RIVISTA DI POLITIECSACIENZSOECIALI Dfreltoi•e Dr NAPOLEONE COLAJANNI Deputalo al Parlamento ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Anno I. - N. 8. Abbonamentopostale Roma30 01tobre1895 S0~1~1AR 10: r.·utopia Africana e l'impotenza del milita,·ismo, La Rivista - Le anomalie sociali di noma contemporanea.. Achille Lnria - La Polizia, Dr·. N. Colajanni - La Faòbrica (Romanzo di Bruno Sperani, B. Salemi - La Socializzazione delle Strade Ferrate - Spe1·imenta1ismo sociale - Recensioni e Note - Libri ricevuti in dono. L'UTOPIA AFRICANA E L'IMPOTENZA DEL MILITARISMO In Africa gl'italiani, che comandano gli ascari, 1 soldati indigeni, passano di vittoria in viUol'ia: da Agordat a Cassala, a Coatit, a Senafè, a Debra Ailat ... Domani, può darsi, si sentirà che un'altra vittoria al lago di Ascianghi o in altro sito fino a poco 'fa assolutamente sconosciuto ha accresciuto la lista di quei trionfi, che ci hanno vendicato ad usura di Dogali e di Saati. Le vittorie si seguono o si rassomigliano per gli opisodì e pei risulta.ti. Le battaglie - se pur meritano questo nomo gli scontri nei quali brilla SO[Ji·atutto la velocità nella corsa, il vigore dei garretti - che precedono la vittoria, tutte ad un modo fanno ris[Jlendern la grande superioriti degli italiani e i singoli atti di valore nell'uno e nell'altro campo. I risultati si rassomigliano del pari in qu:rnto che ogni vittoria è seguita da un allargamento dei confini della colonia. E sono questi risul(ati, che si devono discutere col r,ermesso dei patrioti ringhiosi, che vorrebbero imporre silenzio mentre tuo:1a il can. none. Non ò inutile, intanto, premunire il pubblico contro la logica di siffatti patrioti che in ogni tempo e in ogni contingenza impongono il silenzio e consigliano impavidi ulteriori confJuistc. Essi s'impennano contro coloro, che osano discutere mentre i soldati si battono e vorrebbel'o che anche gli avversad app,•ovasscro le loro follie col pl'etcsto solito che è impegnato l'onore della bandiera. E riescono sem[Jrc alla identica antifona sia che si perda, sia che si vinca; ciò ch'è proprio caratteristico delle impre~c coloniali. Si prendono dello batoste? e allora l'onore nazionale non consente che si rito1'ni indietro senza ottenere la rivincita. Si vince per quanto sia discutibile la vittoria dal punto di vista militare e morale? oh! ma in questo caso giudicano una follia non raccogliere i frutti della vittoria; questi, anzi, sono i momenti buoni per procc'- dcre innanzi, per cercare, consiglia.re e tent_are nuovo imprese. Gli italiani hanno avuto occasione molte volte di ascoltare fa.le ragionamento: all'indomani di Coatit e Se1\afò i furori della vittoria dettero alla testa agli af1·icanisli, che raccomandano come una deliziosa passeggiata la conquista dell'Ifa1·1·ar, dello Scioa, del Goggiam, di tutta l'Abissinia. Siamo sulla via di contentarli! * * Chi non è vittima dell'ubbriacatura coloniale ha più che il diritto, il dovere di esaminare quale sia l'obbiettivo e quali sono i risultati dell'azione italiana in Africa. L'on. Blanc, nel suo discorso del 25 luglio - che escluse, come fu ricordato nella Rivista (N. 3), l'opera dell' iinvrevisto in tutto ciò che si va svolgendo - propose un allegro obbiettivo alla nostra azione militare: questa dover cosfringerc al suicidio il disordine indigeno. Nessuno può farla. da profeta e assicurare che tale obbiettivo sari da noi raggiunto; ma si può prevedere che per volere far suicidare - come se si trattasse di un nuovo AbdulAziz - il disordine in Abissinia, si ridurranno a mal partito i contribuenti italiani. Suicidatosi il signor disordine, colle armi, che gli a vrcmo somministrato noi, subentrerà un altro com• pito alla nostra politica coloniale, o meglio si faranno convergere i nostri sforzi al conseguimento di un altro elevatissime scopo. Questo scopo da recente venne tratteggiato brillantemente da chi deve conoscerlo a fondo e da chi ha l'incarico, almeno poi momento, di raggiungerlo. Venne tratteggiato dallo stesso generale Barattieri nel discorso ai suoi elettori di Breno. Ne riporto un brano eloquente tale e quale lo trasmise l'Agenzia Stefani: « Egli inneggiò al sentimento della patria, che ci ha dato martiri cd eroi e che ci solleverà dalle pro• senti misel'ie. Dichiarò che in Africa fu costante sua cura di prcpa1·a1·e colla sicurezza, col prestigio verso gl'indigeni, colla diffusione dcll:i. lingua italiana, colle strade e colla civiltà, un largo campo ali' attività degli italiani; d'incoraggiare ogni specie di colonizzazione per aniare sui 111itie fertili altipiani etiopici le famiglie italiane, massime mediante società cooperati ve; di ,,gcrolarc le colti razioni nella zona torrida, da parte degli italiani, separati o riuniti in società, val endosi dell'opera degli i ndigcni. Le vi ttorie, poi, riaff<mnano il nostro possesso, aumentando
114 RIVÌSTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIAtI il credito e l'autorità, destano fiducia, prevengono le ostilità, innalzano gli o.nimi e sono indispensabili per tenere in freno i sudanesi e gli abissini, i popoli più bellicosi, agguerriti ed armati dell'Africa; ma la glol'ia delle armi non è che un mezzo per conseguire la pace e preparare il paese alla colonizzazione. » Questo programma non sembra uscito dalla mente di un figlio di Marte, ma da uno di quelli uomini che Giovanni Bovio ha chiama 'o fondatori di civiltà. Questo programma elimina i so;:;::,etti maligni di coloro, che dissero la spedizione di Cassala suggerita dall'aculeo della gelosia pel' gli allo1·i raccolti da Arimondi in Agordat; ma si presta ad obbiezioni gravi e diverse, che sinteticamente si riassumono in questo.: l'utopia africana fa dimenticare la realtà italiana. Non c'è dubbio; seduce la prospettiva di diffondere la lingua italiana nella Eritrea, di preparare terreni fertili ai miseri nostri proletarii, di farveli colti varo anche sotto forme che sanno un zinzino di socialismo, di schiudere al regno della pace e della civiltà l'egioni vaste che finora rimasero in preda della guerra e della ba.rbarie. Però tutte queste delizie