La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 42 - 11 novembre 1924

I' n 111 BOZZOLl CO •• GILDO VlLLÀU.ONfi!l'OS ~OV~Rl (BicoocA) - • "I I CONTO RIVISTI\ STORICI\ SETTIMf\Nf\LE DI POLITICI\ ESCE CORRENTE POSTALE Diretta da PIERO OOBETTI- Redazione e Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre, 60 Abbonamento per il 1925 L. 20 - Per un semestre L. IO • Estero L. 30 - Sostenitore L. 100 - Un numero L. 0.W IL MARTEDÌ Ct,i riceve Uo QOIT)ero e.li saq~io ~ non ir,ter,<le ai,borra.rsi r'°spio~'l-. il giorl')ale, a.Itri menti ;-lii contiou"ren,o l'invio e ciopo un "°'"se provvec:iererr o alla riscos5fon~ IT)tt<iiante tratta Anno III ~ N. 42 - II Novembre 1924 ~ BO M hl ARI O : l,L Bnos10: 6iolittiani In ,itardo. - Comitato Centrale dei Gruppi della "Rivoluzione Liberale,,: Saluto all'altro Parlamento. - A. CAVALLJ: Le c □ ope,ative del Ravennate. - A. CAYPA: Un giudizio su Crispi. - M. D'AzEGL10: Degli ullimi casi di. .. Romagna. - L. EMERY: Due libri francesi. - OBBERVER: !..'Imposta sul vino. GIOLITTIANI IN RITARDO Molti democratici 1 socialisti, popolari che banno creduto di scorgere nel dopoguerra la nascita di una vita politica italiru1a, a substrato democratico moderno) con la lotta dei partiti e deg!i interessi organiv.ati, col predominio delle forze ideali permanenti sulle forze personali mu.tevoli e oonuttibilii molti di costoro, prima crudelmente feriti dall'insospettato avvento del fascismo, poi caldamente presi da una nuova speranza di rinnovamento dopo il delitto Matteotti, si domandano ora se tutte le loro previsioni non siano state antistodche illusion.i di apostoli mancati ; e rispondendo affermativamente, nulla chiedono di meglio che la pace, 1'ordineJ il placarsi delle passioni in un giolittismo rinnovato. La prefazione di Mario Missiroli al cr Colpo di Stato » è di questo stato d'animo diffuso un esempio significativo. Sospirano taluni, come ragazzi malati di romanticismo e di u spleen »J la scorta ironica di un uomo smagato, freddo e sicuro, per \accompagnare nei primi passi l'Italia decrepita e pure bambina. La Monarchia SO'\tasta nell'ombra, nella loro immaginazione, come unica garanzia di elementare ma sicura civiltà. ' Alla radice del fenomeno politico considerato nel suo complesso sta certo la ragione essenziale della depressione economica, più che mai paurosamente incombente. Considerata solo in rapporto agli uomini che banno guidato le lotte politiche italiane in questi sei anni, la attuale sfiducia o tranquilla rassegnazione di tllo1ti, è la necessaria conseguenza delle smisurate speranze e delle grandi ingiustificate attese, coltivate con ef-fimero slancio e con eccessiva fiducia. Anche nei migliori, l'abito di ragionare troppo facilmente con idee generiche, giocando con esse e maneggiandole come verità assolute mentre non erano che mezzi, forze, espressioni di tendenze, si è accompagnata nece&;ariamente .::0:1 1a fiducia ingent1a in una loro realizzazione quasi meccanica ed inevitabile. La speranza di 111issiroli nella grande democrazia socialista nazionale era il naturale contrappeso del suo eccessivo tim.ore per una opera della Monarchia diretta a svalutarla preventivamente col riformismo di Giolitti. La speranza è stata troppo viva e troppo ingenua, perchè ingenuo era sperare nella vittoria della democrazia socialista, nell'Italia appena formata, in pochi anni di tumultuosa e caotica crisi postbellica; la delusione dopo 1'attesa impaziente è così forte, che la forza monarchica temuta riappare non solo come completamente vittoriosa 1 ma anche come desiderabile, in.sosti-. tuibile e u.nica. In que,;ta danza di due astrazioni si perde la visione di una realtà concreta più modesta e più complessa, meno suscettibile di balzi e di rivoluzioni, m.a sola capace di progressi e di modifica?Joni. Con MissiroH i vinti confessi cli oggi sono gli ideologi più o meno ottimisti di ieri; tutta la psicologia di1 coloro, che dal 1::t guerra hanno molto sperato, che il dopoguerra banno seguìto con ansia buttandosi a