La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 22 - 31 maggio 1925

IL BARETTI Quindicinale di letteratura Editore PIERO GOBETTI SETTIMANALE EDITORE PIERO GOBETTI - TORINO VIA XX SETTEMBRE, 60 NOVITÀ DELLA SETTIMANA E. BARTELLINI LARIVOLUZIONE NATTO Ablonamt11to llltntlO /.,. 10 - Estero L. I:) Un numero f.,. 0,fiO ABBONAMENTO: Per il 1925 L. 20. Semestre L. 10. Estero L. 30 • Sostenitore L. 100 • Un num~ro L. 0,50 • C. C. POSTALE '1919-19251 Si 1rnli.v-t- fra:rll',I) di porln 11 r_hi mc,.,v/a. ,:uglfft di (,. 7 oll'ulWJr, r;,J~fl, • T(KtM Anno IV . N. 22 - 31 Maggio 1925 SOMMARIO.~ /J· y.: Amendola. - 13. Riguzzi: Le classi medie: Crilichc di un unilal'io. - p. g.: Un nemico della plutocrazia. - Risorgimento: A. Cavalli: Pisacane. A. Gramsci: Borghesia cd emigrazione. - )1. Viana: Perchè la vita è cara. - O. Latronico: La libertà - Critica 'Ha.vale: 'l'rilooe: Mm·c e sangue. - C. Puglionisi: Bor~hesia e marxismo. AMENDOLA Dicono che la debolezza clell' Aventit10 consista nella mancanza cli tm ca po. Sarebbe la ragione del successo del fascis1110. Conoscian10 1nolti oppositori perpetuamente alla ricerca dell'Anti-Mussolini, che l'hanno ritrovato ora in Alhcrtini, ora in Amendo]a, ora in Sforza, ora in Turati. DeJusi po.i che in questi nt>n vi fosse alcuna qualità inussoliniana (la petizione di principio era nell'idea cli capo che si erano formala e nell'esempio nascosto nella Joro fantasia!), si crearono allri idoli: Badoglio, Giardino, Capello. In realtà se ]~Aventi.no avesse un capo non sarebbe più l'A,entino. La sua forza e la sua debolezza sono qui: nel non aver bisogno di un dnce. Non si Lralta di manovre, di strategia. di astuzie. La situazione è assolutamente statica. Il problema è di dare degli esempi morali. L"isolame.uto dell'Aventino è questo: che milioni di italian-i hanno creduto che L.A.ventino servisse per provocare una crisi ministerja le. Questo consenso alle opposizioni era di natura mussoliniana; su tali oppositori 11011 si può contare, essi sono passati e passeranno al nemico ne] primo 1110mento difficile. Gli italiani sono in maggioranza fascisti o oppositori? La clomancla è mal posta. Gli italiani ·possouo fare della fronda opposiu·ice senza essere opposito1·i. La n1aggioranza degli italiani è .fascista solo i~1 <1uesto senso: che ha un'assoluta incompatibilità cli carattere coi partiti n1oderni, coi regiini di auto• nomia democratica, con la lotta politica. )lessi al bivio tra il governò attuale e un ipotesi di governo futuro in cui i cittadini abbiano le loro responsabilità nella libera lotta politica, votano per l\'Iussolini. L'Aventino è il processo Dreyfus cl-egli italiani. A Donati, ad Albertini, .acl Amenclola, a Sforza non si può chiedere più cli essere clei tattici consumati. Essi hanno solo il dovere di chiarire sino all'esasperazione questa incompatibilità morale. 1 Se avevano delle doti parlamentari, se potevano riuscire degli eccel]cnti ministri, essi hanno sacrificalo queste prospettive e queste qualità per essere i primi cittadini di uno Stato italiano moderno senza sagre e senza saHfedisn10. I malumori contro Amenclola, che sarebbe lo stratega troppo rigido di una battaglia perduta, ,sono recriminazioni meschine .. Bisogn_a f.are I/elogio di Amenclola. Entrato nella politica militante nel 1919, era salito in due a1111i aj primi posti: si guardava a lui come a un sicuro presidente del Con~iglio. Nessuna delle piccole qualità del parlamentare gli manca\·a: alJa sua rigida volontà soccorrevano la pratica e il temperamento clel meridionale. Tutti sanno qu.ali lusinghe gli venissero nel '22 e nel '23 dal campo fascista. Perciò la sua protesta ha un valore rappresentativo. La sua rinuncia è perfettamente n1ed'itata e calcol,ata. Lavorare a vent'anni di scadenza non è difficile per noi: nel caso di Amendo]a vuo] dire che tuia crisi sLorica di !!"rande impo1:lanza si è manifestata, e che ]'uomo non è rimasto inferiore a·I suo compito. Giovanni Amenclola 'deve continu,are oggi nella vita politica italiana la stessa posizione })Olemica e costruttiva che si assunse priina della guerra nel mondo della cu ltma. Nell'Anima (1911), rivista cli filosofia, A1nendola e Papini, direttori, muovevano da una constatazione pessimistica: non esservi nell'Italia d'oggi zuia idea, una voce, una, -cita che ci soddisfino, che noi possia1no accettare per nostre. << Ci siamo guardati intorno per scoprire (Tli aìtri: ma 1'ltalia è ancora il paese del Caro e clel Castelvetro, o meglio dei loro pronipoti in sedicesimo. Molti lustri dovranno scorrere, prima che questa g-ente, la quale ha per secoli imbrattato la carta cli sonetti e di canzoni, abb:ia perduto il gusto di teorizzare e di quesLionare sn versi e su rime: prima che la nuvolaglia letteraria _si cliracli sulle nostre teste e lasci vedere nel cielo della vita. oggetti più puri e più elevati a cui tendere)>. Così Giovanni Amenclola, che doveva esser poi così insorabilmenle politi?o e fanatico ?_Ì realisn10, cominciava proprio con la piu sconcertante -esperienza roma1uica. In teinpo di crisi, di agitazione e di sovverthnenti ideali si trovava coslretto, per la sempHcità stessa clel suo candido clesiclerio cli costruire su basi solide e sperin1entate, a preparare gli stnunenLi più elemenLari di conoscenza e a prender confidenza col mondo, acldirillura allraverso un sistema filosofico che ne sve1 asse i segreti. In un politico dj istinLo i] sislema filosofico non pote,-a essere che il sistema della vita morale, come tragedia cli individui; l'etica ridotta a biografia, in quanto la biografia fosse appqnto la storia clei tormenti per la conquista della persona.lità. In tutto questo noviziato i] filosofo politico ci lascia pensare a quelle figure magiche di stregoni, che fanno i loro esperimenti sulla nuda carne quando addirittura non cerchino le idee attraverso le consolazi,mi clell'occultismo e della teosofi.a. Amenclola vuol penetrare nell'esse11Za dei problemi volitivi, scoprire la coscienza 1norale, coglierne il '.rit1no di sviluppo, veder sorgere la volontà del1a lotta con_tro gli istinti e contro il sentimento. La filosofia cli Amendola era più un d1·amma che una speculazione. Egli ha dovuto indugiare negli esempi, disegnare le figure, rivivere le biografie: Mi• chelangelo, Michelstaedter, Tasso. Ma la psicologia di Amendola è già un'arte politica, e sorprende gli individui 111ent~esi sforzano di realizzarsi neJla comunicazione soc:i.ale. Guardate come sente in Lutero l'epopea dell'affermazione nel condottiero 1elle lllal:l::.e'!" <eLutero è il genuino rappresentante di un popolo giovane ed esuberante; egli co111unica abbondantemente con la vasta anima delle masse e trae da questo contatto una se1npre rinnovala confenna .arie sue affe1·n1azion-i e aUe sue ribellioni; la sua coscienza germanica si pronuncia chiara, netta e invidiata sui problemi sostanziali della religione e della vita )>. Si può capire come ai suoi elettori cli Salerno, il clirellore dell'Anima potesse chiedere, dieci anni dopo in termini politici, una conferma sohmne deJJc sue audacie filosofiche. I rai)porti tra quest'uoino e il 1novin1enlo vociano dovettero sempre rimanere necessa• riamente generici, poichè nell'elegante Sturn und Drang fiorentino egli recava preoccupazioni disperatamente 1nonotone e pratiche. 