La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 30 - 30 agosto 1925

bit, ►-· ~•'d i-\:. -~. , ~""4 ~· - •').•' .À - NOVITÀ DELLA SETTIMANA IL BARETTI Quindicinale di letteratura Editore PIERO GOBETTI SETTIMANALE EDITORE PIERO GOBETTI - TORINO VIA XX SETTEMBRE, 60 V. M. NICOLOSI .tbbonam~ annuo L. 10 • l!.'sltro L. Jb Un nunwo L. 0,60 ABBONAMENTO: Per il 1925 L. 20 · Semostre L. 10 - Estero L. 30 - Sostenitore L. 100 - Un numero L. 0,50. C. C. POSTALE GUIDO GOZZANO Anno IV - N. 30 - 30 Agosto 1925 (Loscorsonumero é statosequestrato). SOMMARIO. - JJ. g.: Fiamminghi e Valloni. - L. Pignalo: Dopo Palermo. - Notizie internazionali: Il Comité des Forges, C. Puglionisi: Sintesi liherale. -'I'. Fiore: Lettere dalla Puglia,: Taranto. - IUsorg;,,,.entc: A. Cavalli: V. Cuoco, Fiainn1inghi e Valloni L'equilibrio del Belgio. La forza del Belgio è nell'equilibrio realizzato tra agricoltura, industria e commercio. Ne risulta la felice mediocrità delle ten-e fertili e chiuse. I rapporti con l'estero sono estremamente delicati: nessuna audacia gl,i, è consentita impunemente; tutte le crisi mondiali si ripercuotono con grande sensibilità sul suo commercio, sulla sua capacità d'espansione, minacciando ad ogni tratto di costringerlo sulle posizrioni sicure, ma insopportabili, del suo equilibrio casalingo. Il Belgio è un popolo di tipo casalingo e provinciale trascinato daHa mtuazione assurda e fortunosa a giocare sempre un ruolo superiore alle sue forze nella vita europea. Persino i suoi paesaggi hanno un sapore provinciale di interno, come si vede nei tentativi architettonici di Bouts e nelle più stilizzate realizzazioni dii Van der Weyden. Nella campagna di Antwerpen non trovi infatti le improvvisazioni d'atmosfere di terra latina e neanche più il nicordo delle colline dell'Hainaut; il paese ha dei limiti saldi e evidenti senza risorse di impressionismo e d,i luci troppo magiche, e puoi ric'ostruirvi riposatamente la grande passione naturalistica e ]a sicurezza di visioni di Breugel il vecchio, il più eccellente pitt-0,re fiammingo e il più conscio della sua terra. Di questo Belgio, specchio del comn1ercio mondiale, punto astron0mico di prim'ordine per l'osservazione dell'equilibrio e delle crisi economiche, Anversa è la capitale naturale. Nulla più, fuoi-i che i suoi, dintorni, testimonia che essa sia la patria di Brengel e di Teniers. Piuttosto conserva, nei commerci, lo spirito di Van Dyck e cli Rubens, cittadini di Anversa innamorati di Londra e di Roma. Ma non è dello sp;irito fiammingo l'attitudine ad elaborare civiltà puramente letterarie assimilando nel modo avventuroso che ,,iuscì :1i due maestri del Seicento le virtù pii, lontane della razza. Anversa era. prima della guerra il secondo, porto d'Europa, alla pari con Amburgo. Questo è il posto che le assegna la civiltà moderna. E se le statistiche dicono che la oittà è ormai quadrilingue., che tedeschi e inglesi si dividono il porto con francesi e belgi, sta d,i fatto che dalla rivalità di Anversa con Rotterdam tutto· il Belgio trae le sue energie di indi,pendenza. Il curioso è che per trascinare Anversa cohtro, gli Orange, i ribelli del 1830 dovettero cannoneggiarla. Ma questo è lo stile dei tardi fiamminghi che si muovono ultimi per essere i piÌÙ duri e i più saldi. Solo di qui potrà nascere, se nascerà, una terza civiltà fiamminga a gara con quella che. sorge in Olanda. Il sistema ferroviario, minuziosamente organizzato, per gli agi del piccolo borghese, il socialismo di Stato ottimistico e affaristico, H socialismo dei cattolici di sinistra, le riforme sociali del paternalismo pretendono di mettere le basi di questa nuova civiltà mercantile, che, allo stato dei fatti, pecca soltanto di scarso ascetismo e di troppa mediocrità. L'avvenire del Belg,io tuttavia è in questo avvenire dei fiamminghi. Il rozzo contadino del Nord sarà sempre inferiore nei rapporti individuali alla souplesse e alla cordialità di un vallone: ma soltanto da luo dipende cl~e il Belgio non ceda alla facile seduzione di diventare una provincia francese. Entra in una casa di Anversa, o percorri le lunghe vie verso iÌ quartieri popolaI>i quando dappertutto vedi lo stesso viso ostinato e paziente, gli stessi occhi lenti, attoniti e fedeli, e persino uelle bottegaie la sinced tà timida ,. la b1·utalità non moderna del contadino: ti sarà evidente che le qualità e la forza di questo popolo non sono scarse nel suo cocciuto programma di conservarsi campestre anche sulle banchine di un porto internazionale. L'impressione di metropoli imp1·ovvisata che dà Bruxelles, una Milano ad uso di anime svizzere, qui si dilegua. Niente falso pariginismo, niente parassitismo di capitale e di sede di re. Il problema lontano è di sapere se lo spirito cattoJ;ico potrà atteggiarsi in una forma nnova cli civ·iità espressa dalle democrazie fiamnringhe. Il socinlism,o. Alla definizione del Belgio data da Napoleone (Le champ de bataille de l'Europe), Elysée Reclus sostituì quella più moderna: Le champ d' expérience de l' Europe. Da tre11t'anni i nostri socialisti lo guardano come il campo d'esperienza del socialismo. Fu la culla <lel socialismo di stato positivista e piccolo borghese che si identifica con la Seconda Internazionale e che in tutta Europa ridusse h dottrina della redenzione del proletal'iato a un affare di compromessi parlamentari " di trattative con le classi dominanti. In Belgio questa democrazia possibilista ebbe subito volontà cli classe dirigente, fu apertamente monarchica e costituziona]e con scarsissime velleità di fronda; fu persino colonialisttl e si accontentò cli resistere per un puro rispetto alle forme alle più autoritarie e barbare iniziative di Leopoldo II, uomo del vecchio - regime e del diritto divino, se non addirittura dello schiavismo•. La prntica della lotta di classe non era consenti~a dalle stesse esigenze idilliche cli un'industti'I sperimentale e di un'agricoltura che a:vv'icina e adegua tutte ìe cla;si. La mediocrità è nemica anche della disperazione. Un paese in cui si esperinie11ta non può non coltivare ]a discrezione dei gesti, la quiete modesta e ottimista. Del resto se pt1.1·edal 1848 al 1900 sono spariti quasi completamente in Belgio gli artigiani e l'industria a d-omicilio, l'.istinto pi ecolo borghese è rimasto nell 'ope• raio della grande industria che qualche volta è contemporaneamente agricoltore e operaio e sempre, abitando a trenta-quaranta chilometri dalla fabbrica, si sottrae alla vita e allo psicologia della città, scuola di socialismo intransigente. L'osservazione di Marx, che il Belgio è il paradiso dei capitalisti, non ha spinto• il proletariato a combattere, anzi, gli ha suggerito l'istinto del compromesso e della partecipazione al benefizio. Indicheremo un curioso sinto1no ferroviario di questo innato desiderio di dividere i privilegi. In tutti i paesi civili la tendenza della politica dei prezzi ferroviari porta a garantire ai viaggia tori delle diverse classi '\éantaggi e comodità pressochè identici, in modo che la scelta dell'una classe o dell'altra sia fatta quasi esclusivamente col pensiero di essere con o senza compagni di viaggio o con questa categoria piuttosto che con quell'altra. È: un sistema perfettamente democratico: uguaglianza di possibilità e diversità di desideri! Le ferrovie belghe lo applicano offrendo a tutti la possibilità di Viaggiare in terza classe, anche sui diretti, a prezzi ancora oggi irrisori: però nelle terze classi belghe si viag• gia quasi altr·ettanto male che in Italia. Senonchè l'artificio piccolo borghese offre per un aumento di poche lire (premio alle virtù del risparmio e dell'operosità!) una seconda classe che non è, per decoro ed eleganza, in nulla inferiore alla prima. Ecco un ideale fei-roviario pochissimo marxista. L'intransigenza, la lotta politica senza compromessi, in soffitta! Si può mettere in dubbio la capacità del Be]gio ad