corpo morto nella polemica o nella lotta, con la volontà decisa di arrivare ad una vaga rivoluzione e con l'ansia febbrile dello scbiavo che coglie la occasione di una breve, terribile lotta di liberazione, dall'insuccesso della quale dipend~ la sua servitù definitiva, conduce oigi logicamente e necessariamente ad una constatazione di totale fallimento. Non si dichiarano vinti gli accomodanti, g]i uomini sprovvisti di idee generali che continuano giorno per giorno su una strada che le contingenze immediate, tracciano. E la vita politica italiana si impernia precisamente su queste due insufficienze, di ideologisti impazienti e dii praticoni senza visioni larghe. :-Jei momenti di crisi e di stanchezza i primi, anzichè infiammare e sostenere i secondi, si dichiarano affranti e sfiduciati; questi salvano il salvabile, ossi~ buttano a mare ogni precisa direttiva. Per impedire il trionfo dei moderati, vi è dunque più che mai necessità di moderazione e <li chiarezza; guai se ogni piccolo n1utamento appare ad occhi annebbiati come una grande crisi, ogni elementare urto di forze e di interessi anche meschini, un cozzo rli grandi correnti immaginarie, ogni fatto di cronaca come una. data storica. Per il passato, il più evidente aspetto di una mentalità. approssimativa è stata la sopravalutazione che tutti Fan7?0 più"' in9°nsciamente compiuta delle consegueme possibili della guerra sulla vita politica del paese; nello stesso tempo che questo veniva scosso, turbato dalla guerra in modo morboso ed effimero, le menti dei politici ne riportavano Una impressione spasmoclica e falsa. Ma se era gi nsto che nei periodi di facile e p.roJonda risonanza di passioni e cli azioni amche i migliori non rimanessero troppo indietro per eccesso di calma e di scetticismo 1 e cercassero anzi di dirigere i moti generali verso i fini che crcdeYano più utili, ritenendo ad ogni mcxlo dannoso il comprimerli; non era meno necessario che un fondo di spregiudicatezza e di cauta Yisione imped'isse le illusioni, le chimere di cui i condottieri diventavano essi stessi, <'OD Je folle, segua.ci. Non bisognava dimenticare che la guerra moderna è u.na realtà democratica soltanto nel senso che reca brntalmente grandi masse ili uomini a contatto con le esigenze sociali, facen.- do loro intravvedere la esistenza di una vita comune cui tutti debbono qualcosa, daìla quale si può anche pretendere qualcosa. Ma tutto ciò 110n costituisce se non l'apporto di una materia grez1..a, la creazione di infinite !X)SSibilità di azione per le e élites », forti, abili e sapute; a seconda delle qualità dei capi, delle condizioni economiche, della generale coscienza politica questo contatto fra organizzazione sociale e massa di popolo può sortire in ultima analisi effetti democratici permanenti, o favorire invece il predominio della reazione più volgare, o, infine, presto quietarsi nella indifferenza primiti \·a. Non sempre cioè, il moto va oltre un passeggero ribollire di aspirazioni e di pretese, c11<:: prestissimo la stanchezza o ìa compressione fanno dimenticare. Nella realtà italiana era ben prevedibile, data la generale immaturità e la tendenza delle masse a placarsi nel soddisfacimento delle necessità primordiali, questa facilità di ritorno alla tranquillità attraverso l'oblìo delle promesse di guer. ra, delle lotte e ·speranze cli dopoguerra. Il prevedibile sta avvenendo, almeno nelle grandi linee, e di questa realtà bisogna tener conto sen7...a perdersi dietro vane speranze dl pronte azioni di masse·; la sensibilità pronta con cui queste reagivano agli eccitamenti politici è sopita. Ciò non toglie però che qualcosa, di tutto questo ribollire, sia rimasto, su cui si può contare; esistono cggi in Italia g,·uppi di « élites » e fonnazionl politiche che hanno fatto la loro prova e si sono temprati resistendo a molti assalti 1 e che piima della guerra non esistevano. Realtà rome il partite popolare, i nuclei superstiti del socialismo più propriamente operai) i nuclei di parlamentari risolutamente ostili al