La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 42 - 11 novembre 1924

172 DUELIBRFIRANCESI Non si era ancora tentato in Francia - come ad esempio 1 è stato fatto da autori inglesi ~ un esame non polemico e (ra.mmentado, ma sistematico e complessivo, delle origini, responsabilità) consegue1ne ed insegnamenti della guerra mondiale nella politica. Ci voleva infatti uu bel coraggio, in Francia, dove la tinta nazionalista prevale, se non altro, nell1opinione che più sa farsi valere (classi colte, sfere ufficiali, stampa) - ci voleva un bel coraggio a tentare queste esame spregiudicatamente. Il libro del FabreLuce (1) La Vietai-re, esamina infatti con ordine, con chiarezza, appoggiandosi ad UJ1'abbondante documentaa:ioue, questi problemi. Egli riporta la questione della responsabilità nei suoi veri termini, cioè ben oltre le ultime settimane che precedettero l' Agosto 1914. Face11do il processo a tutto l'insieme della attiv:ità delle Potenze europee, con-esponsabili, per la loro politica di equilibrio e d'alleanze al cui determinismo, ed in ultimo a11'iugranaggio meccanico in esse montato delle mobilitazioni, i Goveru.i fat,aiisticamente si abbandonarono (la Francia in testa, ben preparata a ciò con gli accordi Poincaré-Isvolski) quando la tempesta lampeggiò tra Sarajevo e Vienna. Egli denuncia l'ipocrisia d'aver voluto includere nel Trattato di Versailles tlll condanna morrrle della Gennania, facendo della sconfitta in guerra una delinquente giudicata dalle parti avversarie, cosl come si era fatto uno scandalo dell'invasione e inaudita » del Belgio, elemento della partita perfettamente previsto dallo Stato Maggiore franco-britannico. Ipocrisia che è per d:i più una stoltezza. 1 giacchè in essa consiste una ragione capitale dell'inefficienza pratica del Trattato di Pace (reso da essa inaccettabile per la Gennania. Dopo 'la parte critica· retrospettiva, l'autore cerca di delineare le direttive d'unà più saggia politica avvenire, che egli con moderato ottimismo spera possa sorgere sulle rovine della guerra. Questa seconda parte del libro è meno notevole della prima, che costituisce un vero manuale della preistoria. della guen-a europea (}a divisione in numerosissimi capitoletti rende il libro molto comodo da maneggiare). Il FabreLuce ha una ragionata fiducia nella Società delle Nazioni e in generale nella forza coattiva dell'opinione mondiale, la quale, se fosse stata più illuminata, influendo maggiormente quale .f.reno contro il la.isser aller dei governanti del 14, avrebbe permesso di ritardare, local.i=e ed attutire la tremenda scarica di forze che fatalisticamente fu lasciata scatenare. L 1 analisi di questa colpa fondamentale della politica europea del!' anteguen-a- è la p<1rte migliore del ,libro. A mettere di queste cose sotto il naso del pubblico, in Francia, ancor oggi, ci vuole - ripeto - un bel coraggio. Il Fabre-Luce, che è un giovane il quale conosce l'ambiente dipl0matico francese per essere stato addetto al Quai d'Orsay e all'Ambasciata francese di Londra, nutre speranza in un indirizzo più lungimirante della politica internazionale della Francia, giacchè , già da parecchi anni - scrive egli (p. 420) - vediamo prodursi in molti spiriti liberi, in molti osservatori illuminati della politica - funzionari, intellettuali, uoniini dell'industria o della finanza - una muta opposizione all'azione <lel Governo alPestero. Tra coloro medesimi che deb1 bono rappresentarlo all'estero, un dissidio si crea di frequente tra l'uomo pubblico ed il privato, ed il patriota vede con uno stringimento di cuore gli effetti disastrosi delle istruzioni che l'agente ba fedelmente eseguite. Potrà la politica esser condotta per tanfo tempo contro il sentimento dell'élite? Sarebbe questo l'indice di una vera d~cadenza della nazione ». Per avere scritto con tranquillo ardimento di queste verità 1 il Fabre-Luce è .5tato, manco a dirlo, aggredito dai nazionalisti quale bochefile e , disfattista , - che sarebbe, nel linguaggio dei bempensanti patrioti di Francia 1 come di.