prima di procurarle all'Africa giustizia vorrebbe, e dovrebbe volere il vero patriotismo, di cui il generalo Barattieri si è dichiarato campione autorevole, che vengano prima assicurate all'Italia. Si vuole diffondere la lingua italiana nell'Eritrea, mentre due buoni terzi degli Italiani non sanno leggerla e scriverla e marciscono nell'analfabetismo; si vogliono aprire nuove strade nell'Eritrea e si strilla e si protesta per quelle costruite in Italia, che non rendono gli interessi del capitale impiegato; si vogliono risanare le vallate africane e si dimentica che le paludi e la malaria rendono incoltivabili vastissime zone di fertili terreni in Sicilia, in Sardegna, nelle Puglie, nelle maremme romane e toscane; si vogliono sperimentare tutte le specie di colonizzazione e si comincia dall'escludere la più nmann, quella tentata e preconizzata con sincerità di apostolo dal Franchetti, si vuole la prosperità degli italiani in Africa e si nega lo stretto necessario per non morire d'inedia, ai pellagl'osi, ai zolfatal'i, ai contadini; si vuole assicurare un bel podere ed una bella casetta ai nostri proletari all'Asmara, a Kcrcn, a Godofc!.issi e l'uno e l'altra si tolgono e si vendono all'asta in Italia a quanti hnnno la disgrazia di non poter pagare le imposte; si vuole aprire alla civiltà un impero sinora in preda della barbarie e non si vede che le capanne di fan,;o, le grotte umide abitate da numeroso famiglie in una agli asini e ,igli animali immondi, hi emigrazione desolante e de;:;olata, l'altissima delinquenza,, la prostituzione le migliaia di comuni senza acqua e senza cimiteri sono dolorosi indizi della ùarbaric, che imperversa in casa nostra! ( l ). '1) Questi contrasti non ,·engono in\·cntati da nemici della politica coloniale. Il .lfaUùto di Napoli, il pit.'.1 fanatico e cost.:1.ntesostenitore <lellc spedizioni africane riconosceva il pili stridente di tali contrasti in questi termini 1T1isuratima non cquivod: e Gli opposi- « tori dicono: ooi oolete coloni.;::are l'Africa mentre in Italia si < muore di funte e i c-ontadini emJgrano in America. • E hanno buon giuoc0. « Noi di1·emo più tosto: Sonnino si mostra meno in- • tran-,i~er te per dare dei milioni in Africa, i::henon lo sia i: er al- « leviarc le sorti dei siculi e dei sarJi. • (Anno 18135,N. 23i). L'utopia ci vilizzatrice di Barattieri, imitata dall'altra non meno retorica di Mancini è in contraddizione coi fatti e colle dichiarazioni dei politici più eminenti, che hanno studiato ed hanno avuto mano in pasta nelle faccende africane; e fatti ed esplicite dichiarazioni escludono ogni ubbia sentimentale, ogni elevata idealità. Il tornaconto è stato il vero e solo movente nostro; tutto il resto è menzogna volgare. E in nome del tornaconto si è parlato alle plebi credule, alle quali si è fatto intravvedere il miraggio dei facili guadagni, per rendere popolari le spedizioni al Mare Rosso ( 1). Ma se il programma seducente del Barattieri fosse realizzaùile e lo fosse a benefizio dell'Africa e di coloro che vi trasporterebbero i pecca.ti senza nocumento dell' Italia, si potrebbe sperare che un generale lo traducesse in fatto ? Tutta la storia sta li a negarlo recisamente; e lo nega senza eccezioni. Gli errori coloniali per opera dei militari sono inauditi e disonorano tutti i popoli di Europa; gli spagnuoli e i portoghesi, gl' inglesi, gli olandesi e i francesi. Le gesta. di Cortes, di Almagro, di Pizzano, di Luque in America, di Olive e di \Varren Ifastings nelle Indie, l'infame J(idnaJJping esercitato dagli stessi inglesi nella Melanesia, la ferrovia di Pelissier coi cavallereschi francesi contro i buoni e valorosi Berberi della Kabilia dicono di che cosa sono stati capaci i militari in ogni tempo e in ogni luogo per fare accettare ai popoli inferiol"i la civiltà dei popoli superio1·i (2). I tedeschi e gl' italiani sono entrati da pochi ann.i in questa bolgia coloniale ed hanno già avuto il tempo· di disonorarsi e principalmente per opera dei militari. Il processo Livraghi rimarrà a perpetua ricordanza dello spirito del militarismo nelle colonie. Ma il militarismo non è impotente soltanto nel fare opera di civiltà; lo è del pari, e direi sopratutto impotente per fare opra di buona amministrazione e di organizzazione, che riescano ad uno sfruttamento utilitario. Gl' Inglesi, che sono maestri in fatto di politica coloniale se ne convinsero di buon'ora e le colonie sottoposero a governatori civili (1). La Ft'an- (I) Un episodio cdi ìcante. Ultimamente iJ ministero italiano per giustificare la guerra contro Mene1ik, cui si apparecchiava, ne denunzio al m(\ndo civile le stragi e le crudeltà commesse contro le tribù vinte. Questo stesso Menelik ncn era un agnP.llino qutnclo col trnttato di Uccialli venne riconosciuto come i1 nostro migliore amico; allora ,·erso l' is\esso autol'e di tante disumane razzie non s'ebbe che milioni da prestargli, fucili dn rel{alargli e carezze da prodigargli. II Generale Dal Verme a spiegare )a contr.1ddizione de] governo rilevata da Imbriani disse alla Camera che in Italia s'ignorava chi fosse 1''1ene1ik,perché non si Jegse, Che non si legga o si legga poco è verissimo; ma c1uesta scusa non può accamparsi in favore del go• verno perchè la verita sull'Imperatore di Etiopia si rHeva dai docu1nenti diplomatici comunicati dal primo ministero Crispi autore degli sdilinrtuime,1ti verso Ras Makonntn ambasciatore di 1,1enelik. Può essere che gl' italiani non abbiano letto quei documenti; ma potevano ignorarli coloro che li compii rono e Ji pubblicarono l La verità é di,·ersa: i governanti mentivano allora e mentiscono adesso. (2) C'è tutta una 1·icchissima e drcumentata letteratura sulla barbarie disumana dei militari nelle colonie. E' riassunta nella Politica colonia 'e ci, I Colajanni e nella Sociolo{Jia e,~iminale. Un valoro~o antropologo, il do t Corre, eh' è vissuto lungamente nelle colonie, in recenti pu'ublicazioni ha rivelato altre contemporanee vergogne dei e onquistatori Europei. (3J Fra 32 colonie, tre solamente l'Inghilterra ne ha soUoposte a go,·ernator' militari : Malta, Gilbilterra e le Bermude.