'Invece l'amicizia con Papin.i fu un punto fermo, tma constatazione di coincidenze, di vicinanza di attitudini, cli una ce,rta somiglianza di tempera1nento morale. La colLaborazione di questi due uomini, che il pubblico italiano oggi si sdegnerebbe di vedere accomunati, fu una necessità e un esempio sloxico singolarmente chiarHì.catore. È una amicizia degna di essere meditata ahneno quanto quella di Machiavelli e Ariosto. Siamo in pieno dramn1a antidannunziano e, Ja lotta è mossa in nome cli una persistente passione individualistica che b.a le nostalgie antiromantiche della cattoJica muanità. NelrUorno finito e in Etica e Biografia c'è la stessa esi• genza d-i realizzare ?~n n1ezzi escl_usivamente e rigorosanientc et1c1 una co1up1uta perso11a.lità. L'atteggiamento cli A111cndola di (r:onte al fascis1no non è dunque che un aspetto e una conclusione del suo anticlannunzianesimo. La intransigenza si riduce a una questione di dignità, qnasi un caratteristico resi~uo pe~~- gogico persistente nella sua passione pohLica. I dffetti e j pregi dell'uomo son tuLLi in questa sua attitudine di clialellico che vuol convincere l'avversario, nemico dell'i.mprovvjsazione, ostinatamente coerente. Perciò se prima si poteva dll'c che nel filosofo c'era il politico, adesso nel politico continua il filo• sofo. Ma questa cultura gli ha data la libertà, lo ha lasciato senza illusioni metafisiche alla sua intransigenza, sicchè persino i suoi calcoli hanno un sapore cli azione diretta con1e se dell'intellettualismo non ci fosse più che il ricordo. Bastano queste brevi note per caralleriz. zare un ritratto che appare d.irettainente antitetico 'alla figura cli Mussolini. Sarebbe difficile trovare Amenclola indulgente verso le espansioni popolari e verso la politica del facile entusiasmo. La sua serietà è talvolta persino un'ossess·ione e gli vieta tulle ]e più prudenti sospensioni ironiche. Ma neppure i polrcbhc paragonarlo al tipo comune del politico italiano: gli manca l'amabile disinteresse elci diplomatico, come il cinismo di Giolitti. In sostanza poi niente ideologie, niente tHotestantismi: può credere a valori precisi di libertà e di morale, ma piuttosto jn quanto g'Jj servano per acquistare il senso clel valore degli uomini dei quali vuole conoscere ]e attitud·ini per usarne. Nella rontemperanza cli queste doti c'è ancora Ja cristiana umanità d.eJJa su.a filosofia, n1a corazzata con Ja chiarezza dogmatica e intollerante e g]i schemi precisi del cauolfro. Già, avvicinandolo, la sua figura fisica ti dà l'impressione e la sicurezza della solidità: e le sue qualità intellettuali sono cosi dominanti e meridionalmente appariscenti che semb1·a piò giusto riferirle al carattere che alla maturazione del pensiero. Si capisce benissimo come Mussolini, che ha le penetrazioni e le lucidità psicologiche dell'uomo fatale, abbia subito riconosciuto nella decisione austera e chiusa di Amenclola il solo cancliclato serio alla successione. Una successione ideale che implica un~actitesi totale, una lotta di razze. E Amenclol.a è così chiaramente se stesso. con le sue ambizioni e con le sue 1nis~1re, che non ha bisogno di nascondersi dietro un progi·amma o clietro una costruzione di ragionamenti. Se dovessimo riferirlo ad altri oriz- / zonti spiri~uali .on:--ai storici, I?otrem.mo riconoscere 111 lui piuttosto la sicurezza e la' rassegnazione di Metternich che l'improvvisata e profetica genialità cli Cavour o cli Bismark. Ossia io veclo in Amenclola piuttosto l'uomo di una situazione che il capo di un partito, più la prudenza sagace e le inesorabili attitudini costJ.·uttrici dell'amministratore, che lo sforzo strategico del condottiero. Non per nulla Amendo]a è negato alla CO• municazione con le n1asse: nulla di tribunizio si trova n~i suoi discorsi elettorali e quando in casi siffatti i prog1.'ammi devono necessariamente colorirsi secondo le astuzie oratorie, egli si [erma per istinto di lealtà a idee affatto generiche. Tulti questi li1niti sono caratteristici e necessari in ltalia per un uomo che voleva riman-ere un politico e non diventare un avventuriero, nè spectùare sulle consolazioni estetiche nelle nuove generazioni dannunziane e clel popolo desiclerdso cli sagre. Considerando l'uomo nel suo terreno storico sarebbe ingiusto rimproverargli la semplicità 1 ancora elementare della sua fede democratica che si accontenta di una definizione e non può tener conto delle grandi esperienze n1oderne, dei progressi industriali, dei par~ titi e della lotta politica e delle democrazie intransigenti e calviniste, perchè queste id~e diventano utopie in Italia, paese povero, lll cui i cittadini tormentati intorno alle esio-enze econo111iche più elemenlari non pos- ;ono ancora raggiungere la loTo dignità di c01nbattenti. Così sollo la dottrina ri1uane in Amenclol.a il provinciale napoletano, che a contatto con le correnti europee si trova a disagio e deve procedere per approssixnazioni, indugiando in un compilo di pedagogo verso la sua gente. Il suo istinto resta assolut.aniente con• servatore e per quest'aspetto egli rientra nella Lrad·izione cli tulli i politici italiani dopo Cavour. Più sobrio perchè meno induJ. gente alla demagogia, ma d'altra parte ne• o-ato .a quelle sottigliezze di s_tile che vengono ~oltanlo da una esperienza diplomatica. Invece di usare duttilità e 1nobilità egli ha fallo una questione cli fedeltà alle pre111esse, ecllha por,lalo nella batl.aglia l'au• sterità e la rigiditii di un vescovo scismatico. Ecco in qual senso l'Aventino ha trovalo in lui il suo uomo. Il pii, bell'elogio per Amendola noi lo diren10 insistendo sulla sua impopolarità; e ìa sua forza è proprio nc"lla costanza de1la sua solitudine. P· g. IL BARETTI È uscito il n. 9 col seguente soniniario: F. BuRzto: l\·eopositivismo. - L. P1G"<ATO: ll significato di Baudelaire. - Letteratura tedesca: G. NECCO: A. Wildgans. - U. MonnA 01 LAVRIANO: R~ni..anticisnio nwsche~ rato. - AHASVERO: flamlet ,il flayrnarket. LECLASSI MEDIE Critiche di un unitario. L'articolo che segue è il segno di un atteggiamento di intransigenza e di fedeltà al moviniento opera io che rimane nei migliori dei giovani socialisti unitari. È certo che il partito socialista unitario si avvicinerà alla sua fine quanto più andrà a destra. D'altra parte quali gruppi operai gli sono rimasti aderenti? Ecco una domanda a cui occorre rispondere per chiarire la. sit uazione politica prPsente. La relazione politica clel se;(retario clel Partito socialista unitario, on. Basso, ha lascialo in uno stato di profondo disagio ~li elementi operai che aderiscono al partito. Questi elementi vivono in gran parte di impressioni ed è sembrato ad essii nonostante la mozione appro,·ata, che la conferma dell'on. Basso a segretario politico del partito, sia stato l'avallo posto dalla Direzione agli e< spunti progranin1-atici >>enunciati nella sua relazione. Bisogna confessare che se vi era mom_en~~ politicamente poco opportuno per sm1ili enunciazioni, era questo per 1 ·appunto: quelle enunciazioni davano il pretesto agli avversari cli clestr.a cli decantare le ,;rtù terapeutiche clel mauganello come mezzo di ravvedimento; ai