RIVISTA DI P·OLITICEASCIENZSEOCIALI Direttore Dr NAPOLEONE COLAJANNI Deputalo al Parlamento ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno I. - N. Il. Abbonamentopostale . I Roma15Decembre1895 SO'.'>IMAPIO: La Nemesi Africnna, La Rioista - Una Leggenda della Vigilia di Natale (dal russo di r.. A. MatchtetJ, Sojia Pu• ritz. - Il Credito f1.,n<liaro, Aov. David Sacerdoti - Aggiotaggio. Dr. N. Colaja:nni - Per un cortese invito - Sperimentali• smo sociale - Recensioni e Not~ - Libri ricevuti in dono. LA NEMESI AFRICANA I lettori della Rivista - vogliamo sperare - si ricorderanno di ciò che abbiamo scritto nei N. 2° e 8° del 30 Luglio e del 30 Settembre di questo anno relativamente alla parte militare del problema africano. In Luglio fummo dei pochi che non ci lasciammo ingannare dalla intonazione pacifica e modesta delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, colle quali si tentò di attenuare la impressione destata dalle bellicose pal'ole lette dopo stampate - e perciò meditate e approvate con precedenza dal Consiglio dei Ministri - dall'on. Blanc. Noi conoscendo l'uomo, eravamo convinti che accettando l'ordine del giorno dell'on. Di Rudinì, col quale si consigliava la politica di raccoglimento Francesco Crispi ne avrebbe seguita una opposta. L'uomo è impastato colla menzogna e· colla megalomania. I fatti ci dettero ragione ben presto e ci provarono che il governo italiano continuava a farla da provocatore e da conquistatore; e ricordando che la voce della prudenza non viene mai ascoltata da chi è inebbriato dal fumo delle glorie guerresche, .allora preannunziammo che gravi avveniment( preparavansi in Africa, che potevano servire di diversivo alla quistione morale. In Ottobre dopo Debra Ailat, sorridendo di una strombazzata vittoria ch'era stata prova di vigore di garretti, insistemmo sulla fatalità che incombe sui fasti della politica coloniale, sfruttata sempre ad un modo dai cosidetti patrioti - che talvolta riescono a rendere odiosa la parola patria - i quali consigliano sempre di andare avanti sia che si vinca sia che si perda. Così avvenne appunto che dopo Debra Ailat i patrioti non contenti della conquista, troppo facile per essere reale e duratura, del Tigrè, avrebbero spinto l'Italia a quella dello Scioa, del Goggiam, dell'Harrar ecc., come se si trattasse di una semplice passeggiata in piazza d'armi. Soggiungemmo, però, ch'era possibilissimo che il generale Barattieri si pentisse della occupazione di Adua, di Antalo, di Makallè, come· si era pentito di quella di Cassala. Era facile farla da profeta : bastava conoscere mediocremente la storia della politica coloniale; e tutte le nostre previsioni si verificarono. Venne la sconfitta di Amba Alagi - e come dopo la vittoria di Debra Ailat - i patrioti si scalmanano a domandare che si mandino subito in Africa uomini e danari sufficienti non solo per vendicare l'onore della nostra bandiera, ma anche per farla finita col Negus e conquistare tutta la Etiopia. Si può essere sicuri che i patrioti saranno ascoltati e che l'Italia spenderà il sangue prezioso dei suoi figli e le sue scarse risorse economiche nell'Africa tenebrosa. Sulla battaglia di Amba Alagi, nella quale oltre duemila uomini lasciarono la vita, ed alcuni davvero eroicamente come il maggiore Toselli, sentiamo il dovere di fare qualche riflessione, per ora, brevissima. La fatuità, la leggerezza, la imprudenza del Generale Barattieri ci erano note ; ma non credevamo che a tanto potessero arrivare da permettere che una parte considerevole delle sue forze venisse sorpresa e distrutta_ senza che egli nulla avesse tentato per impedire il disastro; sapevamo che il nostro servizio d' informazioni era insufficiente ma non da non farci accorg-ere dello avvicinarsi di parecchi eserciti, che formano un totale di oltre cinquantamila uomini, che veniva da parecchi giorni segnalato dagli Inglesi e dalla stampa francese. Il caso umoristico del fulmine di Re Menelik venne superato dal caso tragico di Amba Alagi - ripetizione precisamente identica, sebbene in pii1vaste proporzioni, di Dogali. Oh! il generale Dal Verme può essere contento: l'Africa è davvero una utile scuola di guerra pei nostri ufficiali superiori ! Non discutiamo le responsabilità di Francesco Crispi : il sangue che ci sale alla testa in questo momento non ci consente di farlo con una calma
162 RIVISTA DI POLITICA È SCIENZE SOC!AL! almeno relativa. Ritorneremo sull'argomento per provare quanto essa sia grande immensa specialmente dopo gli avvertimenti insistenti e seYeri venutigli dai deputati, dai giomali militari, dagli opuscoli 1,regevolissimi di Scarfoglio e del Generale Gandolfi. Tutti lo avvertivano dei grandi pericoli che si correvano in Africa e l revedevano una catastrofe; solo Francesco Crispi, nella sua fenomenale incoscienza negava i pericoli e non temeva la catastrofe, non di altro curante che di rimanere ministro. Pee colpe assai minori delle sue Ferry in Francia, Cairoli e Di Robilant in Italia lasciarono il potere; Francesco Crispi vi rimarrà più saldo che mai e la maggioranza, che ve lo manterrà sarà capace di credersi imitatrice degli esempi magnanimi del Senato romano. La farsa in Italia segue immediata alla tragedia. :-;oi in questa orn triste terminiamo mandando il nostro saluto reverente ai caduti di Amba Alagi; lo mandiamo all'eroico Toselli; lo mandiamo al valoroso capitano Issel dalla cui Locca qualche anno fa apprendemmo quanto vano era sperare nei ,_benefici dell'Eritrea e quanto leggero fosse il generale. Barattieri; e lo mandiamo anche ai poveri ascari morti in difesa di una causa non propria, e che per nostra vergogna abbiamo iniziati alla civiltà occidentale educandoli al tradimento della patria. LA RIVISTA. UNALEGGENDA DELLVAIGILDIINAATALE Dal russo di G. A. llfatchtet. Jt tanto che accadde questo ! Accadde in quei cattivi tempi remoti quando nella terra, tra la gente, non esisteva ancora la fratellanza, e gli uomini che guerreggiavano erano indifferenti gli uni agli altri. I più erano fra le tenebre fitte, e nessuno pensava ad illuminarli colle parole della verità. L'indigenza affamata, tremando dal freddo, stendeva la mano scarna ed ammalata a quei fortunati, che popolavano i sontuosi palazzi, qu:1ndo il sangue umano scorreva per ogni futile motivo e le lagrime non destavano nemmeno un po' di compassione. Gli schiavi trascinavano ancora le catene, nell'aria si sentiva il sibilo della frusta, i sacri insegnamenti del Redentore non avevano ancora sradicate dal cuore umano la cupidigia, la cattiveria, l'egoismo ! Era la vigilia di Natale, la vigilia di quel gran giorno in che nacque Colui, il quale per il primo in terra annunziava le parole d'amore, di pace, di fratellanza, cosa per la quale l'hanno messo in croce ... fra due malfattori. Si avvicinava la grande ora - ma la terra peccaminosa non ne aveva coscienza. La miseria af'Ja. mata, tremando, indarno ruggiva: le sue grida e i suoi sospiri furono ricoperti dal selvaggio clamore delle orgie pazze. I fortunati passavano indifferenti accanto ai disgraziati, pe1•recarsi nelle stanze domestiche ben riscaldate. I nemici si preparavano alla lotta. Dalle scure e alte torri venivano i gemiti dei prigionieri le madri abbandona vano le case affidando agli eventi i figliuoli, mischiandosi al baccanale; assieme al pianto di dolore si udiva il riso inebbriato d'una