(e da noi: antinazionale! Con la qua.le manganellata verbale 1 uno è bell'e spacciato. .• * • Scendere da una potente iiat alla soglia della residenza del Budda Vivente, a Urga nella Mongolia, 1a città d'ei sessantamila monaci buddisti, dove un generale russo, il barone magiar0-tedes,co' Ungern von Sternberz, capo (più tardi ucciso) di antibolscevichi, ha installato telegrafo e telefono senza fili; parlare al Budda Vivente, intelletto profondo in un corpo di vecchio alcoolizzato cieco: llon è questa, che l'avventura culminante di Ferdinando Ossendowski (2), ingegnere geologo polacco già collaboratore de\ conte Witte e del gen. Kuropatkiu, quindi di Kolciak. Ma tutta la su.a odissea, a piedi a cavallo a dorso di cammello vagando e combattençlo gelo e tempesta, belve e uomini attraverso selve e deserti siberiani e mongoli e sino ai margini de] Tibet, è un romanzo vissuto p~ù avventul'oso d'ogni fa"utasia. Paesi ines-plorati, genti e sétte strane e misteriose, tuttto un mondo asiatico che sembra pend'ere tra m,1'immobilità 3i leggenda e un risveglio pieno di possibilità apocalittiche, infiltrato d 1un fermento sanguinoso al contatto dei bolscevichi e degli antibolscevichi in lotta mortale tra loro in un ambiente caotico, ora ostile ora indifferente, lontano per ,;,illenni di civiltà divergenti, vicino improvvisamente per un lampo di a.flinità etnica remotissima. Protagoni~ta dell'ultimo episodio, questo barone Ungern von Steinberg, circondato da una LA RlVOLUZIONE LIBERALE fama di ferocia, in realtà anima tormentata tra aspira7,ioni eccelse di riformatore religioso e necessità crudeli di guerriglia eia partigiano, intimo di capi buddisti, vecchio soldato energico e intelligente, familiare con la strage sp1etata e mistico sognatore di rigenerazione mondiale. Intravediamo un oceano di umanità a noi ignota. Cosi, dunque, la guerriglia lra nuclei di bolscevichi e <li russi e bianchi ,, in Oriente, di cui giuu.se a noi appena qualche eco attraverso lac0uicbe informazioni calcate sugli schemi della politica europea, inlerfe,-eudo laggiù con grovigli inesplorati <li conflitti e problemi etnici e religiosi, si sfaccetta in w1 brulichio di colori dove si sman-isce la nostra povera vista cli miopi occidentali, ipnotizzali dal breve spazio· di ten-e e di mari che da troppi secoli calpestiamo, solchiamo, amareggiamo di sangue e d'odio. La narrazione dell 'Ossendowski 1 sobria e ra.. pida, tutta cose, come sanno essere soltanto i racconti di quel che si è veduto e vissuto, getta quest'a11Sia e sconf01to stupefatto nell'animo del lettore occidentale e , civile , : gli si riaffaccia in blocco l'enormità cli enigmi di storia universale, Orie:nte e Occidente, politica e religione, quid, est, veritos? -- tutto ciò balenante fra un crepitio di fucilate e un galoppo disperato attraverso desolati paesi. Smarrimento che è una lezione d' umiltà, che ci pone brusca.mente di fronte alla ignoranza totale nella quale siamo di innumerevoli aspetti della storia contemporanea. Che nausea 1 dopo un tuflo come questo, riprendere la lettura - o, peggio, la cucina! - di quello specchio di vacuità sapiente e sonante che è il giornale quotidiano toccatuttv e sa tutto! L. EMERY (1) A. FAnRE-LUCE, La, Vicùnre; Parigi, 1924, N. R. F. (n. 11 della collez. < Les d,ocuments bleus ,, pp. IX-428, fr. 12). (2) F. OssENDOWSKI, BUes, hOmmes et die-i.x; Parigi, 1924, PIOll, !W· 111-275,fr. 10). Note economiche L'imposta sul vino r. L'abolizione dell'imposta sul vino. costringe a mandare al macero un denso volumetto di oltre 98 pagine, che conteneva le istruzioni ministriali e la relazione sul decreto legge emanato da poco più cli un anno per 1iordinare questo tributo. Al macero andranno pure milioni di cc-- pie dei dieci , modelli , distribuiti agli uffici tecnici di finanza per l'applicazione pratica del non semplice ordinamento. Nè pare vi siano molti a r.impiangere la scomparsa dell'imposta generale sul consumo àel vino. Era nata abbastanza