cugini massimalisti di sinistra di !indicare gli unitari - non senza ra• gione - come clei democratici già fuori delle linee del socialismo marxista. Sarebbe itH"ero semplicista attribnire questo errore politico al segretario del partito; l'errore trae le sue ragioni dalla costante preoccupazione cli attrarre le cla~si medie nell'orbita programmatica e nella sfera d'azione clel P. S. U. , Poiché queste classi meclie - si è ripetuto cla più parti - sono quelle che fanno !"opinione pubblica e possono col peso dei loro consensi e 4ei loro dissensi far cadere la bilancia a favore cli quei parti ti che sanno interpretarne i bisogni, così il P. S. U. si è butt{ILO per w1 momento nella gara senza chiedersi se potesse servire contemporanea• mènte due padroni: le classi lavoratrici e queste classi medie. È gjusto riconoscere che il Convegno nazionale era uscilo clal labirrnto in cni le classi medie lo a,·eva110 posto. I discorsi Modigliani e Turati avverLendo ]a composizione eterogenea di queste classi, e quindi la disformità dei loro interessi, hanno permesso ai convenuti di ritrovarsi unanimi nell·approvare la mozione concordata, la quale. abbanclonanclo al loro destino le classi meclie, clichiara esplicitamente che il partito unitario deve essere « l'espressione politica dei lavora tori oppressi e sfruttati., dei le.moratori del braccio e della niente, econoniicamente dipendenti e salariati o stipendiati >l. Ma il senso òi disagio nel partito non si è perciò attenualo e credo cli essere facile profeta quando penso che il P. S. U. dovrà convocare a breve scadenza, per risolvere la sua crisi, l'organo sovrano del partito: il Congresso nazionale delle sezioni. • rouostante i discorsi Modigliani e Ttuati, è apparso non sufficientemente chiarito il problema delle classi medie. Il Convegno nazionale non si è çhiesto chi erano queste classi medie e sopratutto non si è chiesto se e quali possibilità aveva il partito socialista di .attrarle nell'orbita de11a sua azione, ço~ì da giustificare uno spostan1ento a destra /lei suo asse politico. È ciò che mi propongo di esaminare breveniente in questo articolo. é Se fosse vero, come affermava laudio Tre• ves nel sno di corso all'assen1hlea milanese, che queste classi niedie sono costituite da quei " neo proletari che per effetto della espropriazione da parte della ricca borghesia, cadono nel proletariato )>, è evidente che non vi era bisogno cli discutere un problema cli classi medie. Il P. S. U. non aveva che cla allenclcre queste nuove vitlime della borghesia o della plutocrazia per dare acl esse il saluto, forse non lieto, dei proletari già .aclusati alle hallaglie del lavoro; se C?storo venh·ano fatalmenLe verso il partilo, il par-

b 90 tito non avrebbe avuto alcun bisogno di muoversi dalle proprie posizioni. Ma è reale questa proletarizzazione, o non cadiamo invece in una verrhia e smcnlita illusione marxista? Lo stesso errore com1nise il partito socia. lista quando, nel processo cli sviluppo del- ! '.industria agricola, vedeva, cogli occhi della fantasia o deJla speranza, scomparire la piccola proprietà ingoiala marxisticamenle dalla ~rande proprietà fondiaria, e anche allora aspettava a braccia aperte che i piccoli coltivatori si decidessero a discendere nelle pii, tormentale fila dei salariali agricoli. Ma atte~e in, ano! ostcnr1·e oggi questa proletarizzazione nel campo agricolo, quando invece la piccola proprietà e Ja piccola impresa si , anno molLiplieando, mi sembra assurdo. Su questi col Livalori la socializzazione della terra non può presentare alcuna attrauiva. Nella proprietà colleuiva non si sentono abbastanza proprietari e continueranno a co]- livarc eoHa ,naggior cura la bella, areadica siepe che delimita il loro campo, lieti di poter affermare: « Questo è mio>>. D'altra parte non si può affermare che la socializzazione della terra avverrà allraverso la grande azienda industrializzala dopo quanto è avvenuto in Russia e avviene un po' in tulli i paesi a pre,?alenle economia agricola. Il partilo socialista potrà trovare consensi in questo campo attraverso ]a cooperazione dei piccoli cohh~atori se riuscirà a dare ad ess.i la coscienza della identità dei loro interessi rogli interessi <lene masse consumatrici. )fa con poca speranza, chè le masse contadine co t-ituiscono anche oggi la riserva più feconda della reazione dominante. Nel campo delle industrie assistiamo al molli plicarsi delle piccole officine e dei modesti laboratori i quali, per una quantità di ragioni che è qui il caso di esporre, riescono, coli 'istallazione del piccolo motore e ciel piccolo tornio, a sostenere la concorrenza delle grandi hnprese capitalistiche; così nel campo commerciale aumentano i negozi e i piccoli esercenti riescono a trovare il loro equilibrio economico. Che cosa può fare il partito socialista per questi artigiani e per questi esercenti? Continuerà a creare cooperative concorrenti, cogli elementi migliori della classe lavoratrice, e li allontanerà dalla propria orbita politica. Non ha per essi nè la parola di conforto, nè il mezzo economico per aiutarli. Sono queste le tre categorie tipiche che costituiscono le cosidette classi medie. Vediamo la posizione economica degli intellettuali che si possono classificare tra i lavoratori della me"ute e che sono costituite da tre principali categorie: i tecnici, le professioni libere, la burocrazia. I tecnici hanno oggi un padrone capitalista dal quale dipendono ma dal quale, nella maggior parte dei casi, sono bene trattati. Del loro padrone conoscono le inclinazioni e i desideri e possono perciò soddisfarlo. Sarà altrettanto agevole per essi servire i cento, i mille padroni delle imprese della classe lavoratrice, i quali di solito pagano assai peggio del padrone capitalista? Il loro orientamento politico dipende in gran parte dalle capacità di assorbimento ~ dallo sviluppo, assai scarsi fino ad oggi, d, queste jmprese di produzione della classe operaia. Abbiamo infine i professionisti liberi e gli impiegati della burocrazÌa il cui nu1nero, purtroppo, non decresce. Si tratta di categorie economicamente improduttive, il mio-lioramento delle cui condizioni non può :versi che da uno sposta1nento di redditi. Ora io mi domando: il partito socialista, finchè rim.qrrà un partito proletario e di classe, che ha sulle spalle il peso enorme delle classi manuali, puÒ impoverire ancora di pili i lavoratori del braccio a favore cli questi professionisti le cui condizioni economiche sono innegabilmente superiori? Non aveva torto quell'organizzatore socialista quando, divenuto sindaco del proprio Comune, fateva respingere sistematicmneote "le domande che i suoi impiegati comunali presentavano per essere ammessi nel partito socialista. Che cosa può fare per costoro un partjto che sia l'espressione dei bisogni della classe lavoratrice? In nessuno di questi strati sociali avviene quella proletarizzazione em,u1ciata da] Claudio Tre1,es, h1 quale può ridursi ad alcuni ceti risparmiatori: possessori di rendita pubblica, dcposilanli e creditori cli Banche e di privati, colpiti duramente dalla svalutaz~one della monela e discesi fino all'ultimo gradino della piramide sociale. Il loro poslo sarà però occupalo da coloro che in periodo cli prosperità economica salgono alla loro volta alla condizjone di piccoli imprenditori. Più vasti sposta1nen ti si potrebbero registrare verso il vertice de1Ja piramide, 1na non interessano la nostra tesi. Quando il P. S. U. si sarà accorto che poco ha eia mietere nel campo delle classi medie, supererà la sua crisi restando sè stesso, cioè l'espressione politica delle fa1.angi lavoraLdc·i. cl LA RIVOLUZIONE LIBERALE Una maggiore aderenza trov<"ranno queFtte classi negli altri partiti, non socialisti, di demoC'razia e verso di e~c;i i;i orientf"ranno. F, sarà tanto di guadagnalo 1w1· la chiarez1~, delJa vjta politica "cerlc· divi,:;ioni ar-mbrcranno illogiche e inff'l•ondr. 11 partito unitario dovrà arH'Ju· ricordarsi d1c i partiti <li n1asse non vivono sohanlo ùi freddo calcolo o di loi;ica o di raziocinio come cenacoli di filosofi o accolte di matematici. La ragione pura 11011 ;. 