splendida etera. La terra fu allora orribile I ma sovra la terra, nell'onda dell'incommensurabile azzurro etere, in quella sacra notte, come sempre splendevano pacificamente le stelle dorate. A quell'ora soltanto tutto pareva più solenne, più sacro, più sereno. Il cielo era puro, solo qua e là appariva qualche bianca nuvoletta, ma le stelle risplendevano più fulgide e tranquille, menando le loro ridde, nuotando in frotte innumerevoli, l'una dietro l'altra. La giovane luna non aveva l'aria triste, pareva sorridesse allegramente; le figlie rosee della Grande Orsa rilucevano in modo dolce e tenero; più splendido d'un diamante ardeva l'Arcturio; la languida bellezza di Vega brilla va in tutto il fulgore dei colori dell'iride di madreperla. Nel cielo sereno v'era una festa gioconda, poichè si sa, che nelle notti sacre, nascono in cielo delle nuove stelle. Dalla terra peccaminosa arrivavano fin ad esse, le grida e i pianti, i folli schiamazzi delle pazze orgie, le maledizioni, i rantoli degli agonizzanti ; ma in quella notte, le stelle dorate, come sempre non prendevano nessuna parte in tutto ciò, poichè erano tutte assorte nella divina musica della J;,ira celeste. La Vergine delle Stelle cantava ad esse della calma, della pace, della felicità di nuotare nell'azzurro etere. Esse non sapevano nulla della terra peccaminosa e non ne volevano mai sàpere nulla. Che cosa era per loro quella terra piena di peccati, cattiva, pazza, la quale non voleva neppur riconoscere il ma~- stro il quale morì per essa? Neppur una aveva dato ascolto al rumore che giungeva fin a loro, neppur una era scesa dal chiaro, sereno cielo. Ma in quella notte santa, nell'etere azzurro successe un miracolo strano, inaspettato. Le stelle neonate si erano messe in rivoluzione, conturbando la pace comune, la quale da secoli ivi regnava. In gran folla circondarono la Stella Polare, e in mezzo al gaudio, esse apparvero tristi, come se non udissero il canto della Vergine Stella, come se la divina musica della Lira non le distraesse. - Che cosa succede là? sulla terra? - chiesero finalmente alla Stella Polare.
RIVISTA DI PÒLITICA È SCIENZE SÒCIALt 163 - Ah, questo poi non ci riguarda - rispose con noncuranza la glaciale bellezza pura e severa al pari d'un'antica matrona romana. - Ahimè ! Quale vergogna per noi di interessarci di quel fango, per noi stelle serene. Il compito nostro è di nuotare calme nel puro etere ... Ascoltate piuttosto la nostra Lira e la Vergine delle Stelle. . - Siamo afflitte ... - Afflitte! - disse la Bellezza Polare. - E perchè, care piccine ? Guardate, intorno a noi regna unicamente J,1 gioia; noi non conosciamo la tristezza. Le stelle lucenti tremarono, arrossirono pudicamente. - Si, siamo tristi, dissero sospirando profondamente, la festa non è festa per noi ! Quei lamenti i quali giungono dal basso ci commuovono, essi ci impediscono di sentire la musica o il canto, - causa loro, sentiamo tanto la tristezza; è per cagfon loro, che non possiamo godere e navigare tranquille nel silenzioso etere. Ci sentiamo trasportate... vogliamo sapere tutto, tutto quel che succede nel mondo. Abbiamo tanta compassione per la povera terra I .La Stella Polare si coprì di una bianc<nu voletta, per non sentire simili discorsi insensati e si sollevò intorno ad essa un ·certo mormorio: - Si... E come sono ridicole queste piccine, ridevano le stelle della Grande Orsa, sentite a che cosa mai pensano! E che cosa vorreste farne di quella peccaminosa terra, a che serve, quando abbiamo il puro, il libero cielo? Ah! fanciulle, fanciulle, navigate pacifiche e calme al pari di noi. Oh, senti Arcturio, che strani desideri. Il giovane Arcturio rispose: - Ascolto e mi mera viglio! Sono tempi meravigliosi! Costumi strani! Secondo me, signore mie, (si rivolse alle lucenti stelle) il vostro compito è di abbellire il cielo azzurro; e poi sinceramente parlando, ogni dottrina, ogni sapienza, ogni contatto colla lurida . terra non potrà che nuocervi. - Essa, senza dubbio, distinguerà in voi - come dire? ... quella poesia dell'Ignoto quella grazia, quella ingenuità - si quella simpatica ingenuità ... Non è vero? - E il severo Orione disse subito: Appunto, non è permesso di avere delle idee liberali. Voi lo sapete, Arcturio, quale è la mia opinione; anzi tutto l'ordine ... Altrimenti questo sarebbe l'Anarchia. Che cosa ne pensate, Monna Vega? .. - si rivolse a lei, sperando in una risposta adeguata ulla sua. Essa rispose : - Credo, credo bene, che non sia altro che una posa, poichè nella terra non può esservi nulla d'interessante. Pianti e lamenti, mentre che noi abbiamo questa stupenda musica e meniamo le ridde eterne. Le stelle lucenli tremarono d'ira... si velarono i loro chiari rnlti, e con debole speranza si rivolsero ad Aldebarano, il sapiente, - Voi solo forse ci sosterrete, chiesero timidamente, peritandosi di disturbarlo nelle sue ricerche scientifiche. Aldebarano sollevò ardito le ciglia, sorrise maestoso, girò gli occhi con una mossa canzonatoria. - S'intende - rispose, in modo metodico, soffermandosi e trascinando le parole - la sapienza, è luce; l'ignoranza, tenebre; e di questo nessuno dubita. Ma non è da tutti. E di ciò bisogna ben ricordarsi : per la sapienza vi sono gli eletti, appunto quegli eletti a cui destino è il sapere, come il destino della maggioranza per esempio, è di menar danze! - Questa è la parola! Ecco la vera, sapiente, autorevole parola - disse la Vega. Le lucenti stelle divamparono: tutto era loro avverso. La risposta ironica di Aldebarano, sulla quale esse avevano fatto tanto assegnamento, pareva, che le avesse sconfitte d'un colpo. Ma il coraggio giovanile valse a sostenerle, non si dettero per vinte e cominciarono a difendersi. - Comunque sia - dicevano l'una dopo l'altra - noi siamo sincere, quando diciamo che siamo tristi, che ci dispiace per la povera terra, che ci annoiamo di navigare soltanto nell'azzurro etere e sentire le gentilezze d'Arcturio. Vega sorrise, maliziosamente. Arcturio si risentì, ma le piccole stelle continuarono. - Si, si, ci annoiamo, e ci dispiace per coloro, che gemono e sospirano, là, nelle profonde tenebre; crediamo che scendendo nella terra verremmo a conoscere il perchè di questi gemiti e forse potremmo recare ivi con noi l'Amore e la Luce. Pensiamo ... Ma tutto d'intorno ad esse mormor·ava. Le tonde figlie della Grande Orsa scoppiavano dalle risa. - Ah ! ah! ah! stolte ! che cosa ve ne importa della terra? Voi siete solo obbligate a risplendere! - Questa è una ribellione! brontolava Orione adirato - È civetteria, malizia va la bella Vega. - No l disse con condiscenza Arcturio, no, non è altro che trasporto giovanile, generosità di giovani! Questo passerà col tempo, non temete - ma ... ma ... come dire? È magnifico! Quasi piccante. - E l'abile Arcturio strizzò l'occhio dalla parte delle stelle lucenti. Ma io sono quasi d'accordo collo stimatissimo Orione l Prese la parola, senza esserne richiesto Aldebarano impazientito. - Ma questo è davvero un delitto. Ma vi pare ! il mondo ha le sue leggi in virtù delle quali scorre la sua vita, e il volersi immischiare in questo andamento non va, ed è colpevole. Ogni generosità turba l'ordine e non è altro che indizio d'immaturità di spirito. Così la penso iò... - E io - e io - disse soffocando dalle risa la Luna. Ah! io so una sola cosa. Balliamo, danziamo, giochiamo... tra la la la ...
