Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 17 - 15 marzo 189 6

R:CV:CSTA DI POLITIECSACIENSZOEC-IALI Direttore Dr NAPOLEONE COLAJANNI Deputato al ParJAmento ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno I. - N. 17. Abbonamentopostale Roma15Marzo1896 SO~IMARIO: L'Espiazione, La Rivista - Riforma universitaria L. Mortara - Sul problema della perequazione, ln(J. Giuuppe Garbarino - Sociologia e diritto C< mmerc;aJe, Aoo. Vi.,.tor·io Olioieri - Eloquenza delle cifre, )[. - Nietzsche e D'Annunzio, Lo Zotioo - La voce di Napoli, Franceseo D'Ovidio - Recensioni - Libri ricevuti in dono. I pochi abbonati i quali ancora non si sono messi in regola coll'Amministrazione sono pregati vivamente a farlo indirizzando cartolinavaglia all'On. Dr. Napoleone Colajanni. Roma. / '-../ "-./"-./'-./"'-./ "-./ ~ '-/"-./'-../'./"".../~ L' ESPIAZIONE Finalmente ! Questa è l'esclamazione, che ~gorgò spontanea dal cuore delle persone oneste e che amano la patria appena l'Agenzia Stefani annunziò, che ad un ministero presieduto da un malfattore n'era successo un altro cui sta a capo un galantuomo. .u vergognoso che l' Italia sia discesa tanto in basso da doversi provare una siffatta sod<ilsfazione; ma giacchè fu creata una situazione dolorosa rallegriamoci che si sia davvero al principio della sua fine Non commenteremo oggi i tentativi fatti per la costituzione di un ministero Crispi senza Orispi sotto l'on. Saracco, con uno spruzzo di Banca Romana e forse colla entrata di Bernardo Tanlongo in Senato in lontananza; nè ci occuperemo di ciò che possiamo attendere e dobbiamo sperare dal~ l'on. Di Rudinì, che saremo certamente costretti a combattere tra non molto - s'intende sul terreno pulito dei principi - e pur con l'an,imo compreso di tristezza per il disastro che ha colpito il nostro paese respiriamo a pieni polmoni perchè ci siamo liberati dall' incubo opprimente, che si chiamava governo Crispi. Respiriamo e gettiamo uno sguardo nel campo nemico per osservare ciò che vi si passa ali' indomani della disfatta. Ivi più non si governa, non si comanda, non s' imprigiona,. ,non si ammanetta .. non_si f~cila, non s\ giuoca pm alla borsa; ma s1 scrive, s1 protesta, s1 cospira. Come e perchè ? C' è chi scrive di cataste di lettere, che formano un plebiscito intimo in favore della guerra a fondo, della rivincita sanguino5a, ma completa, solenne, contro l'Abissinia. E si scrivono parole talmente fiere, che si potrebbe sospettare che sia davvero grande la concitazione dell'animo. Coloro che in questi tristi giorni hanno assunto il monopolio dell'onore e del decoro della patria, notano che non si fa carico alcuno, al ministero caduto obbrobriosamente il 5 Marzo, di avei· tenuto poco conto del Parlamento. Lo comprendiamo facilmente. Questi dispregiatori del regime rappresentativo de vono essere la fine (leur dei reazionari, la schiuma dei deplorati, che al Parlamento non possono perdonare l'applauso unanime col quale fu accolto l'annunzio delle accettate dimissioni del ministero Crispi; devon,o essere quei mzionarì, i quali non contenti della soppressione di fatto di detto regime volevano un bravo colpo di Stato, che l'avesse fatta finita col nome come colla cosa. Se gli autori di questi plebisciti intimi non sono stati reclutati nelle questure del regno - dove si organizzarono le indignazioni pei fatti di Aigues Mortes - certamente lo furono tra quei miserabili, che si dieilero a dimostrazioni di gioia - precedute dalla preparazione del paese combinata in casa Crispi coi suoi giornalisti - per la resa di Makallè: dimostrazioni, che fecero arrossire di vergogna i combattenti in Africa e stuzzicarono il pudore di Costanzo Chauvet ..... * * * Non sappiamo che età avessero, e dove fossero e cosa facessero gli odierni monopolizzatori del decoro italiano all'epoca di Custoza, e se questi bollenti rivendicatori dell'onore nazionale predicavano la rivincita sanguinosa e completa contro l'Austria; sospettiamo, però, che allora essi non sentirono il bisogno di protesta1·e contro l'umiliazione fatta subire ali' Italia col bollo Leboeuf impr·e~so alla cessione del Veneto; e non protestarono perchè al1' Italia si fece fare una demonstration sainglante si fece perdere una battaglia pér ordine di cert~ ~uperiori ai quali essi nulla vogliono negare. Chi ne dubita legga gli scritti a propria difesa del Generale La Marmora. Del 1·esto pur non vili o mattoidi, ma servi certamente, costoro devono essere degli individui di nessun conto e che non hanno alcun seguito nel paese. Se ne avessero un poco, essi tanto eccita~i · ed indignati, riuscirebbero a promuovere mamfestazioni almeno tanto solenni quanto quelle che in ogni angolo d'Italia, da ogni ceto sociale e senza distinzione di colore politico, si ripeterono contro l'infausta intrapresa africana, eh' è riuscita a procurare alla patria un immane disastro. * * * Invano molti si affannano ad nvocare il patriottismo, i nobili sentimenti, gliielevati idealismi

258 RIVIS'l'A DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI per una guerra scellerata. È guerra scellerata qùesta d'Africa perchè prende le mosse da ingiusta aggressione contro un popolo che difende la propria libertà e la propria indipendenza·; perchè toglie a pretesto il trattato di Uccialli falsificato dall'on. Crispi ed un protettorato che secondo la stessa T1·ibuna (18 Aprile 1891) non è mai esistito. Meno male d'altronde, se la guerra iniqua fosse utile; ma essa giova soltanto a coloro che in borsa giuocano al ribasso conoscendo con anticipazione le notizie sinistre ; giova ai mezzani ed alle mezzane emerite di muli e di grani guasti; giova ai venditori di scarpe e di cappelli inservibili. D'altra parte sacrifica la vita della migliore gioventù, assottiglia lo scarso pane ai lavoratori e prepara, se continuata, la rovina definitiva della patria. Nè il popolo può più oltre ingannarsi col bagliore e coll' inebbriamento della vittoria p1'omessa e tramutatasi nella triste realtà della sconfitta. Nè si può sperare che la vittoria arrida alle armi italiane perchè a parte la superiorità che al nemico viene dal numero, dalla conoscenza dei luoghi, dalle abitudini ed attitudini dei suoi soldati, dalla coscienza del proprio diritto e della propria forza, manca alle nostre truppe l'elemento precipuo della vittoria: la fo1·za morale. La credete una sciocchezza questa for:a m01·ale? Ebbene, senz:::r.icol'rere a Federico Il, a Napoleone I, che sono morti e che non disponevano delle forze distruttive odierne; senza citare il Von der Goltz eh' è uno