merita, cioè quello del 10 °I°? Ma di ohi è la colpa se ciò ha luogo: delle classi dirigenti o del paese? Poichè lo stesso Luzzatti non tarda ad osservare con cuore giubilante, ohe pure in Italia le burme cambiali si scon- (I) Vcgfasi a questo Jll'Oposito il bel libro dcll'on. Colajanni: • Gli avvenimenti di Sicila e le loro cause•· Palen11O, 1895.
f RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 313 tano non 11.l 5, ma sotto il 5 °lo I Oh I cosa vuol dire le buone c,\mbiali, se non quelle - pur eccezionali ,iuanto si vuole - in senso in verso della povertà e del lavoro? * * * Ma vediamo se la massima di far dipendere dalla maggiore o minore solvibilità materiale del sovvenuto il minore o maggior tasso degli interessi, dia davvero la magéiore e più sicura garanzia alle banche popolari. 11 tasso minimo si applica sempre alle somme massime date a credito, e per la più larga scadenza con facilità rinnovabile. Cosa è a vvenuto in grazia di ciò per molte banche popolari, anche tra le le più fiorenti ed in fama d'eSSt!re correttamente amministrate? Basta citare i recenti ed eclatanti fatti di quelle di Novara e di Siracusa, per tacere di tante altre, le quali perdettero somme ingenti prestando con facili ed eterne rinnovazioni la prima al famoso negoziante di riso Pinto, e la seconda al non meno famoso industriale Corpaci, non avendo altra morale soddisfazione che quella di veder condannati dai tribuna.li, e disonorati, quelli stessi, che pur si meritarono colle loro astuzie borghesi una fiducia immeritata quanto illimitata. Col condannare di contro al tasso del 10 °lo i pochissimi poverelli, cui insieme a questo massimo interesse loro imposto in via eccezionale, ma senza eccezione per essi, si concede una somma minima di L. 100 al più, esigendo inoltre la più scrupolosa esaLtezza nelle scadenze, appunto per euucarli a questo puro e nobile sentimento, non si ottitne altro fine che di agevolare in loro il pericolo di venir meno ali' impegno. E quindi d'occasionare la demoralizzazione di quei sveuturati, i quali sape~do di pagare alla banca un tasso massimo in confronto dei solvibili ossia agiati, un po' alla volta acquistano la convinzione che sia pelosa carità quella ad essi concessa dall'istituto che porta il nome di popolare; onde perdono l'amore al dovere; e sopratutto vinti dallo dilficolLà di campar la vita colla loro numerosa famiglia, terminano col perdersi ed avvilirsi. Ad onta di ciò noi siamo ce,rti che, ove si facessero bene i conti al proposito, mentre le grandi somme perdute dalle banche popolari nelle sovvenzioni massime a tasso minimo devono fornire un capitalo ingente, quelle perdute nel caso contrario delle sovvenzioni minime col tasso massimo - sia perché per sè piccolissime ed assai più eccezionali delle prime, ed inoltre per la maggiol'e solvibilità mor..ile dei sovvenuti _ non possono dare che un totale relativamente assai piccino. Calza al pt·oposito l'esemJJio singolare di Bologna, la cui banca popolare, come risulta dalla citata relazione del Lu7,zatti, non applica la sua bella massima, cd é tuttavia da lui giudicata e presentata al pubblico come Banca Popolare modello, anzi addirittura la prima del mondo. Orbene, essa ai poveri concede persino dei prestiti graziosi e sull'onore, meritando ove facesse ciò con sufficiente larghezza, la lode suprema di de_qna amica e benefattrice del popolo; ed essa dopo ciò nell'anno 1894, con un movimento di capitale e di credito immenso e fecondo poichc le sole operazioni attive di credito si elevarono a 35 milioni e mezzo, ebbe soltanto L. 332J di pPrdita, cioè 11 centesimi ogni 1000 lire sovvenute! . * * La maggiore guarentigia per il credito veramente lar 6o e popolarti, che ad un_tempo si lega allo sviluppo economico e civile del paese, educato a governo di se stesso cohciente e libero, sta nel dare il massimo peso alla solvibilità morale dei sovvenuti, in modo che il capitale uomo