811fTÌ<'<-nl<• per r-e ste~ga a muovPre questi partiti ai quali occorre q1w] tanto di ,·mpiri8mo o di mito rhe /> incli•pPn•ahi]f' per rlare una fede avvenjriata a 'Jll<"'Slf· mailse ehP non vivono di solo pan<,. Trovnà allora una ma1<giore aderenza negli aml,wnti della <"lasse lavoratrice e potrà com picrr~ <·on maggiore efficacia e con piu largo profiuo <1ueJl'opera di educazione civjJ,, ,.J,c f'OHtitui8<'e la ~ua missione e 8arà il 8U0 titolo d'onor,·. H. H1cuzz1. Unnemicodellaplutocrazia Bf"n<'h<' dia Juogo a un rcrto traffi<'o, Ja stazione di Bricherasio ;.. modc6ta, come s'addice a 1111a ferro, ia che porta dal ('apoluogo al fondo di una \ alJc chiu~a: industria e commercio son dati dal posto, Javoro e bisogni continui che ignorano lo spccul.alorc e il ,·ircolo vorticoso dell'affare. J I paese sla pittorescamenlc nascosto corrw JH"t' offr-ire a] , iaggiatorc un tono più attenualo del]a dura vita d'ogni giorno, e, acco111pagnandoti, fJ verde dei viali, mezzo decor.ativi mezzo portati da fruttiferi alberi dt giardini adiacenti, tl introduce con genlile~za e non<"uranza nelle slraclc dalle case qua campestri, là adallale già ad opifici. U contadino .a cui c]1iedcrai di rnoslrarti la vil1a e il setificio di Giretti, non si confon~ derà, anche se tu non gh avrai parlato in 8chiello pien1ontese: c'è caso anzi che ti risponda in disinvolta lingua italiana come t1uegli che è uso a ricevere_ visite ~li riguardo ed ha già .accon1pagnato a1La soglia del suo clepulato scrittori della lontana Jnghjlterra e uomini di convegni internazionali. Bricherasio è tu( nome conosciuto nelle poste di Lullo il mondo. Bricherasio è la sede italiana deHa Lega anliprolezionista d'Europa ed ollre Europa. Un paese non indegno di Lale colore e di tali ambizioni. Furono la fortuna del Piemonte, durante secoli di storia oscura, queste ambizioni equilibrate di piccoli centri industriosi, che hanno avuto un nome ahneno noto a Parigi e a Londl'B: Pinerolo, Biella, Chieri, Asti, Cavour. Ogn.i ingegno che vi crebbe in luce non ha rinunciato al colore locale della sua fama, ha voluto essere il gentiluomo paesano, anche nel n1omento in cui gli toccava incontrarsi con le più raffinate diplomazie. Nella corsa verso l'Europa questi piemontesi quasi lutti anglomani portavano con sè con culto testardo il ritratto del campanile natio. Il predominio della capitale non fu mai un monopolio come successe invece facilmente già in epoche remote a Milano, a Firenze, a Genova, e anzi la concorrenza a Torino nei continui commerci tra Francia e Italia, prima che si parlasse del Cenisio, era sempre una buona carta da giocare. A Bricherasio poi, come in tutta la valle ciel Pellice, s'aggiungeva, a questi generici fauori, l'impulso della razza repressa dalla lotta relicriosa e per la sua stessa solitudine valdese desthiata .a non lasciarsi soffoca1re nella contesa dei co1nmerci e delle industrie. Non s'appagarono i contadini di un'agricoltura modesta ma fiorente, con vigneti rinon1ati in due previncie; n1a per la natur.a stessa del lavoro campestre dedicarono i lunghi riposi concessi dalJa stagione a nuove arti, sicché sin dal '700 l'incluslria della seta della valle del Pellice era diventala oggetto di studio e di teoria per quella schiera di economisti, cli cui i11interrottan1enle il Piemonte sin da quei giorni si onora, da Vasco e da Solera a Luigi Einandi. Un'industria patriarcale, aderente alle possibilità ciel Lempo e del luogo, in principio legata anche ai Jin1iti dell'attività fa1nigliare, più artigia11.alo che industria, 1na se si guardano le cose nella sostanza, una ri,·oluzione, la nascita del capitale, la sovrapposiz.ione dei beni 1nobiliari a1l1agricoltura. E i nuovi artigiani '.avventuravano con tanta audacia nell'impresa che presto chiesero mercati ·internazionali e libere frontiere. Bisogna tener conto cli queste origini secoJari per spiegarsi le halla~lie del deputato Girelli contro le più recenti superstruttnre dell'industria torinese metallurgica e siderurgica; la sua avversione alJo spirito p1utorratico della sedicente industria 1noderna; l'odio ai monopoli, la diffidenza verso Je leghe industriali. Tulto il liheralismo cli Edoardo Giretti, che si respira nella sua biblioteca tra le belle rilegalLn-e inglesi e la collezione deli'Econo1nist, confortalo di lunghe Jellure e di inchieste internazionali, ha questa schiena natura provinciale, è in buona parte la ribellione del genLiluomo di campagna. Accanto a1 suo setificio c'è la villa con la biblioteca, il giardino; prati e can1pi al cli là. Non almo,ffera ciltadina, non costrizione di m□r.a, di fabbrica, cli civihà d'acciaio. La base di tullo è la vita di }HO\ incia coi bassi costi, esigenze elementari, costumi frugali: 1nano d'opera femminile; minime spese generali perchè i"I capita.Lista è anche imprenditore. Cresciuta senza Stato, senza piani fantastici di rjorganizzazio11e sociale, in un am bienle guardato anzi con sospetto dallo Slalo, quesla industria ha i diritti della sua i:oJitudine~ ha il dov,•rf• di csprjmere tutta la sua lol(ira anlislatal<•. '\ala dai piccoli sa<'rific·i quotidiani <· da 1111a profonda pas• sione di indi JH'ndrnza <· di dignità, deve essere anti-para%ilaria <·on Ja f,;rof'ia deJ mora"lisrno protestante. Invece della sua batlaglia trentennale, ad Edoardo GirC'tti toc<·arono t,;r•mpre Jc so1ite accuse <li ar;traLLista, di J<Jgico puro, di fanatico della scienza. Non vollero capire che le prove della sua scienza er.ano nella sua opera quotidiana; che Girelli prima che una fi. gura della politica italiana è una figura dell'economia italiana. È la piccola e la media industria che difende i suoi legillimi interessi Quesla schiera di imprenditori che sdegnarono le avventure finanziarie, che non cercarono la ricchezza, ma Ja libertà e l'indipendenza anche in fatto di economia personale, sono i primi e soli nazionalisti lungimiranti che abbia avuto ]a vita italiana. Essi furono j primi ad avere ]a grande intuizione che do po La decadenza del Rinascimento, l'economia ·italiana, non potendo più vivere come al tempo dei Comuni di commercio con l'Oriente, doveva trovar modo di far vivere accanto all'agricoltura, da ~ola insufficiente, un'altivilà produttiva mobiliare, capace di sfruttare l'abbondanza cl.i mano d'opera della penisola e di sostenere la