164 RIVISTA DI POLI'rICA E SCIENZE SOCIALI Tutti erano contrari alle fulgide stelle, e ora che non potevano più fare assegnamento su nessuno, si fidarono in tutto di loro stesse. E quando più profonda si fece la notte, tanto più distinti si udirono i gemiti terrestri, tanto più si turbarono le fulgide stelle ... Perciò, non dando più ascolto a nessuno e a niente, a.Il' infuori della propria. interna. voce e di quell'appello della terra, esse scesero d'un colpo - per il gran terrore di tutto il cielo ... Le une si spinsero fra le oscure nuvole, le altre si frantumarono sui rocciosi massi, spargendosi in forma di tesori di oro per la fortuna dei mina.tori futuri, altre arrivarono fino alle nuvole terrestri. Erano le prime stelle cadute dal cielo sulla terra in quella notte sacra: sulla terra peccaminosa. successe un miracolo dopo l'altro. Delle sa.le stermina.te trasformate in .giardino da piante di serra, erano illumina.te da mille fiamme e risplendeva.no di magnificenza, immerse in nubi di profumi aromatici. Vini preliba.ti scorrevano in gran copia, si udi va.no delle risate ciniche; tutto ali' intorno regnava una sfrenata allegria. Nel bel mezzo d'una di queste sa.le stava sopra un piedistallo una splendida baccante circondata da una folla compatta, avida. La donna fissava cogli occhi sfaccia.ti quella gente ebbra, schia. va sottomessa.. Le sue fredde labbra mormora.vano dei discorsi osceni; colla mano bella, come se fosse scolpita nel marmo, essa alzava il calice ricolmo. Ma tutto ad un tratto tacque, impallidì, tremando tutta, e i suoi occhi si velarono di lagrime. Qualche cosa d'ardente s'insinuò ali' improvviso nel suo petto e s'impadronì imperiosamente del suo cuore. Qualche cosa cominciò a mormorare, a 1,arlare in lei, e la peccat1·ice si mise a singhiozzare come una pazza. La folla la guarùava attonita. Con mano feLbrile la peccatrice cominciò a strapparsi di dosso i diamanti e le perle, le quali come catene di onta ravvolgevano il suo formoso seno, e il suo collo di cigno. Essa gettava via con disprezzo quei gioielli, li calpestava come se avesse voluto vendicare su di loro il suo cordoglio, il suo pazzo dolore ... A lagrime calde essa rimpiangeva in se stessa la donna vilipesa, malediva. con appassionata. espressione l'onta, la caduta ... parlava di famigii_a, del dovere di madre, dell'amore di moglie, dell'onore di sorella., parlava anche del dovere di cittadina ! E l'orribile angoscia aveva deturpato le sue stupende fattezze, e il dolore ardente .brillava dai suoi occhi pieni di lagrime ... - È ubbriaca ubbriaca! - mormorava intorno a lei la folla stupita. - No - rispondeva la peccatrice ansante, no! ... In questa sacra notte una stella fulgida ha svegliato in me la coscienza assopita. In un oscuro sotterraneo si trovava un'innocente prigioniero. Quei gravi e tetri muri, tra i quali moriva perfino il rumore delle strade, lo opprimevano; lo opprimevano le tenebre, il silenzio sepolcrale, che ivi regna va ... Solo le catene risuonavano e il freddo rimbombo del ferro si ripercuoteva nel suo udito, come un colpo orribile di martello sovra il coperchio d'una bara. Attraverso la pietra porosa, umida penetrava l'acqua, goccia a goccia, e si riversava. sul pavimento. La solitudine sembrava ancora più tetra per quel monotono suono dell'acqua che ad intervalli uguali veniva a frangersi contro le pareti della squallida prigione. Trionfavano la calunnia e la cattiveria, che lo avevano gettato in quel sotterraneo. Ma in quella santa serata, il misero prigioniero, il quale non si dava per vinto, non perdeva la fede in forza della sua ragione, ma singhiozzava come un bimbo. Egli pensava alla propria famiglia, agli amici, ricordava Lei, che tanto amava e colla quale a.Hebbe voluto partecipare gioie e dolori, e gli pareva più che mai mostruosa la separazione in quella sacra, e lieta serata. Gli pareva di vedere le allegre fiamme del focolare domestico, di udire i discorsi animati dei famigliari e degli amici, di quel circolo caro e amato, nel quale non rimaneva più posto per lui. Lo separavano, cosi gli sembrava, i gravi e tetri muri da tutti, per l'eternità, egli credeva che tutti lo avessero dimenticato, che fosse da tutti messo in disparte e un duLLio .morboso s'insinuò nell'anima sua oppressa. Pareva ch'egli perdesse la fede tanto nel suo diritto, quanto nello stesso trionfo della verità. Ma tutto ad un tratto nel pertugio della fitta inferriata della finestrina risplenùette qualche cosa e in quell'istante stesso l'esausto petto dell'infelice si riempi d'un calore benefico e di luce - si accese di nuovo della gran face di speranza e di fede - sospirò profondamente, si riebbe, asciugò le la.grime e un sonno benefico scese sulle sue palpebre. E la stella lucente, la quale era scesa dal cielo, prese l'immagine di Lei, per la quale l'infelice prigioniero ardeva di un così puro amqre. Essa gli appariva nel dolce sogno, ora sotto forma di quella Grande Cristiana, la quale nel circo dei pagani, sotto agli occhi del popolo sbrigliato, se ne stava impassibile dinnanzi alla tigre, cercando con l'espressione degli occhi meravigliati e nobili quella mano amicltc\'ole, la r1uale gittò ai suoi piedi una rosa bianca; on, la 1·ede1·il.sotto forma di una donna ravvolta di mirto col ramo di ulivo e il. balsamo fr:>. le mani, guarire le ferite prodotte dalle catene di ferro. E quella donna gli mormorava delle parole carezzevoli, incoraggianti: « Non tremare, mio caro,_ non