straniero, sentite ciò che dice un generale italiano, il Goiran: « L'ene1·gia psichica è il fondamento più impor- « tante del valore militare di una nazione. L'edu- « cazione del sentimento e della volontà equivale « al massimo accumulamento di forza. I fucili più « perfetti, i cannoni più potenti, le navi pit1 Ye- « loci diverranno strumenti inservibili, se i cuori « dei cittadini e dei soldati saranno tiepidi nell'ora « del pericolo, ed anzi accresceranno l'onta della « sconfitta nella doppia ragione della loro perfec zione e dello splendore, che arrecheranno ai tro- « fei del nemico ». « « Il più piccolo incidente, che influisce sul « mo1·ale condU1rebbe ad un disastro >) (1). Potrà esserci mai la enci·gia psichica negli italiani combattenti in Africa? Potranno essere caldi i cuori dei soldati? E in questa pagina scritta da un generale molti mesi or sono non e' è la spiegazione profetica della condotta dei nostri ad Alequà e ad Abba Garima? * * C'è chi si leva contro la viltà odierna e chiama vi{ td la decisa volontà di abbattere un governo incarnato in un delinquente comune. Ben altre viltà, pur troppo, l'Italia ha visto ed ha tollerato. Furono viltà senza pari indimenticabili e imperdonabili i massacri in Sicilia dei contadini sempre e da pertutto inermi .... Si protesta sdegnati contro colo1·0, che fanno dimostrazioni in favore della cessazione deila guerra Africana e c' è chi se la prende cogli studenti, i quali, specialmente a Napoli, concordi e risoluti chiesero la punizione dei colpevoli. Contro questi (1) Le i1tituzioni militari oditrne e il loro avvenire. Ron::a '95. f;d. Voghera p. 55 • 56. grandi colpevoli, la cui impreparazione materiale, mc1y,le e intellettuale fu enorme - sono parole testuali della 1hbuna, aUra volta da noi citate, che non a caso preferiamo di continuare a chiamare in nostro aiuto - perchè non si leva la voce? Appena appena si denunzia - e tardivamente - il 1·ammollimento ùel generale Barattieri, il quale fu a tempo debito dalla democrazia aYversato per la sua ben nota insufficienza, ma non si invoca la punizione del peggiore e maggio1e responsabile: Crispi. * * * Si riprovano ancora le madri d'Italia, che non hanno fatt.0 mostra di eroismo coll'offrire in olocausto la carne della loro carne e non danno esempio di abnegazione ai loro figli. Ma perchè mai esse, che vantarono tra loro una Cairoli, e non mancarono di essere veramente eroiche ai tempi di Roma, di Venezia, di Varese, di S. Fermo, di Calatafimi, del Volturno, di Bezzecca, dovrebbero essel'lo ora? Forse la patria è in pericolo? Tedeschi o francesi sono alle porte di Roma? Si pugna forse per la libertà o per il benessere ? Forse si deve lavare nel sangue l' ingiusta offesa all'onore della nazione? No, no, no! Si tratta di guerra non voluta dal popolo, quantunque ingannato sulla utilità e facilità della medesima ; non voluta mai esplicitamente dal Parlamento. SEQUESTRATO Si dice che coloro i quali vogliono vedei· cessata la guerra d'Africa non hanno nè Dio, nè patria, nè famiglia ; che vengono da partiti di cui si compiace lo straniero e specul;rnti sulla ingenuità giovanile sulla fe?"Ociadel delitto, sui dolori della 1n2seria, sulla rovina della patria. :\la ham10 essi un Dio questi sostenitori della gue1Ta a fondo? e se lo hanno - senza averlo mutato per calcoli benintesi - lo altare che gli hanno innalr.ato non ha sede nel loro stomaco ? E gli stolti parlano di delitti, di miseria e di rovina della patria dimenticando che essi, essi soli, all'Italia hanno saputo assicurare il tristissimo primato nella miseria e nel delitto! lnfi11e,con imprudenza che confina con la cecità si grida contro il cinismo e il basso utilitai'ismo di coloro che detestano la guerra d'Africa. Ah! questo non ce l'aspettavamo. Ma non sono stati questi sostenitori della guerra a fondo precisamente coloro che hanno strenuamente sostt,nuto il cinismo t1·ionfante nel periodo della degringolade della Banca Romana ? Ma non sono stati essi che hanno difeso con tutta la loro abilità, con tutto il loro coraggio, con tutta la tenacia possibile, con

RIVISTADI POLITICAE SCIENZESOCIALI 259 tutti i sofismi immaginabili quella quintessenza di basso -utilitarismo condensato nell' ordine del giorno Torrigiani? Quello fu l'atto - unico negli annali p:1rlamentari , e sfidiamo formalmente chicchessia a citarcene uno simile io tutti, anzi nei peggiori parlamenti del mondo - che innalzò la bandiera dell'ittilitari~11io basso e turpr, Con quell'ordine del giorno si calpestarono I~ leggi 11iorali e il parlamento e il paese oggi scontano il delitto di averle lasciate calpestare, Senza quell'o1·dine del giorno l'on Crispi sarebbe stato deferito ai tribunali per reati comuni; l'on. Barattieri sarebbe rimasto a godersi i suoi ozi di Capua ; r Italia non avreLbe fatto annunziare nell'almanacco di Gotha l'annessione del Tigrè ! Oh ! non si violano impunemente le leggi morali: lo insegna inesorabile la storia. L' Italia in preda al più basso utilitarismo, personificato e glorificato dal Guicciardini, in altri tempi violò e lasciò violare le leggi morali e fu vilipesa, saccheggiata, squartata dallo straniero, La Francia sacrificò per Yenti anni al vitello d'oro calpestando e lasciando calpestare ogni legge m01·ale e fu invas11,vinta, umiliata, smembrata nell' année te1·- 1·ible. L'Italia risorta volle di nuovo prendere a suo criterio direttivo il basso utilita1·ismo - a base di, mise1·iae non di 1-icchezza - ed ha avuto il dolore e l'onta di Amba Alagi, di Makallè, di Abba Garima. SEQUESTRATO LA RIVISTA. ~ In questo momento in cui si parla tanto del1' Africa, il volume del Dr. Napoleone Colajanni - POLITICA AFRICANA - è di grandissima attualità. Gli abbonati che chiedano il volume alla direzione della " Rivista ,, lo avranno al prezzo di L. 1,50. Dr. Napoleone Colajanni - CONSULE CRISPI :- Auto-Difesa (fu sequestrato durante il periodo elettorale). L. 1,25. L'alcoolismo: Sue conseguenze morali e sue cause. L. 3. La Sociologia Criminale: Due volumi di 1300 pagine con una grande tavola. L. 13,50. La politica coloniale: Un volume di 320 pagine L. 1,50. Gli abbonati della Rivista godranno dello sconto del 25 010. RIFORMAUNIVERSITARIAC 1 ) Nel numero 14 di questa Rivista fu scritto della riforma universitaria in gestazione, esaminando le nuove e non buone condizioni che essa proporrebbe di fare alla libera docènza. Le considel'azioni dell'anonimo collega mi sembrano molto assennate e a gran parte di esse sottoscrirn. Qualche riserva vorrei fare sulla fiducia speciale che gli ispil·a il