esprimersi ju una fisionomia spirituale autonoma finchè il fianiingantisme rimane una specie di resistenza passiva tra le influenze francesi, tedesche, olandesi, che si contrastano. Certo al flamingantis1ne i socialisti non sono stati capaci di dare direzioni originali. Il partito cattolico ha sempre avuto più audacia e più coerenza che il partito operaio. La difesa degli interessi individua1i presentata come lotta per le libertà è un'idea tradizionale dei cattolici belgi e spes• se li ha portati a difendere gli interessi degli umili. I liberali da parte loro hanno peccato di autoritarismo, ma non hanno mai tradito una loro grande idea statale: il principio della laicità. Tra queste due posizioni nette, i socialisti avrebbero potuto essere il partito dell'avvenire se non avessero addomesticato il loro ideale di lotta di classe; invece tennero una posizione equivoca, nè anticlericale nè antinazionalista. Già nel 1885 al tempo della fondazione del partito fu respinta la proposta degli operai il, Gand di chi.amarlo partito socialista. Si incominciò con una transazione, si accetlÒ jl nome di Partito operaio, proposto da Bruxelles. Quelli fuwno gli anni romantici della propaganda di Alfred Defuisseaux e del Caté,. chisme du peuple, della difesa· del suffragio universale e <lel d'i-ritto di sciopero. Anche lu lotta per la legislazione sociale si svolse allora con bella energia e valse a migliorare la dignità del proletariato. Nella lotta contro l'invadenza dell.a Corte, nella denn11cia degli scandali del Congo, il partito avrebbe potuto trovare la sua nobiltà di combattimento. Addestrò le masse alla vita politica facendole partecipare all'attività del parlamento. Gli scioperi generali del 1891 e del 1893 contro il regime censitario, quello del ~913 per il suffragio universale senza voto plurimo, fuwno notevoli esempi di maturità popolare e di sviluppo democratico. La debolezza di questa lotta era nefl'assenza di grandi utopie, nella deficienza delle finalità, sicchè l'energia delle masse doveva spezzarsi contro lo spirito conciliante dei capi. È noto che lo scrutinio di lista rigido lasciava la designa- ' ?>ione dei deputati alla direzione del partito e metteva i capi in.una posizione di sicurezza stabile. Essi non seppero indirizzare i fermenti popolari verso una nuova civiltà, li avvelenarono col riformismo. Anseele, Vandervelde, Bertrand, non rappresentano una I-I.asse dirigente supe1'iore alla tempra dei liberali di Frère Orban e ai cattolici di BeTnaert o del feroce reazionario Woeste. Hanno condotto gli operai del Belgio al1" avanguardia del cooperativismo e del risparmio, ma li hanno lasciati senza un ideale ,l~ lotta. Dopo trent'anni di vita politica si tl0vano rappresentanti naturall cli un socialismo auJico e oligarchico, e continuatore delle funzioni conservatrici. Il 21 marw 1904, celebrandosi il· centenario del Codice civile francese in Belgio, Jules Destrée e Max Hallet presentavano al Parlamento il volume d-el Codice del 1Lavoro, ossia la raccolta delle leggi che avevano supplito la deficienza del Codice Napoleonico in materia di contratti di lavoro e di legislazione operaia. Essi credevano di indicare il monumento dell'opera socialista in Belgio. Di fronte a siffatti cc monÙmenti )) di socialismo è lecito mettere avanti subito in linea pregiudiziale le nostre riserve. Basta attendere il « so.cialismo " di Dest.rée alla prova del 1919. I primi sei anni del dopoguerra. La crisi del socialismo è la crisi di tutto il ventennio che precedette la guerra. Si ripresenta oggi neHe forme di un inevitabile opportunismo per Là scarsezza di nuove classi \dirigenti. , Tuttavia si può ritenere come chiusa nell'am10 1925 una crisi politica assai più pericolosa che è durata sei anni impegnando tutti i vizi storici del paese e mettendo in forse anche l'esistenza dello Sfato. In Parlamento si è .avuta un 'imagine falsa di questa crisi perchè la lotta politica, -che qui fu sempre addomesticata e attenuata a vantaggio dei potei-i costituiti, venne addirittura soppressa dopo il 1914. Tl'ent'a1u1i di governo clericale erano stati ammrinist1·ativamente proficui, ma avevano aiutato un'educazione all'ipocrisia politica del moderatismo. Le questioni essenziali erano state nascoste: il p1·oblema dell'unità, il pericolo del separatismo, erano rimasti come un inculìo ad impedire le chiarificazjoni spirituali più necessarie. Nel dopoguerra questo incubo della difesa ~ dell'indipendenza in un piccolo Stato divenne esasperazione nazionalista. Il dogma della patria soffocò la libera discussione, aiutò l'oscurantismo e l'ignoranza. Si ebbe quella che Pica1·d chiamò la fréuésie de la répression. Durante la guerra il Belgio non aveva potuto sfrenarsi nella politica delle leghe di azione antitedesca. Destrée, bell'esempio di socialismo fascista, .aveva dovuto fare in Italia i suoi discorsi e articoli tipo Hervé o tipo Mussolini. La reazione, auspice la politica di Clemenceau, volle pagarsi la rivincita con l'ubriacatura della vittoria. Il C. P. N. (Co111ité de la politique nationale) tenne tl Belgio sotto un patriottico terrore, s'impose coi noti siste1ni totalitari. Il giuoco dell'apoliticità fu esperimentato come il pfa accetto e il più infallibile. Si predicò l'orrore per i settarismi, la necessità dell'unione, dell'azione nazionale. La verità del vecchio assioma che la politica nazionalista è sempre la più contraria agli interessi della nazione si verificò matematicamente. Invero la stessa idea di una politica nazionalista in un paese che non è una nazione appare ridicola. Si accentuò il dissenso tra valloni e fiamminghi con pericolo di guer<a civile. L'economia belga non era stata gra•remeute colpita dalla guerra. La si poteva rimetter" facilmente in attività (le miniere di carboue fnrono lasciate dai tedeschi ;n ottime condizioni perchè essi ebbero interesse a curarne lo sfruttamento per tutto il periodo bellico). La reazione, costretta nella sua logica internazionale al fronte unico con la Francia, si avventurò nell'esperimento protezionista che non poteva non rinscire fatale per un paese di grande produzione ed esportazione che limita le importazioni ai generi di prima necessità. Questa politica protezionista di ispirazone francofila mandava in rovina l'economia delle Fiandre. Anche la politica fiscale nazionalista fu l& più aUegra che si potesse immaginare: esitante a introrlu.rre imposte per demagogia, il Governo tentava con due successivi prestiti cli provvedere non già alle necessità più eccezionali, ma al bilancio ordinario. E quando i prestiti non riuscirono più, si ricorse al torchio. Non la guerra, ma il protezionismo, i prestiti e 1 'inflazionismo crearono una situazione di terrore nell'economia belga, la situazione con cui si trova oggi alle prese Janssen. I più furbi intanjQ contavano di vivere con le riparazioni e con 1e colonÌe. Il paese era nelle mani dei procuratori dell'alleanza francese. Il capolavoro della reazione fu la politica csrera. Con le rivendicazioni sul Lussemburgo e sul Limhurgo olandese, il Belgio si screditò e non ottenne nulla. A Versailles fu ,assallo 1 della Francia. Bisogna pensare che la situazione interna del 'Belgio è così delicata che basta uno spostamento dell'eqnilibrio internazionale per compromettere l'unità. All'equilibrio tra valloni e fiamminghi deve corrispondere w1a politica di pace. Invece le aspirazioni sulla Renania facevano pesare la bilancia tutta da una parte. Battendosi per l'accordo tra Francia e Germania, il Belgio avrebbe salvato oltre che i suoi commerci, la sua unità; e si faceva autore di una politica autonoma e dignitosa. Theunis volle seguire Poincaré nelle sue infatuazioni. Dopo il 1830 lo Stato si era consolidato per un finissimo gioco di eqnilibrio, con la sapiente utilizzazione delle simpatie europee. Prosperità e pace furono le basi cui si appoggiò l'incerta nazionalità. Questo equilibrio