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 165 perdere la fede della Verità, dell'Amore .... Dal cielo sono cadute le stelle lucenti, esse recheranno e l'amore e la pace e la verità sulla terra peccaminosa. Suonerà l'ora in cui i tuoi nemici si adonteranno clcll'opera loro ». E il prigioniero dimenticò il suo cordoglio, non sentì più il dolore delle ferite, egli credette di nuovo e di nuovo si accese in lui la sacra fiamma della speranza. Un poeta se ne stava triste e pensieroso. Gli erano venuti a noia i carmi, nei quali egli cantava il vino scintillante, le nudità delle belle donne, la voluttà e le carezze della natura primaverile, quegli splendidi carmi, i quali avevano fatto tanto furore ... Egli cercava un altro tema, che rendesse il suo amore per la gente che lo incitasse, che scotesse gli spensierati, gli inebriati colla sua verità spirituale, che accendesse di nuovo la fede nella vita in coloro i quali l'hanno perduta. Ma il tema non veniva, non venivano le armoniose strofe, non le rime sonore. Pareva che il pJeta fosse trascinato da quell'eterno vortice della vita allegra di quella folla fra la quale le loro orribili sofferenze. Ed il poeta riconobbe la debole, ammalata martire. La stella fulgente ne prese l'immagino santa. Il poeta si SYegliò; gli vennero le strofe armoniose, le rime sonore. E il canto profetizzatore proruppe dal suo petto ... Molti altri atti eroici e miracoli fecero in quella santa notte le fulgide stelle. Dall'azzurro cielo le altre stelle le sorvegliavano le une con paura, le altre con curiosità. La leggenda narra, che è da quella notte che cominciarono a cader sulla terra le stelle d'oro. Alcune fra esse si speng_ono nelle oscure nuvole, le altre vanno in frantumi dorati sulle roccie e sono cantate ora in cielo dalla Vergine delle Stelle. Ma di quelle che arrivano fin alla terra canterà il poeta nel suo carme immortale. Ed è perciò che l'Aurora porta più amore sulla terra e gli uomini cercano di far più bene gli uni agli altri; la voce della Santa Verità si fa sentire più forte, più vibrata ... E sempre più si avvicina la Vigilia di quella gran Giornata, quando tutti insieme come fratelli, potremo esclamare: È giunta la nostra viveva in una festa perenne; sembrava che il Genio Redenzione! si fosse spento nel poeta, ch'egli fosse strappato a SOFIA PURITZ. forza da ogni ideale, e il poveretto se ne stava afflitto e tetro, disperato malediva so stesso, la gente, la vita, e in quella notte santa s'addormentò in un simile anatema . Ma durante il tranquillo sonno succes~o un gran miracolo. Gli ora parso, che dal cielo tosse scesa una fulgida stella, e come un'ardente scintilla s'accese sul suo cuore spento ... Un ca,lore benefico si sparse come una calda onda nel suo seno agghiacciato, le lagrime bagnarono gli occhi inariditi, il cervello ravvivato riprese vigore, e nell'anima si svegliò una santa ispirazione. - Tu vuoi un tema per il tuo carme annunziatore gli mormorava la fulgida stella. Ecco, guarda, il tema da te desiderato -. E dinanzi all'occhio spirituale del poeta addormentato si ergeva tutto un quadro. Nel sogno tranquillo gli pareva di vedere un villaggio solitario, ricoperto di neve ... e in lontananza una scuola rurale piccola e angusta. Uno sciame di fi gliuoli cenciosi, rinchiusi in quell'aria serrata, stanno ad ascoltare con avidità la parola vibrante ... Questa pa,roht esce dalle labbra malate d'una martire sfinita. La stella fulgida ha preso la sua immagine. - Gun.rcla ancora avanti!... E il poeta vedeva il campo d'una sanguinosa battaglia ... Un battaglione schierato contro l'altro, ardenti di lotta, di ira, assetati di sangue; e fra il rombo delle palle, la gente cadeva in mezzo ,dle grida e ai pianti. Il sangue umano scorreva come acqua nella valle ... Ma in mezzo al co1nbattimento, fra il frastuono, un cuore generoso batteva d'Amore. In mezzo alla Jott,t comune qualcheduno si è buttato fra i caduti e colle sue carezze ha cercato di lenire IL CREDITO FONDIARIO (Genesi - Orclinamento in Italia) È la forma di credito pii1 utile per la terra; si dirige esclusiYamente ali' immobile. senza riguardo a chi lo possiede e col medesimo si immobilizza. La guarentigia del Credito fondiario si fonda sul1' ipoteca. Mira a promuovere i capitali fisici necessari i per aumentare la produzione della proprietà, come anche a dare modo alla medesima di liberarsi gradatamente dell'enorme debito ipotecario fruttifero, che la soffoca (1), procurando alla pro- (1) Il debito ipotecario fruttifero, che il 31 Decembre 1888 era di L. 8,218.604.789 al 31 Dicembre 1894 ammontava a L. 10,082,884.332. Calcolo che la terra per debito ipotecario fruttifero paghi ogni anno per interessi L. 422,500,000. . Qo1alora, mediante il rendere fattibile lo sviluppo di tale forma di credito, della parte la quale gravita sulla proprietà morale, tre miliardi e mezzo si trasformassero in debito ammortizzabile, oltre all'aversi il vantaggio di liberare la proprietà fondiaria di una quota del debito capitalo, si avrebbe pure quello di l'isparmiare alla medesima annualmente una somma ingente per minori interessi. E di vero tre miliardi e mezzo al 6 e mezzo per cento (tasso mite in confronto a quello complessivamente pagato dalla proprieti morale) rappresentano ,innualmento nn capitale di L. . . . 227,500,000 La medesima somma al 4 010. (Saggio cli interesse del Credito Fondiario dellla Cassa di Risparmio di :.liJano del Monte Paschi di Siena) imp9rta un capitale di lire . 140,000,000 87,500,000 Come vedesi questa trasformazione apporterebbe un