vedere presieduta dall'on. Bovio la Commissione parlamentare di cui fu testè rèlutore ]'on. Fusinato, e sulla speranza (o meglio direbbesi, non· à·i.;piranza) che l'on. Baccelli permetta qualche libertà alla discussione ed al voto del parlamento. Quanto alla presidenza del Bovio, s' io non erro, i frutti che da un simile fatto poteano attendersi sono già venuti. In che altro può esplicarsi, o per quando si riserba di esplicarsi, l'autorevole influenza e l'opera del presidente di una commissione parlamentare, allorchè i lavori della commissìone sono compiuti, e la relazione, con le proposte nuove, da questi lavori uscite, è già stampata e ufficialmente distribuita? Da ora in là, l'on. Bovio, anzi, ha ben minore libertà di discussione e di voto, di quella che avrebbe come semplice deputato. Ma su di ciò non conviene insistere, chè si tratta di un punto affatto secondario. Ben più grave è il considerare che la event,ialità di un qualsiasi miglioramento della legge sia legata al beneplacito del governo e che da questo beneplacito si faccia dipendere la libertà della discussione e del voto dei rappresentanti del popolo. Pur troppo, l'anonimo collega, esprimendo quel suo augurio tanto dubitativo, aveva la mente alle dolorose condizioni odierne della nostra vita pubblica e parlamentare. Appunto per questo, però, io penso, che chi nutre nel petto viva fiamma d'amore per la scienza e per la libertà, chi sinceramente vuole che una legge di riforma universitaria sia stromento alla g1•andezza civile della patria, non all'amor proprio d'un ministro, e che non subisca, il malo influsso della decadenza, anzi della paralisi, che ha colpito l'organismo della nazionale sovranità nelle più essenziali e caratteristiche sue funzioni, è condotto a desiderare per ora non si parli di riforme. L'Università italiana ha vissuto, non senza qualche gloria, più di trentacinque anni, col regime attuale; le riforme testè annunziate, a mio avviso, e a credenza di molti le minaccerebbero nuovi guai, lungi dallo alleggerire il fardello dei mali e dei vizi -presenti. A miglior tempo, e a migliore parlamento, dunque il discutere e deliberare sulla rifo1•,na degli studi supedori. Questo è il voto che io faccio; e sarei sicuro, che il grandissimo numero dei miei colleghi (I) li progelto di legge Baccelli sulla riforma universitaria è ora morto e !,:epo1to ! Però il probema resta intatto e s'impone urgenteme11te a qua]unque ministero, (N, d, R,)

260 RIVIS'fA DI POLI'fICAE SCIENZESOCIALE esprimerebbe il medesimo augurio, se le sorti del progetto fossero rimesse alla deliberazione dei professori. In verità, oggi direbbesi che si voglia discutere della riforma universitaria, solo perché l'on. Baccelli deve avere la soddisfazione di intitolal'e dal ben più larga a questa autonomia, conferendo alle Facoltà il diritto di scelta e di proposta dei professori, salvo al ministro soltanto il diritto di veto in casi eccezionali .. Curioso sintomo dello spirito che dettava le proposte governative, questa formale istisuo la legge di riforma; ma forse è convinto tuzione, a favore del ministro della pubblica istrualcuno che la legge, quale si viene preparando, contenga proprio la riforma desiderata? Kè è convinto lo stesso Baccelli? - A mio avviso non può essèrlo, lui primo; giacché la Commissione ha tarpato le ali al suo progetto, eliminandone le novità più salienti e più radicali. E poiché una rifo1·ma non é tale se non introduce qualche novità, né vale la pena di farla se le novità non sono sostanziali ed anche ragguardevoli, così mi pare evidente che il Baccelli non possa e non debba riconoscere più la sua riforma, sotto le succinte spoglie in cui la restr·inse il controprogetto della Commissione. E mi pare che la Commissione, meglio avrebbe oprato dal canto suo, se, respingendo, come à creduto di fare, i concetti fondamentali della riforma Baccelli, fosse venuta a cuncludere con una pregiudiziale, proponendo la sospensione dei lavori del Parlamento sopra questo oggetto·, anzi che venire innanzi col disegno di una riforma che ... non riforma, e che lascia intatto il bisogno di riformare. Ver.9 é che i nove articoli della Commissione (i tre ultimi non contano) intt-oducono nella legislazione universitaria gualcite disposizione nuova; ma torniamo a dire: si tratta forse di novità sostanziali? lo non me ne sono persuaso; né credo che possa pe,·- suadersene alcuno il quale viva, nell'Università. So poi valga, la pena di fare una legge per sanzionare queste novità, è qua.nto brevemente mi accingo itd esaminare. La Commissione non ha a,vuto difficoltà a contentare il ministro nelll\ innocua fbima di proclamare la triplice autonomia, giuridica, didattica o amministrnti va dello Uni versi tà (art. l ). Ho sempre desiderio di spiegazioni, che non trovo ne. nella relazione ministeriale, nè in quella deUa Commissione, sul concetto che si ha, propugnando questa famosi\ proclamazione della triplice autonomia. li genio latino si piace di belle frasi; e io dubito che anche questa volta esso stia apparecchiando uno dei suoi frequenti giochetti. I legislatori crederanno di avere sanzionato una gran cosa .. , , ma non si tratta che cli grosse parole. Cominciando dalla. autonomia didattica, che è veramente essenziale, là dove si parla d'o1·dinamento di studi, non vedo come e quanto il progetto innovi a quella autonomia di che attualmente (e necessariamente) già gode l'insegnamento universitario, e che, modesta e limitata quale essa é, niun riformatore potrebbe avvisarsi di sopprimere o diminuire. Voleva il progetto governativo dare una base nuova e zione, del « diritto di veto», prerogativa, infino ad ora, dei capi degli stati parlamentari! Di1·itto, dopo tutto, perfettamente inutile, una volta che, essendo progettato di dare alle Facoltà solo il diritto della proposta, non quello della scelta, riusciva conseguenza naturale, anche senza esplicita dichiarazione di legge, che il ministro potesse, per gravi ragioni, non dar corso a tale proposta; nel che si sostanzia appunto quell'effetto che sotto lo spropositato e ampolloso nome di « diritto di veto » si voleva sanzionare, :t-.fa la Commissione della· Camera soppres;e questa parte della riforma; e volendo pur lasciare l' illusione che qualche nuovo provvedimento sia dato a p.rò della autonomia didattica, ne va additando le tracce nella dispòsi:done che attribuisce ai professori le tasse ,d'iscrizione ai corsi. Il che proprio non sembra che abbia veruna relazione con l'autonomia didattica; e potrebbe se il provvedirqento sembrasse utile essere decretato anche senza la pompa solenne di una legge di riforma universitaria. Circa i criteri che determinarono la Commissione a diffidare delle Facoltà per la nomina dei professo!