si reggeva su.i tre partiti. Dove l'espressione della volontà popolare poteva suscitare preoccupazioni troppo forti, riparavano agilmente le astuzie del sistema elettorale. Così trent'alllli di governo cattolico fluono possibili in virtù di una legge elettorale che attribuiva tre voti a tutti gli ecclesiastici. Bastò il suffragio universale senza voto plnrimo perchè nel novembre 1919 la maggioranza clericale cadesse. La crisi del cattolicismo belga, che si era già annunziata parecchi anni prima col ritiro del Barone di Broqueville per la separazione tra vecchia e nuova destxa, diventava così clamorosa. Il disorientamento che ne seguì non fu la ragione ultima della sostituzione della politica reazionaria di Union sacrée alla tradizionale politica conservatrice del partito cattolico. Dopo la guerra i cattolici democratici come Poullet si trovavano improvvisamente più vicini ai socialisti fiamminghi tipo Huysmans, che al loro partito di destra. Il fenon1eno si può spiegare pensando alla composizione del partito. Dove la democrazia cristiana è arrivata a reclutare aderenti dopo che vi si era affermata l'organizzazione socialista, è natt1.1·ale che essa accolga specialmente operai addomesticati. Si ha un operaismo idillico, m1 cattolicismo mode'rato a base di beneficenza. Ma nelle Fiandre, dove l'or~anizzazione socialista è relativamente re~ cente, i gruppi cattolici concorrenti sono giunti a promuovere lunghi scoperi per aumento di salari contro le classi padrnnali cattoliche; hanno fatto la lotta contro i pie-

bi 122 coli commercianti, quasi lutti caltollici, in difesa delle Cooperative. AJ vecchio ideale del De Mun dei sindacali misti di padroni e operai, il padre Rutlen contrappose il movimento s-indacale c1·istiano. Questa sinisLra cattolica ha potuto opporsi apertamente al clericalismo e prendere iniziative originali soltanto• quest'anno con La Lal1.ica di Poullcl: perchè le forze finanziarie del part;to per un fenomeno analogo a quello che si vide nel P. P. I. erano sempre rimaste in mano agli elementi. conservatori. Così nei primi sei anni del dopoguerra la polilica di Unio1t .sacrée dei tre successiv,i ministeri Delacroix, Carton de Wiart e Theunis, non trovò forti ostacoli nel partilo cauolico. Ma ril vero eroe della parentesi reazionaria postbellica è il' partilo liberale. Rappresentò la dillatura dell'oligarchia valJone francofila. Theunis con molta abi]jtà fu l'uomo della politica delle riparazioni. Ora gl1i cletlori belgi gli hanno inflitto una disfalla ancor~ più definitiva dell'Onze Mai di Poincaré e d1 Millerand. Il liberalismo francofilo dopo aver illuso oli spiriti con i più bana]Ji luoghi comuni :nti-tedeschi deve cedere il posto alla coalizione fiamminga di PoulJet. Ritorno a ,uia politica belga. Da cento anni il paese è sempre in nuovo allarme ad orni nuova ripresa della questione Daniminga. Viene suhito in discussione lo spirito nazionale, l'unità della razza. « Eh! 1a Belgique - scrive Norbert Wallez_ ne Le XX Siècle del 6 agosto - la Belg,ique est un des lieux du monde où !es sangs !es plus hétérorrènes se sont le plus fréquemment et les plu~ profondément mélés: Les Romains et ]es Gaulois y avaient pénétré par le Sud, !es Germains par l'Est, les Frisons par le Nord, le,; Normands, !es Espagnols et !es Italliens par le litoral, Bruges et Anvers ''.· Il _F:o'.'tparti che ha ripreso l'opera degli atuv1st1 e nelle ultime elezioni ha guadagnato· alcune migliaia di voti, r<i.chiede la separazione amministrativa tra Fiandra e Valloma. Se Vandervelde e Poullet non vanno incontro francamente alle tendenze autonomiste, l'unità be},o-apu'l essere compromessa, nonostante la ret~rica nazionalista di Destrée, e si può manifestare una situazione irlandese. Il fl.amingantisme oggi non presenta più i pericoli del tempo in cui Pol ~e Mont, uno dei c'api1 salutava la Germama come ." la grande Patrie ». D'altro canto l'o~ani?sme di Gand è fi.nito. Non ci sono pencoli per l'indipendenza. Il flamingantisme n".n sarà nè olandese nè tedescofilo., el vecchio proverbio fiammingo: « Che volete farci? L'?.- landa è protestante » non si saprebbe ~1u leggere nessnn tono di rirnpian_to. La sol'ìd~ economia vallone è una garanzia per la pm avventurosa attività fiamminga. Vuol dire le spalle sicure: Il rerri.onalismo non sarà neppure separatismo. Bisogna rendersi conto che in _Belgi_o c'è una naturale atmosfera di mun1c1palismo di affetti locali. La rivoluzione del 1830 è na'ta anche da questo sentimentalismo casalingo, che per maggiore _dignità sa chiamò difesa dei diritti comunah. Era un attaccamento quasi filisteo a le libertà individuali non accompagnato da una grande passione per la libertà. Il liberalis~o f~ battuto ne: 1884 non perchè fosse autontano, ma perche aveva turbato nella questione dell'insegnamento i tranquill~ interessi della Jjbertà scolastica sussidiata. In queste abitudini di bene ordinata leualità si riconosce rn tip-ico individualismo ';uoderato del Belgio. . La vita belga soffre di questa mancanza d, eroico. Sotto la tranquillità, sotto la rassegnazione freme un turbamento di spiriti che intuisce il provvisorio in questa apparente sicurezza. Il sentimento dellla mancanza dell'eroico ci deve spiegare gli improvvisi scat~i di_ ~ignità e di altruismo in questo popolo u t1htar1sta e calcolatore che nel 1830 come nel 1914, a tutti i gra'ndi bivii della sua storia, sa comportarsi con disinteresse di sigùore. Solo la sua fun~ione inlernazionale d'?l resto può essere la garawòa della ~u_astab1lità. La stessa avventura del Congo &1 e chmsa con questo insegnamento. La politica di_Leopoldo II sperava di sfrut1.are i ne~1, di _ul1lizzare ]a colonia come un'arma 11npenah~ stica. Ora si è visto che rn Congo può essere per il Belgio soltanto una 1:a~ione di_ respon~ sabilità. Prima che grandi 1nteress1 econ?- mici il Belgio vi ha impegnato il suo orgogho civile. Perciò il Congo è l'unico· argomento di produzione libraria presso un popolk>_c~e in fatto di libri è rimasto tma provmcrn francese. Il viaggio in Congo è ormai nel oostume locale. Con lo stesso, spirito di dignità internazionale e di stile liberale le Fiandre devono garantù:e l'avvenire delle industrie tessili che sono la loro gloria e per le quah cercan? all'estero materie 1nime e mercati. Non e delle F,iandre il privilegio dell'Hai.uau t, che ha potuto oraanizzare da so]o un cido industriale miner~rio e metallurgico completo c autonomo. Ma solo 1e difficoltà del commercio i11Le1·nazionale sono propizie alla m~- nifestazione del genÙJ mercantile dei p~poh • Gand, Bruges e Anversa portano quest '?segnamenlo nella loro storia e nel loro destmo. Anversa, agosto. p. g. LA RIVOLUZIONE LIBERALI!. DOPO PALERMO Questo .,;aggio di un Jasci~w .,ul proCP.860 unitari<• in Sicilia ci ,;embru il miglior,, commento oll" elfi· zinlli di Palermo. J.,uco Pignato 110,i ;. 11è il solito giovane rsaltrito Juscisw iri buona J1,d<11 11è il lei• terato iwlia11Q di tipo ciJu1w•<'entt•sc<J pro1110 11 fabbricare id<'P cortigiane, Jelire di servire (Il viucitorP. In Sicilia io nor1 ho trovoto un altro giovcmc <1uadroto, maturu, di limpido carnllf>re com<• lui. I),,/ fw,cismo non ha accettato catwnicati ,, mm tt<' accettnò.. Nell'articolo che -~egue v'è 1111'impos1ozi.0111, p,1• litica rigorosa e salda clie mi pare imp()1sibilP trovare in tutti i perdigiorno che si sono pr1>vati a far,· i teorici del fascismo. f...,'arialisi che oflrc Pignalo del fenomeno OrlandlJ e delle democrazie personali sicili.a11P è definitiva: Rivoluzione Liberale è .rnmpre .HMa 1u·Pcisfl sn fJU<'· Mo nrgomento e ha combattuto Orlando e Di CPsarò con la stcssrt ferociri intnmsigc11tc con cui combatte Mussolini. Nel rwvenibre 1922 ubbimno dichiarrito che il mondo di Giolitti, di Solamlrfl, di flonomi, doveva essere seppellito per sempre: l'abbiamo dic/1iarato quando il fascismo r11msdegrHwt, di tratt.arP con essi. Sempre chi ha chiesto fil fascismo di. essere intransigente si è illuso. Anche oggi dietro Farinacci ci sono ancora Olivetti e Mazzini. Gli squadristi di Palermo che ci rapJ)resenta Pigrwto lavorano per unu politico oligarchica clie ancora col dazio sul grano condanna il Mezzogiorno a wi'a,rricoltura estensiva di rapina cast.retta trn due protezionismi. Nessun ri.