166 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI p,,ietà immobiliare capitali a miti interessi ed a lunga scadenza e con ammortizzazione annuale, locchè specialmente rende possibile all'agricoltore di liberarsi con certezza e senza grave sacrificio del debito. Mediante l'emissione dell'obbligazioni fondiarie per parte degli istituti, che esercitano tale credito, si dà modo a chi dispone di capitali di rivolgerli alla terra senza d'uopo di costose ricerche - non sempre facili - sullo stato di diritto e di fatt0 della proprietà immobiliare e senza correre il rischio di dovere sostenere forti spese e grande perdita di tempo, quando per la via giudiziaria gli occorre.sse realizzare le somme affidate con garanzia ipotecaria. La quale cosa, massime oggidì che i valori mobiliari hanno preso così largo sviluppo e sono po• sti alla portata di tutti, assottiglia sempre più i capitali, i quali si indirizzerebbero alla terra. Tutte le non facili indagini sovra ricordate se l'assume l'ente esercitante il credito fondiario e presta per di più fideiussione pel debitore cli fronte all'acquisitore dell'obbligazione fondia1,ia. •· Tale sicurezza di impiego e facilità di ricuperare il proprio capitale fa si che il proprietario mutuatario troYi senza difficoltà, magari con profitto attenuante in parte le forti spese sostenute per dare la dimostrazione del diritto cli proprietà cli vendere le obbligazioni, le quali a lui vengono consegnate clall' istituto fondiario. Tale forma cli credito fondiaro venne per la prima rnlta espe1,imentato in Germania dopo la guerra dei sette anni dietro suggerimento cli Vv olfango Buring. Fonclossi il 12 Gennaio 1769, per esercitare questa, l'Associazione territoriale della Slesia. Federico l I assegnò alla medesima per primo fondo una dotazione di L, 1,125,000. I vantaggi cli questo ordinamento di credito per la terra (il quale si anelò nell'applicazione perfezionandosi specie in grazia a Giorgio III d'.A.umwr stabilente pel primo il sistema d'ammortamento) si appalesarono subito tali in Slesia che in ogni parte della Germania si sentì l'opportunità di avere consimili istituti. Dopo siffatti felici risultati nel 1852 si cercò introduere questa forma di credito in Francia mediante la concessione esclusirn del privilegio di esercitarla a diverse società di capitalisti; ciascuna delle quali peni dornva operare limitatamente in determinata circoscrizione di Corte d'Appello. risparmio annuale di circa un centinaio di milioni. E :;i ,Lvrebbe inoltre questo beneficio che l'odierno crescendo del debito ipotecario nostro dovrebbe dare assai minori preoccupazioni, essendori almeno un correttirn nelle quote progressive del rimborso del capitale, che presenterebbero le operazioni di credito fondiario, Nel ~ovembre ciel medesimo anno si sentì la necessità dal Governo cli fare fondere tutte queste società in una sola, la quale assunse la denominazione di Crnclito Fondiario cli Francia e che oggidì continua a funzionare. I risultati di questa forma di credito colà furono molto inferiori a quelli ottenuti in Germania. Varie cause concorsero a produrre così diversi effetti. Giova esaminarle, anche brevemente, perchè in grande parte furono le medesime, le quali impedirono l'attecchire in Italia di tale forma cli credito come da tempo sarebbe stato vivo desiderio dei nostri più distinti economisti e statisti. Lo stato giuridico della propriet:\ immobiliare così diverso da un luogo ad un altro, e l'essersi specialmente affidato l'esercizio di tale credito, tendente a venire in aiuto alla terra a società Bancarie, il cui fine si è di realizzare il maggiore lucro e possibilmente subito; elementi questi poco conciliabili con operazioni, le quali si dirigono alla terra. Per il che il credito fondiario non ha avuto ivi il largo sviluppo ed inoltre anzichè sui fondi rurali si rivolse a preferenza sovra proprietà urbane perchè queste off1·ono piì1 speditezza nell'esame dei titoli cli proprietà ed abbisognano prestiti per minore tempo e perchè avendo un reddito soggetto a minori perdite, possono soppo1·tare una quota di ammol'tizzamento più forte, che non sia possibile alle proprietà rurali. Quando nel 18G2 si pensò - nell'intento di aiutare la propriet.--\ fondiaria a liberarsi dell'enorme debito ipotecario che la gravava - ad introdurre in Italia il Credito fondiario era stato proposto di dare il priYilegio per esercitare tale forma cli credito ad una società anonima a somiglianza di quanto era stato fatto in Francia; ma la Camera non ne volle sapere e preferì affidarne l'esercizio ad enti morali, che avessero già per iscopo di venire in aiuto alla terra, e quindi non chiedevano allo Stato nè milioni, nè p1·ivilegi, nè nionopolii. Venne pertanto affidato l'eserciz10 del credito fondiario (il 23 Febbraio 1866) ai seguenti enti morali, autorizzandoli però solo ad operare nelle singole provincie all'Opera Pia di S. Paolo; alla Cassa Centrale di Risparmio di Milano ; al Monte Paschi di Siena; alla Cassa di Risparmio di Bologna; ai quali si aggiunsero in seguito il Banco cli Sicilia; la Cassa cli Risparmio di Cagliari ed il Banco cli S. Spirito di Roma. Nel 1885 affine di dare maggior sviluppo a così benefica forma di credito si credette utile d1 sostituire al principio clel prfrilegio, sovra cui si fonclarn la prima legge, a favore di enti morali il principio della concorren:::a.