RIVISTA DI POLITICA E SCfENz;E SOCIALI 115 eia, invasata sempre dal malaugurato spirito milita1·0 cho l' è costato più volte la libertà, miliardi di franchi e milioni di vite dei suoi figli non ha voluto riconoscere a tempo siffatta verità, predicata dai più illuminati suoi politici e se n' ò trovata male. L'Italia ha oscillato nella via da seguire ed ha finito col1' imitare la Francia, affidandosi al militarismo por peggiorare, so fosse possibile, le sorti di una intrapresa pazza o disonesta. Giustizia vuole che si riconosca che i no3tri ufficiali da parecchio tempo in Africa danno prove non poche di abnegazione e di equanimità e che il Barattieri non è capace di ripetere le gesta degli altri conquistatori stranieri. Non si può negare però che - per quanto umano egli sia - dal punto di vista politico, economico ed amministrativo sotto di lui il militarismo ha fatto tutto il male che poteva fare. Egli appena si sentì forte od indispensabile nell'Eritrea pensò ad eliminare l'elemento borghese, che gli dava fastidio e fece villanamente mandar via l'onesto Fra.nchetti dichiarandosi contrario a quei tentativi di colonizzazione àello stesso Franchetti, che se potessero riuscire, sarebbero davvero i soli intrapresi con intenti civili. A Roma il governo di Crispi, che nella politica coloniale non vede che un espediente teatrale per distrarre l'attenzione degli italiani, ha dato causa vinta al generale contro il filantropo, e mentre si è mostrato tanto taccagno da. negare poche centinaia di migliaia di li1•eper il tentativo civile del secondo, non ha lesinato i milioni per la soddisfazione dell'ambizione di g!oria dei militari. Adolfo Rossi narra che il Gonorale BaraUieri abbia dichiarato ·essere stato un errore la occupazione di Cassala (Le nostre eonquiste in Africa p. 84). L'errore, si sa, non sarebbe imputabile che al solo Barattieri; e se pe1• Cassala ha fatto realmente siffatta confessione non sai·ebbe impossibile cl:e in appresso sentissimo di un altro tardivo pentimento per la occupazione di Adua, di Antalo, ecc. ecc. Lasciando al futuro l'apprenderci se questa ipotesi si realizzerà oppure no, sin da oggi si può, pe1•ò,dimostra1•e che la sola part.:, del programma del generale Barattieri in via di realizzazione, che anzi dovrebbe già essere attuala, rappresenta una smentita solenne alle sue speranze ed alle sue promesse p1•ovando sempre più e meglio la importanza dol militarismo anche nel campo di aziono, dove non dovrebbe patire smentite. Il Generale Barattieri dalle spedizioni militari e dalle vittorie s' imprometteva c1·edito, autorità e fiducia pe1· prevenfre le oslitità pe1· innal:::aregli animi e tenere in freno i sudanesi e gli abissini, i po710/i più bellicosi, agguerriti ecl armati clell'A(1·ica; nella gloria delle armi non vedeva che.un me::::::o pe1· consegu-ire la pace. Or bene, questa parte del suo programma è interamente fallita. Le nostre vittorie non ci dettero il credito e l'auto1·ità per prevenire le ostilità, che noi abbiamo provocato; siamo alle prese oggi cogli abissini e domani dovremo esserlo coi sudanesi; ogni vittoria ha fatto sorgere contro di noi nemici nuovi e più terribili e la guerra ha finito col generare .... la guerra. Questo risultato era facilmente prevedibile. Dovunque il militarismo impera e non è infrenato da altro istituzioni vigorose esso non riesce che a provocare ed organizzare la guerra. L'organo spinge alla funzione; il militarismo deve funzionare fatalmente, per necessità di esistenza, perchè se non funziona si atrofizza e muore. Questo rapporto tra organo e funzione venne ampiamente illustrato da Spencer, il quale precisamente nella politica coloniale vide il pericolo della risurrezione del militarismo e con esso del regresso sociale dell'Europa. Il militarismo per sua natura indeclinabile, adunque, anche quando i suoi capi sono animati dalle migliori intenzioni del mondo è impotente al bene: se persegue la civiltà genera la barbarie, se aspira alla pace riesce alla guerra. Xon sarà il generale Barattieri, che costituirà la eccezione alla regola. LA RIVISTA. LEANOMALIE SOCIALI DIROMA CONTEMPORANEA .Dopochè lo mille voci dell'entusiasmo patriottico hanno salutato esultanti il 25· anniversario della occupazione di Roma, non pu6, credo, sembrare inopportuna qualche considerazione serena intorno alle singolarità della capitale italiana, alle cause che ne intercettano il pieno sviluppo. Se i fenori che assalgono una intera nazione sono indubbiamente assai degni di riverenza e di encomio, le società però non vivon soltanto di acclamazioni e di osanna; ed al tumulto eroico di una legittima gioia popolare dee succedere la fredda ricerca, che la disciplini e fecondi. Per poco che si indaghi al lume della osservazione economica la nostra bella metropoli, si scorge come essa vada distinta dall'altre capitali d'Europa per un d:ippio carattere: da un lato l'assenza di una zona circostante riccamente popolata di città e di fiorenti villaggi e assoggettata a coltura intensiva; dall'altro l'assenza completa d' industrie manifattrici. Mentre Londra, Vienna, Parigi sono circondate da una lieta cerchia di ridenti campagne, fra lo quali si frammeitono villaggi floridi o città industriose, una larga zona di terre malcoltivate e miasmatiche cinge l'augusto caput mundi come una tormentosa corona di spine - Gli stranieri (già lo notava Sismondi in un mirabile saggio) i quali visitano la città eterna en touristes, o vi fanno passeggiera dimora, si compiacciono cli questo deserto, che sembra loro complemento adeguato alla città delle memorie, degno sfondo in cui si delinea maestosa la immensa ruina della monar-
11(3 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI chia uniYel'sale. Ma a noi italiani, cui è tolto di consideraec la cosa sotto un aspetto puramente estetico, a noi questo deserto che cinge Roma è cagione di mestizia e di danno, poichè ha influenze decisamente sinist1·e sullo sviluppo della Città e dell'Italia. Quella lugubre zona, dominio maledetto della malaria e della febbre, che sbandisce dai pressi di Homa la densa popolazione, la coltiYazione squisita e la civiltà, fa della Capitale italiana quasi un'isola separata dalla rimanente parte d'Italia per tin mare morto, per una livida gora. Perciò quello scambio continuato e vivace di elementi umani fra la città e la campagna, che mantiene nella prima una corrente preziosa di popolazioni sane e produttrici, rimane intercettato o vietato. E mentre nelle capitali sti'aniere un passaggio, transitorio sì ma continuamente rinnovellato, di gentiluomini o agiati campagnoli alla città e di cittadini alla campagna estende le influenze benefiche della metropoli alla zona adiacente e rinsangua le generazioni estenuate di quella con un flutto 1·igoglioso