bene nel 1919, 1 ma i ·continui ritocchi anno per anno Pavevano resli costosa e molestissima. Perciò era fatale che 11 ministro delle Finanze dovesse cedere all'ondata delle richieste di numerose associazioni, ed in ubbidiema al presidente del Consig'!io colpisse a morte la costruzione non sua, da lui. appena corretta qua e là nelle "fall~-peggio appariscenti. Le lagnanze più vive degli interessati contrv il tributo ora tolto, più, che al peso del tributo si riferivano agli impacci per il controllo dei varii movimenti del vino 1 alla noia di co~ti precisi. Si era ceduto sul primo punto, e da., Ul1a imposta sul consumo - riscossa accertando h materia imponibile presso il produttore, il quale· se ne rifarà nel prezzo di vendita - si era preteso 1 attraverso a rimaneggiamenti successiv:i, di lasciarne sl debitore chi fabbrica il vin0 m.a con l'obbligo di versare il dovuto solo al ri1omento di ogni singola cessione; salvo a completare lo sborso alla fine della campagna anche per le quantità eventualmente sottratte al mercato dell'anno per attende1·e nei p,rossitni condizioni più propizie. Si era inoltre concessa unn. esenzione scalare per H consumo diretto dei piccoli produttori: di qui altre necessità di controlli, con milioni di accertamenti e di visite, conteggi eh~ inferocivano gli interessati .. Tutto questo era frntto di una illusione cui si era ceduto fino eia! 1920: nel primo anno di applicazione i viticoltori av·evano obiettato che, dovendo pagare il tributo anche senza aver ancora venduto il vino venivano ad essérne gravati • direttamente, mentre le altre produzioni agrarie restavano esenti da imposte speciali. Qui si. annidava il sofisma, le 11oz.ionisull'incidenza delPimposta non riuscendo a penetrare bene nella mente dei difensori degli interessi vinicoli. Dimenticando che per 1ivalsa il ve.Q.<litorene aumenta di altrettanto il pTezzo, sostenevano cbe invece del consumo rimanevano colpiti i terreni vitati : con aria di trionfo ne trova.vano la prova nel fatto che il vino non è prodotto da monopo1isti1 i quali soli riescirebbero a 1;mbalza1·e sul compratore della loro merce il tributo speciaìe che li raggiunge. Arro:vesciavano così la realtà del fenomeno: g1i •studi dal Seligman all 1Einaudi hanno dimostrato al contrario che il monopolista per definizione porta il prezzo al livello massimo cui può ancoYa sottoporsi l'acquirente: perciò quando sopravviene oppure si aumenta 1'irnposta speciale sopra la sua pierce ne rimane inciso. Viceversa, per quanti lavorano in regime di libera concorrenza il prezzo è determinato dal produttore che agisce nelle condizioni meno favore.voli, a1l1opera del quale· tuttavia è giuocoforz:i ricorrere per soddisfare Pintero fabbisogno. ]l tributo diventa. un nuovo elemento da uni.1-eagli altri del costo: al rialzo del prezzo qualche consumatore restringerà Ja s.ua domanda, ma il gr066o accclterà l 'aumt:nto, siccbè chi vende dc.,- vrà solo J.a.:;dar;;i percuotere, c figurerà quaJe <.:onidbuentc di diritto, mentre gli 50rà facile il rimbah,0 del carico fiscale int.er<.,o quasi sul compratore . .:.. ·t si può pensare agli sviluppi indiretti, p1·opri delle industrie eht si éSC..--rritano a c:osti dccrcsc:cnti : la vitkoltura si trova piuttosto nel ca.so owosto. E quin<li il rincaro della derrata restringendo il consumo farà abbandonare la vite: ne::i terreni di pianura e meno red~ , di tizi, abbassando i costi unitari di ottenimento 1 con probabilità anzi di lasciare una rendita. tnbularia per tutti gli altri vigneti che si conserveranno. 