• sorgimento può nascere da un fascio, da uno coaliziorie di interessi contrastanti cd eterogenei accomodati con italiana retorica e diplomazia. Dove ci sono conciliazioni e transazioni, dove gli interessi non si contrastano nella libera lotta politicu, sorgono i,~ varie forme la mafia, la cam.orra, il brigantaggio. Il fascismo s'è individuato come sintesi ed esasperazione di uno storico regime italico giolittiano quando ha negato la lotta politica. Chi è nemico delle oligarchie non può accettare l'unanimità, chi non vuole Orlando non può votare Tagliavia. È questo l'antifascismo che le elezioni di Palermo non hanno sconfitto, l'antifascismo di una minoranza che ha vinto e vince il fascismo t-utti 'i giorni sul terreno delle idee. IL PROCESSO UNITARIO IN SICILIA Non vi è forse regione italiana, nella quale si dibatta in forma viva seppur non esplicita, come in ! Sicilia, il conflitto tra la regione e l'unità. La vecchia antitesi Nord-Sud è uno degli aspetti di questa lotta non ancora sopita sostanzialmente e che notevoli divergenze economiche di tanto in tanto acuiscono. L"asprezza di qualche episodio - che ha avuto ~oltanto spiegazioni approssimative - e la fugacJtii quasi inverisimile delle sue risonanze dimostrano, ben più che il superamento della posizione, l'im• maturità della coscienza dell'isola di front.e al problema. Ricoi::diamo quella vasta sommossa popolare nasiana, il cui sbocco elettorale fu una squisitissima astuzia delle classi intellettuali. Se le folle di Tra• pani, òei « castagnari » di Palermo e di Caltanissella .-· per citare i collegi conquistati da Nasi - avessero avulo possibilità di esprimere politicamente il loro oscuro risentimento, e non fossero state o ingannate o sviate con la forma legalitaria della rivolta, il problema d'un'autonomia regionale sarebbe stato posto con violenza, poichè esso era il reale contenute., della sommossa. La ragione è per la coscienza sici• liana una realtà non soltanto geografica ma storica: il suo destino fu troppo e lungamente separato da quello della penisola, perchè possa essere trascorso senza residui. Ci sono tradizioni c7 in un certo senso, fissazioni, che nella loro stessa inconsistenza rischiarano le radici stesse del regionalismo. Fa senso, per esempio, la larghezza straordinaria della letteratura dialettale siciliana, qui dove si costruì, alla Corte degli Svevi, il primissimo centro della letteratura nazionale. Siamo in pochi a fuggire ogni contatto con una manìa che, come fenomeno di educazione generale, contrasta con l'esigenza unitaria che ha il suo pernio nella formazione della lingua nazionale. Le classi còlte siciliane sono, com'è noto, per la scarsa vita commerciale e industriale, molto più vaste che in molte altre regioni d'Italia; ora, i poeLi cli alettali sono centin~ia, il dialeLLo è ricco di tradizioni rettoriche e neJl'illusione di parecchi avrebbe quasi il dirit.to di essere il <C provenzale >> <l'Italia; numerose compagnie teatrali girano l'isola, sbarcano a Tunisi h risvegliare le nostalgie della colonia sicilia'na di laggiù e assorbono l'aLtività di mohi giovani. Tullo ciò naturalmente va segnato tra le passivitii del regionalismo, e rivela la persistenza d'un pro• vincialismo che è qualche rosn di più del pro• "incialismo. Uomini autorevoli d'ogni partilo, in ogni tempo, non si sono nascosti la gravitù del fotto, e ne hanno, purtroppo, dovuto documentare le ragioni. Il Cola• janni stesso - uno dei pochi uomini politici nostri che si possono citare come esenti di moltissimi e inevitah'ili difetti della vita pubblica dell'isola logorata dalle clientele personalistiche - che si pose con vigore contro il « vento di follia)> del nasismo, spese molta parte della sua opera a dimostrare che il risentimento regionalistico era fondato su valide ragioni, poichè indubbiamente l'isola è stata lungameme trattata, moralmente e, quel che più conia, economicamente, come una colonia. La convivenza nazionale, da un punto di vista materiale, è stata un reale sacrificio per l'isola. Naturalmente, tutto ciò non poteva :1intare come non ha aiutato la formazione unilaria delJa regione; e ne ha guastato, come ogni sistema coloni,ale che collega b vita politica alle prefetture, e agevola lf• di~nlPJ,. .iffari1sti~hP,, lo JJirito: Jr, ha rr·-v ,,parn da una pnrtc, rPttr,ri1·0 c,hdl"altra. L'arrpntramento pr,liti(•fJ u.niwri,,. inOu,miando nat.uralmenw anrh,; g.li cnLi autan·lii,·i 1 hu r,rivato la rcg.i,me dcJle più dement;1ri lilH!rtÙ. I IJrPfotli H,no quao:.i ;;r;mpre riu,-f"11i a fore tuW• h; ,;ln:ic,nj rwll'i,-ola, ron tutti i mP-zzi. 1• alla loro azi,>ni• non ,•orri pondcva, in linea di mai;simu, un qualliia,:;;i con1<en~,, generai,·. Le fi!if'anlf•'i('IU!diffiN>Jtii in,•r,ntratP ,Jal -"'J('ialii<ml) prima ,. dal fa.i-il-Jrno poi a PrParP un movim1>nlf> i;indac-ale ,:son,, prP,('jJ,amf•nlf· d,J"utr; all1ar1olitiri,mo radi<'ale delle mu1,...,•. Gli int,.IIHtuali da una parte e le maR"'' dall'altra fìanno, da ,,.mpo imml'.!mr,ral,ilc, <li n,,n poter nulla ro11tro oi,taeoli eo:.tcriori: e, mantenendo un divorzio rJw i· il carattere di tutte Jp dcradr;nz(! politirlw Ja,wiano padroni del ,·ampr, gli uomini più ineui a rii.rhiar qualrhe coea per la rieducazione deJl'isola, rhe d<'I re'-to Farehbc contro il loro intcres1,c. Quando i 1•or;idetti partiti proletari parlano d'una loro prei.unta Qrg.inizzazione in Si. ciii.a, vendono fumo. Qui &i tratta sempre di 1-itoazioni pen;onali, e un deputatr> mantiene il suo 6-e· guito di migliaia di zolfatai quando dal F-Ocialisrno rivoluzionariQ Jias'-a al riformismo, da c1uesto alla democrazia sociale, da que,ta alJ'aotifascismo e dalJ"antifascismQ al filofascismo. Sono esempi, cot~sti, dc~ quali trascuro i nomi, perchè non hanno importanza. Il fascismo ha distrutto molte vecchie posizioni, senza crearne di nuove. Molte province rnno state decapitate di queste vecchie teste capaci, con l'appoggio delle prefetture, di dare magnifici risu.ltati ,elettorali. Naturalmente, a me il valore di questa opera negativa, in vista d'un travagJio politico che determinerà formazioni personali e ideali spontanee, appare rilevante. Poco interessa, che, per una diecina d'anni, al momento di fare le elezioni non si sappia con chi farle, se non con poche centinaia di studenti squadristi e di fascisti intellettuali. Non tengo soverchiamente agli scrupoli elettorali, quando so che sino al '22 le elezioni erano affidate a un elenco di persone facilmente identificabili riscontrando tutte le concessioni di porti d'arme rilasciati dalle prefetture. F, mi par triste cosa che i fascisti manchino talvolta del coraggio di instaurare un sistema spicciativo e ricorrano a vecchi uomini che godono fama di sèguito imponente, in modo da giustificare i risultati: perchè, a cotesto sègu.ito, non ho proprio nessun elemento per crederci. Insomma tra il vecchio trucco che deformava moralmente le nostre popolazioni e la spregiudicatezza scettica delle minoranze fasciste, non vedo che ci sia da esitare. Durante il periodo preparatorio deHe elezioni di Palermo, andavo sostenendo - e consentivano anche gli amici antifascisti - che le elezioni veramente libere potevan esser fatte da quattro o cinquecento fascisti {uno per mille!) che :1lmeno essi avrebbero votato i nomi dei 64 squadristi, non per le persone, ma per l'idea; espressione energica di un grande ri• sveglio unitario. La libertà non 'è quella che garentiscono i carabinieri, ma quella che si celebra nelle coscienze. Ma anche in questo episodio, tutt'altro che