concorrenza internazionale giocando su questo fattore. C'è un valore di simbolo nel fatto che questa classe industriale rechi ancora i costumi e i caratteri del proprietario di terra, del gentiluomo di campagna. Senonchè il processo in Italia era appena iniziato quando in Europa sboccava già nei sistemi giganteschi del capitalismo finanziario. Ai medi industriali toccò allora vedere intorno a sè organismi grandiosi che si improvvisarono a col pi di Borsa: imprese che si fondavano ad nn 'altezza di costi insostenibile, dopo aver acca parra ti giornali e Enti pubblici; rapide fortune e improvvisi crolli, arrivismi forsennati di plutocrati. Come abbiano reaITTto, con quali sentimenti e preoccupazioni 0 abbiano seguìto questo sviluppo si può documentare tenendo presenti gli sfritti di Edoardo Giretti, seminati in giornali. di provincia come La Lanterna Pincrolese o nei .,.randi quotidiani o letti alla Camera per ~utto il pubblico dei contribuenti. Piccolo, nervoso, inquieto; occhietti agili di osservàtore sotto una fronte quas)rata; parlatore veloce, incalzante, ;andatura audace e sallellante, Edoardo Giretti sembra annunciare già col suo aspetto, tra il bonario e il pungente, un'atmosfera di battaglia. Ebbe l'ossessione dell'indipendenza sino dalla giovinezza. Fu contro Giolitti già prima dello scandalo della Banca Romana, quando l 'antigi0Jittis1no proprio ai. con~ni de]]a provincia di Cuneo voleva dire g10carsi qualunque avvenire politico. Invece Giretti continuò a presentarsi candidato in tutte le elezioni politiche, con una costanza ripetuta ad ogni sconfitta. Battaglie inglesi, f,.tte coi numeri statistici alla mano: qu..:nto c-1sta il dazio sul grano; quanto e;uadagnano ogni anno gli zuccherieri; a chi sern.lno le spese militari e ]e iinprese coloniali. Ca1npagne condotte col più rumoroso senso del1'inoppot"Lunità, combattuVe ad persfJnasn, cmninciando coli 'urtare e imbestialire i f,'1.·andi elettori, i parroci, i direttori di quotidiani. La resistenZa contro la guerra libicH e il suffragio universale gli valsero infine a sconfiggere la cricca gio]ittiana che da Torino e da Cuneo lo perseguitava sin nel1a valle, e Girelli fu deputato nel 1913. In Parlamento tra la politica generale e le anguslje dei semi-partiti tutti giolittiani si trovò isolato. Nelle sue focose campagne non incontrava che nernici; nel gruppo radicale stesso d.i cui faceva parte era malviso perchè non lasciava pass.are liscic le malefatte dei compagni. Del reslo le sue allituclini di po]emisLa preciso e documentato non potevano essere apprezzale in tm'accoha di retori e cli ignoranti serdli. Nè Giretti poteva farla a capo-partito perc-hè la sua era una posizione di moralista più che di politicante: i suoi interessi non si Yolsero m,aj alJa politica generale, ma prevalentemente alreconomia e ai costtnni pubhlici. Con jl suo tempera1uento cli dissidente, con la sua posiz·ione di industriale, ne1nico dell'agricoltore assenteista eontc del plutocrate rapace, la sua parlc doveva ridursi a quella di rivedere le bucce a chi credeva di fai'la franca. Uno spulciatore di bilanci pericoloso! Ma il giorno in cui per µ:li intrjghi degli .avversari non tornò più in Parlamento, l'opera poteva prosegn.ire sul giornalismo. La qualità d,,J deputalo non è essenziale in que- &ta fi{!ura rii persecutore dei furbi e rli dP• nundatorP di affari loschi. Anzi il Parlamento diventava una tribuna arLifì,·ior;a pr,r un'opera carallerisLica del eolJegio, che ha il suo luogo naturale nei r-o• mi,d, e rlcve esplicarsi accanto al JavrJro dr,ll'ind u8Lriale. Gov,·rni Gio]jtti, :'tittj o Mu-aoJini ~mpr"" ,,j s<Jno d,~j trivellatori ,la denunciare. dei ;,idPrurµ--ici da combattere. Che poi Giretti "ia i,tatfJ an<'hf' .anti-bo1scevico e sia oggi antif a'-c·i'-ta intcrr·'-"a piU per Ja psiroJo~,ja r·he p,•r la '-loria. (,on~ervatore di stampo inf!]e..se J>"T -,4°'µ'1·,·ta-pirazione in Giretti ,.';. piu la puritana filantropia verso le da~r.j umj)i ,'.hP la r•ompren-ione deJJa lotta di <·Ja"~P P deJ miv, di rf-dr·nzionc de~Ji operai. ()uP-tj limiti. a dir,· j] ,,.ero.. ,,. lo hanno trattr> in valutazi,,ni ri--trf•lte, e partigjane al tPmpo del famrn-o <·a•-o~Yfazzoni&.fanno onou~ aJla f;Ua serietà r]j UùrYlù tutto -~run peZZ<J. in f•Ui lo atudiw,o è J,, .'-te~~o rhe J"indu,triaJe. Ma in <JUroslapa,sione il delus<J di tutte le hatta,rlie non può trovare una nuoi,,a ragione di parJare da una tribuna nazionaJe. Re,pinlo dallP <:ricche dei politicanti " r!P~li sp<'('uJatori ha ECOperto la natura Vf'ra dF-lla '-ua forza. fii P ritirato '!:U un terreno in r·ui egli è as-olulamente imbattibile. :',ella -ua solitudine ~ un esempio, un organo dPJJa società futura, sognata prima di leg~1::re SmiLh, nPIIP pa•-eggiate del giovfoetlo lunzo • il Pe!Jice, aJlo spettacolo di nn •af!Yicoltura, che rende quanto deve, ma non ebauriscP le capacità lavorative della razza. Cn esempfrJ di individualismo trionfante, per cui l'iniziativa personale di oggi garantisce la lib<>rtà collettiva cli domani. PIERO GOBETTI Editore Torino - Via XX Settembre. 60 Critica. A. A..,1.1:sTF.: Vita di Bellini L. lU A. D'E:s,RÈVES: Il fondamento della filosofia giuridica di G. F. Hegel " ';',;if) P. GOBETII: La filosofia politica di V. Alfieri G. MARONE: Difesa di Dukinea G. PREZZOLINI: Papini A. R1cc1ARDI: Scritti teatrali, con }) 6 "10 » 6 pref. di A. G. Bragaglia " 6 G. SCIORTINO: L'epoca della critica » 3 A. TtLGHER: Lo spaccio del bestione trionfante (Stroncatura di G. Gentile) M. V1 CJGUERRA: Un quarto di secolo (1900-1925) » 5 }) 5 letteratura. A. B.u.LIANO: Vele di fortuna F. M. BoNGIOAN:-11: Venti poesie T. FIORE: Eroe svegliato asceta perfetto T. F,onE: Uccidi R. ]ESURUM: Il dono di Lucifero C. D. Looov1c1: L'Idiota E. PEA: Rosa di Sion E. PEA: Prime piogge U. Rn'A: Passatismi L. 5 » 8 )) 4 » 10.50 )) ;o )) 4 }) -! }) 4 ,, lfl Scrittori del Baretti, Questa serie comprende i più forti scrittori che si siano rivelati nel dopo-guerra. Non è nella nostra indole metterci a stampare gli scrittori quando hanno già una fama da sfrullare. oi ci proponiamo di scoprire gli artisti al loro primo libro. Stampando uno scrittore assumiamo di fronte ai lettori un impegno anche per il futuro. La collezione « ScriLLori del Baretti » sarà per la letteratura quello che sono per la politica i Quaderni della Ri l'Oluzione Liberale. PRlMA SERIE P. SOLARI: La Piccioncina - Romanzo L. 8 R. ARTUFFO: L"lsola • Tragedia » 10,50 G. VACCARELLA: Poli;;iano » 7 E. MONTALE: Ossi di seppia - Poesie » b.50 L. P1GNATO: Pietre - Poesia » 6 R. FRANCHI: La /lla,schera » 5 I prinù tre volumi· sono usciti. Gli altri tre u:-ciranno entro giugno. Si spediscono franchi di porto contro vnglin di L. 40. Tutti gli abbonati agli Scril• tori del Baretti avr::mno diritlo a scegliere un volume trn le nltre nostre edizioni letterarie, che ~arà loro inviato franco di porto. Novità. .\. BALDIN! • E. CECCHI - C. E. OPPO Armando Spadini Con unn lettern di A. SOFFICI, un sommario bibliografico, giudizi e tre tavole fuori testo. L. 2 • Sessanta pagine e tre tavole. È il più serio tentativo della c1·itica italiana cli dar ragione dell'arte di Spadini. È il solo libro che possa dare al lettore un 'idea completa dell'.argomento.