2. Forse per il vino si arrovesciavano le leggi generali di inci<leru-..adei tributi? E quanti saranno stati i monopolisti colpiti? E meritavano tutto il compianto di cui si fecero segno, mentre appunto per la loro posizione cli venditori di vini tipici cli grandissimo pregio potevano con tutta facilità cede-re una parte della loro remlita? La quale sarà rimasta del resto incisa per tLD.a somma inferiore al dieci per cento e nella maggior parte dei casi al 5 per cento del valore del loro vino: sacrificio ben lieve in un paese dove la tassazione per necessità <li bilancio deve chiedere a molti un contributo assai alto. Quid, in anni di crisi? Molto frequenti nel caso del vino 1 le lagnanze ritornando con pari intensità negli autunni rattristati da mancato raccolto come in quelli di grande produzione: perciò quasi sempre si riodono le elegie, ad ecce-t.:ionedelle annate medie non apprezzate nemmeno esse per il loro grigio. Nell'Enotria Tellus nessuno parrebbe più inielice dei viticultori; <:-:J è umana la lagnanza, in questa industria il raccolto potendo oscillare tanto da fare il pendolo nei cinque anni 1909-1913 tra il massimo di 62 milioni di bi. ed il minimo di 29 appen~, con meno della metà; e nel dopo guerra da 54 a 32, mentre nel 1915 aveva toccato il punto estremo con soli 19 milioni. Si noti però che 1 prezzi medi negli stessi periodi variarono con ampiezza minore che nel1e quantità. Dalle 26 lire per q. passarono a 48 nei cinque anni prima delfa guerra, cioè come da 55 a 100, mentre i raccolti andavano da 47 a 100. Si direbbe insomma che il ribasso stimolaS6e tanto la domanda da impedire alle quotazioni di scendere in proporzione esattamente inversa alla maggior abhondanza del raccolto. Conviene omettere il periodo reso difficile dalla guerra: al\!esame invece del quinquenJtio successivo all'armistizio il fenomeno appare ancora più nitido, le quantità muovendosi come da 100 a 59 mentre i prezzi solo da 100 a 70. "Più delle medie calcolate dall'« Ufficio di St~- tistica Agraria }) interessano Je quotazjoni minial 111;.1,;>.siamrroiva ad un dodicesimo della. somma! Accogliendo l'ipotesi del Coletti, che cioè per metà abbia inciso i produttori, non avrebbe oltrepassato un ventiquattresimo del valore. ~Ia nulia dimostra che nc.,mmeno la quota dimv...7..ata sir. ~fuggita ai consumatori : l'elasticità della loru rk,m.at1tla, J 'ampie-hz.a delle classi consumatrici - che formano la grandis,;im.a massa del popolo italiano, lasciando lx-n esigw:: corre: t1 alle altre bevande -, la loro discreta con<lizi.one K"ùTlomica., dj cui offre indice rassicurante:: la tenue quota dei disoccup<1ti ed il lavoro non più interrotto da arresti; la trad.izcionalit:it del consumo, rhe viE:nt ristretto forse per ultimo rinu.ndando piuttosto a molte spese, in altre nazioni considerate degne .di maggior riguardo: tutto questo condu<.,::a· ll'fmpressione che l'imposta c;uJ ,ino si trasferisce nella sua quasi totalita sul consumatore. La scomparsa del tributo perciò non pu.ò esercita.re tutte le benefiche influenze che se ne ,ttendono alcuni. L'allargarsi delie vendite avviene spontaneoinvece per il solo ripercuotersi della annunciata mediocrità del raccc,lto: e quanti riusC'lrot10 a rendere serbevo]e i1 k,ro 1:ino ~1 r!a accumularne de11e scorte otterranno il prem:,) per la propria abilit:it. Il minor peso fiscale probabilme:nte entra ben poco nelle quotazioni migliorate, a me11-0di cedert:: al sofisma '1.el .- post boe, ergo propter hoc,. Tanto più che rimane intatto il dazio consumo, ancora piU danll.C.60 dell'imposta erariale. Contro il sec=<lo bal.7..ello - che importa per i consumatori di vino id sacrificio visibile di somme pari forse alla metà <li quanto gettava l'imposta sul v:iuo, ma accompagnato da aggiunte , non apparenti , per altre decine e decine di milioni - avrebbero con maggior ragione potuto accanirsi i viticoltori. In quanto il dazio poteva giungere a] rlr;ppic, anzi - dopo la riduzione a 15 lire per h1. - ai triplo e più dell'abborrita imposta erariale. Il peggio si è che con la sua altezza viene a rendere lucrosissime le manipolazioni entro cinta per mòltiplicare la quantità del vino dopo j ·1ntrodtl7jone. Con una facile concorrenza esercitata su larghissima scala in tutti i Comuni chiusi, dove a'j}punto si addensa la parte preponderante della popolazione compratrice. Tra· i due tributi cli gran lunga preferibile era la scomparsa del secondo, per le conseguenze indirette, che regalano