trascu• rabile, I:.isogna vedere il conflitto tra il regionalismo {Orlando) e l'idea unitaria. Se c'è una sostanza in tutto l'antifascismo elettorale, che fa capo all'on. Orlando, essa è appunto, come cemento sentimentale delle varie clientele locali, l'orgoglio per un uomo che l'Italia dovrebbe riconoscere come il più grande, perchè siciliano. Se tutti i partiti si contendono Cri. spi, la ragione è cotesta. Così come Giovanni Meli f' un grandissimo poeta, grande come Virgilio. e<Se per mafia - ha detto nel noto discorso elet• torah~ ]'on. Orlando - s'intende il sentimento dell"onore portato sino all'esasperazione, insofferenza conlro la sopraffazione, generosità ... ecc., ecc., a11ora mafioso mi dichiaro io ». Egli ricopriva col vecchio e logoro mito della mafia tipica dei paladini di Francia cari al nostro popolo, una realtà molto più seria; traduceva in linguaggio da ccromanzo storico siciliano >>, in linguaggio da Beati Paoli, una questione politica. Se si percorre, putacaso, la storia di tre o quattro anni della delinquenza comune di un collegio siciliano, poniamo senza particolare preferenza, di uno dei quattro o cinque nomi pronunziati dall'on. Farin1cci {a cu.i J'on. Orlando rispondeva), si vedrà, senza bisogno di commenti, attraverso gli archivi della P. S. quali delicate connessioni leghino quella storia a quella delle clientele politiche di quegli stessi collegi, e come certi contatti stabiliti in occa• sioni elcqorali influissero gravemente suJ corso delle indagini e dei successivi procedimenti. Alla generosità di alcune zone della mafia, al loro fondo cavalleresco, alla logica della loro formazione, come espressione del parassi1ismo che vive ai margini del feudo economico e poJitico, io sono disposto a credere; ma, appunto per questo, non è possibile negarne il carattere antiunitario, e l'opposizione a ogni libero sviluppo di autoformazione poliLica della nostra regione. Or:t se pure il fascismo abbia dovuto a Pa. lcrmo - come altrove - ricercare forze dello stesso tipo, per assicurarsi la villoria, anche gli avversari hanno sentito che il peso decisivo nella lotta Io I)Orlavano le squadre indomabili degli iscritti che non s'attendevano nessun compenso. La loro libertà era reale, perchè consapevole e attiva; e sollecitava Pavversario a mettersi suUo stesso terreno. Ma l'.:iv. versario non poteva, perchè non disponeva neppure di cento giovani di fede. Il regionalismo antiunitario, come dicevo, non ha nessuna maturità politica: è una forza inerte. È l'astensione. Le masse degli astenuti sono state enormi. Le cifre ufficiali dicono che i votanti furono il 40 % degli eleuori iscritti; e alle cifre si sa che bisogna non credere troppo. T uu.avia arrbbe un errore rndeTe ,-be l'inerzia. ,·h<' J'a,t.Pn ..ion,~, non al-.biaoo vafore e non comhat• U&nr, a ]oM mtJdo. U&e jndicano, anzitutto, 1a mancata parteripazione deJle mMse ,iciliane a1la vit, nazionale, part"!cipazione con«apevoJe costruttiva, che gi,J\'nd1be a rifare in tulli i '-enEi, ab intu$, la reg.ione: pe.rh1; la rPgjone i, on.idea nece~saria nella dialettica nazi,Jnale. lJ reg-ionaliiamo è l'impotenza della regione ad t::•primersj. Lr..;u PJC."':"fATo. Sintesi liberale Jl m,,nd,, mr>d~mo na~c~ ct.Jn la na~cita del Hberalic.mo. Libtrali~mo fignifica dapprima autonomia di roi.:rienw •· ,jj pen~iertJ (riforma religioE.aJ, fJOi autonomia di por,r,Jo. iniziativci tendente a rove.,ciare iJ mon,lo me<li,,,~va"Jendle ve-.tigi.a fopravi"eute. E!so Ei conrretizza, quindi, cr,,me fenomeno rivoluzionario ~ creatore di nuove forme di vita. A guardare con orr-hi di f-1.0rico pi U che di polemi-"ta Lutero e Calvino, Cromwd ,~ Dantnn iono liberali rispetto al mo• rnenltJ rhf! '-operano. Ora tnllo qoesto accade ln 'Juanlo una vita nazionale unitaria form.a la ha.se, il presupposto, la ('auea di incubazioni e di e'-plo:ri,,ni rivoluzionarie. Fa sì che le poEizioni reciproche ae,. quislino unità e carattere deciso. Ma in Italia. dorante il ~ecolo Fcorso, poichè tale fatto ancora non su,;'òi~te, il liberalismo Ei concretizza come diplomazia agjlit3 dialetti<·a neJla vita eu.ror,ea. Un movimento di popolo tendente a rovesciare b stato di cose 6ll6Sir;:tente per affermare la volontà dell'auto-governo, non SUESiste. Cavour è liberale in o.n modo completamente diverso da Stuart Mi.11. Il su.o liberalismo na.c;ce, oltrechè dal temperamento, dalla visione della necesri.tà dello svolgersi del Risorgimento. Una politica estera tendente a procacci.arri }'appoggio straniero per una Italia assolutista, evi• dentemente non avrebbe avuto successo di sorta. Il liberalismo così nel Risorgimento è fartto non di sforzi popolari diretti a imprimere alla vita un ritmo diverso. Diviene, al contrario, come conservatori&mo, in q·uanto è avocato dalle classi dirigenti per le ne. cessità del loro affermarsi. La debolezza intrinseca di tale formazione così fa che ad Italia unita esse non sieno atte a sopportare gli urti di forze nuo-...·e tendenti, magari inconsciamente, ad inserirsi nella ap• pena formata vita nazionale. Onde spanta il trasformiFmo e la corruzione. li LiLeralismo jtaliano in questo modo acquista fi. sionomio perchè mostra di che cosa è capace. al fine di potere seguitare ad esistere. Dimostra la sua incapacità liberale in quanto tenta di evitare UJl;l allargamento del giuoco della vita. In questo stato di fatto la libertà è semplicemente una espressione, dato che mediante essa non si sa giungere ad un ritmo europeo di essitenza. Giolitti, il tipico esponente di tale situazione, non è perciò un liberale. Il cinico sfruttamento degli stati d'animo del popolo italiano fatto da lui, opera in modo che la libertà rimanga nna espressione, poichè nessuno se ne !.a servire. La prassi del socialismo prima, durante ed anche dopo la guerra, può costituire un esempio luminoso. I due neutralismi, per fissare il discorso in un punto, non si distanziano come sostanza. Sotto l'illuminismo umanitario, sotto l'idealismO retorico del propagandista rosso si nasconde il timore dell'ignoto, la paura di scosse capaci di far minare l,edifizio con grave dailllo degli inquilini. È la logica conseguenza di una prassi e di un sistema di governo inteso a trasformare le forze rivoluzionarie - le sole capaci di creare on liberalismo effettivo: contenuto e non etichetta - in pilastri della conservazione. Il carattere del liberalismo dell'anteguerra si può quindi avere nei caratteri di questo risultato. Ma dall'armistizio ad ou:i? La domanda non nasconde il tentativo di una diagnosi degli avvenimenti che da allora ad ora si sono succeduti. Vuole soltanto stabilire ancora rilievi ideali per una visione plastica e sintetica dell'oriz• zonte politico italiano. Serenmaente si può dire che il confliLLo non influì nella natura del nostro cosidetto libera.lismo. La funzione rivoluzionaria del conflitto sta nell'avere interrotto irrimediabilmente la prassi giolittiana. Conservatori, filofascisti per natura e liberali di nome, dopo avere tentato di incanalare i] fascismo nell'alveo del parlamentaris.mo e della solita corruzione conswnata all'ombra delle leggi, souo tagliati completamente fuori dalla vita presente. Partiti di avvenire, per incapaictà rivoluzionaria non sanno ancora dar vita a sforzi tendenti a riplasmare decisamente la coscienza del popolo italiano. Se un liberalismo si formerà domani, occorre che al di là del dogmatismo proprio a tutte le mentalità metafisiche, Marx e Mazzini si ricongiungano in una sintesi che contenga di entrambi la parte viva e vitale. È curioso osservare che il sogno del genovese potrà avere realizzazione solo se sorretto dal marxismo da In.i così deprecato e combattuto. CARJ\lELO PUGLIONISI.- PIERO GOBETTI Editore Torino . Via XX Settembre, 60 È USCITO LUCA PIGNATO PIETRE Lire 5. Pignato è il nuovo lirico della nuova generazione iwl.iana. Il lettore può cercare in <1uesto libro situ<1:.io11ileopardiane.