di elementi >ergini e forti - nulla di tutto ciò si avvera nel nostro paese. Al contrario. Coloro, cM dalla zona più prossima a Roma accorron talvolta alla capitale, son dei selvaggi dalla barba incolta, dai calzoni di pelo, dal gergo barbarico, in arretrato di parecchi secoli rispetto alla civiltà nostra superiori di ben poco, in intelligenza e coscienza, alle mandre che van cacciando alla pastura fra le roride nebbie cl,el mattino. Ben lunge dunque che la zona contigua alla capitale le arrechi un contributo di vigor novo e più baldo, essa non può recal'lc che un contributo di reg1·csso, di brutalità e di cicca violenza. E se per tal guisa manca ogni tI"asmissione benefica di fo1·za dalla campagna alla cittit, fa difetto del pai·i, e pe1· lo stesso motirn, la trasmissione inYcrsa di forze, dalla citiit alla campagna; poichè il cittadino cieli' C1·ù;; abo1·1·c, a buon dritto, la steppa fag,·imosa cito gli è presso, nè Yi co,;Lruiscc villo e vill.Jggi, nè Yi sceglie pue fuggitirn dimoea. (~ues(a slcssa mancanza di una zona piaccYolmentc abitabile, in peossimi(à della capi(alc, fa che molti di coloro che Yi hanno il centro delle p1·oprie ocoupazioni, non vi riseggano stabilmente ma conservino la propria residenza nelle -lontane p1·oyincio onde accorrono, ad intcrrnlli pii1 o meno breYi, alla metropoli, quando il loro iÌltceesse o il loro ufficio lo eicltiedc. Di quì la formazione di una popolazione boeghcse perpetuamente fluttuante, che è caeattcristico alla nostra capi tale; di qui il pe1·- petuo andiririeni dallo p1'orincie a Roma e YiccYCJ' a, da parte d'uomini i quali accorrono alla cillà eterna, Yi disimpegnano il proprio ufficio e ne ripartono tosto. Così mentre nelle metropoli straniere la popolazione ricca è stabile e la popol<1zione proletaria è fluttuante a seconda delle muternli vicende dell'industria, a Homa è proprio l'opposto; poicl,è mancano pel difetto d' industrie, le fluttuazioni della popolazione proletaria, ma s'ha invece una fluttuazione incessante e tumultuosa nella popolazione borghese. :i:è questa fluttuazione è, benchè per diverso motirn, meno dannosa della prima; poichè rende impossibile quella fusione dei vari ceppi iialici in un tutto omogeneo, quella costituzione cl i una cittadinanza stabile e compatia, che sola può consentire alla capitale un'alta e feconda influenza sul pensiero nazionale. Ecco perchè, mentre Parigi, Londra ed ora Berlino, hanno creato quell'ambiente ricco e svariato, che solo una grande capitale può dare e a cui l'arte e le lettere attingono le proprie ispirazioni, nulla di tutto questo riscontrasi nella capitale italiana, di cui l'ambiente continuamente mutevole e costituito di elementi cozzanti o inassimilati, riesce nulla più che una massa caotica, infeconda e scolorita. - Come la citlà romana è una smisurata compilazione architettonica, in cui si accostano, senza combinarsi armoniosamente, i monumenti delle più disparate età, così l'ambiente l'Omano è una immensa compilazione psicologica e speciale, che confonde l'artista ma non lo illumina, che smarrisce non ispira il pensiero. 1on è per ciò meraviglia se manchino in Italia la commedia e il romanzo e quelle produzioni letterai·ie tutte che sorgono dall'asfalto privilegiato delle capitali, che si sprigionano dalla loro atmosfera, satura d'elettricità e dall'ambiente raffinato e nervoso che inconsciamente. ne emana. La seconda lacuna, che vizia la nostra capitale, è il difetto d'industrio. Invero io ben so che altre metropoli soffrono di questa lacuna e che "\Vashington, la capitale degli Stati Uniti, è wui città co~ì peirn di industrie quanto Roma. Ma in uno Stato fode1·alc e decentrato quale lTnionc americana, la capitale politica ha ben minore importanza; essa non è, si può di1·e, che una estensione della Casa Pr·osidenziale e poco più dee contenere de' pa lazzi del Pal'lamento e delle Ambascerie. La vera capitale sociale ccl intellettuale degli Stati Uniti non è "\Vashington, ma New York fino ad ora, un giorno forse Chicago, città che associano in sommo grado le qualità pii1 propizie a farne centro del pensiero nazionale e nelle quali pulsa quella fervida inclusfria che nella nostra capitale cercasi mYano. Ora la mancanza di industria, se può apparire deside1·abile al politico di corta veduta, il quale si rallegra della assenza di agglomerazioni operaie ntinaccianii la tranquillifa sociale, è pero, sotto parecchi aspetti, dannosa, sia perchè accresce il numero dei disoccupati, sia perchè, scindendo il consumo dalla produzione, riesce a· creare una società, dall'aspetto economico, fittizzia, una massa
RIVISTA DI POLITIIJA E SCIENZE SOCIALI 117 d'uomini (htges conswnei·e. nati, i quali non rnggono la fonte onde emana la ricchezza da essi consumata, non assistono al processo della sua produzione, non possono constatare coll'esperienza i possenti fattori oncl'essa è dominata e i Yincoli onde essa si connette ai più complessi ingranaggi del corpo sociale. Di qui la completa inconscienza ciel fenomeno economico e della sua preminente importanza che contraddistingue i felici abitanti della capitale italiana. Invero aveva asserito CaYour che l'ambiente fittizio delle grandi capitali, non è adatto e rivelare il meccanismo reale delle umane società. Ma se ciò non può completamente ammettersi rispetto a quelle capitali, che sono al tempo stesso grandi focolai dell'industria, che creano da sè medesime e su proprio terreno i prodotti da esse consumati, ben ciò è vero, assolutamente vero di quelle città parassite, le quali nascondono allo sguardo de' propri abitanti il processo, onde si formano le richezze ch'essi son chiamati a distruggere. In Roma poi la cosa assume un carattere cli tanto più acuto quanto che l'industria e la produzione, nonchè nella città, non ha sede adeguata neppure nella zona che la cinge, onde il Yelo che asconcle al consumatore il processo procluttirn si fa di tanto piLt spesso ed impenetrabile. Qual meraviglia per tanto se i moclemi Romani, o ~li abitanti della nuoYa capitale, sono totalmente incapaci a comprendere la graYità, o dirò più, la stessa esistenza delle questioni paurose che agitano l'età nostea, se il loro orizzonte intellettuale è stranamente superficiale ed angusto, se l'equilibrio del ministero, la formazione della maggioranza, l'ultimo voto della Camera, paiono ad essi questioni fondamentali, da cui debba dipender·e il. destino della societi\? Essi Yi diranno ad e~empio, che il pareggio del bilancio farà cessare la piaga della dissocupazione, che la sconfitta ciel ministern risolverà la questione siciliana, che l'amnistia porrà termine ai conflitti fra capitale e laYoro, ed altre barzellette cli cosiffatto calibro. È a Londra, diceva Heine, OYei misteri della società si svelano da sè