·i, pur troppo non sento il coraggio di muovere sostanziali obbiezioni. Ma appunto davanti ad un fatto così grave come questo, la mente si arresta e ripensa: Una commissione parlamentare, composta in maggio,:anza di professori uni versi tari (su nove, cinque, compreso il Danieli che da qualche anno appena è uscito clall' insegnamento), che ha un professore di g1·ido a presi,dente, e un altro professore, ancor giovane, ma meritamento stimato, a relatore, non si perita di negare alle Facoltà quel largo e fondamentale potere di auto-governo che il ministro' offeri va; e a lui, che s'appagava per sè del modesto, eccezionale, diritto di veto, restituisce intera la funzione che oggi esercita nella nomina degli insegnanti! Di riuale grave malattia, negli organi collegiali del1' istruzione superiore, e sintomo siffatta dichiarazione di sfiducia, di cui altra più eloquente non saprebbesi ideare ? É vero che anche il ministro della pubblica istruzione è professore p1·ovetto e stimatissimo; ma tutti sanno che, come autore di progetti di rif'or.na, pecca per una marcata tendenza verso quell'idealismo che è fratello carnale dell'utopia; laonde fra il giudizio di lui e quello della commissione parlamentare, circa l'attitudine delle Facolta a ben esercitare la piena autonomia didattica, nessuno può dubitare che il secondo sia il più attendibile. Ora, la ragione precipua dello stato di fatto che

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 261 legittima le diffidenze nudl'ite dalla Commissione, pare a me che si debba ricercare nel soverchio numero delle nostre scuole universitarie. Dicendo questo, tocco al punto più vivo e scottante della quistione; quel punto nel quale di nuovo si è rivelato profondo, anzi radicale, il dissenso fra il ministro e la Commissione. Il ministro, riconoscendo il male di questa molteplicità eccessiva di scuole superiori, ma non osando proporre rimedi di attuazione immediata aveveva imaginato un espediente per giungerne indirettamente alla riduzione. La Commissione, anche per questa parte della riforma, ha fatto un passo indietro, e ha voluto confermare lo statu quo. Essa infatti ha soppresso di netto l'art. 6 del progetto ministeriale, che disponeva la abolizione ipso iure delle Facoltà o Scuole nelle quali, per due anni consecutivi, il numero totale degli studenti non corrisponda almeno ad otto volte quello degli anni di corso. Non credo che questa disposizione sarebbe stata la migliore possibile; affermo che è un grave vizio del controprogetto parlamentare avere voluta salva ad ogni modo la vita di ogni istituto universitario, per quanto tisico od anemico. Conosco le molte ragioni che sono state addotte in difesa delle Università minori; ma altrettante obbioiioni sono pur state portate contro queste ragioni. E a prescindere dall'analisi del lungo dibattito (che potrebbe anche essere interminabile), 1•itengo che la decisiva condanna delle scuole che hanno penuria di scolari stia appunto nel fatto di questa penuria. Si dice che le Università sono i soli centri della vita scientifica in Italia; ma non si riflette che appunto la loro esuberante molteplicità è quella che impedisce la formazione di altri centri dirnrsi di questa vita. Si dice cl,1edove è minore il numero degli scobri è più intenso lo sviluppo degli studi; ma non si osserva che, malgrado le bella figura rettorica, i professori di qualche valore, o non vanno in queste Università disertate dai discepoli, o, se vi vanno, sospirano impazienti il momento di abbiJ:ndonarle, nè si dan pace fino a che tal voto non sia esaudito, nè rifuggono a tal uopo da notevoli sacrifizi ; è perfino avvenuto che professori, da parecchi anni ordinari, pur di entrare in una dello Univor.;;ità maggiori, concoi r~ssero a 1,0.;;tidi straordinario. E intanto, questo soverchio numero di Università produce il pernh:iosissimo effetto di creare esuberanza di cattedl'e disP.onibili, nelle quali anche le mediocrità. più modeste trovano collocamento; così vanno formandosi nuclei di interessi poco o punto scientifici, vere chiesuole locali, o consorterie chiuse, intente a vivere per vivere pit1 che per dal'e incremento alla scienza. 11 che non disconosce, ma anzi pone in rilievo, la Commissione p,ìrlamentare, in uno dei brani più veri ed efficaci della relazione dettata dal Fusinato: « La pressione delle amicizie di scuola o di parentela, gli intrighi locali, le mutue condiscendenze inevitabili, farebbero sì che in breve periodo di tempo le Università, e specialmente quelle delle città minori, si trasformerebbero in corpi regionali, con estrema jattul'a della scienza e dell'insegnamento ». Se così è ( ed io sono fra i primi a convenirne), la logica imporrebbe di desiderare e favorire la scomparsa. di questi organismi, quasi parassita.rii, che impediscono il rigoglio della libera vita del!' Università italiana, nello svolgimento della più preziosa e vitale fra le sue funzioni, la autonomia didattica. Lasciate vivere soltanto un numero ragionevole di grandi e fiorenti Università, e vedrete presto svanita ogni ragione di temere le pressioni delle amicizie e delle parentele, gli intrighi locali, e gli altri malanni di simil genere. E non vi paia invece preferibile quello che è il pessimo fra gli espedienti, negare cioè la piena autonomia didattica, per rendere compatibile la vita delle piccole e mal frequentate Università, conservando le quali non vi accorgete di prestare ancora un servigio, più che altro, a queste influenze di amicizie, di parentele e di intrighi locali ! Una osservazione che dovrebbe ammonire i difensori delle piccole Università, e farli ricredere, è ancora questo: che vanno ogni giorno sorgendo difficoltà nuove a copril'e tutte le cattedre dall'insegnamento delle varie Facoltà richieste. Per non dire che della Facoltà giuridica, a me meglio nota, sono ormai parecchi anni che va aumentando il numero delle cattedre vacanti, non solo per materie secondarie, ma altresì per certe discipline fondamentali: basti indicare, il diritto costituzionale, il diritto e la procedura penale, il diritto amministrativo, la procedura civile, la filosofia del diritto, la statistica, la scienza delle finanze, il d\ritto ecclesiastico ; nè dai concorsi esperimentati si ebbero tali frutti che rivelassero l'abbondanza, e nemmeno la sufficienza di valenti cultori di queste discipline. Che significa ciò? Che significa lo spesseggiare degli incarichi, coi quali si è costretti a supplire alle avvertite deficienze? Mi pare che simili fenomeni significhino per l'appunto essere troppe le Università ed essere impossibile in ciascuna di esse il regolare svolgimento della vita scientifica che è loro alta ed esclusiva missione. E taccio d'altro; ·e in particolare della concorrenza (già più volte stigmatizzata) che fannosi certe scuole, in modo meno degno, con le eccessive facilitazioni negli esami, con la cieca prodigalità nell'esonerare gli studenti dalle tasse, nel favorirli di sussidi o borse di studio ; fatti questi ben noti, e dolorosamente noti, a chi vive nel nostro mondo p1·ofessionale. Ma ,ì che prò insistere? Da quando in Italia si cominciò a parlare di riforme universi tari e, entrò