b U RJVOLUZIONE LIBERALE Lelfere do/lo Puglio TARANTO « Noi R5pettiamo, secondo la sua promessa, dei nuovi cicli e una nuova terra, rlove abili Ja giustizia ». S. Pietro. Caro Gobetti, Qualche espressione di approvazione venatami alla lettera precedente mi lascia veramente indeciso se eontinuare o no. Non vorrei che si aspettino da• mc affermazioni, dimostrazioni, indicazioni, o induzioni straordinarie. Mi pare invece che non solo tutto quello che ho detto o dirò è stato in un modo 0 nell'altro già detto da altri, ma che sarebbe male ~ non fosse così, vecchio e trito. E sebbene poss:i pr.rere che io non rispecchi che opinioni di minornnza, le uniche del resto che, rappresentando interessi trascurati. meritano di esser conosciute. tuttavia sono spesso le affermazioni che eembrano più paradossali le più vicine a) vero, e le mie lo sono certamente. Andiamo a vedere Taranto, « patria soave» - dj. ceva con enfasi un ,1rcheologo di vaglia, col qua•Je facevo la gita mesi fa -. « Ti mostrerò al Musco 1-t"statuette tanagrine di tipo prassitelico, i vasi con sopra dipinte le figure dei drammi eJlcnici, la leg• gcnda di Paride ..... Ci faremo condurre da Quagliati al punto della acropoli dove si scoprì già l'ara sacra • -Venere armata, adorata dai Tarentini ..... ». I ri. cordi oraziani si mescevano, nel mio compagno, a quelli della potenza di Roma, la musica di AristO!i· seno si fondeva con la politica di Agatocle e di 'Pirro, di Dioniso siracusano. lo pensavo alla potenza <lei barbari Apuli, Salentini, Lucani e Sanniti, che contenne l'espansionismo ellenico, al singolare ambiente che permise poi lo sviluppo del pitago• reismo di Archita, e mi domandavo che mai andavo a fare a Taranto, qual parola vi avrei appreso. In viaggio al paese della Seduzione. Dopo la selJa di Gioia, a metà circa della Bari• Taranto, che si eleva a 360 m., dividendo la murgia di Alberobello da quella di Spinazzola-S. Eramo, il pianoro ondulato del Barese, tutto coperto di vegetazione arborea intensissima, cambia del tutto <li aspetto. Se i colli vicini salgono a quote anche più alte, la ferrovia <liscende per una zona piaoeg• gfante,_ più misera, quella delle grandi proprietà, delle grandi culture granarie, così poco redditizie, fino al bosco lunghissimo di San Basilio, tutto 'ad elci e querce più o meno rade. A destra spicca ~u di nn rilievo do1cissimo ~ piccolo cono, grigio• iscnro ed azzurrino: 1a murgia di Marzagaglia, Monte Montursi, o già Monte Camplo, con la cima di Santa Trinità? Anche vorrei distinguere a sinistra Monte S. Elia e, dietro, il Monte Arìmini, snlla Taranto• Martina, il gigante della provincia del Jonio, che i-i innalza a ben 529 m. Ma già c'incassiamo in una forte depressione verso Castellaneta, appena a 246 m., lungo una profonda gravina che costeggia a sinistra la ferrovia, prima parallela, poi irregolare e sempre più minacciosa; finchè dopo un longo giro ad arco si sbuca da una gaHeria sulla cerchia digradante del Tarentino tutto verde, con in fondo il mare azzurro. qualche punto bianco di ve}e e gli alti monti dell~ Calabria. L 'arditiss'imo poni e di ferro ci mostra ora la gravina vertiginosa in tutta la sua orrida scabrosità, con pareti a picco, rose e gialle •di calcare, con speroni formidabili, che non hanno ancora èorroso Je nostre piene paurose. Ma verso Pa1agianel1o anche Je gravine si raggentiliscono; fra i grossi sassi spiccano le chiome rotonde degli ulivi; più giù ancora sono microscopiche e del tutto alberate, con ancora qa.a e là qualche masso, immobile. Veramente l'arco azzurrino del golfo pare anche oggi ]'idillica cornice fittizia delPantica città democratica e commerciale, ~icca di mollezze, di delizie, di bei monumenti, più che di virtù militare. Ed anche da vicino il paesaggio prima più mosso, si acquelll. e si distende in ripiani e piccole gibbosità intensamente alberate di ulivi qua e là steppose e cespugliose. L'occhio cerca ]~ cittadine di tufo: Castellaneta, Palagianello, poi Ma&- safra a sinistra su di una murgia ancora brulla, e lontano a destra, appena sollevata sul piano, Palagiano con le sue case disperse. Ogni altra asprezza carsica di sassi ruinosi e nudi, è lontano, sparita; ogni cavità squallida di questi dintorni rupestri ap• pianata nel sorriso dell'azzurro, come se queste terre non possano conoscere lagrime. Anche gli ulivi secolari pare escano ora da un bagno, giovenilmente; e dovunque susini bianchi e peri. Ecco la punta deUa Rondinella, ecco il mare quasi a portata dì mano, azzurro viola, caldo e cupo, quasi quanto quello di Napoli, ccl'innamorato mare » dei sognatori e degli Slranieri; ma si ricorda ancora di qualche minaccia con i suoi lampi, con le sue striature di verde, brusche e livide. DalJ'altra parte, l'altra punta del golfo, S. Vito, ollre le isolette foranee ancora azzur• rognole, e la dolcezza del giallo-oro del terreno ere• taceo e tufaceo, e un che di roseo e di latteo fra mare ed isole. Illusione di Arcadia: queste cittadine lungo la linea cominciano invece a conoscere la gioia moderna del lavoro e la febbre della ricchezza, sebl,ene non tutte pulite, mi assicura uno del luogo. Ci sono le cave def tufo, richieste da ogni parte; l'ulivo è curato a puntino; c'è sopratutto l'industria del pomodoro, e dovunque le piccole stazioni ne sono ingombre. Da Palagianello, che serve di sbocco anche a Palagiano, partono ogni giorno, tra giugno e agosto, decine di carri di pomodoro fresco, e il prezzo è di 200 lire al quintale; e la primizia primaverile <:Ì vende per più, molto più. E ci sono sul luogo anche fabbriche per la conservazione del pomodoro in sntola. Peccato che io non po!!'~a dit;cendere! Cq,;e noie però: il principio di quella vit.a economica sicura, rhc ci permetterà, fra 50 anni, di avere finalmente una nostra vita civile: Ja nostra lipcram~a. Ma qual'è la vita di questa Taranto di oggi? Opinioni. Il Direttore del Museo, malgrado avesse promes110 di aspettarci, è occupalo in non so quale comitato femminile, nè c1è ancora un catalogo del Museo, e cominciamo col ricoverarci, come succede, nelJa l,j. blioleca, dove sono anche molti dei noslri amici tarentini, .. scrittori ed artisti. C'è un romanziere,• il qua1e non può perdonare ad Amcndola la viltà, dice, di non essere disceso in Parlamento il 3 gennaio a pronunziarvi la sua catilinaria, e q·uanto a Jui, io, ci assicura, che non sono fascista. non son così imbeci11e da farmj ammazzare per J'uno o per l'altro. Naturalmente il mio compagno ba scoperto fta le tombe preistoriche di Puglia che la nascita di Roma ba eUondré quella <lei Capitale - è un fatto che si spiega, che l"archeologia italiana ha portato il maggior contributo al partito deJla giovinezza -. mentre gli operai del luogo, dice un altro, si ostinano a celebrare il primo maggio con pubblicazioni clandestine e ritornelli del genere di questo: Primo maggio di riscossa! Vieni tu, bandiera rossa! Un altro narra delle violenze deUa Disperata, -a locale squadra di combattimenlo, in città e per tranquiUi borghi vicini, ed invoca i tempi chiamati aurei dal Machiavelli « dove ciascuno può tenere e difendere quella opinione che vuole ». Prevale in questi ambienti, come in molti altri di Puglia, si vede subito, la mentalità democratica, con quella sua incomprensione dei postulati economici del proletariato .. Anche qui, come poi l'on. Amcndola al Congresso dell'Unione Nazionale, si parla delle male• fotte del potere esecutivo, ma mi paiono ancora lontani dal veder chiaro che la marionetta è mossa dalle oligarchie parassitarie, il cui dominio rende effimere e solo di nome le democrazie. I,..'archeologo fascista, che fu massone fino a un mese fa e riveste molte cariche, senza contraddire a queste idee, se ne va a vedere gli avanzi del Tempio di Poseidone; noi lo compromettiamo: ha bisogno, com'è nell'uso italiano, di accumulare