stessi al filosofo; è a Roma, diciamo noi, ove essi rimangono perpetuamente celati. Si direbbe che il mistero, sia poi religioso o sociale, debba essere il simbolo di Roma in tutte le età, la sintesi della sua secolare influenza. Qual' è la conclusione positiYa che dobbiamo trarre da quesla rapida nota, se non rngliamo che essa si esaurisca nello sterile campo cli una Cl'itica dottrinale? La conclt1sione sa1'ebbe per sò assai evidente e noi non e:siteremmo ad accennarla, se non fosse un fuol' c1·operal'inYocare pron·eclimenti rigeneratori da chi a quesli pertinacemenle 1'ilutta. Comunque, una cosa è cel'la: finchò la campagna romana non sarà ripopolatri eia una gente 'di liberi coltirntori, quali si avcrnno or son tre secoli, innanzi alle esprop1·iazioni esecrabili di cui furono vittime, finchè non ispunti attorno a Homa la coli.irnzione fiorente e in Roma o nel suburbio non si agiti ~no stuolo di industrie irrequiete, Roma sarà, sempre la città burocratica, priva di qualsiasi influenza benefica sullo svolgimento della Yita nazionale; l'Italia avrà un capoluogo, non una capitale; e le memorie classiche della città immortale echeggieranno attomo a' prosaici suoi abitanti quasi una stonatura, uno sfregio, come nella stanza del legueio, sudante a rediger protocolli e precetti, stuonano e paiono irrisione i ritratti de' suoi antenati in cappa e spada, e i loro gloriosi trofei. ACHILLE LORIA. LA POLIZIA Non si meraviglino i lettori di questa Rivista se oggi mi occupo ex professo della polizia. Se questa potè essere discussa nella più diffusa cd autorevole rivista conservatrice d'Italia, può benissimo, anzi deve, esser discussa da una repubblicano-socialista. L'argomento presenta il più alto interesse per ogni ordine di cittadini; lo presenta per le vittime dei dolin'lucnti, i quali la polizia non sa ridun·c all' impotenza, nè scoprire; e lo presenta ancora di pili per quanti professano idee eterodosse in materia politico-sociale e che sono divenuti le vittime predilette della polizilt stessa. La quale rinunzia al compito assegnatole dalle leggi cd alla coscionzn, pubblica, per consacrnrsi a quello, cui l'hanno destinata ministri incosccnti e prepotenti. L'organizzazione o il funzionamento della polizia sarebbero argomenti di gra,ndissima importanza in ogni tempo, perchè dall'una e dal'altro dipendono la sicurezza della vita e degli averi, la libertà e l'esercizio dei diritti dei cittadini. Sotto questo duplice aspetto, in questo momento più che mai versiamo in condizioni ta,lmente anormali eh' è stretto dovere llella stampa onesta e indipendente levare alta la voce per protesla,re e invocare rimedi. In quantci alla sicurezza della vita e degli averi, coadiuvanti la miseria e l'analfabetismo, siamo ridotti a tale stato che dobbiamo ringraziare Iddio se in qualche 1·cgiono c' è un ri5pcttato e temuto Tiburzi, che ;;i sostituisce ai carabinieri e alle guardie di eittù, e impedisce, in una certa misura, ai soliti ignoti delinquenti di spadl'Oncggiare. In Sicilia dove non e' è attualmente un brig,wte amico dell'o1·dine come riuello imprendibile del Viterbese, i 13aroni e i ricchi ga,bcllotti continuano, come noi Yecchi tempi feudali o borbonici, a provvedere dn, loro s(essi alla propria sicu1·ozi1a mantenendo ai
118 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI propri servizi i famosi campieri, scelti qu(1Si sempre tr3i i pii1 coraggiosi contadini e pastori; coraggiosi non solo, ma anche facinorosi. Se hanno sulla coscienza qualche reato di sangue, non importa: saranno più temuti e più rispettati; del resto i compiacenti Prefetti, se i padroni sono grandi elettori ed amici di deputati governativi, non negheranno il permesso per portare stocco rivoltella e carabina, non quella santa dell'on. Galli. Se tengono il sacco agli abigeatari, per non distaccarsi del tutto dall'abitudine dei f(!rtarelli, è poco il male; ciò che importa si è che non vengano toccati i bovi e le giumente del padrone. Tutti i torti, poi, non sono dei Baroni e dei grossi gabellotti se si cii·condono di bravi; ma del governo, che li rende necessari (1). La quistione della Polizia oggi è divenuta di tristissima attualità dal punto di vista della libertà e dello esercizio dei diritti garantiti dallo Statuto del regno. Oramai non i volgari malfattori devono avere un salutare timore della Polizia; ma devono premunirsi contro lo sue violenze e contro i suoi inauditi arbitri quanti onesti e pacifici cittadini hanno la fisima di partecipare ad una legalissima manifestazione, di passeggiare in ore e in luoghi insoliti, od anche d( lasciarsi crescere ... i baffi: atto giudicato sedizioso dai sapienti italici - e non borbonici - delegati di P. S. in Piana di Greci. Il meno che possa capitare ai cittadini è di subire un arresto arbitrario; più probabilmente saranno bastonati, feriti ed anche ammazzati se crederanno di vivere e potere agi1·e come si vive e si agisce in un paese retto a libero reg-ime. In Italia gli attentati della Polizia non salvano più nemmeno la medaglia di San Venanzio; e Andrea Costa può esser bastonato all'uscire dalh commemorazione di Oberdank. ed esserlo altri in Piazza di S. Croce in Gerusalemme. Oggi c'è un prog-resso: la bastonatura non è riserbata ai soli deputati socialisti o repubblicani: il caso Peroni fa conoscere ohe uguale trattamento può essere riserbato ai deputati governativi. Sia lodato Crispi I * * Della Polizia in Italia, dei suoi mali e dei suoi rimedi, si è occupato da recente un uomo ohe dovrebbe conoscerla bene: il Codronchi, che fu sottosegretario di Stato all'Interno sotto l'ultimo ministero di Destra, e fu Prefetto di combattimento sotto il primo ministero Crispi, nel momento in cui il ministro senti il bisogno di neutralizzare con questa scelta la impressione suscitata dall'avvento al potere di A. Fortis. L'on. Crispi colla sua riposta sa.pienza si mise (I) Chi credesse fantastico questo fugace accenno ai campieri e al mantenimento della pubblica sicu1·czza legga il libro di Franchctti: Le eondizioni politiche della Sieilia (edito nel 18i6 e sempre di attualità) e La Ala/la del Delegato Alongi. In un libl'O (La delinquenza della Sicilia e le su~ cause. Palermo 1S85) e in vari giornali e 1·ivistc mi sono occupato più a lungo di <Juestaquistione. Qui mi piace ricordare che un intelligente maggiore dei Carabinieri comprendeva - spiegava senza saperlo h'iasimarc -il metodo dei gl'andi prop,·ietari d<,dl'Isola, di prendere ai lorç> sc,vi,d ~ Qra1Ji più temuti. ai lati quali collaboratori Fortis e Codronchi: l' arrestato cli Villa, Ruffi o chi lo arresto aveva ordinato. Il Senatore Codronclii, il tante volte preconizzato Direttol'e generale della Pubblica Sicurezza, adunque, la propria competenza nella materia ha Yoluto mostrare