262 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI nella coscienza pubblica il pensiero e la convinzione che queste dovessero incominciare dalla riduzione delle Università. Senza tale provvedimento, il paese non capisce che si possa sul serio parlare di riforme. Il progetto governativo, molto timidamente e indiretta· mente, mirava a diminuire il numero delle Università, e collegava al concetto della sopravvivenza dei più forti e vasti organismi l'attribuzione ad essi della delicatissima prerogativa designata col nome di autonomia didattica; - senza di ciò, con quali propositi il ministro ha potuto concordare con la Commis. sione uno schema di legge per la riforma universitaria? Forse per la proclamazione delle altre due autonomie: la giuridica e l'amministrativa? Non mi pare che si possa pensarlo. L'autonomia giuridica, cioè la personalità civile, le Università già la posseggono; e non è col dic_hiararla una volta di più che si per• suaderanno i Mecenati d'Italia (a proposito: dove più alligna ormai in Italia la pianta dei Mecenati?) ad essere larghi di doni o di lasciti alle Università. Quanto all'autonomia amministrativa essa è una vana parvenza. Si semplifichi o si complichi qualche c-ongegno burocratico, le Università continueranno sempre ad avere dallo Stato quanto danaro allo Stato piacerà di assegnare ad esse. La do'azione fissa è un assurdo, giacchè i bis~gni scientifici non sono e non possono essere fissi ; - ma poi, chi non comprende che con la legge del bilancio potrà sempre essere derogata la legge universitaria, e potranno (senza uscire dalla più rigida costituzionalità) essere fatti quanti strappi si voglia alla fissità delle dotazioni? E chi dubita che nelle sempre incombenti strettezze della finanza italiana, governo e parlamento non si daranno aiuto pronto e soccorrevole per deliberare questi strappi? Se qualche illusione in proposito poteva essere. alimentata dal progetto ministeriale che costituiva le Università dirette creditrici del tesoro (art. 2), per la loro d,tazione fissa, che avrebbero potuto quindi esigere intera, anche esercitando azione giudiziaria, nessuna illusione è lasciata dal controprogetto della Commissione, che ripristina gli sta1i.ziamenti del bilancio dell'istruzione pubblica nella loro forma attuale. Così che le singole Università non sarebbero più creditrici dello Stato, ma riceverebbero dal Ministero dell'istruzione quanto esso sia in caso di_dare, secondo la potenzialità del bilanci o votatogli. E accadrebbe di nuovo tutto quel che finora va accadendo, con scandalo grande e con maraviglia di tutti, ma fra il silenzio e la supina rassegnazione dell'universale ; che, cioè, perfino i fondi destinati a pagare gli stipendi dei professori, sono impiegati, a beneplacito di Sua Eccellenza, per tutt'altri scopi ; o si pagano molti professori delle Università molto meno dei più modesti scrivanelli o portieri del ministero. Nè per attribuire ai professori lo tasse di iscrizione, una e due volte falcidiate, vale la pena di scr:vere una legge di riforme, dal momento che le Università si lasciano sussistere nell'antico numero e quindi con l'antica povertà di frequentatori, sì che il profitto derivante ai maestri dalla partecipazione alle tasse d'iscrizione sarà derisorio per i più, e per non pochi nullo addirittura. Certo vi saranno alcuni privilegiati nelle pochissime Università meglio frequentato; e che brutta gara di cupidi 0 ie si scatenerà allora per ogni cattedra che in esse rendasi vacante! Quanti intrighi si ordiranno per giungere primi al palio! Chi vive nel mondo universitario, che ha insieme alle sue glorie anche le sue debolezze, mi comprende benissimo, e meco converrà nel desideraro che non venga sanzionato nella f, r .na ora progettata il provvedimento in parola. La condizione economica dei professori ha urgente bisogno di essere migliorata; ma non è col creare ingiuste di_sparità di trattamento che vi si possa provvedere. Si sopprimano le Università inutili; così si rinforzerà il bilancio; e al tempo stesso si assicurerà una media. di studenti abbastanza forte a tutte le Università, rendendo sensibile dovunque il profitt,o dell'attr:buzione delle tasse agli insegnanti. Se no, meno peggio lasciar le cose come sono. Altre disposizioni di rilievo, nel disegno di riforma sono quelle concernenti gli esami. Io mi asterrò dall'analisi particolareggiata di 11uesta parte, giacchè essa appare evidentemente di una importanza secon • daria. Ciò a cui deve mirare una riforma dell' insegnamento superiore è, innanzi e sovra tutto, il rinvi• gorimento dégli organismi Universitari, a maggiore vantaggio dellc1.scienza e della istruzione. Se questo intento non si ottiene, anzi non si cerca nemmeno di ottenere, i guai presenti si perpetueranno ; e sarà inutile modificare i sistemi degli esami per sapere come si insegna nelle Università. Se vi si insegna qualche volta insuflìcienLemcnte, la colpa è dello Stato, che fino ad ora non ha saputo, o non ha po tuto, o non ha voluto mdtere le Univer~iti e i professori in grado di insegnar bene e con quella larghezza e diligenia cho sarcbbJl'O desidt r-ibili. A me pare che le proposte della commissione parlamentare lascerebbero, per questa parte essenziale, il terup J che trovano; è perciò che mi sembra inutile perfettamente il pensare alla riforma degli esami, che in qualunque modo organizzati, corrisponderanno sempre, per necessità logica inesorabile, alle condizioni della scuola. Dateci una scuola davvero eccellente, e gli esami potrete anche abolirli del tutto. Lasciate che la scuola sia mediocre o cattiva; e gli esami più o meno artificiosamente combinati, non varranno a renderne buono l'insegnamento. L. MORTARA Professore all'Univer,it~ di Pisa.