non sia._calcolato meno del ca pita.le terra, e anco1• peggio, meno del capitalti moneta. Diciamo da ultimo che molto bene votrebbe venire da.Ila sincerità e dal buon ouore delle classi dirig1:nti. Comunque vadano le cose, noi abtiiamo fode, come nei destini dtl!l'umanità tuua .lJUanta, così in quelli della nostra cara vatria. E li stessi errori dello classi dirigenti, e gli eccessi dolio St..ito che le segue nella loro egoistica via, 110n possono riu,cire che a far precipita.re gli eventi. Il trionlo e lo sviluppo della coscieuza collettiva, assicurato dall'ausilio formtdabilc di una retta e varia fo!'ma Lii coopernz10no popolaro ecouonuca, eminentemente LU01·alee ci vilo, per noi, nel presento stadio dell'uwanità, più che certo, inevital>ilti. Pror'. \' ALI::IUANO V ALERIANI. L'Evoluzione dellecredenze e delledottrine politivhe <1l Le aualogie e le sumigliauze e:,istenti fra l'o1·gani,;uw uJ.uano ti !ti uwa.ue società 1u1·0110ant1camento notlroaw e riconosciutti ùa J.uolLiscrittori. :::ìuù1 esse, 111ratt1,Platone su,.t,tl, ~a l'ord111awt:nto dtllla. sua 1uea.le H.0put,IJJ.1Ca.:cowe 11eJJ'uoJ.uu,o,,.,..,rva egli, vi sono gli orgaui del 0011cuJ_J1sc11J1ltl, ùell' ira.scil.Hl0 e ùel raz10nale, cusi in una. :,ocictà l>ene oruinat1:1 vi ut:bbono e:isern tre classi d' inJi viuui : artigia11i, guerrieri e magi st rati; i quali tutti, suLOrdinati fra di loro, adempiano gli speciali uffici onde risulta la vita dello Stato. Anche S. Paolo dice cho la società co~tituisce un tutto organico, un vero or 6 anismo; e paragona i singoli individui alle membra del corpo umano, le qu:ili compiono diversi uffici, ma cooper..ino tutte ad un unico fine, e quindi come il corpo, cosi la società è un organismo. Oggi con maggiore insistenza., e con più minute indagini alcuni socioloéhi ricercano coteste analogiti e somiglianze tanto nella st1·uttura quanto (I) • I.' Evolution des Croyanccs et dcs Doclrincs politiques • pa r Guillaume Dc Grecf. - Bruxelles - Paris 1895.
314 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI nelle funzioni della vita individuale e della collettiva. E G. De Greef, nell'opera dalla quale ho preso il titolo di questo articolo e della quale qui specialmente m'intratterrò, nota che le funzioni e gli organi politici nell'umana società sono gli equivalenti delle funzioni e degli organi superiori dell'uomo, quelli, cioè, relativi alla Rappresentazione, alla Deliberazione, ed alla Risoluzione, i quali precorrono il trasformarsi delle impressioni, dei bisogni e dei desideri in atti; o, in altre pa1 ole, equivalgono a' nostri centri nervosi cerebrali ed alle loro più alte funzioni. Ma il De Greef procedendo nel suo studio avverte giustamente che, insieme alle somiglianze tra la vita volontaria indi viduale e la vita volontaria co!letti va, vi sono non poche differenze; e la principale è che le persone che compongono la società sono dotate di sensibilità e di coscienza, mentre invece mancano dell'una e dell'altra gli elementi or ,;anici psichici o ideali con cui si produce l'attività volontaria di ciascun uomo A nessuno, io credo, sfuggirà l'importanza di questa differenza nello studiare la vita colletti va; differenza per cui la sociologia, che non potè .assorgere a scienza se non dopo d'essersi costituita scientificamente la fisiologia psicologica, dei cui risultati tanto ancora si giova, procede oggi, distinguendosene con ric.irche e studii suoi proprii. Nè però essa va confusa od immedesimata con la psicologia collettiva o de' popoli (Volkers psychologie). L'obbietto di essa rimane, nondimeno, pur sempre organicamente uno; una vera unità organica, che con costante concorso sociale si svolge nella storia-. E di questa unità essa ricerca ed espone le leggi generali. Quindi adempie ora l'ufficio di coordinare le scienze sociali, che nel loro ordine di complessità crescente, secondo il De Greef, sono: L'Economia sociale, l'Economia domestica o