varii stipendi, e, com'eg1i dice, il mondo è pieno di porcherie. Io torno indietro a gironzolare nella Taranto vecchia. Il tempo, come qui, per incostanza di clima avviene spesso, si è b1uscamen'te messo al Lu.io, e dall'altezza del ponte girevole, l'ampia conca elittica del Mare Piccolo e l'apertura di quello Grande son serrate da una fumosità bigia ed indistinta; caligine e navi da guerra: e a me piace di trovarvi altro che il sorriso coagulato e i sospiri , le mollezze e i languori della letteratura di occasione. La Città Morta. La ciuà antica è dunque posta tuuora nell'isola originaria, lanciata a sbarrare i due mari, come una vecchia nave sdrucita, in pieno vento, e chi vuole recarsi alla nuova, giunto dalla stazione al ponte di pietra a Porta Napoli e 1passato1o, prende di solito 'l destra la magnifica via che si affaccia sul porto mercantile, a Mar Grande « dietro alle mura », donde l'occhio spazia sul molo, sui veJieri, i piroscafi, sulle isole, nell'infinito di cielo e mare; o l'altra, anch'essa esterna, a sinistra, lungo il Mar Piccolo, « la marina » brulicante del piccolo commercio marinaresco, tutta bagnata e raggiante di acqua a piè del negrore delle case popolari. Il ponte di ferro è, dicevo, all'altro e!-lremo, di passaggio sulla terra ferma, alla città nuova. Nello stesso senso della lunghezza l'isola è attraversata da Via Duomo, l'antica via, larga pochi metri, dai palazzi secenteschi, e dal I:. udello della '< Via di mezzo >), taglialo in tutti i sensi da centinaia di altri budellini, non più larghi, proprio così, di un melTO. Bisogna avere il coraggio di insinuarsi per questa rete inestricabile: nulla di simile è altrove, in Puglia, nè in Italia. Dovunque, sino i:n alto in alto, balconi e balconcini che si danno la mano, premono 1'nn sulJ'altro, finestrelle gomito a gomito, piedi contro teste, con pochi vasi di basilico e prezzemolo, porticine pigiate le une alle allre, che danno in scale buie e strette, in terreni umidicci e nauseosi, dove la gente si accalca. Cercate di penetrare in questo dedalo, imboccate una viuzza che vi preme con 1e pareti viscide, un vicolo che si restringe, s'intana, si arresta, un angiporto tenebroso che vi respinge: sentite che, prima di giungere, l:.isogna tornare. Qualche volta sbucate senza volerlo io un cort.iletto, ma nemmeno di qui si avanza molto: un pilastro con una nicchia e dentro, un santo, non si sa quale, vi sbarra la strada. Guardate di sfuggita. in un anelito, nella promiscuità spaventevole di letti e lettucci (c1ui i matrimoni son troppo precoci e tra parenti): donne su le porte, operai miserevoli sollevano gli occhi con qualcosa della vivacità meridionale tra H giallo malato e tra il bruno senza vita; sono sorpresi, soffrono di essere osservati, ri• piegano subi\o gli occhi. È una miseria, si vede su• bilo, cosciente di sè, e le donne e le case hanno cli pulizia più che non consenta questa gabbia per vite cli morti. In qualche piazzetta, dove non mancano suonatori di cennamelle e pulcinelli sbrindellati e dove rosseggia qualche macchia di sole, si può frugare meglio; come un colpo di mazza sullo sterno tj giunge l'orrore: son visi di bambini e di donnette anemiche, tisiche, scrofolose, sifilitiche, tracomaliche, senza seno, senza fianchi, senza anima, con occhi loschi, storti, sLrahnzziti, cascanti, e con quella vergo• gna del guardare che non li abtandona mai. Non una ve('('hia in giro, rbi- &on IUtl<' vec<"hie; a trent'anni c;on Vf'rchie, a cinquanta son morte, ,. g]i uomini F,Ono aJ mare. PMhH>ile che il buon Valente abbia &coperto qui « le nerP pupille velate di voluu.à », fra <1uesto putridumi! verminoM? P~rtirolare orribifo, abbondan'l i nafj:i stirati, mostruoc;-i, rosi, J,ucati, puMolo~i, fioriti di giallo ,.. di rosc:o, ,;compar,d addirittura. Del resto, rhi avesse cuore di Mu<liare demopf;iroJog.ja, chi reg• gesisc a vi.,.er<; nei <Juarlieri delle <' zilate » () << zurlcne 'f> o df"i rr panarieddi », polr<;bf,,; racr<Jg1iere volumi di IPrcornie poJJOlares1·h,;; bi"'ognerebhe acqui• e.ire una ,,ualrhc insem;ibilità per vivere tra lo #ifa• sriame di que~ti ,·adaveri. E 'fui il Gigli coJge <rueJ miracolo cli gentilezza che ;. la fiaba della donna rolpevofo, buttata a mare dal marito ,; salvata dallf! sirene, e poi rimpianta da lui " rhe a lui di amore torna dal mare. Del rc,:to non è posBitilc ronoscere con i;ieurezza la mortalità di ,,uelita gente, di cui nei.1mno si occupa; non si rompilano staliAtiche opeciali per i poveri; è prderibile ignorarli; e quelle generali sono fatte a casarcio e tenute geloFameme occulte. Il sanitario comunale elci nostri paesi, perfettamente huro• cratizzuto, ci tiene ad unft sola cosa, n non aver noie dal medico provinciale e perciò a sminuire quanto è possibile il numero delle vittime deJle periodiche epidemie devastatrici. Al più al più, quando il mor• billo o qunlche altro ben di Dio ha mandato in cielo qualche migliaio cli angioletti, vien l'ordine di chiudere Jc scuole. Se da noi la povera gente ha abbandonalo o v.a abbandonando le abiLazioni entro terra a Matera, Ginosa, Massafra, Gravina, Grottaglie, sul Gargano, dovunque c'erano, e non son molti ! paesi posli nei burroni profondi, pestiferi, dove sta• gnano con le immondezze ciltadine le pozzanghere malarifiche, sono ancora troppe, dovunque, le ahi. tazioni terrene sotloposle al livello stradale. Non conosco si udi a riguardo, e credo non ve ne siano; ni.: ha compilato uno recentemente Giovanni Giovannetti, Direttore dell'Istituto Provinciale di Previdenza Sociale, per Foggia, che vorrebl:e estese alla sua città le previdenze per Napoli del R. D. 25 ottobre 1924, e sarebbe giusto estenderlé a tutto il Mezzogiorno. Co~tui ha descritto le abitazioni di Foggia ad un sol vano, piccole, con pa,;menti e mura umidicce, con bocca di pozzo nero, senza ventilazione, nelle quali h famiglia convive con gli animali da lavoro e con quelli domestici. Ma ci sono oltre a ciò, in quel Capoluogo di provincia come altrove, le ccgrotte», spesa al disotto de} piano stradale e la cui parete esterna, addossata al pozzo nero assorbente dei piani superiori, trasuda sostanze fecali. Dunque le grolle a Foggia sono ben 1054 e nel 1922 vi son morti 1421 bambini sino ai cinlJUC anni, nel 1923,. 1319. Quale sarà mai la mortalità effettiva delle nostre città che, essendo tulle antichissime, sono costituite, nel loro nucleo di vecchi quartieri? Quale "della Taranto dei poveri? È questa la città di Afrodite? Il sogno del poeti e dei gaudenti, l'orgoglio della folla di ogni regione, spregiudicata, convenutavi per le ne• cessità militari? Ma essa può rivolgere ancora ad Afrodite - od anche alla Morte - l'antica invoca- .zione del concittadino: « Misteriosa, accogli de l'affamato poeta questa offerta; la porge Leonida, il randagio». Più lunga vita hanno gli uomini che vivono sul mare, pescatori ed ostricultori a servizio dei pochi proprieLari di barche o nella comunale Azienda Autonoma di Ostricultura e Mitilicultora, che, se dà un grosso reddito al Comune, fornisce a ognuno di essi d:1:6 a 8 lire al giorno e un chilo di cozze. Per sè dunque non conoscono questi marinai, quando pur riescono a metter su un desinare, altro che l'annegagatti, un pcsciacchiolo scipito e tutto spine, invendibile. Quando il tempo è cattivo, se non lavorano e non mangiano, in compenso bevono e giocano a carte, mentre le donne portano i pochi ori e la Qianche ria nuova al Banco di Napoli, ,gli stracci a qualche agenzia privata, dove si ottiene qualche lira, un terzo .sempre del valore del pegno, e si paga il 18 % al mese di interesse. Politicamente, masse an• cora primitive, socialiste il 1° maggio,· cattoliche il 10 maggio, a S. Catai.do, monarchiche il 20 settembre. Nè stanno meglio i diecimiJa arsenalolti, di cui i nove decimi . sono pagati a 400 o 500 lire al