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 263 SulprobledmeallPaerequazione ( Conclusioni present,Lte alla Società Italiana degli Agricoltori dati 'Ing. Giusep11eGarbarino )(1) 1. Credo essere interesse generale d' Italia e particolare di ogni provincia e comune eseguire ex. novo al più presto, nel modo migliore, e colla minore spesa possibile, l'accertamento geomet1·ico ecl uniforme della proprietà fondiaria. 2. Escludo, siccome non necessario anzi dannoso: a) il rilevamento particellare; b) l'estimo per qualità e classi. 3. Preferisco l'estimo sincrono delle singole proprietà. in base al valore capitale di compra e vendita ed in base alle denuncia controllate sopra luogo. 4. Provvisoriamente ammetterei anche un riparto d'imposta per contingenti provinciali, stabilite: a) in ragione composta della superficie produttiva e della popolazione agricola; b) in ragione dei prodotti e prezzi denunciati da ogni provincia per la statistica agraria. · 5. Ritengo necessario il catasto probatorio o giuridico per tutta Italia ed a tale scopo ritengo indispensabile il rilevamento geometrico perimetrale delle singole proprietà. 6. Ritengo impòssibile qualsiasi catasto probatorio mediante le mappe vecchie aggiornate, queste però possono facilitare il lavoro nuovo, quali semplici indicazioni. 7. Credo che un catasto nuovo probatorio si possa fare in meno di 10 anni e colla maggiore esattezza e con una spesa non superiore a 100 milioni. È sempre stata ed è mia convinzione che tale grandiosa opera o si fa presto, hene e con poca spesa, oppure non si fa. Il passato pur troppo mi dà ragione. 8. Per un catasto puramente fiscale cioè da se1·- Yire soltanto pel riparto dell'imposta, non è necessario l' accertamento geometrico nè particellare della proprietà e non è neppure necessario l'estimo· del reddito per qualità e classi. Similmente per un catasto giuridico probatorio della proprietà non è necessario spingere l'aumento geometrico e la stima del valore venale fino alla frazione della medesima cioè fino alla particella. A raggiùngere il primo scopo bastano i contingenti stabiliti nel modo indicato. A raggiungere il secondo basta l'accertamento e la conservazione dei perimetri della proprietà !)_ Nessuno, pet' quanto autorevole egli sia, può fin d'ora asserire che e quanto una o pitt provincie paghino cl' imposta piìt o meno di una o di altre provincie; ciò si ·aprà soltanto quando il catasto estimativo della proprietà sarà compiuto; anzi come disse i, Minghetti nella sua relazione, il catasto è re,· questo che si compie. (11 L' Ing:. G::trbino è il pii, eminente cata~tologo <I" Italia. N.d.D. l O. Non credo che sia interesse delle provincie italiane, che ebbero la promessa del catasto accelerato lo insistere nella esecuzione della legge 1 Marzo 1886 tale quale è, essendo la medesima difettosa in molti articoli fondamentali, ingiusta antipat1·iotica nell'art. ,13_ Difettosa in tutti gli articoli, che riguardano il rilevamento particellare e l'estimo per qualità e classi. Non occorre ora ripeterne tutte le ragioni, i meschini risultati finora ottenuti lo provano. Ingiusta nell'art. 47 perchè crea e sanziona la sperequaz:one fra le provincie; sperequazione che è per se stessa un' ingiustizia; infine perché induce nella tentazione e porge anche il mezzo di stabilire redditi imponibili assai minori del vero. Antipatriotica nel medesimo art. 47 perchè semina la discordia fra le diverse provincie del Regno. 11. Per le provincie che oggi hanno l'acceleramento credo sia massimo interesse accettare senz'altro le condizioni fatte loro dall'art. 3 del progetto di legge presentato alla Camera dei Deputati nella seduta del 25 Novembre 1895, ed unirsi con lieto animo a tutte le altre provincie per reclamare dal Governo l'esecuzione sul serio e senza ulteriori ritardi del Catasto giui·idico probatorio p1·esto, bene e colla minore spesa possibile. Ciò che io intenda per Catasto giuridico probatorio e come lo vorrei eseguito ho già indicato nei miei scritti pubblicati prima e dopo la legge l :\farzo 1886. Ing. GIUSEPPE GARBARJNO. SociologeiDa irittoCommerciale Ci) Continuazione e fine. Vedi N. prcceclrmte. IT. Come il diritto in genere, così il diritto commerciale in ispecie, ha economica la base e sociale la funzione. Ma, il riconoscimento della relatività del diritto commerciale con la economia è fatto scientifico recente, poichè i giuristi non ebbero scrupolo di sacrificare alla rigidità del principio astratto eticogiuridico la naturale flessuosità e variabilità del fenomeno economico del commercio. Malgrado cotesto riconoscimento, nessuno si era provato di costruire una teoria sociologica e giuridica del commercio, teoria che dovea svolgersi particolarmente dall' esame di quella funzione ctetica o p1·ocacciatrice per cu_i l'uomo si voige, sotto l'impulso del bisogno, alle cose necessarie ed utili all'esistenza dell'individuo e dell'aggregato sociale. Cotesta analisi rivolò le manifestazioni diverse di quella attività, a seconda che gli atti procacciatori si svolgono nella società a terra libera ed a gruppi semplici, ovvero nella società a terra limitata e a gruppi composti.

264 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI Nel primo stadio, i singoli ed il gruppo, individualmente e collettivamente, non procacciano che quellà <Juantità di materia che basta al godimento e alla produzione del gruppo (legge di saturazione dei bisogni). Nel secondo stadio, si inizia l'accumulazione come strumento di lotta contro la resistenza del tempo per provvedere ai bisogni che nel tempo si ripetono. Ed allora, il bisogno di un più largo adattamento e la legge del minimo mezzo amplificano la legge di saturazione in legge di compensazione delle . raccolte o dei prodotti accumulati col lavoro. Avviene così che l'attività procacciatrice acc1uista una funzione di solidarietà e di socialità espressa col doppio fenomeno della divisione del lavoro e dello scambio, in guisa che tutti gli atti procacciatori che, in seguito a quel doppio fenomeno, si specificano come atti dell'individuo, sono atti del gruppo; atti sociali, aventi sociologica la causa, sociologiche le influenze e sociologici gli effetti. Forme concrete della funzione ctetica sono l'industria e il comme1·cio, cioè la complessa attività degli scambi svolgentesi con carattere speculativo di trasporto, di credito, di compra vèndita. In relazione poi alle leggi del minimo mezzo, della selezione e della eredità, il commercio rappresentò, rispetto allo scambio, l'asservimento dei deboli da parte dei forti, e il diritto che dicesi comme1·ciale, costituì il dirit,to dei forti. · Di qui la definizione economica e giuridica del commercio. Il quale, ne' riguardi della funzione sua, vuolsi considerare sotto un duplice aspetto e, cioè, sotto l'aspetto privato e pubblico, secondochè le manifestazioni del diritto che lo disciplina sono dirette ad accrescere la massa individuale o sociale delle utilità, ad aumentare e ·migliorare i mezzi di vroduzione, o gli strumenti di difesa che ogni aggregato sociale impone a sè stesso. Ciò posto, è facile dimostrare che il fondamento di tutto il diritto privato è economico, come ne è sociologica la funzione, e che gli istituti della famiglia, della proprietà, del dir:tto successorio o contrattuale ecc. disciplinati dai codici, hanno la loro base nei rapporti economici esclusivamente capitalistici (Loria-, Les bases économiques de la constitution sociale, Paris, 1894, Cap. I. pag, 84, Cap. IIL pag. 99, 100-104, 106; Cimbali, La nuova fase del diritto civile, To1•ino 1889, Fratelli Bocca, Introduzione pagina 11). Se pertanto, individualistico è il contenuto delle vigenti legislazioni, esse diventano sempre più disadatte alle esigenze dei tempi moderni nei quali il centro di vita e di azione spostandosi gradatamente dall'unità individuale passa con progressiva rapidità nell'unità sociale per effetto del lento processo di disgregazione che rende sempre più intollerabile il diritto che ne è l'emanazione. Di qui la necessità di pronte ed efficaci riforme per regolare i singoli rapporti giuridici in correlazione al perfezionam<Jnto e alla natura e<10nomica degli elementi che entrano come determinazione obbligatoria dei singoli