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 167 Quindi non solo, aboliti i vincoli territoriali, si concesse agli accennati istituti di operare in tutto il Regno ; ma si stabilì anche che per R. Decreto si potesse concedere di esercitare il credito fondiario, emettendo cartelle, a Societa Anonime, le quali avessero un capitale Yersato di cliecimilioni o ad Associazioni Miitue cliProprieta1·ii, purchè gli immobili degli associati non avessero un valore inferiore ai cinque milioni. Di Associazioni Mutue fra i Proprietari a tale scopo non se ne formò alcuna. Di Societa anonime due chiesero di esercitare il credito fondiario, ma una sola opero la Banca Nazionale, la quale, secondo era portato dalla sua natura, rivolse specialmente le operazioni sovra proprietà urbane. Dopo tale innovazione le operazioni di credito fondiario presero notevole sviluppo dovuto essenzialmente all'abolizione delle zone cosicchè queste da 26 milioni, a tanto ammontarono nell' 85, salirono a 147 milioni nel 87, e nell'89, ultimo anno, in cui si ebbe l'ordinamento a base di concorrenza arrivarono ancora a 129 milioni. Ordinamento di credito, il quale rispondeva all'attesa, ognuno avrebbe creduto fosse per ave1·e un largo esperimento. Quando per cause, le quali sicuramente non debbonsi ricercare fra gli interessi della terra, nel U0 si propose dal Governo di ritoccare tale ordinamento per modo da concedere il privilegio cli esercitare il credito fondiario in tutto il Regno ad un solo istituto a base bancaria per un periodo di anni 15 obbligando i vecchi Istituti a rientrare nelle loro antiche zone. Provvedimento ingiusto Yiolento e contro cui uno soltanto dei vecchi Istituti - e lo ricordo a titolo di onore - il Monte dei Paschi di Siena osò coraggiosamente protestare. Indarno del pari prote- · starono i Comizi Agrari cli Aosta e Casale. Il Giolitti, illudendosi colla creazione del nuovo istituto cli alleviare la crisi edilizia, ottenne l'apprornzione di tale legge, che col ristabilimento delle zone creava un nuovo forte ostacolo alla libera contrattuazione, locchè costituiva un controsenso economico e politico ad un tempo. Non essendosi dal nuovo istituto potuto versare il capitale fissato al minimo in 50 milioni nel 1891 questa legge si dovette ripresentare al Pal'lamento, perchè la modificasse in modo da limitare il capitale Yersato a soli 40 milioni. Il Padamento app1·0,·ò la modifica ma nel medesimo tempo non nascose (Yedi relazione parlamentare 16 Marzo 1871) che oltre all'arere il nuovo istituto un capitale cli riguar1'0 versato doreva pure anche fare almeno nel primo triennio operazioni pe1· 240 milioni sollo pena cli i-ico1-rerenella decadenza del privilegio. Prudente riserva - che i fatti posteriori hanno completamente giustificata - la quale offriva modo di rimediare con sollocitudine al danno, che necessariamente un imile ordinamento avrebhe, apportato alla tena. Trascorse il triennio ed il nuorn istituto fu .ben lontano dall'adempiere a siffatta disposizione, come pure si vide impossibilitato di portare il proprio capitale versato a cinquanta milioni. Per persuadersi cli quanti infelici risultati sia stato causa quest'ordinamento a base di privilegio basta mettere a confronto l'ammontare delle operazioni nel qua'lriennio antecedente alla sua attivazione col quadriennio susseguente. Quadriennio antc. Quadriennio suss. 1886 92,914,000 1890 54,019,433 1887 147,610,500 1891 57,307,500 1888 127,700,500 1892 33,094,500 1889 129,502,000 1S93 27,737,500 'fot. 497,757,000 Tot. 172,158,932 Tali statini indicano qualmente questo ordinamento abbia avuto il punto desiderabile successo di fa1·e diminuire l'ammontare delle operazioni cli oltre la metà. \'onostante questo clamo1·oso insuccesso il Ministero Giolitti non esitò a presentare un rlisegno cli -legge il 23 ~ovembre l 8U3, nel quale essellzialmente dispensandosi il :'-;uoYoIstituto di Credito Fondiaeio dagli obblighi al medesimo addossati, si concedeva anche oltre il triennio cli continuare ad aYere l'inesplicabile priYilegio. La improvvisa caduta poco dopo di questo ministero impedì che fosse discusso tale disegno di legge. Lo fu per conto nell'anno successivo nella seduta del 1 Maggio, ma avendo l'on. Diligenti colla scorta dei dati mostrato quanto questo fosse disastroso all' econonomia nazionale il nuovo Ministero si affrettò a ritirare tale disegno di legge e con reale decreto in data 22 Luglio 1894 N. 324 dichiarava l' Istituto Italiano di Credito Fondiario decaduto dall'accennato privilegio per inadempienza degli assuntisi obblighi. Accertatosi il danno ingente sentito del credito per la terra dal ristabilimento delle zone, e dichiarato decaduto dal privilegio l'istituto bancario tutto lasciarn credere che si sarebbe ritornato all' ord inamento precedente di lasciare liberi gli enti mo1·ali in ogni parte del Regno di operare, (cosa dopo tutto implicita dopochè era cessata l' inqualificabile conces ione che il Go,·erno potrebbe solo pee l'articolo primo della legge 17 Luglio 18!)0 dw·e acl una societa anonima, che nè esiste nè la natura delle operazioni lascia lontanamente spera,·e che sia pe1· esi~le1·e), imece il :'llinisti-o d'.\.gricoltu,·a, il quale è in grado di constatare, come annualmente
168 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI queste operazioni limitansi (1) mentre per contro aumentano quelle del debito ipotecario fruttifero, esita a ritornare al sistema liberalista contenuto nella legge del 1885. Pertanto ha tolto la causa del male senza provvedere contemporaneamente che la proprietà rurale cessi dal risentire i tristi effetti, i quali da quello alla medesima derivano. Esitanza per vero inesplicabile in chi sia preposto alla tutela degli interessi della terra. La legge del 93 regolante gli istituti di emissione al Banco di Napoli ed al Banco di Sicilia, i quali, come si sa, di banco non hanno che il nome, vieta di fare operazioni di credito fondiario. Trattandosi di istituti, che per i loro atti di fondazione hanno per fine di venire in aiuto alla terra una simile disposizione e da deplorarsi e forse nel1' interesse generale - specie della Sicilia - sarebbe stato meglio che anzichè imporre a questi tale limitazione non fossero stati compresi fra gli istituti di emissione. Volendosi provvedere perchè importantissim~ Regioni non restassero privi di istituti di credito fondiai·io nel!' Agosto scorso si promulgò una legge autorizzante il Governo cli affidare l'esercizio di queste colà a- Societ.:\ o a Istituti, che non abbiano un capitale inferiore a due milioni. \'ulla lascia finora sperare siano per sorgere. Non sat'ebbe st.:1,topiù pratico provvedere contemporaneamente una tale legge cli togliere l' inqualificabile divieto posto ai vecchi e benemeriti enti morali, che già esistono ed hanno tanta potenzialità economica, di uscire dalla zona dove vennero nel DO violentemente ricacciati ? Pur troppo anche in questa occasione per contro si ripetè quanto scrisse il compianto Jacini nella relazione finale dell'Inchiesta Agraria; I capitali all'ag1·icoltura oltre essere di già molto scarsi semb1·erebbe che da ogni parte si congiuri ad assottigliarli semp1·e più. Ostacoli allo svolgersi del C1·edito Fondiario Come rimuoverli. La grande la suprema difficoltà, che il credito ipotecario incontra, si è la restituzione inteo-rale del capitale, la quale non può spera~si g~neralmente da ~hi si_ fa prestare il capitale stesso per mvestirlo nel suolo, che è quanto dire in una specie d'impiego, che rende appena il frutto normale dell'anticipazione, senza permettere di ricuperare tosto il capitale sotto forma circolante per renderlo al mutuante (G. Boccardo). L'ammontare del debito ipotecario italiano fruttifero come dianzi si è accennato, al 31 Dicembre 1894 era di Lire 10,082,884,332. Ora non (1) Nell'anno 1894 l'ammontare delle ope_razioni segnò ancora un c[ect·csce1Hloessendo