ai manipolatori un lauto profitto ed una vera rendita fiscale1 ritirando per diritto di rivalsa un dazio che non pagano. Distruggere radicalmente il congegno che offriva spinta energica a queste falsificazioni avrebbe dovuto apparire compito degno ed opportuno, sicchè resta il rimpianto per non ayer\'l punt0 pensato. OBSER"VER G. B. FARAVIA & C. me e massime : sono note per gli ultimi tre anni Editori - Librai • Tipografi, , TORINO - MILANO - FIRENZE - ROMA - NAPOLI - PALERMO PREZZO Alillo Minimo Massimo Mtdia annua 1921 178 241 ZOI 1922 179 219 201 1923 III 18g 16o tra il minimo ed il massimo nel triennio il distacco arriv31 al 54 per cento 1 ma si riferisce 1 qualità differenti e perciò non confrontabili: badando allo scarto dei minimi tia di Jc,ro, 1isulta del 38 per cento; me..11tretra i massimi :.i troviamo appena cfel 21, confermando il ,a~itag-- gio delle minori scosse che favoriscono 1 migliori produttori in confronto ai men:-~acet:rati. Un altro sintomo interessante salta :nori d;d]e cifre dei prezzi : tra il r918 ed il gennaio del 192r il vino aveva ottenuto un rincaro forlissimo 1 in confronto ai prezzi quasi normali del 19u-12 salendo a ben sette volte e mezzo, e quindi molto al di' là della quotazione necessaria per controbilanciare la svalutazione della moneta. Gli agricoltori ebbero un vero guadagno -ii congiunttua negli anni• dell'immediato dopoguerra; e confrontando a quella beata cuccagna 14 penultima annata di minore allegrezza parlarono subito di crisi quando forse non si andava al di là di un ritorno all'equilibrio del mercato: dopo l1abbonclanza del 1923 poi, non cessarono più dal manifestare tragico dolore. Eppure il valore medio del vino ai prezzi normali e con raccolto normale nelle annate precedenti la guerra risultava attorno ai 1400 milioni di lire: quello calcol'abile ai prezzi « minimi » della campagna 1923-24, risulta di 6 miliardi, cioè ùi quattro volte e mezzo più alto. Il p~e220 basso, ma con una quantità notevolissima, lasciò dunque un compenso non disprezzabile assume!1do in vecè il prezzo medio, il valore del raecolt::i arriverebbe agli otto miliardi e mezzo, cioè a più di sei volte un decennio prima. Bisognerebbe perciò andare un poco cauti prima di parlare di crisi nell'agricoltura italiana : i raccolti abbondanti non si disgiungono da pre-1.- zi meuo sfavorevoli per i compratori a paragone di quelli degli anni scorsi; ma i realizzi tornano subito alti appena le vicende cli,;,atiche diventano meno propizie. Si µiantiene una costan-ia opportuna nel valore complessivo dei vari prodotti: tuttavia alcuni singoli restano danneg. giati associando prezzi bassi a quantità non eccezionali e si lagnano ad alta voce, ma non. ~-i dim'=ntichi che i favoriti tacciono 1 anzi non di rado si associano - per solidarietà o per timori fiscali - a chi più sospira lasciando l'impressione di un malessere generale. 3. Sul valore di sei miliardi almeno del v:ino, quale incidenza avrà esercitato un'imposta che Biblioteca Paravia << Storia e Pensiero>> GIUSEPPE ZONTA L'anima dell'BOO 1 vol. L. 10 ... deterntinate criticamente le basi spirituali del pensiero filosofico nell' 8oo1 attra,en;o un rapido exciirsus dal rinascimento italiano, all • :1_ luminismo francese, al criticismo tedesco; 1·_-\... espone secondo una sua originalissima concezione, 1'affennarsi e lo svolgersi del concetto della creazione pura dell) io nel primo ottocento nella formazione spirituale dei maggiori : Foscolo 1 Leoparcli 1 Manzoni i Mazzin.i. Opera necessana al letterato, al filosoio, allo stori~o, ~d a qu.a:nti Yoglia.no avere una chiara idea dei fenomeni spirituali e ctùturali dai quali le odierne con-enti di pensie1·0 direttamente derivano .1Yella stessa biblioteca: CARLO PASCAL l!E GREDEfìZDE'Oli T~ETOftlBD. 2 voli. L. 20 "b'E~O PEbbfi STAffiPA,, il ben noto ufficio di ritagli da giornali e riviste fondato nel U)OI, ha sede ESCLUSIVAMENTE in Milano (r2) Ccrso Porta Nuova, 211.

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