b LA RIVOLUZIONE LIBERALE Risorgimento PISACANE dotti.ero di bande, dopo che il colonneJlo Pjsacane, difensore di Rorna, aveva quasi deriso il fasrinoso Garibaldi, il collo avvolto neJJ'ampio fazzoletto rosso, radioso incedere sul proprio cavalJo bianco in testa alJe fiam1nanti schiere dei volonLari. La vita e l'attività del duca Carlo Pisacane può essere divisa in tre distinti periodi, il primo dei quali vada dalla nascila al 1848, il secondo dalla caduta della Repubblica Romana (1849) sino al 1857, ed il terzo che comprenda la disperala impresa cli Sapri. Invero questi tre periodi ca1·auerizza110 j tre aspetti deJ Pisacane uon10 d'armi, pen~ satore e rivoluzionario. Esaminiamo il primo. L'uomo ed il soldato. alo eia famiglia nobile, il gioùne Carlo fu ammesso Lredic-enne (1831) nel Collegio Militare della Nunziatella, dal quale uscì dopo otto anni e cioè nel 1839. Il suo libro sulla Guernt com.bauuta in Italia negli anni 184./3-49, fa fede che gli studi cli scienza militare non furono fatti invano; anche se g]j insegnamenti 1ettcrari, per concorde teslju10~ niauza confermata dallo steso Pisacane, vi erano svolti in modo deplorevole. Bisogna a tal proposito tener presente che gli studi militari ei;ano allora mollo in auge nel Regno di Napoli e fra i giovani di tendenze liberali, che raggruppati attorno al Progresso dal Blanch li imparavano, come dal Mele imparavano economia, dal De Gra• zi.a e cla altri etica e filosofia; mentre i nuovi problemi dell'industria, della scienza, della storia e della sociologia per la prima volta venivano lumeggiati e discussi. Molto verosimilmente il Pisacane apprese qui e dal Blanch quella che è stata chiamata la sua filosofia della storia, il suo materialismo ed il suo vichianesimo. L'aggressione subita in Napoli da parte dei parenti della sua futura compagna Enrichetta Di Lorenzo, l'eroica difesa del Pisacane e la fuga assieme alla donna del suo cuore in terra straniera, han qualcosa tra il dantesco e il romanzesco per la purezza degli intendimenti e la costanza degli affetti. È noto infatti che la Di Lorenzo è stata la sola donna amata dal Nostro, il quale la scelse e rimase ad essa fedele prima di entrare ragazzetto al Collegio della Nunziatella, e continuò ad amarla da adolescente e da 1101110in collegio e fuori, nonostante che un matrimonio di convenzione e la famiglia l'avessero allontanata da lui. L'arruolamento del Pisacane nell'esercito coloniale francese operante in Algeria (1847) potrebbe completare l'aspetto romantico del N. Buttiamo là la notizia non dimenticando però che il P. aveva anche fame. Scoppiata l' insurrezione in Lombardia, torna in Patria e s'arruola semplice soldato nell'esercito della Repubblica, rimanendo gravemente ferito ad un braccio in un'azione militare. È promosso infine per meriti eccezionali capitano di fanteria. Con tale grado passa ai servigi della Repubblica Romana. È nella difesa cli essa che I i suoi meriti rifulgono. A confessione dello stesso Mazzini, se la Repubblica avesse attuato i piani del Pisacane, anziché affidarsi ai colpi di testa garibaldini, forse non sarebbe caduta; od almeno, più a lungo avrebbe resistito. Accettiamo senz'altro questo ragionamento che vediamo anche sottoscritto da competenti cli cose belliche. Non è questo ciò che c'interessa, n1a bensì il dissidio Garibaldi-Pisacane-Mazzini a proposito del modo secondo il quale l'Italia andava liberata. , A noi fa tanto piacere sapere che Pisacane era contrario al Garibaldi dittatore e condottiero di bande, eroe dei due mondi e oggetto di fascino per le donne e pei giovani che l'idolatravano; così che ancona oggi, rileggendo le belle pagine che ad Egli dedica nella sua Guerra conibattuta, noi sentiamo il tono vivo delle parole del Martire di Sapri discenderci nell'animo, mentre ne gustiamo la sowrenclente freschezza. Certo oggi come settanta anni fa il pro• blema è ancora e sempre quello; è ancora colla nostra mentalità infantile e decadente che noi dobbiamo combattere; è ancora e sen1pre la gratuità del nostro elargito Risorgimento che ci fa pensare. Oggi scontiamo iJ peccato di non av~r vo: luto e sapnlo con1battere, ma proprio sui campi di battaglia e con battaglioni militar• mente disciplinati, le gnerre ciel noslJro nazionale riscatto; che non è finito nel 1918, come si opina, se ancora una voha formazioni militari irregolari sul tipo di quelle garibaldine sono state possibili. Ma non par• liamo cli ciò che t.anto ci fa male! li pensatore politico e lo storico. Nel secondo periodo dell'attività del Pisacane van posti i suoi saggi storici, militari e politici. Dopo la caduta di Roma il Pisacane colla con1pagna si ritÌTÒ a Genova in una jlla di campagna per dedicarsi con ardore allo studio e per meditare sulle ragioni della sconfitta. Il Savelli (Carlo Pisacane, Vallecchi, 1925) clice che « fn portato a medi tare snlla vita della storia ed a cercare un orientamento nelJa filosofia J). Non per ozjo o curiosjtà 1ntellcllti.a.1f', ma per il bisogno di formarsi « un convincimento <'hc, norma dcJle az·ionl, fra il continuo mutar(' dcgJi uomini e delle <'Ose, lo mantenesse sempre ncJ medesirno proposito ». Fn, <·on1esi , f"de, p<'r u11a ragione d·i profonda moralità <'hc il Pisacane si mise a studiare. La cohura, specialn1cnle filosofica e slorica, era da Jui inlcsa qua]c- un eJemenlo f'orn1ativo del caratLere. Niente erudizione perciò, ma idee e f.atli; azione in definitiva ,, lotta. L:uomo d·armi <'d iJ nobile saltava ancora una volta fuorL ~on soffermiamoci s.ugJi errori clic un'affrcttala coltura ed un'inleressata passionaJità spiegano (da ricordare specialmente jJ giudizio assolutamente arbit r:ario dato su1la Chiesa eia un suddiLo d'un << cristianissimo >> governo e dall'avversario sconfitto d'uno Slato che in Italia aveva ch·iamato .anni straniere in propria difesa), per riconoscere che il suo vichianesimo di seconda mano, anche se falso ed arbitrario pe1·chè aslratto, non gli ha impedito comunque d'intuire lati suggestivi e veri della storia. Basterà qui ricordare la giusta imporlanza da.la alle istituzioni tribunizie ro1nane ed alla slorica filiazione dei Comuni dagli antichi Municipi, oggi confermata dai migliori studiosi della materia. Ma anche al suo vichianesimo si guardi come ad un tara dell'epoca: tanto l'iclealisn10 che