stato li1111tato a 25 milioni. ostante questa cifra colossale (la quale impensierisce ancora di piit pensando che col debito ipotecario infruttifero supera i 16 miliardi) il debito ipotecario ammortizzabile tocca a mala pena gli 800 milioni. Tale modesta cifra clern rendere ognuno persuaso come si presentino alla desiderata trasformazione dei forti ostacoli, i quali come ne fa prorn la statistica, crebbero col malaugm·ato ristabilimento delle zone. Questi consistono essenzialmente nella grande difficoltà, che incontra il proprietario, data l'odierna condizione giuridica fatta alla terra di fornire la dimostrazione trentennarìa del possesso di diritto e di fatto. La quale cosa è talvolta difficile sempre costosissima, giacchè conviene presentare gli atti di acquisto e i certificati ipotecari e di trascrizione risalienti al trentennio. Nè quasi queste spese non bastassero s'aggiunge anche la spesa per l'estimo dei fondi. Il proprietario, specie piccolo, i singoli appezzamenti del quale per giunta hanno generalmente diversa provenienza, (il numero cli questi prop1·iotari è calcolato nell'Inchiesta Ag1·aria arrivare fo1·- tunatamente in Italia a cinque milioni), non si sa decidere ad anticipare tali somme, le quali nella maggiore parte cle1ca~i dovrebbero procurarsi ricorrendo al credito personale nell'incertezza che la pratica possa condursi a buon fine. Tali ostacoli si potrebbero rimovere provvedendo sul serio a dat·e un regolare e duraturo assetto alla proprietà, mediante dotare la tet·ra dell'accertamento giuridico catastale ed il rappresentarla con un titolo prob,1torio secondo Yenne felicemente ideato dal!' illùstre Ing. Garbarino. Procedendosi a questo inventario della proprietà immobiliare si potrebbe addivenire all'eliminazione di tutte le ipoteche, le quali non hanno piit efficacia, ma per incuria, per ignoranza, per un malinteso spirito di economia come succede nella maggiore parte dei casi , si lasciano ancora inscritte, e costituiscono grande inciampo per la contrattazione degli immobili e per l'accorrere cli capitali alla terra. Provvedimenti di minore efficacia, ma che concorrerebbero subito a favorire la desiderata trasformazione del debito ipotecario fruttifero in debito ammortizzabile sarebbero i seguenti: a) Che si abolisse1'0 le zone d'operazione del c1'edito fondiario. b) Che tutti i documenti pt'eliminari necessari per le orerazioni cli credito fondiario dovessero da tutti gli uffici goYematiYi rilasciarsi in carta libera e senza s1esa (come disponeva già in parte la legge 22 Febbraio 1885 N. 2022). c) Che trattandosi cli mutui non eccedenti le dieci mila lire, quando il mutuatario presentasse }
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 169 un titolo di proprietà anteriore al decennio debitamente trascritto ed avente tutte le condizioni richieste dall'art. 2137 CC, non si domandi piì1 la dimostrazione del possesso trentennario di diritto. d) Che gli enti morali, esercitanti il credito fondiario, possano sempre consegnare al mutuatario anzicchè cartelle fondiarie moneta legale corrispondente al complessivo capitale indicato nell' istrumento. Questo provvedimento é suggerito dall'essere stato osservato che quando un istituto fondiario ha le obbligazioni o in diminuzione per le condizioni generali del mercato, o prossime a raggiun.. gere la pari o di poco superata, ritarda a fare nuove operazioni di qualche entità per il timore che mettendosi nel mercato lì per lì una forte partita delle sue obbligazioni l'offerta possa dep1;ezzarne il valore. Ora questi istituti raccolgono anche forti somme a risparmio ad un tasso, che non eccede il 3 O[O; perchè non si concederebbe loro collocare anche parte modesta di queste a favore della terra nella forma cli credito più sicura e nel medesimo tempo per questa piì1 utile? Locchè mentre toglierebbe un impedimento al maggiore sviluppo del credito fondiario, richiamerebbe all'agricoltura nuovi capitali. e) Che tutte le Casse di Risparmio del Regno non ancora autorizzate all'esescizio del credito fondiario, potessero uniformandosi a quanto proscrive l'ordinamento di tale forma di credito fare simili operazioni usufruendo beninteso dei privilegi stabiliti a favore degli istituti fondiari. Questa facoltà dovrebbe piì1 andare soggetta a questi due limitazioni. CY.) La Cassa di Risparmio dovrà sempre consegnare ai mutuatarii danaro. p) Il saggio di interesse non supererà il 4 O[O. Questa disposizione oltre al facilitare di molto la desiderata trasformazione del debito ipotecario in ammortizzabile renderebbe più incoraggiante e accessibile questa forma di credito alla piccola proprietà. f) Che il mutuatario rurale non debba cominciare ad ammortizzare il capitale se non dopo trascorso un quinquennio dalla stipulazione del mutuo affinchè nel rimborsare il capitale possa trarre profitto dei redditi aumentati coi miglioramenti introdotti in seguito all'effettuato mutuo. g) Che tale ammortizzazione non si debba fare per quote eguali, ma per quote progressive. Mediante siffatti provvedimenti si toglierebbero gli ostacoli, che si oprongono allo svolgersi del credito foll{!iari0,diminuendo l'interesse doll'cdieh10 debito ipotecario, agevolando geazie alla graduale ammortizzazione la restituzione del capitale ed infine facilitando l'accorrere cli nuovi capitali alla terra a saggio di interesse così mite da potersi i medesimi destinare ai miglioramenti agrari. In tal modo si provvederebbe per davvero una buona volta al credito per la terra e metterebbesi in p1atica l'insegnamento datoci fino dal 1853 dal nostro grande Statista: Se vuolsi alleviare la proprietà fondiaria non vi ha altro me:zo che di porla in grado di conve1·tire l'interesse dell'enorme debito ipotecario, che gravita sopra la medesima. A vv. D. SACERDOTI. AGGIOTAGGIO (a proposito del processo Frascara) V. Si è visto quali servigi l'aggiotaggio renda agli uomini di affari nel fondare gl'Istituti; consacriamo poche parole alla fusione e alla ricostitu:::ione, lasciando da banda la liquida::ione. Talvolta si fonda una Banca o una Società non per vendere in dettaglio le azioni ai merli, ma per cederli in blocco ad un'altra Società o Banca esistente, che opera nello stesso ambiente e nello stesso genere di affari. Si fonda per provocare una fusione o una 1·icostituzione sotto la minaccia della concorrenza. Le cose ta.lora non procedono lisce e tra il v~cchio e il nuovo istituto s'impegna una lotta asprissima e sempre sleale, al termine della quale uno assorbe l'altro, riuscendo a pagare le azioni del soccombente più o meno al disotto del capitale realmente versato. Di questo genere di lotte ce ne sono stato epiche negli Stati Uniti di America e in Inghilterra tra Società fenoviarie, di canali ecc. L'Istituto, cho si è creduto ed è stato il più forte ha diminuito enormemente i prezzi dei propri servizi resi al pubblico o dei propri prodotti andando incontro a. perdite ingenti per più o meno lungo tempo, pur di rovinare il concorrente più debole, farlo soccombere e costringerlo a rendersi a discrezione. Qui non c'è la forma vera dell'aggiotaggio, o almeno questa non è esclusi va, ma sicuramente e' è il suo spirito; e in questi casi dalla concorrenza si finisce a fusione ed a ricos:ituzione compiuta, al monopolio; anzi si ricorro alla concorrenza per riuscire più rapidamente e più sicuramente al monopolio (l ). Le Banche e le Società di vario genere in Italia si sono fuse, confuse e ricostituite in vario modo, in vari luoghi e in vari tempi; si andrebbe troppo per le lunghe se se ne volesse dare la storia, anche rapidissima. Kon di rado due istituti non hanno fuso . che le rispettive passività. La fusione e la ricostituzione talvolta è avvenuta senza lotta vera e come (1) Su questo fenomeno della concorrenza, che termina, in monopolio si legga il libro di F. S. ::',Ierlino: Socialismo o Jlonopolismo? Napoli-Londra 1887.