fascismo, non si possono disprezzare. Gruppi di ({élitcs ;i intellettuali, repubblicani, democratici di vario colore permangono con azione più sentita. La politica non è più un lusso di borghesi ed un passatempo di amena lettura per la media borghesia, ma in alc1me parti d'Italia ha vivamente toccato e interessato ceti ristretti, ma capaci. Questa è la realtà modesta, su cui si può contare; tale la visione semplice, chiara, non banalmente ottimistica e nemmeno tragicamente pessimistica, delle forze e dei sintomi che rimangono dopo le delusioni e le sconfittedelle varie correnti democratiche. Escludiamo dunque il draJnma. Nel dramma, la sconfitta di ·Nitti sarebbe la sconfitta de1 tentativo democratico e 1;11nowtore del dopoguerra, mentre invece non è che la temporanea sconfitta di un uomo il quale ha creduto di poter poggiare una fortuna durevole sul11instabile fluttuare delle agitazioni postbelliche, senza la necessaria energia. Nel dramma) il primo ritorno di Giolitti sal'ebbe il ritorno puro e semplice della vecchia politica monarchico-riformistica, la doccia fredda sui cervelli accesi e sulle illusioni chimeriche; il ,·ecchio ministro avrebbe saggiamente soddisfatto le più brutali esigenze delle masse con concessioni più apparenti che reali, per assicurare il ritorno della calma e della politica personale d'anteguerra. Vicever• sa il tentativo è fallito e vi sono molti indizi i quali fanno credere che non potrà più avere successo. Venendo infatti, a Giolitti, è ancok un segno cli generale immaturità la reverenza profonda e timorosa che ispira quest'uomo, la cui impenetrabilità volentieri viene riempita di progetti pt~ondi e di straordinarie lungiveggenze. L'uomo che dallo scoppio della guerra in qua è stato ripetut.a.mente vinto, riappare di continuo novellamente come l'insostituibile vincitore. Anche qui la chiarezza e la moderazione gio- , erebbero a non dimenticare, che Giolitti segnò con la guerra il suo primo fallimento, essendo stato incapace di conservare in essa la guida dello Stato da lui formato in dieci anni di semidittatura; che il suo ritiro segnò una nuova sconfitta dei suoi metodi, rivelatisi insufficienti a contenere le forze democratiche tenacemente lottanti. li veto di don Sturzo fu la fine di Gioli·cti, culminata clamorosamente nell'a\TVento al potere del fascismo, da strumento del governo giolittiano divenuto governo esso ,;tesso, in antitesi almeno formale al giolittismo Questi fenomeni furono precisamente causati dall'opera dei nuclei ristretti di « é1ites », che nel dopoguerra si erano venuti formando, e che sopravvivevano al progressivo staccarsi de11c masse dalla politica. Il fascismo al potere obbligò questi nuclei direttivi a posizioni anche più pr,ecise e ad una unione anche più stretta; :n questo sen...c:o esso fu nuovamente ed indiretta• mente antigiolittiano, cagionando H formarsi di quel blccco di partiti democratici che Giolitti non aveva mai !)ermesso. La lotta delle opposizioni contro il fascismo è il fenomeno più nuovo e più promettente, malgrado le sue debolezze, che l'intero dopoguerra abbia dato. Oggi, per quanto impigliato in una lotta difficile il cui esito è incerto, il blocco pennaue, obbligato a vivere e ad agire dalle sue stesse origini e dal suo passato, ed il suo permanere deve essere una garanzia della impossibilità di un ritorno al giolittismo. Rimanendo perciò lontani egualmente dalle facili esaltazioni e dai dolorosi scoramenti, si possono ·ancor.a \TC::de.rneella situazione reali elementi 11uovi, i cui s\'lluppi non pcssouo essere se non nel senso di un superamento del giolittismo. Malgrado ciòi la riapparizione del trasformismo ed il suo aperto elogio non debbono stupire. Visto attraverso agli uomini, il fenomeno è più che spiegabile; non si lotta per lunghi anni, impegnando a fondo tutte le proprie risorse di pensiero e di attività dietro un miraggio che sempre si allontana, senza che ad un certo punto le forze tradiscano, e che di colpo, di fronte agli avversi avvenimenti, le forze