il positivismo erano inclini a generosamente donare delle leggi alla natura ed allo spirito; si pensi per tutti al Ferrari ed a1la sua teoria dei cicli storici. l\"on è questo il lato che più ci interessa de] Pisacane pensatore; in altro 1nodo vivo e geniale. Dobbiamo invece soffermarci snl Pisacane intuitore di verità, incapace e insofferente cli sistemarle. Ne abbiamo ricordate due di queste intuizioni: il lettore potrà con un po' di buona volontà scovarne per suo conto altre. Non vogliamo defraudarlo <li un sì grande piacere. ijotiamo soltanto che anche il, Nostro ad un dato momento ha sentito l'insufficienza dei propri schemi storici, allorchè considerando il sorgere e l'affermarsi della società capitalistico-borghese, ha ritenuto bene di dover evitare il consueto ricorso della naturale barbarie col violentemente affermare la necessità d'instaurare all'infuori ed al disopra della legge, il superiore mondo dell'e• guaglianza economica e della convivenza }i. bera: cioè a dire del socilalismo e dell'a• narchia. Anche di questo riconoscirnento non apprezziamo la conseguenza, ma il mezzo che la condiziona. L'anti-intellettualista Carlo Pisacane vuol con esso mezzo riconoscere la superiorità dell' intuizio;e su.Il' intelletto, della divina forza spontanea volontaria e libera sulla necessaria resistenza della natura e della legge. Osserviamo pertanto il rispuntare del ron1antico da sotto I.a crosta _positivista e classica dell'ingegnere del genio, educato secondo gli esempi dell'antichità. Molto più che se teniamo presente questa insospettata ricomparsa, comprenderemo meglio il Pisacane della terza epoca. Il nwrtire pU,rO. Allorcbè nel 1857 Pisacane s'imbarcò sul Ca.gliari per raggiungere la fatale Sapri, l'I-. talia (specialmente meridionale) era in preda all'indecisione per le sue future sorti. Un certo numero di pretendenti indigeni e strauieri se la contendevano ad intervalli, determiuando correnti di simpatia e d'aderenze in mezzo ai patrioti indigeni. Ultimo "in ordine di tempo Napoleone III a,·eva suscitato non poche sin1patie e speranz.e nell'avanzata proposta di 1nettere w1 Murat sul trono delle Due Sicilie, in ciò ap• poggiato dallo Scialoia, dal Leopardi e dal Saliceti e da vari altri patrioti. Il colpo di folgore dal Pisacane compiuto in comunione col Fabrizi, il Nicotena ed altri elen1enti mazziniani, valse a sventare il colpo mancino del Napoleonide, ed .a riafferinare il proposito unjlario dei rivoluzionari. Una nuova soggiogazione aJlo straniero fn evitata nell 'It.alia n1eridiona]e, mentre pe1· se1npre Ia Francia fu dislornata da pretese territori?Ji e da imprese rignardanli la politica interna del Regno. Si tenga d'altronde conto che ciò non è eletto in modo assolu Lo che escluda altri interventi, poiché è allrettanlo noto che dopo quell'epoca l'Inghilterra ha dpreso ad << an1arci )) ed a diplon1aLicamente appoggiarci. Non bisogna comunque dimenticure che noi le serviamo per la sua politioa <li diffidenza contro la Francia: ma quand'è che una nazione è disinteressata? Non si vuole qui dire che tali fatti creasse ]a sventurata spedizione di Sapri, ma si vuole soltanto affermare che in essi e nell'imporLanza' che da essi em.ana, va posta. Come valore morale l'importanza cli essa è ancora più grande. Ecco ritornare il Pisacane romantico: il Pisacane n1artire e conMa la natura ha di <1ueste rivincite contro la logica, e perciò scatta assai spesso il sentimento al disopra del chiuso steccato deH'intelletto; e la nascita piu spesso che non si creda distrugge gli impacci dell'educazione. Ahbiamo visto comunque che codesti impacci eran ben tenui neJl'animo del Pisa• cane, la cui nobiltà volle alfine ribellarbi medìanle un gesto disperalo e suhJime. C'è nel Pisacarn·, che abbandona compa• gna e figlia e vita, dopo aver finita una lezione di maLe,naLica, e s'imbarca a cuor tranquillo sopra un veliero per correre verso la morte e Ja gloria, quaJcosa d·i così subljme, che non Jc parole d'un.a modesta prosa ci vorrebbero, ma i suoni eroici di un'ode per farne parola! Disgraziatamc11Le il Lombardi neHa sua Spedizione di Sapri, non ha raggiunto lo scopo; mentre nessun altro s'è provato. Ma è ancora presto e non c'è cl.a disperare: non siamo ancora arrivali aJPamore, ed è perciò presto per Ja lode; meglio rjpeterci, a conforto e ad esempio di questi tristi tempi, le parole colle quali egli espresse e la piena accetlazione del suo dinsinteressato sagrificio, ed il disprezzo contro i suoi imbestialiti car• neficj, che a Lanza l'uccisero a colpi di tridente (2 luglio 1859). <c Se non riesco, dispregio profondamente l'ignobile volgo che mi condanna, ed apprezzo poco il suo plauso in caso di riuscita. Tutta la mia ambizione, tutto il mio premio lo trovo nel fondo della mia coscienza e nel cuore di quei cari e generosi amici che hanno cooperato e diviso i miei palpiti e le mie speranze; e se mai nessun bene frutterà all'Italia il nostro sagrificio, sarà sempre una gloria trovar gente che volonterosa s'immola al suo avvenire )>. ARMANDO CAVALLI. Borohesi_a demigrazione Il problema è questo: la situazione ciel capitalismo in Italia si è rafforzata o si è indebolita dopo la gnerra, col fenomeno fa. scista? Quali erano le debolezze della borghesia capitalistica italiana prima della guerra, debolezze che hanno portato alla creazione di quel determinalo sistema politicon1assonico che esisteva in Italia, che ha avuto il suo massimo sviluppo nel giolittismo? Le debolezze massime della vita nazionale italiana erano in prhna luogo la mancanza di materie prime, cioè la impossibilità per la borghesia di creare in Italia un.a sua radice profonda nel paese e che potesse progressivamente svilupparsi, ass()rbendo la mano d''.lpera esuberante. In secondo luogo la mancanza di colonie legate alla madre Patria, quindi la impossibilità per la borghesia di creare una aristocrazia operaia che permanentemente potesse essere alleala della borghesi.a stessa. Terzo, la quistione meridionale, cioè la quistione dei contadini, legata strettamente al problema della emigrazione, che è la prova della incapacità della borghesia italiana di 1nantenere..... (Interruzioni). Il significato clell'ewigrnzione in massa dei lavoratori è questo: il sistema capitalistico~ che è il sistema predominante, non è in grado di dare