istituti, Codesta necessità di riforme ha suscitato anzitutto, la controversia intorno alla formazione di un codice unico di diritto privato in contrapposto al principio della autonomia del diritto civile e del diritto commerciale, controversia che può ricevere soluzione adeguata dalla indagine sulla causa ed origine dtl diritto privato. Correlativo a tale analisi è il riconoscimento che tutte le funzioni della atti I ità umana possono ridursi a due: la genesiaca e la procacciatrice equilibrate dal principio della libe1·tà e della responsabilità, nel senso che l'uomo deve frenare la funzione genesiaca che sfugge ali' impero di qualsiasi legge proibitiva. con la coscienza delle responsabilità economica avente per limite di sviluppo la funzione ctetica. Il diritto di p1·oprietà evolutosi dal sentimento di pe1·tinenza cooperò a mantenere l'equilibrio fra le due funzioni col rendere più intensa ed estesa la attività procacciatrice; sicchè il lavoro divenne il fulcro su cui, a guisa di altalena, le due attività giuocano di forze e in cui, se ugualmente sviluppate, trovano la loro naturale elisione. A contenere rntro la resistenza dd fulcro la potenza delle forze esterne, ha contribuito il diritto, equilibrando la libertà di generare mercè la responsabilità dei generanti, la quale, men1re, da un lato, sviluppa maggiore attività procacciatrice nel generante, rappresenta da un altro lato, il limite giuridico imposto alla attività genesiaca. Alla stessa guisa, la difesa del diritto di appropriarsi le sole utilità acquisite col proprio lavoro, costituisce il limite giuridico imposto alla attività procacciatrice. A tale difes1 si connette l'orJine dei diritti privati o civili, al quale appartengono anche i diritti che sorgono dai rapporti e dallo sviluppo della attività degli scambi, perchè 11nche questi sono della' stessa natura obbiettiva e subbiettiva dei primi; sono, cioè, privati o civili, mir.1ndo, al pari di quelli, ad equilibrJ.re la popolazione alle ricchezze, !'attività gcnesiaca alla procacciatrice. • Di qui la unità del diritto privato malgrado il dualismo consacrato dai codici fra l'att.ività giuridica civile e l'attività giuridica commerciale. Le ragioni sto1•iche del so1·gere del diritto commerciale come diritto autonomo, cioè la egoistica prevalenza che i commercianti uniti in corporazione vollero assicurarsi per farsi soverchiatori, non esistono più di fronte alla grande uniformità della vita moderna, alla libertà consentita all'esercizio del traffico, all'influenza che l'idea sociale e il mutualismo hanno esercitato per allargare la sfera dei rapporti

RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 265 di scambio. Quell'autonomia pertanto è un anacronismo il quale perpetua il contrasto fra il sistema legisla,tivo e la unità della vita economica. Il Codice di commercio deve dunque compenetrarsi nel civile e il diritto privato assumere forme e contenuto nuovi per modo da non far subire ai consumatori una legge che è fattà ad esclusivo favore dei commercianti, espressione di una vera lotta di classe a rovescio, lotta dei contraenti commercianti contro i contraenti non commercianti, lotta del grande capitale contro il piccolo capitale. Impossibile dunque ritardare la riforma dei codici, la quale, prendendo le mosse dall'ultima fase della evoluzione, deve reintegrare l'elemento individuale nell'elemento sociale spostando il diritto privato dalla unità individuale alla unità sociale; dalla proprietà, al lavoro.~ . Oggi non è più possibile nè un codice civile che è la legge di quella piccola parte della società che ha nelle sue mani il possesso fondiario, nè un codice commerciale, legge di classe, che offre in olocausto a certe pretese esigenze mercantili gli interessi dei consumatori e che arma contro il pubblico quel capitale improduttivo commerciale che poi compie o vere spoliazioni, o genera perturbazioni economiche, come le crisi e i fallimenti. Oggi si deve parlare di un codice privato sociale, il qm,le adatti gli istituti fondamentali dell'ordinamento giuridico vigente a' postulati del socialismo scientifico alla mercè di una maggiore limitazione sociale ddla liberlà e di un correlativo aggravamento sociale anche maggiore della responsabilità individuale, sia ne' riguardi dell'attività genesiaca, (eqitiparazione della prole illegittima alla prole legittima - ricerca della paternità - rinnovamento delle istituzioni pupillari e della pati·ia podestà - istituzione dei beni di famiglia - riduzione del grado sitccessorio ecc), sia ne' riguardi deL l'attività procacciatrice (coordinamento a un comune principio delle varie forme di prop,·ietà individuale - ampliamento delle modificazioni ond' è suscettibile la teoria delle se1·vitù a vantaggio sociale - adattamento del principio giuridico della Comunione alla proprietà della terra e alla socializzazione mercè una forma socialmente perfetta di collettivismo - revisione del sistema contrattuale e, in ispecie, del contratto di locazione- di opere e di servizio ecc.). Già, governanti e legislatori, conservatori per istinto e individualisti per nascita, per forza di leggi o di consuetudini, si piegano lentamente a socializzare istituzioni e diritti. Strade, fer1ovie, poste, telegrafi, telefoni, musei, pinatocoteche, biblioteche che prima erano proprietà e funzioni individuali, sonò diventati proprietà e funzioni sociali, alla stessa guisa che la illuminazione pubblica, i pubblici giardini, gli · acquedotti e le fontane, i presepi per l'allattamento, le case di correzione, gli asili per l'infanzia, l'istruzione primaria, e, in parte, anche l'istruzione secondaria, sono esempi dì collettivizzazione o socializzazione dei ~ezzi di godimento e di produzione. Una serie di leggi speciali, addiettive o estravaganti ànno allargato ampiamente la sfora del diritto privato, e, accanto a queste, altre leggi dette sociali crearono instituti nuovi diretti a consacrare la esistenza e il funz,onamento, i rapporti e la tutela di persone, beni attinenze nuovi, rappresentando altrettante deroghe ed eccezioni ai canoni indi vidualistici dei codici che rispecchiano le condizioni economiche, sociali e giur~diche di un periodo oltre passato. Deroghe ed eccezioni che, allargandosi con crescente rapidità, finiranno per esautorare del tutto i vecchi codici. Di qui la necessità di codificare il diritto privato quale è venuto evolvendosi dalle nuove relazioni economiche e s0ciali per modo che la legislazione organizzi e coordini intorno ad un unico principio scientifico il vecchio e il nuovo, sulla base dei bisogni manifestatisi nella vita sociale contemporanea. * *. Questo il contenuto, questo il fine dell'opera coraggiosa e geniale del Tortori. Arduo e paziente lavoro di analisi, di critica e di ricostruzione il quale non avrà l'effetto che sembra vagheggiato dall'autore, di ammorzare, cioè, la lotta fra capitale e lavoro, ma, al contrario, quello di rendere anche più manifesto e stridente l'antagonismo fra proletariato e borghesia segnalando le graduali conquiste che il primo ha fatto e stà facendo ai danni di questa, cui l'azione incalzante del proletariato cosciente costringe ad ap1,licare, a vantaggio dei diseredati, que' principi di c 6 uaglianza e di libertà in nome dei quali essa è surta a combattere e sopprimere ogni forma di privilegio. Avv. VI'l'T0RIOOLIVIERI. -/'-../". /'-..,~/ /,./"'-..../~/',.._/'\,,/"~~ ELOQUENZA DELLE CIFRE · L'ultimo numero dell' ottima Revue Socialiste (1) ha una rassegna del Thur0w sul partito socialista tedesco nel 1895, dalla quale to 6 1iamo alcune cifre che e' inspirano una forte malinconia pel confronto coli' Italia eh' esse ci suggeriscono. Vogliamo occuparci delle sole cifre, ma sentiamo il dovere di constatare, di volo, che in quella Germania che da noi ancora si chiama feudale, e che inoltre ha per imperatore un pazzo non privo di simpatiche qualità ed infervorato pel diritto divino, i deputati socialisti godono in Parlamento di una libertà di parola e di condotta eh' è assolutamente sconosciuta in questa Italia così detta democr..itica, eh' è una umiliante cario,,tura di quello che dovrebbe essere una nazione. A questa conclusione veniamo riflettendo a due noti incidenti svoltisi nel Reichsta/ (I) Febbraio 18%.