vengano meno. Così si spiega che uomini nobilissimi, della cui sincerità e profondità non si può dubitare, pieghino il capo con una intima mal celata riluttanza che rende più triste e più nobile la loro confessione di sopravvenuta debolezza. Di fronte ad essi non vi è nulla da dire: il tempo ed i fatti soltanto potranno giudicare e valutare i loro varii atteggiamenti, e si può prevedere che essi saranno ricordati non per il loro rinsavimento, ma per la lunga e tenace lotta combattuta, per le idee e le illusioni in e,;sa agitate. Come fenomeno generale, questo senso cli scorame11tu, questo abbandonarsi e pentirsi, questo pullulare di « mea culpa »i di co11fessioni, questo scoprire a un tratto la verità celata, e - lodare il ·grande saggio che tutto ha veduto e capito e di c'onsegueuza con larga paterna previsione ba agito, è ancora una espressione nuova, che attrista, di una sempre riaffiorante immaturità e impreparazione politica. Le erisi cli coscien?,,a, se individuali sono nobili e rispettabili, se diffuse tradiscono una incapacità condannabile e si traducono in riclicole crisi di nervi. Il compito di 3.gire spetta ora a coloro che sono abbastanza giovani per non sentire il logorio delle lotte senza ris,ùtato apparenta, ed abbastan7.a uomini per DO!]. lasciarsi prendere da femminei scoramenti. iVIa anche a noi, ·questo periodo di pauroso abbassamento di tono e di insospettati abbandoni, deve insegnare qualcosa : insegnare anzitutto l'attaccamento dgile alla realtà e la diffidenza per i facili giochi delle idee. La seria cultura filosofica e la sana visione idealistica dei fenomeni storici, da cui il nostro movimento ha preso le mosse, e che nei più cauti di noi non è inai andata disgiunta da un senSo profondo della necessità cli riempire e modificare gli schemi al contatto della realtà, ha generato in altri meno compresi di ciò una •abitudine dannosa al gioco delle ideologie, e una fede assurda nella loro efficacia sulla realtà. D'altra parte, tutto il movimento di modernità, che nelle opposizioni ba trovato la sua espressione e che in noi della « Rivoluzione Liberale :o ha avuto dei propulsori, ha bisogno di precisa.re i suo-i fini ed i suoi mezzi con una incessante riehboraz-ione dei dati e delle idee. L'Italia gio1ittiana, in un senso generico, incombe: i:. l'Italia povera, primltiva, impreparata e dispersa. li problema di oggi è essenzialmente psicologko e pratico; non si tratta di ritirarsi ma d-i riaffermare, energicamente e istintivamente, la esisten'l..a e la possibilità di sviluppo di forze politiche nuove e promettenti. M.\.>'LIO BROSIO. Saluatoll'altproarlamento Dopo due anni di s_qoverno, dopo quattro di illegalità e di delitti, il fascismo ufflcv1le. screditato e isolato, ridotto corne pratica efficienza ai quadri ddla milizia giurata ed ai gregari dello squadrismo provinciale, mostra di aver percona quasi per intiero la sua parabola di fenomeno post-bellico ti-picamente italiano. .'ltfa la situazione interna in Italia resta dominata da un altro fascismo -più vero e maggiore, rappresentato da quei gruppi parlamentari, burocratici e plutocratici, che. minacciati nella loro pluridecennale onnipotenza dai risultati delle elezioni propor- _zwnalistiche del '19 e del '21, tentarorw poi la riscossa contro le nuove classi affiorate aopo la guerra, sfruttando perciò le ·esigenze di una parte dei reduci e le idealità dei ceti medi. Recentemente queste forze conservatrici, poiché la compagnia del fascismo ufficiale si era fatta compromettente ed imbarazzante, pensando di potersi disfare o prima o poi dell'incomodo vicino, lasciarono inscenare la nota manovra della " soluzione di centro " e mandarono perciò alcuni loro zelatori a tentar di rnmpere la compagine della opposizione, invitc,ndo gli elementi çostituzionali a rientrare in Parlamento per costituirsi in ostaggio della maggioranza mussoliniana. La manovra andò' fallita anc'he·perché le opposizioni si sono, ormai aV?