mese, sebbene nei cantieri, a contatto di operai meno analfabeti, si formino a più decise aspirazioni comuni• stiche e sognino di fare di Taranto la Kronstadt rossa del Mezzogiorno. Tentativi di organizzazione dei pe• scatori in varie cooperative furono fatti il '18 e il '19, senza alcun frutto, da parte di elementi buoni e cattivi, come avviene da noi e dovunque; tra questi ultimi un tale Cicala, candidato poli1ico nel 1912 a Manduria, che dopo si è messo a far l'attore. A pro• posito anzi, facendo egli due ~nni fa in uno dei teatri cittadini la parte di Giuda e fingendo di impiccarsi, h genie gridò: <( Qnedda è a morte ch'ha fa' tu! ». Perchè anche oggi una tal quale attività poetica si continua. presso queste plebi di origine greca, da cui dovevano uscire PaisieUo e Costa, e non so}o è \-;vo l'amore, nel popolino, pei pagliacci, per ]e maschere e le musiche, per i tre teatri locali, per le rappresentazioni satiriche o religiose, più che non sia altrove in Puglia, ma la città ha conservato l'antico spirito corhellatore del piccolo Comune chiuso, che si spassava con la mascera Ioele, una specie di buffo scemo, intorno al '60, e dopo trovava il poeta dialettale delle piccole risse politiche, degli innamorati ridicoli e delle donnette dispettose in Emilio Consiglio. Oggi i tentativi di arte dei tarentini sono al• trove, fuori delle plebi, più spesso anche fuori della loro patria, ma le scempiaggini popolaresche di Et• tore Saviano assurgono agli onori della stampa, ma barbieri, falegnami, tipografi, facchini, e studenti delle tecniche, nella settimana santa, per i misteri di Cristo, salgono in vesti tricolori il palcoscenico, ad uclare, come narra un mio amico: I,,. verità. in vericà vi dichc ch'uno di uoi digià mi ha tradi.sciuto. J2.':l Veranttnle jn que~te manifestaziQni poetiche io ho ijentito r,referirp il <-ettPnario da Crht,:,, metro in.6oi• lctmentc più alJf'~ro, nè trascuravano di intramez• zare fo 11pettarolo con le mollezze di ano skotish. '\ion diM dellf' rapprP,:;entazioni romiche, degli scherzi e crJmmedie, ~emirlandes6ne, FD Mu<ic;oJini ed altri eroi deUa ,..r:ena mode·ma. poco re.,.erendi. Non i: tarentina, ma anche qui '-i è difTo~a (ft1ell'argota rt1ricatura f•he tr,,v() ~in da] principio un barbuto mercante turro di tappeti, e.be vicever'a e nato ad Ac<1uaviva dellr F,.1nti ed abt.iam vi,to qua e Jà per I~ no~tre rittadine, in!!accato in una camiria nera, a preparare fo &UP "<Juadre di aziont:=; CO"Ì: A chi l'Italia!' A noi! - A chi il danaro? A noi! A chi il lauoro:' Eja, eja, ,1uante ne 1,uf= $apè! Del resto jJ J)'JpoJn og.nj volta che pu(t ,..; diverte ancb,· in chie-a, e i c,:,si deui perdoni servono per memorande ul>hriacalure, come gl"in,!appucciati deJ veoerdì s-anto, rhr:: girano e-0n <1u.alunr1ue tempo a piedi nudi, E.i riropin7.am, lo E:tomaro di frifeJle con pepe, a ben coneiliare jJ vino. TanlJ) la nr.1Hra povera gente è lontana dal prendere i-ul ~1::rirJ anche la pro• pria mi Feria! t'altra CiuQ. La città moderna, e chiaro, è tutt'altra co::a e del tutto di separata: vasto e grandioso icaechiere, aJ di lù del ponte di ferro, come ho detto, provvista ai tutto i] confort moderno, luce, fognature, acqo.ai strade asfaltate, tram, ecc., ecc.; dove sono gli nomini modero.i, 1e cJagsj colte, i maggiorenti, i comandi della terra e deJ mare, gli uomini di governo, tutte le belle cose del luogo e più venute di fuori into"mo allo smisurato enfiarsi della città militare; non diverse da quelli CLIaltri centri deJ Nord e del Sud. E qui più facilmente si continua il culto di Venece, l'antica prolettrice, se pare non più armata, e qui forse si poò pescare l'ellenismo degli sfaccendati e certo quei Laii occhi voluttuosi di sopra, ed amministratori pubblici non disdegnano La pratica del mer• calo di quelle voluttà, col quale si pagano, all'occor• renza, i soffietti della stampa. Un magnifico giardino pubblico sul mare, il Peripato, già villa Beao.mont, posto a ridosso della stazione di torpediniere fumanti <fj sotto, ricco a primavera di giaggioli violacei e di pruni selvatici « i giudi », cioè l'albero coi s-i impiccò Giudai dai fittissimi fioretti rosso-viola, è ancor oggi nobile sede degli svaghj della aristocrazia, per Ja quale si perpetua lo spirito secenlesco delle Deliciae Tarentinae del D'Aquino: in questo paradiso era la villa setlecentesc..'\ del Capecelatro, a specchlo s:i mare, « con altorilievi sulle pareti figuranti Bacco fanciullo, Amorini alati, Venere uscente dall'Jonio in un merletto di spume, e Ja più leggiadra delle nostre etere, Eresina ». Ed il candido arci\"'escovo riassumeva le aspirazioni accomodantistiche del cattolicismo nella famosa targa: Si Adam Rursus peccasset hic Deus /orsitan ignosceret. t queslo dunque, come si vede, quanto la città ha dato dopo il pitagpreismo di Archita, che fu pure uno dei pochi tentati\-i del Mezzogiorno di svincolare l'anima dalle preoccupazioni materiali e dagli ab. bandoni sensuali, cioè dal sostrato della nostra storia. Dopo ciò, mi pare inutile dire che c'è anche qui sviluppo industriale e bancario, tentativi agricoli, prosciugamento di paludi e di zone malariche anche per opera di privali, piantagioni estes.issime. masserie modello, allevamenti, fal:briche ed industrie varie, esportazioni coronate da grandi commerci con I"Oriente e col nord d'Europa, due soli istituti medi, una cattedra di agricoltura, un consorzio agrario, ecc., ecc., insomma uomini di ardimento e di pazienza, come in ognuna delle nostre città. anche ]e più piccole, e di seria cultura; e mi sia lecito ricor• dare lo storico Francesco Nitti. Ma sono sempre ecce.zioni, ma il ritmo generale della ,;ta, come doVlln• que quaggiù, vi è lento ancora e pieno di esitazione: troppi milioni depositati presso la Banca Sconto e Pegni, e insomma la città marinaresca, patriottica• mente ricca dalla solida rettorica snJJ'espansione dell'Italia sul mare, senza alcun inizio di attività cli mare, vive sui cantieri Tosi, sull"arsenale sulla flotta sul deposito ferroviario, sulla Metallnr~a Pugliese: sull'industria della pesca, sul piccolo commercio, cioè prevalentemente sul Governo, su.i sussidi, larvati o no, del Governc, e non ha e non pensa ad avere una vita autonoma. Troppi problemi ancora da ri!<olvere, primissimo quello del Mar Piccolo, la cui industria ostrico1a è ridotta a quantità trascurabili, e le influenze politiche in essa son sempre deleterie, e l'amministrazione dimostra una incompetenza e trascuratezza badiali, per non dir peggio; troppe strade da costruire per allacciare i 27 Comuni della nuova Provincia al Capoluogo, e quasi tutto da creare per dare al porto commerciale una ragione di essere non solo nei rifornimenti della flotta e dei depositi, ma in un retroterra ricco e beo attrezzato per l'esportazione. All'abbandono ci ha colpa l'egoismo di Lecce, l'antico capoluogo, assicurano i tarentini, ma un uomo insospettabile come }'on. Vallone affermava che Taranto pesava sul bilancio dells Provincia più che non rendesse. Ora un prete del luogo scrive che la città deve darsi ancora edifici scolastici, dopo scuola, scuola d'arte _e mestieri, ricovero pe:: fanciulli abbandonati, ospizio per deficienti e mentecatti, un ricovero di mendicità che meriti questo nome, che non si limiti a sussidiare i mendichi della burocrazia. Ma problemi di plebi non esistono per costoro, e la salute e l'igiene sono un lusso e un privilegio. E se il Governo, puta caso, desse alla città dei milioni per risanare i quartieri vecchi, non mancherebbe di costruirsi una qualche galleria, come fece Napoli nell'identica occasione, un qualche passeggio o teatro. Ora il capoluogo della nuova Provincia ha un rompicapo grave da risolvere anzitutto, quello di dare uno stemma alla nuova Provincia, il più possibil-

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