come scrittore con un articolo pubblicato nella Nuovci A>itologia (15 Settembre 18):5). Egli ci apprendo cose non nuove: che i mali della polizia sono antichi e che sono altrettanto antiche le proposte di rimedi; ed espone quali erano venti anni or sono i criteri, che informavano il progetto di 1·io1·- dinamento della pubblica sicurezza studiato da una commissione, di cui egli faceva parte. In quel vecchio progetto e' era una parte tecnica, per così dire, suffragata da buone osservazioni, che può sottosc1·ivere ed approvare qualunque buon democratico. Nota il Codronchi, anzi tutto, la insufficienta numerica del personale di Pubblica Sicurezza: in tutta Italia non ci sono che 5000 guardie di città, mentre nella sola Parigi i guardiani della pace ammontano a 9199 e nella sola Londra i sergeants e cons:ables arrivano a 14421 con 31 sovraintendenti e 047 ispettori. Tralasciando la quistione dell' unità tattica non sì può che approvare quanto l'ex Pl'cfctto dico sul 1·eclutamento delle guardie di città: loda pol coraggio e per la fedeltà le gual'die nati ve del mezzogiorno, che prevalgono in tutto il corpo (l); ma, deplora che a Milano e a Torino, o a Kapoli e Palermo si mandi un personale di altre lontane regioni, che non intende il dia.letto e che come fores:iere è circondato dalla diffidenza e della o ·tilità dalle popolazioni. Vorrebbe che le gua,rclie prestassero servizio dove sono nate. \' orrebbe altresì, che si abolisse l'attualo ordinamento militare, si permettesse alle guardie il matrimonio e si fondessero le gual'die di città collo guardie municipali : fusione r.he non potrebbe essere consentita dalla parte democratica se non quando la polizia passasse alla dipendanza dei municipi come nel Belgio e nella maggior parte del!' Inghilterra. Invece non ci può esse1·e dissenso sulla inutilità dei carabinieri nelle città, dove generasi un pericoloso dualismo colle guardie di polizia, e sulla conrnnienz;i di destinare i primi alle campagne. L'ordinamento attuale della nostra Polizia, conclude il Codronchi, ha un solo merito, quello della originalità: fu inventato in Italia e non venne imitato da nessun altro Stato dell'Europa. Sfido io! :td imitare le istituzioni e le cose cattive degli altri, specialmente dei francesi pel passato e dei tedeschi pel pl'esente, non ci sono che gl' Italiani. (}) Non senza rammarico appresi, <iuando visitai Buenos Ayres nel 1 'il, che i Sereno.~ cl'ano ')ua:si tutti del mezzogiorno cl' Italia: e nunwros~ sono pur troppo negli odia.ti Pinckeiton degli Stati Uniti,
l r RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 119 Tutto ciò che si pot1·à fare nell'ordinamento del servizio della Pubblica Sicurezza nel senso suesposto sarà un bene; non c' è dubbio. Ma sarà ben poca cosa se non se ne riforma radicalmente lo spirito; se non si provrnde contemporaneamente e alla parte tecnica e alla politico-morale, eh' è quella che ha bisogno di più urgenti e radicali trasformazioni. Un fatto é innegabile: la Polizia, per quanto !'on. Galli si scalmani in tuono tragico a metterne in evidenza la beneme1·enza ed anche l'eroismo, in Italia è odiata e disprezzata, spesso non ubbidita anche quando ha ragione, quasi sempre non coadiuvata dalla cittadinanza - nell'ufficio suo genuino - che se ne sta lontana e la tiene nella stessa stima o giù di lì in cui teneva la Polizia borbonica. La causa di questo non lieve inconveniente va ricercata e trovata nella educazione, o meglio nella ineducazione politica degli Italiani? In parte lo crede il Codl'onchi, che seri ve : « nel « 1868, 1500 guardie di Polizia, senza aiuto di sol- « dati, sciolsero un meeting di 200,000 persone in- « detto dalla Lega della riforma; ma quelli là sono « Anglo-Sassoni, il popolo, cioè più educato dalle sue « libertà secolari al rispetto delle leggi ». Intendiamoci sul valore di questa educazione politica degli Anglo-Sassoni da taluni malamente intesa e peggio citata. Coll'autorità grandissima del Bagehot potrei negare questa vantata educazione delle masse inglesi; ammettiamola pure, ma ricordiamo col Codronchi, ch'essa è il prodotto delle secolari libertà. Dove libertà ve1·a non c'è, è vano sperare nella educazione politica. Le cause che in Inghilterrn generano il rispetto delle leggi, stanno, adunque, nell'uso della libertà; ma l'obbedienza, che si presta quasi sempre a coloro che sono destinati a fare rispettare le leggi è g,.me· rata principalmente dalla rispettabilità del corpo della Polizia, che ha l'ottima abitudine di non far sentire la propria presenza, di non invocare obbedienza che in casi rarissimi e di chiudere quattro occhi, nondue, in tutte le occasioni nelle quali in Italia le Questure vorreLbero averne cento come Argo per tenerli tutti aperti. Lo leggi sono rispettate e la Polizia è obbedita in Inghilterra perchè essa e rispettabile o le leggi vrima che dai semplici cittadini vengono osservate dai ministri e dalle auto1·ità, alte o basse. ::ìe qualche funzionario rompe, paga dinanzi ai giudici, che non esitano a chiamare dinanzi alla loro sLarrn e ad ammonire sc1·eramonte lo stesso Principe erodi- • tario; se qualche minist1·0 1·ompe, non tarda a pagare in Parlamento, senza che neppure ricorra al ridicolo tentativo di rive1•sa1·c la responsabilità del malfatto su qualche povero Battirelli. Che dire cieli' Italia dove un C'rioliLti c un Grispi continuatamente tutte le leggi calpestarono e calpestano? doli' Italia dove la :\fagistratura condanna per resistenza alla forza pubblica - a meno che non si tratti del collega Peroni, che deve alle sue qualità di amico del ministero se non venne condannato come lo fu Costa - le Yittime, che hanno il torto di non volersi lasciare bastonare e manda impunite guardie e delegati, che commisero inaudite violenze? dell'Italia dove i Pal"lamenli servili approvano con voti espliciti, e non con semplici bills d'indennità, le infamie dei poliziotti, dei delegati e dei ministri? Oh I in Italia non è possibile il rispetto verso 1~ legge e verso la Polizia che si riscontra in Inghilterra. Illustriamo meglio la differenza tra i due paesi su questo proposito. Gl' ignoranti, che non conoscono la storia, o i birbanti che la falsano coscientemente, affermano spesso che se la Polizia si mostra rispettosa del diritto di riunione ciò dipende dalla temperanza o dallo spirito di legalità della folla, che lo esercita. Nulla di più falso. I discorsi, che si pronunziano, le bandiere rosse o nere attorno alle quali vi si riunisce, gli emblemi - berretti, frigi, forche ccc. - e i motti sui cartelloni, che precedono le processioni e presiedono, quasi, ai meelings sono tutto ciò che si può immaginare di più sovversivo e di ]Jiù rivoluzionario, secondo i criteri dei nostri miopi governanti. Ai piedi della statua di