266 RIVISTA DI POLITl'JA E SCIENZE SOCIALI l'uno si riferisce all'-urrà in favore dell'Imperatore al quale non vollero associardi i socia.listi, che sottolinearono la denegazione dell'omag 6 io col rimanersene seduti quando gli altri deputati si levarono in piedi; l'altro riguarda il rifiuto del saluto a Bismark in occasione dell'ottantesimo anniversario delht sua nascita. Per comprendere meglio il valore di questi due incidenti si deve esporre il seguito del primo e il precedente del secondo. In quanto al primo si sappia che il procuratore Generale di Berlino non volendo lasciare impunito l'insulto ali' Imperato1•e domandò l'autorizzazione a procedere contro Liebknecht per delitto di lesa maestà. Il Reichstag con 168 voti contro 58 respinse la domanda.. La importanza del secondo sta sopratutto nel fatto che il voto che il Presidente del Reichstag voleva trasmettere a Bismark era voluto in fondo dall' linperatore. Ciononostante la Camera lo rifiutò con 163 voti contro 146. Si arriva nemmeno a pensare che il Parlamento italiano neghi un atto di servilismo - anche verso un qualsiasi Piripicchio - se esso viene domandato dal suo Presidente e si sa che riuscirebbe gradito al Re? •. E torniamo alle cifre, tanto confortanti pel partito socialista tedesco e tanto umilianti per noi. In Germania vi furono nel 1895 trentanove giornali quotidiani socialisti; in tutto, il partito dispone di settantanove organi politici; di cinquantatre organi dei sindacati operai; di una rivista scientifica ebdomadaria, la Neue Zeit; di due giornali umoristici, il Wahre Jacob e il Sliddentscher Postitlon e di un altro illustrato settimanale di educazione e di ricreazione, il Reue Wett. Il Vorwàrts, l'or 6 ano principale del partito che si pubblica a Berlino, nel 1895 ha lasciato un utile netto di lire 139,420 versate nella cassa del partito. La casa editrice e di libreria del Worwiù·ts durante lo stesso anno fece per lire 185,000 di affari con un utile netto di L. 23,062, delle quali L. 17,500 furono versate nella cassa del partito. Per Natale ha pubblicato un superbo libro di lettura pei figli dei lavoratori : Das Buch des Jugend. E fermiamoci qui senza passare all'esame delle innumerevoli pubblicazioni di propaganda e delle contribuzioni volontarie, per centinaia di migliaia di lire - L. 309,312 e centesimi 50 nel 1894-95 - che permettono_ oggi al partito di disporre di un fondo di cassa di L. 312.500. Non avevamo ragione di dire che queste cifre ci ispirano una profonda malinconia? In Germania i soli socialisti hanno tren'.anove giornali quotidiani; in Italia socialisti, ·repubblicani e radicali riuniti insieme non poterono farne vivere uno solo ! In Germania il Vorwaerls, pagando profumatamente i suoi redattori, lascia un utile di circa 70,000 lird all'anno; in Italia gli arJiti edito1·i di giornali socialisti, radi_ cali o repubblicani hanno dovuto soccombore sempre colla perdita di diecine cd anche centinaia di migliaia di lire I D'onde la enorme e desolante differenza? Certamente a generarla c'entrano le diverse condizioni di educazione e lo spirito di sacrifizio e di solidarietà tanto diverso in Germania e in Italia. Poco, crediamo, v' influiscono le condizioni economiche ; siamo sinceri : chi non sa che i nostri operai delle gr,1ndi città per 1re giorni della settimana - sabato, domenica e lunedì - spendono parecchie lire in vino e altre bevande alcooliche nelle bettole ed osterie dei dintorni? E noi non ci scandolizziamo punto che essi si procurino lo svago a loro consentito ; ma non tornerebbe a loro onore ed a loro vantaggio se risparmiassero pochi centesimi - non più di trentacinque ! - per il giornale? Bisogna vedere che smorfie e sentire che moccoli quando qualcuno li consiglia a leggere un giornale purchessia ; e se uno lo compra lo presta a parecchi altri (1). Ma che cosa vi leggono? La cronaca, o meglio quella parte della cronaca, ché narra i r-:ati clamorosi, i processi e i suicidi drammatici : niente altro ! La causa più generale e più efficace che genera la differenza enorme tra la Germania e l' Italia in quanto allo sviluppo del giornalismo socialista - e in gran parte ancora degli alh•i partiti - va ricercata nella diver~ità delle condizioni intellettuali. In Germania l'analfabetismo è quasi scomparso del tutto e ridotto in proporzioni incaico labili ; in Italia gli analfabeti sono numerosi dapertutto e oscillano tra il 60 e il 70 °/0 nel mezzogiorno. Quanti anni ci Yorranno per diffondere l'istruzione in lblia nella stessa misura in cui è diffusa in ·Germania 1 Molti, moltissimi; pili di quanti i pessimisti p:)Ilsino. Queste differenze intclletLuali, intanto, dovrebbero consigliare sensibili differenze sulla propaganda politico-sociale. Ciò che non intende la maggior parte dei socialisti più attivi e più intelligenti che hanno il grave torto di volere adattare i metodi della colta Germania ali' Italia, la terra promessa del!'analfabe- . tismo. E per noi non è questa la cagione meno seria di malinconiche riflessioni. X. NIETZSCHE E D'ANNUNZIO I. 11 rumore sollevato dal libro di Gabriele D'Annunzio - Le Vergini delle Rocce - romanzo che ha avuto l'onore e la fortuna della discussione più appassionata, delle lodi e delle denigrazioni più esagerate ed anche di affrettate manifestazioni per telegramma in giornali autorevoli, quasi per un palpitante avvenimento politico, indussero me che di ordinario, vivendo tra contadini, non leggo romanzi, a leggere l'ultimo lavoro dell'arcangelo della nuova rinascenza latina - come lo ha proclamato il Vi- {I} Questa abitudine taccagna di prt·starsi un giornale che non vale che cinque centesimi in alcuni paesi del mezzogivrnc. non è pl'opria de' soli operai. In alcune grandi città vi sono dei grassi borghesi abbonati alla lettura di parecchi giornali a un'edicola per un paio di centesimi al giorno.

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