Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 9 - 15 novembre 1895

140 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI nanzi se non vengono allontanati dal governo gli uomini che al paese non sanno procurare che miseria accompagnata dallo spettacolo ributtante e doloroso del trionfo della immorali fa e del dispotismo. Per vincerli ci Yogliono altro che voti di Congressi o persecuzioncelle legali ! In quanto agli altri Yoti ed alle altre proposte - compresa quella centralizzatrice sulla istituzione di una Banca Nazionale - non si può che lodarli, pur rimanendo scettici in quanto alla loro realizzabilità. Data la presente organizzazione sociale chi può negare,· ad esempio, che il credito agrario riuscirebbe di sommo vantaggio al piccolo agricoltore, liberandolo dall'usura? Ma sinora tutti i tentativi fatti per organizzarlo fallirono; se anche riuscissero l'agricoltore soccomberebbe ugualmente non venendo liberato dalle ugne rapaci del fisco.· Ottima l'idea di fondare numerose succursali ed agenzie delle casse agrarie e rurali, delle Banche popolari ec. ; ma bisogna andar cauti e ricordare l'efflorescenza morbosa delle Banche popolari nel mezzogiorno durante lo steeple chase tra la l3anca :ìazionale e il l3anco cli Napoli. Poco pratica, per quanto seducente a prima Yista, è la proposta della esportazione dei vini genuini a tipi (issi. Si sa che questa dei tipi dei vini pel consumo diretto è una questione che ha dato e dà del filo da torcere ai tecnici ; ammesso che una cooperativa abbia le attitudini per la esportazione - e ,irrora non se ne ha esperienza neppure nei paesi dove la cooperazione prospera e non ;-ire rachiticamente come in Italia - sorge questo problema: chi deve confezionare i tipi fissi fai Yino: le cooperative? :'-:essunos'illude u questo proposito. Altrettanto può dirsi sulla fondazione delle cooperative agricole, che sono ancora rarississime in Inghilterra - la terra classica della cooperazione. Quella di Stagno Lombardo aveva tutte le condizioni - la generosità cli un ricco proprietario. l'on. G. Mari e la fede e l'operosità cli un apostolo il Dr Rossi, il mite. Cardias - eppure si dovette sciogliere. Molto si potrebbe fare in Sicilia, in Sardegna, nelle Puglie; ma bisognerebbe che il goYerno italiano pensasse a spendere pei larnratori italiani i milioni che pazzamente butta in Africa. La Yerità. è che in Italia non c'è ancora l'ambiente Yero per la cooperazione: quello ambiente a cui deYono contribuire per formarlo popolo e goYcmo. Al popolo manca la educazione, l' istruzione e lo spi1'Ìlo di solidarietà; nel gorerno manca la buona intenzione di farorirla o almeno cli non anersarla. li gommo sdilinquisce _per qualche cooperativa in momenti di elezioni per corromperla disonestamente; ma la sua attitudine anersa di fronte alla legge 11 Luglio 1889 sulle coope1'atirn di laYor-o, pit1 Yoltc denunziata alla camera dei deputati e nella stampa, lascia vedere chiaramente quali sono i suoi intendimenti, nonostante gli ottimi risultati che hanno dato alcune cooperatiYe di laYoro - ad esempio quella dei braccianti romagnoli, che ha compiuto importanti lavo1·i di bonifica nel! 'agro 1;omano. Nè c'è da illudersi molto sulle famose Banche popolari, alle quali Leon Say, il Rostand ec. hanno fatto una grande réclame all'estero, coadiuvando l'on. Luigi Luzzatti, che ne Ya orgoglioso come di un' opera propria. In quanto al loro numero si deve osservare che molte figurano nei quadri, ma non funzionano affatto: il loro capitale è stato immobilizzato o meglio mangiato da pochi amministratori. In quanto alla loro indole si dovrà riconoscere che - tranne le casse rurali alla Reiffeisen - esse nulla hanno di veramente popolare: il popolo, quello dei laYoratori, ha contribuito poco o niente alla loro costituzione. Sono istituzioni essenzialmente borghesi, non di raro usuraje, che servono alla piccola e media borghesia; spesso hanno carattere spiccatamente elettorale; talora servono esclusivamente ad uno o a pochi intriganti - non di raro deputati - che col loro pretesto e sotto il loro nome ottengono dagli istituti di emissione dei risconti per milioni di li1·e, che ad allt'O legittimo titolo non potrebbe1·0 ottenere. E non parliamo dei disordini amministrativi e dei reati, che esse nascondono gelosamente e che spesso hanno trascinato i loro auto1·i in Corte cli Assise o innanzi ai giudici del Tribunale Penale. Di tutto ciò il Congresso - a meno che a noi non sia sfuggita qualche seduta - non si è occupato dei mezzi cli garantire il merlo azionista che non sa fare altro - e non pno altro fare - che gemere sui quattrini, che gli sono stati scroccati. Chi legge la cronaca dei giornali politici e giudiziari e la cronaca della preYiclenza che l'ottimo sig. Bottoni scrive da parecchi anni per il Giornale degli Economisti sa che nelle nostre parole e nei nostri giudizi non c'è l'ombra della esagegerazione. Per finire. Arrivati ai disordini, agli imbrogli e ai reati ci sembra opportuno ricordare che al Congresso di l3ologna non è mancato il telegramma clell'on. Crispi; il quale colla sincerità che lo distingue ha augurato la facilità del credito ai laYOratori ccl il connubio fraterno del larnro col capilale per la grandezza e il benessere della patria nostra. Fa meraYiglia che il Presidente del Consiglio non abbia ficcato il Re nel telegramma; in quanto a Dio l'omissione si capisce: ci sono delle freddezze con lui dopo il discor o del Gianicolo .. \cl ogni modo la. commozione è stata Yiva per l'au ·picato

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