Kelson, ad Hyde-Park, centinaia di volte e da centinaia di migliaia di versono furono emesse lo grida: Abbasso la reginci o it ministl'o ! Alorte all'ai·istocrazia o alla bol'ghesia ! Viva ta repubblica o viva la rivolu;:;ionc sociale! E la polizia lasciò dire; non intervenne, non disciolse non. arrestò, non processò, non percosse. Incredibile per gl' Italiani: i policcmans talora si trova,no alla testa, nel mezzo, alla coda, di una manifestazione soYversi va ... per regolarla, per mantenere l'ordine quasi nell' intei·essc della riuscita della stessa mani• festazione. C'è dell'altro: i policcmans sono ani vati a proteggere le dimostrazioni degli odiati e perseguitati anarchici, che non nascondono la loro qualità contro il pubblico indignato per le loro stranezze e pericolose esagerazioni. Cose dell'al!ro mondo! Ke si creda che il popolo inglese si sappia sempre mantenere lontano dai fatti e che si limiti allo parole, alle chiacchiere; tutt'altro. Ì\ on è perduta la memoria dei fasti del luddismo e sono assai recenti 1,cr essere dimenticati anche da.gli srnnturati italiani le devastazioni di Londra assai pi(t grandiose e selvagge di quelle di Roma del!' 8 Febbraio 1888. :'i eppure è da pensare che i poliziotti di Londra e del resto d'Inghilterra siano stinchi di santi e che le cose procedettero sempre lisce; dove sono uomini, si 1·iscontrano birbanti o ignoranti che malfanno o sbagliano. Essi sono corn1ttibili forse di più degli italiani e se ci si mettono a percuotere in brntalità li superano, ma l:i. corrnzione, h~ brutalità, le ille-
120 RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI galità constatate non rimangono imp11nite c, perciò, non di vengono sistema nelle facecndo oPJina1·ic e private; meno che mai nelle politiche. Ancl1e l'Inghilterra ha avuto i suoi momenti di l'Caiionc, che attraYcrsa l'Italia. Sono storie Yccchic; e in ogni modo della cosi detta strage cli Manchester - che dopo sessant'anni circa suscita tuttaYia l'orrore e la indignazione degli inglesi ed è stigmatizzata da storici e politici come un'infamia inaudita - da noi si può dire ce n'è una all'anno, assai meno giustificate della strage inglese. In certi anni sono a diecine: lo prova la cronaca sanguinosa che da Caltavuturo arriva a Santa Caterina Villarmosa. E da noi giornalisti, politici e Parlamento apprornno Polizia e goYet·no che se ne resero rei e per miracolo non decretano corone ci vicho agli esecrati salvatori quotidiani della patria. Chi protesta se non viene mandato a domicilio coatto come sovvertitore pericoloso, viene schermito come un utopista. * * Sfatato il pregiudizio sui rapporti tra, la, polizia e la educazione politica delle ma,sse inglesi, occorre illustrn.rc meglio pcrchè la polizia in Italia ncll'adcm- ]>imento della propria missione non Yicnc coadiuvata in alcun modo dall,t ciltadinanza, che là guada con disdegno o con pau1·a e che con essa non 1·uolc avere contatti e solidarietà ;i,Jcuna. I\on sollevo il velo degli scandali dei lupanari, appena appena sfiorati dal processo cli Palermo, e delle volgari mariolerie attribuite al Santoro -sino a poco tempo fa nomo di fiducia clcll'on. C1·ispi; ché, a dire il vero, a,nche in Inghilter1·a avviene su c1uesto riguardo c1ualchc cosa di simile o di peggio. J)irò invece dell'azione politica del corpo che donobbe ossc1·c consacrnto alla persecuzione elci malfatto1·i cd invece pare creato, come nei governi dispotici, alla persecuzione degli uomini che liberamente pensano ed agiscono o vorrebbero agire. Sinteticamente questo invertimento di funzioni è stato riconosciuto dall'on. Codronchi constatando che il personale delle Questure è stato guastato dalle vicende politiche e che la direzione generale della Pubblica Sicurezza dovrebbe sottrarsi ad ogni influenza politica. Il giudice non può essere sospetto; ma se al giudice non potern garbare il motivare la sentenza, il dettaglio giova al pubblico che devo essere illuminato sulle cause vere del noto cfTotto: il discredito della Polizia. Rolazi_oni piccanti sulla Polizia Ycnncro di t.1nto in tanto da delegati cd ispettori, che avranno preso la lol'O bra1·a pensione o che erano stati cacciati per arcrlc fatte proprio grosse: c'è materia da 1·0manzi! Che cosa fo~so la Polizia, alta o bas~a, in Sicilia sotto il governo ciel generalo .\fcdici - oh i gornrni 1lJiliictri ! - lo rirch~1·ono in PM·lamcnto - quando ancora in Parh,mento era lecito dire h, 1·0rità - i terribili discorsi cli nn uomo d'online abbastanz(, severo: l'on. 'l'ajani. Se un i-:tclicalc o un socicilista si attentasse :i dire o a sc1·ivcrc In decima parto cli ciò che disse e sc1·isse l'ex ministro di grazi,t e giustizia, adesso verrebbe processato e cond;i,nnato come difTamatore. L'epilogo sulla Polizia sotto la clevtra, sulla sua deYiazione dal compito suo o sulla sua intrusione scandalosa nella politica si ebbe coll'entrata di Nicotera a Palazzo Braschi; ivi egli, e con lui molti altri uomini della sinistra, si trovò annotato a libro nero come malfattore; malfattore pcrchè non la pensava alla stessa guisa degli uomini ch'erano al governo! sotto la sinistra non si migliorò; e si può immaginare dove siamo arrivati adesso che non c'è più des:ra o non c'è più sinistra o qnando riordinatore dell'anagrafe nelle Questure eia se stesso si designa !'on. Crispi. < I socialisti, e i radicali più colti e miti, coloro nei quali la tendenza socialista non è che espressione di sentimentalismo, di filantropia, Yi sono descritti poggio che volgari clelinqucnt,i. Kon è difficile che un giorno gli on. ])j Rudinì e ZanarJclli si trovino nobt,i al libro nero quali soggetti pericolosi. L'affare ::\faroscalchi prora ']U:tnto osi ormai la Polizia, che in tutto e per tutto vuole asso 6 gctbta la m;i,gistratura. ::\Ia non entriamo nel dominio della Polizia scgrctn. o atteniamoci a ricordare fatti ;i,pp::trtencnti al dominio pubblico. Sotto la sini:stra o sotto il trasjr,rmismo - per attenerci a casi recenti - San Lul'i, Calatabiano, Conselice, la bl'l1talo aggressione di Yi:t della J\Ioscowa in ::\lilano, 0!10 su~ciLò l'indignaziono elci generalo Fu:ncl - il 1·ccchio o incsol'abilc repress0!'0 del bl'igantaggio - e cento alLl'i episodi analoghi stanno a testimoniare che h. Polizia 11011serve che a provoca1·c ccl a ropl'Ìme tumulti, che hanno o a cui si dà carattcrn 1,01:- tico. I delegati, che 1·iclono in faccia a coloro che vorrebbero richiamarli al dovel'e e li consi;,liano a dar la caccia ai delinquenti e a non immischiarsi di politica e di elezioni; i clolcgati e gl'ispcttori, che depongono sfacciatamente il falso nel processo mostruoso - il processo Dc Felice - asserendo che gli accusati vivevano principcscamentc coll'oro francese; la Polizia che crea il trattato cli Bisacquino e manda a Crispi il documento fi1·matissimo - ch'ebbi l'onoro cli denunziare alla C,1mera elci Deputati e che rimarrà a testimoniare perpetuamente della servile credulità o della birbanteria e sfacciataggine dell'on. Cris1,i - danno riliorn cil quadro (1). (I) Con ciò non Hi intende sosti:!ncrc eh(' nella Polizia non ci sinno \m:i.,·i. onesti e coraggiosi funzionari. Conosco un delegato che sn• pc,·a <lare cfrìcacamcntc la caccia ai LIHll'i e che sdegno~amcntc si rifìutù di dolal'C le leggi e di manomettere la lihcrt{\. dei cittadi11i. E' stato tras.curato e quasi punito! Ci fn un dcle!..".ato, il i10~1tAlto, che pc1·avere rlctt~t al giudice Ja vr,·ità incomoda ai l'-.upcrivri, ,·<:nnc <pialtru ,·ultc inyitato n <lisdjnsi e ru 11d11n<·(;ittlodi JH"Occ,.::so e di ar~ resto! ì