famigliare, l'Arte, le Credenze, la ltforale, il Diritto e la Politica. Quest'ultima, che, essendo la più complessa, è la meno progredita di tutte le altre, ha per obbietto le manifestazioni della volontà collettiva. La quale non è un'entità a sè, libera ed indipendente: ma un modo superioi·e ed ultimo cli adattamento degli organi sociali. Risultato e fine, cioè, d'un p1·ocesso che ha fasi molteplici e succesai ve. La sua origine è negli umani bisogni e desiderii, e nel piacere o nel dolore che accompagna il non adattamento dell'essere al suo ambiente. E sono questi bisogni e dfsiderii che finiscono con imporsi come credenze; le quali spingono e determinano gli umani consorzi a compiere taluni moti ed atti pit1ttosto che altri, per conseguire, coscientemente o no, un dato fine. Le risoluzioni collettive, così come le individuali sono pertanto determinate, in modo regolare, dalle nostre credenze; dagli stati, cioè, cli coscienza, consolidati pe1· ripetizioni, imitazione ed eredità, relativi all'ordine de· fenomeni fisici, fisiologici, zisichici e sociali. * * * A ben intendere la struttura delle umane società e le varie loro evoluzioni, assai giova il conoscere le loro credenze e, in ispecial modo, le politiche; le quali insieme alle dottrine, r-he in progresso di tempo nascono e variamente svolgonsi e si rinnovano, cooperano a costituirlf, a modificarle ed a consolidarle. Senonchè delle società primitive ed inferiori noi non possiamo aYere contezza delle loro credenze che per i loro usi e costumi, e per le loro istituzioni. E queste loro credenze (di dottrine non è ancora il caso di parlare) sono in gran parte incoerenti e confuse; imperocchè vengono determinate cla' fattori più gene• rali del mondo esteriore e della comune costituzione fi,;iologica degl' individui. Ma a mano a mano che le umane convivenze assumono forme più elevate e complesse e si consolidano, anche le credenze si coordinano e prendono forme relativamente stabili e durature. Non è possibile intrattt:nermi qui a discorrere dei varii tipi sociali meno elevati; dell'arde erranti composte d'un picciol numero d'individui, che vivono in comune con pochi bisogni; nè ricercare come accrescendosi la loro massa sorga la necessità d'una direzione temporanea; ed indi esse si trasformino in clan, in tribù, in barbare monarchie. Noto soltanto con il Dc Greef che, man mano che la popolazione si accresce, le parti che la compongono si differenziano e si coordinano. E ;:;iccome in qua;;i tutte le società inferiori antiche o moJerne, l'aumento, la differenziazione e la coordinazione di coloro che le costituisc Jno avviene per la guerra, è naturale che l'ordinamento sociale finisca con essere dispotico; finisca, cioè, in un accentramento economico, famigliare, religioso e mor.1le, giuridico e politico. In ciò non entra per nulla la Provvidenza; anzi questo è un fatto naturale, prodotto da fattori che in tutto il genere umano, tranne poche eccezioni, costantemente concorrono alla formazione delle società. Siffatta costante uniformità nello svolgimento delle sociali istituzioni, in mezzo alla varietà apparente delle forme locali, ci dimostra la costanza e la uniformità effettiva delle credenze politiche. Già dai comuni usi e costumi delle genti primitive il nostro Vico affermava l'unità del genere umano; e questa riafferma pure il De Greef studiando ora le antiche istituzioni e credenze sociali e politiche. Ma da questa costanza di fatti e di leggi storiche si trae puranco l.l conseguenza. e la J·rova che i fenomeni sociali po,s,no essere l'obbietto d'una scienza positiva. * •• I limiti assegnati a que;:;to •scritto non- mi consentono ora di seguire il Dc Greef nello studio che egli fa dell'antico Pe1·ù, dell'antico Messico, dell'impero Etiopico, e del!' Egitto dai tempi preistorici all'antico impero. È uno studio assai accurato ed erudito, del
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