170 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI tra buoni amici: così, ad esempio, due rinomate Società sovvenzionate dallo Stato italiano si fusero in una, in apparenza pel bene della patria ... Dette due società fecero valutare il rispettivo materiale, si dice, molto al disopra del valore reale e la somma rappresentò il capitale della nuova società. Ma quale interesse potevano avere gli uomini preposti alle trattative della fusione ad alterare il valore del materiale, se l'alterazione avveniva contemporaneamente a benefizio delle due società? L'alterazione aveva la sua ragione di essere di fronte al governo dal quale si dovevano ottenere sovvenzioni, che assicura vano un utile proporzionato alla importanza del capitale; aveva la sua ragione di essere in vista dell'aggiotaggio cui si doveva ricorrere. Infatti gli antichi proprietari delle due società misero in vendita le azioni della nuova sulla base del capitale quale era risultato dalla valutazione esagerata; e i compratori pagarono 100 ciò che realmente valeva, ad esempio, 75. Caso famoso di fusione veramente deplorevole fu quello voluto dal governo e sanzionato dal parlamento delle due ottime Banche Toscane colla avariata Banca Nazionale; fusione nella quale il giuoco al rialzo si chiari impotente e le azioni dell'Istituto che ne nacque precipitarono con danno enorme degli azionisti delle Banoe Toscane senza vantaggio alcuno di quelli della Banca d'Italia. Prima di por termine alle considerazioni, che sotto il punto di vista dell'aggiotaggio, ha suggerito la fondazione dogli Istituti e Società, la loro fusione e la emissione dei titoli sul mercato è bene aggiungere cl~e il rialzo nel prezzo delle azioni, per quanto rapido e considerevole non sempre è ottenuto fraudolentemente, tal volta può essere la conseguenza della reale bontà dell\1 ffare. 1;: questo di ot·dinario il caso in cui la Banca o la Società ha contrattato collo Stato, colle provincie o con altri enti morali, mercé i pots-devin e i tripotages politici. Così le azioni della Banca Nazionale d'Italia sulle r1uali non erano state versate che L. 700 valevano L. 2793 nel 1870; ma quello era un valore reale corrispondente ad utili altrettanto reali che la Banca si assicurò mercé il co1·soforzoso, tanto da potere dar~ un dividendo del 30 010 nel 1868. Si dica lo stesso per la Regìa cointeressata dei tabacchi, le cui azioni appena emesse fecero premio di 990 lire! L'aggio 'aggio, che procura i guadagni grossi e quasi senza pericolo alcuno per chi vi ricorre, esposto sinora, è quello che caratterizza la fondazione, la fmione e la ricostituzio,w delle Società, delle Banche ecc. Si comprende che ogni giorno nelle Borse non si può esercitare questa specie di aggiotaggio; quotidianamente, però, si esercita col giuoco di borsa, coi cosidctti contratti a termine e relativi riporti e deporti e coi contratti a premio. ln questo caso compratori e venditori in verità non se ne rimettono al caso, alla fortuna come parrebbe indicare la frase: giuoco cli azzardo colla quale ordinariamente vengono designati, per stigmatizzarli, questi contratti, concltiusi per mezzo degli agenti ùi cambio che dovrebbero essere semplici mediatori e sono spesso contraenti in nome proprio o veri complici di truffe bene organizzate. I compratori e i venditori di un dato titolo non aspettano colle mani in mano che arrivi la fine mese col rialzo o col ribasso sul prezzo del momento della vendita per fare intascare la differenza o ai primi o ai secondi. Compratori e venditori hanno interessi antagonistici e si dividono in due schiere opposte di ribassisti e di aumentisti, che con tutti i mezzi leciti e illeciti si sforzano di ottenere il proprio intento. La intelligenza politica che fa prevedere certi avvenimenti può giovare molto al ribassista o all'aumentista. Questa è forza legittima che entra in giuoco, ma s'intorbida soltanto quando uno della schiera può avere prima del pubblico le confidenze degli uomini del governo. Un ex sottosegretario di Stato associato ad un giornalista, è noto che vincevano quasi sempre vendendo o comprando perchè sfruttavano le notizie politiche importanti, che essi avevano prima degli altri. Il giuocatore di Borsa di ordinario non si arresta a questi espedienti leciti o semi-letici; più spesso il compratore cercherà di produrre la rarità del titolo, costringendo il venditore a subire la legge del vincitore per la difficoltà che incontrerà di coprirsi, se ha venduto allo scoperto. Fu la forma di aggiotaggio imputata al Barone Lazzaroni. Non di raro venditore o compratore si affidano all'annunzio o all'accreditamento di una notizia falsa: un grosso fallimento, una imposta gravosa una vittoria, una morte, una rivoluzione, i preparati vi di una guerra ecc. possono fornire materia alla notizia falsa nello interesse dei borsisti. Nella Borsa di Londra e di Parigi si ricorre spesso a queste armi fraudolente dell'aggiotaggio; in Italia siamo su'la buona, cioè sulla cattiva via. Rimase misterioso, ad esempio nello scor.;;o anno lo annunzio, che sembrava partito dal governo, dello approntamento del materiale della C1·oceRossa in Sicilia. La notizia era falsa e lasciava temere un conflitto colla Francia per uno sbarco degli Italiani in Tunisia o nella Tripolitania. Produsse in borsa il ribasso desiderato. Ribassisti e aumentisti quando operano sui titoli di stato assumono parvenze di partiti politici; il governo del tempo sta per gli aumentisti e perseguita i ribasisti come nemici della patria. I giornali ufficiosi infiammati di santo zelo fanno delle vere campagne contro gli ultimi, che in Italia vennero designati come membri della banda nera, cui naturalmente si contrappone la banda bianca degli aumentisti. Banchieri e borsisti ridono sotto i baffi - essi che hanno il patriottismo localizzato nello stomaco di struzzo - di queste denominazioni e degli intenti politici loro attribuiti (l) e sanno che la loro vera (1) La borsa di Parigi, che in altri tempi salutò col rialzo la sconfitta della Fr.i.ncia a \Vaterloo, pare che sia attualmente dominata da spirito patriottico, anzi da vero chauvinisme, di fronte, ai titoli russi, che predilige per ragioni politiche. E falso, però, che per lo stesso spi rito avversi sistematicamente i titoli italiani. La nostra rendita ordinariamente è quotata piu alta a Parigi che a Berlino e quando Berlino spingeva al ribasso Parigi spesso reagiva pel rialzo.
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