RIVISTA DI POLITICA E SCIENZE SOCIALI 121 li qu:Hlt·o viene cornpleato da questa, altra pcnnclhtb: i superiori, di ordine militare o politico, non sti111n,noaffatto In, Polizia ai loro servizi. So di un'alta autorità politica, che incn,ricat::isi direttamente della. riccrcn, degli autori di un delitto celebre e misterioso, quando credette cli n,vere in mn,no le fila che dovevano condurre alla scoperta dei delinquenti a chi con lui collaborava a.llo stesso scopo ra.cco:11andò: Per carità non lo sappia X .. E X era il questore, che si riteneva capace di mettere in sull'avviso i presunti rei! Si sa quanto apprezzi l'on. Crispi il questore Lucchesi, di cui dice: egli è tanto scemo quant'è birbante. E se lo tiene caro credendo di conoscerlo a fondo; e lo tiene n, deliziare la sua Palermo dove è maggiore il bisogno di un fu117,ionario onesto, energico e intelligente. Arriviamo al capo supremo della Polizia: a Sensales. Per la venuta di Sensales in Sicilia, sotto Giolitti, c'è nel libro ciel generale Corsi una reticenza, ch'è tutta una requisitoria formidabile. Ma tutto quello che potrebbero dire i più avventati avversari della Polizia e ddl suo cap0 sarebbe una bazzecola al paragone cli ciò che ne ha scritto un fanatico ammiratorn cloll'on. Crispi in un giornale poco noto di Roma. Yak, la pena. di 1·ip.rodu1·rola silhouette che ne htt fatto l'avv. \"iola, 1·ipet0, perc!tè viòne da chi ha 1111 culto per il PrcsiJentc del Con,iglio. Ecco le testuali parole: « Il caso Peroni col fenomeno 'l'ara.ntoht - 11 fe. « nomcno pcrma.ncnte Lucche::;i con il caso ·cutò- « Col1mgo-Drago cd a.ltri - il ca::;o vJm/,3 col fono- « meno Santoro - il fenomeno l'en:1ino col caso Ba- « d,doni - il ca.so sottra:;ione dei docume.iti col fc- « nomeno Fel7.ani - l'altro l\Ja1·cscalchi - con tutla « la. rifio1·itura del brigantaggio, e fjttcgli altri innu- << mernvoli casi, che hanno ril'el.,to ,tltrctt,tnti fono- << meni polizieschi, por noi che non sin.mo nè anarchici, « nè socialisti o nommeno radicali, come non siamo « assolutamente oppositori doll'on. Cri,pi, tutti cote- « sti casi e fenomeni tristi, e dolorosi t1·.1ggono l'o- « riginc cln, una sola, osclusi va, unicn, causa: Scn- « sn,lcs. « Finché il senatore Sensales avrà la direzione ge- « ne1·ale della Pubblica Sicurezza, in Italia non è a « sperare una Polizia organica 111or.1lmente e mn,te- « rialmente. Egli è nato disor3anizzatore, e corrom- « pitore come si nasce poeta, o ladro. Kon ha la co- « scienza della improbità. Si compiace della menzo- « gna. come di una capacità diplomn,tica poliziesca « tuttn, sua propria. L'inga.nno è il suo elemento na- « turnlc. Lo praticò sempre; ed essendogli riuscito « - perchè salì, ed arrivò ornnque - lo ha elovato <, a sistema.. « Scambin, la. resistenza con la ferme7.za, e resiste; « e, perché resiste, si crede un ::\Icttcrnich, o un « Fuuchè. Ln, sua produzione naturnlc è creare clis- « sicli, scompigliare tutto, gualcire ca.ratteri, pertur- « bare spiriti e cosecn7.o; e chiunque lo tonne o si « guastò, o ebbe sventure, e disonore. « Toccò Giolitti, o l'<,l'l'iò poi sentieri del corre- « zion,tb - sta Yicino a Crispi, e gli sta preparando « so non la rivoluzione, ccr(arncnte giornale brutte, « e dolo1·ose.... » (ll Mezzogiomo ì\. Hl8 del 1805). Dal generalo Co1·si scendendo sino all'avv. \'iola adunque, c'è una. concordia merttvigliosa di giudizi sul senatore Scnsa.les; giudizi che sarebbe bene pet' il decoro ciel pn,eso venissero provati calunniosi. Ma se ta.nto concordemente si. accusa il Direttore generale della Pubblica Sicurezza è egli possibile che il ministro dell'Interno nulla ne sappia? No, egli sa tutto, almeno cosi affermano i suoi intimi ; cosi afferma il Viola che cli casa Crispi è assiduo frequentatore. Se tutto conosce, e da tempo, e non provvede in modo alcuno, la responsal,ilità del capo del governo è immensa: egli è altrettanto spregievole, per questo riguardo, quanto lo stesso Senseles. È suo complice. A sua difesa, o meglio attenuante, si insinua che il Presidente del Consiglio viene stornato da.I prendere un opportuno provvedimento « dalle pl'Cmurose intromissioni di qualche fido « il quale, inconsciamente serve le bieche mire cli quei « siciliani, che all'ombra clell'on Crispi hanno da « sfogare ire, odi, rancori ... » Chi siano queste perle cli siciliani che 1·iescono a far raggira1·0 l'on. Cl'ispi non è eletto o sa.l'ebbe bono che si conoscessero; certo è che dclln, difesa può ripctcl'Si il noto: ve::o el taeon dei buso. Egli ne esce accoppato eia questo dilemma.: o è un inbecille o è un b1·iccone ma trico lato. Sia. l'uno o l'altro, intanto rimn,nc assodato che la Polizia è frncida dalla base al vertice; cll'essa non può inspirare fiducia al popolo; che i cittadini dovono scorgnc nella mcdesimn, non un organismo la. cui funzione deve riuscire pl'oficua alla società, ma un pericolo continuo cli n,ttcntati contro hi loro libcl'tà e l!ontl'o i loro diritti; clic essa infine non dù come la davano la Polizia dei governi dispotici, la garanzia della sicurezza clelli1 vita, della integrità personale e ciel godimento dei beni comunque acquistati. Ln, nostra Polizia, dice il Codronchi ch'era originale, inimitata e iniruital,ile dal lato tecnico; è insuperabile dal punto di vista politico morale per la sua azione malefica. Essa è degna in tutto e per tutto di questo periodo tristissimo cli tra.nsizione, nel quale può governare senza controllo e senza resistenza un ministro, che non è nè amato nè stimato eia coloro che lo n,dulano, l'ubbidiscono e lo servono per loschi fini p1·ivati e contl'o ogni concetto cli utilità collettiva. L'organismo è questo e non può ri$ann,r1o l'onorevole C1·ispi; a lui potrà l'imancro un solo merito: quello di accellerarne la dissoluzione facendolo tiervire sempre più allo s!'ogo delle i1·c, degli odi e dei rnncori suoi e dei tiUOi. Il momento della riforma $ana od opport111ia. non è arrivato, perché manca
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==