il vitto, l'alloggio e i vestiti alla po• polazio9e, e una parte non piccola di questa popolazione è costretta ad emigrare ... Noi abbiamo una nostra concezione dell'imperialismo e del fenon1eno coloniale, secondo la quale essi sono prima di tutto una esportazione di capitale finanziario. Finora l'cc imperialismo» italiano è consistito solo in Cfliesto che l'operaio italiano emigrato lavora per il profitto dei capitalisti degli altri paesi, cioè finora I 'Italia è solo stata un mezzo dell'espansione del capitale finanziario non italiano. Voi vi sciacquate sempre ]a bocca con le affermazioni puerili di 1u1a pretesa superiorità clemografica dell'Italia sugli altri paesi; voi dite sempre, per esempio, che l'Italia demograficamente è superiore alla Francia. È una questione questa che solo le statistiche possono risolve1·e perentoriamente ed io qualche volta mi occupo di statistiche; ora una stalistica pubblicata nel dopo guerra, mai sm·entila, e che non può essere s1nentita, afferma che l'Italia di prima della guerra·, ila] ptmto di vista demografico, si Lrovava già nella stessa situazione della Francia dopo la guerra; ciò è deienninalo dal fatto che Pernigrazione aJlontana dal territorio nazionale nna t.al 1nassa di popolazione n1asclùle produLLivaiuente attiva, che i rapporti den1ografici divenlano cataslrofici. Nel territorio nazionale riinangono vecchi, Llonne, bambini, invalidi, cioè Ja parte di popolazione passiva che grava sulla popolazione lavoralrice in w1a misura superiore a qualsiasi altro paese, anche alla Francia. f: questa la debolezza fondamentale del sistenia capitalistico italiano, per cui iJ capiLHlismo itaJiano è deslinalo a sc01uparite tanto più rapidaruente quanto più il sistema c.apiLalisLico 1nondiale non funziona più per 91 as"orhirP J"emiµ-razione italiana, pPr sfruttare il lavoro italiano, che il capitalismo nostrale i· jmpot<.:nte a inquadrare. I partiti borghesi, Ja ma~soneria, come hanno ,·crealo di risoJvere 11uer;tj problemi? Loumwiamo neJJa gtoria itaJiana cleg]i ultimi tempi duP piani politici deJJa borghe•ia per ri,;<JJvere la queslione deJ governo deJ popolo j1aJiano. Abbiamo avuto Ja pratica µiùJittia-na. il N1Jlaborazionismo del sociaJismo itaUano con il gioJiui~mo, cjoè jl tentativo cli btahilire una alJPanza deJla borµ:hesia industriale e.on t11Ja r·ertu ari!=:,tocrazia operaia settentrionale JWJ oppri1nerc, per S(Jggiogare a quest.a formazion,~ horµ-hese-prùletarja Ja maesa dei r·onladinj italiani~ ,;peeialrnente de] Mezzùµiorno. li prr,gramma non ha avutu succes~o. \i,.Jr haJia '-etlentdonaJe ~i ,(·ostitui',ce difatti una n,alizion<' l,orghes<;-proJetaria. attray-en~o la r·oJlahùrazfr)nc parlamentare e Ja politica dei lavori pubblici alle Cooperative: nelr itali a meri,Lonale oi corrompe iJ ceto <lfrigenle e· si domina Ja massa coi mazzieri ..... (Interruzione dr~[deputato Greco). Voi fascisti siete stati i maggiori arlefìd del fallimento di <Juesto piano politico, poiché avele livellato nella stessa miseria l'aristocrazia operaia e i contadini poveri di tutta l'Italia. Abhiamo avuto i] programma c-he pos• siamo dire del Corriere della Sera, giornale che rappresenta una forza non indifferente nella politica nazionale: 800.000 lettori sono anch'essi un partito. Voci. - I\1eno ... MUSSOLINI. - La metà! E poi i lettori dei giornali non contano . .\'on hanno mai fatto una rivoluzione. I lettori <lei giornali hanno regolarmente torto! GRAMSCI. -- Il Corriere della Sera non vuole fare la rivoluzione. FARINACCI. - Nea-nche l'Unità! GRAMSCI. - Il Corriere della Sera ha sostenuto sistematicamente tutti gli uomini politici del Mezzogiorno, da Salandra ad Orlando, a Nitti, ad Amendola; di fronte alla soluzione giolittiana, oppressiva non solo di classi, ma addirittura di interi territori, come il Mezzogiorno e le isole, e perciò altrettanto pericolosa che l'attuale fascismo per la stessa unità materiale dello Stato italiano, il Cor• riere della Sera ha sostenuto sempre un 'alleanza tra gli industriali del Nord e un.a certa vaga democrazia rurale prevalentemente meridionale snl terreno del libero scambio. L'una e l'altra soluzione tendevano essenzialmente a dare allo Stato italiano una più larga base di quella originaria, tendevano a sviluppare le « conquiste n del Risorgimento. Che cosa oppongono i fascisti a queste soluzioni? Essi oppongono oggi la legge cosidetta contro ]a massoneria; essi dicono cli volere cosi conquistare lo Stato. In realtà il fascismo lotta contro la sola forza organiz. zata efficientemente che la borghesia capila• listica avesse in Italia, per soppiantarla nella occupazione dei posti che lo Stato dà ai suoi funzionari. La « rivoluzione >> fascista è solo la sostituzione di un personale amministrativo ad un altro personale. A. GRAMSCI (dal discorso alla Camera del 18-5-1925). Perchè la vita è cara Possibile che l'industria italiana sia ancora tanto indietro da richiedere simili enormi protezioni per poter vivere? La protezione si accorda tutt'al più quando 1m'industria è all'inizio, quando è ancora bambina, ma non quando· è nel suo pieno S\'iluppo. Si pensi ora alla influeaz3 stille spese generali delle aziende private e statali e sui bilanci deJle famiglie, dei dazi doganali; te• nendo presente che la protezione a] eou fine aun1enta di eguale somma il prezzo delle n1erci all'interno. Il crescendo pazzesco del costo della vita - conseguenza delle enormi tariffe doganali - ha ormai distrutta la teoria della cosidetta polverizzazione dei dazi, con la quale i più feroci protezionisti credettero climostrare che le somme pagate in più per effetto delia protezione doganale, si polverizzano ripartendosi insensibil1nente sui consnn1atori. È proYato invece il contrario. Or.amai è dimostrato che per effetto sia diretto che indiretto dei dazi doganali, i prezzi delle merci sono più che raddoppiati. Si può quindi con certezza assicurare che il costo della vita, liberato dalla pressione doganale, potrebbe di1ninuire del 50 %- Una famiglia picco1o-borp;hese che viva spendendo una inedia di 1000 Jire al mese, è gravata di almeno 500 lire mensili per effetto della protezione doganale che si ripercuote su tutte le spese: dal vitto ai vestiti, dalla pigione cu casa ... all'acqua ,che beve.

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