•ezzate a non tener -più conto di certe distinzioni, non si sa se più ingenue o -più ipocrite, e perchè hanno inteso tutte che il nemico più temibile e pericoloso non è tanto il fascismo recente e transeunte delle " camicie nere ,, quanto quello antico e perenne dei reacionari del filofascismo e del collaboracionismo fiancheggiatore, sul quale Mussolini si potrà ancora fondare stabilmente. Così la Camera del 6 Aprile, çhiusasi precipitosamente dopo l'assassinio di Giacomo Matteotti, si riaprirà senza le Opposizioni, e di qui ricomincerà con rinnovata asprezca il duello. Mai come questa volta la lotta politica in Italia avrà avuto una impostazione tanto semplice e precisa : do una parte i nacionalisti, i clericali, i conservatori, gli avvocati degli agrari e degli industriali protetti, i rifiuti dei partiti vecchi e nuovi, gli avventurieri della politica; dall'altra le masse dei lavoratori coi borghesi rimasti fedeli ai loro ideali di libertà; da una parte la maggioranza della pentarchia tenuta unita dalla sua complicità cogli orrori del fascismo: dall'altra i gruppi delle Opposizioni stre/li insieme dalle comuni origini àemocratic he e dalla comune fede liberale ; nessun postn nel mezzo per i giudici conciliatori dèl moderatume e della retorica patriottarda. I Gruppi di « Rivoluzione Liberale ,,. c/u, non da ieri hanno scelto il loro posto nella lotta contro lutti i fascismi, lieti che la re-· centissima esperienza abbia dimostrato giuste le loro previsioni, logico il loro atteggiamento, alla vigilia dell' apertura dei due Parlamenti, niandano im saluto ai deputati delle Opposizioni, i soli legittimi rappresentanti della libera nacione italiana e invitano i partiti di opposizione a stringersi vieppiù fra di loro per difendere quanto in Italia ancora non è caduto in soggezione del nemico, e per preparare a non lontana scadenza il pieno riscatto politico di tutto il Paese. La battaglia non sarà nè facile nè breve, ma la bontà della causa, l'insipienza di certi avversari, il tempo lavorano per le Opposizioni. La vittoria toccherà ancora una volta al più perseverante e al più intransigente. IL COMITATO CENTRALE DEI GRUPPl DELLA « RIVOLUZIONE LIBERALE»

170 L.\ RIV/JLUZIO~E LJJ3hl<AL1! LE COOPERATIVE DEL RAVENNA TE di<:01 quale una elegante qul:Siione di competenza degli jstrumr:nli di lavoro. COME SONO SOllTE ~011 perdiallloci in su1X!.rflue congc:lltuc e consideriamo iiH cce a chi sono anelali i frulli di que-;to bei1cssere. Se ossen·iamo come nella maggjor parte dei casi si s,·olgo110 i lavori e poi a,·rieue il t.1·apasso delle tene bonificate, . 1 sarà dato \·edere dove ,·auno a s.colJse i ri volelli cl oro delle bonifiche. Ceueralmente il Cover110 sbor:-.a (poichè la maggior p·a.rte delle bonifiche s0110 considerale di prima categoria) la quota m.aggjo1·e: i :,;ei decimi della spesa totale mentre i comuni e le provincie ~borsa110 appena, jJ decimo e i proprietari delle terre i tre decimi. E' 1acilc capire che chi ha più interesse a Yolere le bonifiche sono i proprietari delle te~·e e gli imprenditori dì la,·oro; i prillli perchè col danaro tlel pros.simo sopravalorizza.110 i loro capitc,1.li,cd i scco1H.liperchè dai lavod rica,·ano 1111 utile. L'immoralità di questi ultimi non è così evidente come quellà dei primi; non si tratterebbe, in ogni caso, di altro che d'tm comune e banale atto commerciale di prestazione d'opera, la cui modalità r~ta "fissata da nn libero contratto, se precedenti atti degni d'esser tace-iati di immoralità uo:n ue infirmassero l'apparente correttezza. I precedenti atti che uoi chiamiamo immorali sono i ricatti.. c.he gli impren<litori fanno al concessionario dei iaYori (il Go,·en10) perchè- tali UlYori siano a loTo aggindicati, non sotto la spinta della convenie117..,ae in piena libertt, ma bensì sotto l'incubo cli possibili rivalse e rappresaglie. lutendian10 padare delle periodiche cli.mostrazi01~ di disoccupati sotto le finestre prefettizie, e dei ricatti parlamentari dei deputati cooperatori, minaccianti h rottuira degli amori ministeriali qnalora ai « poyeri operai » loro elettori, non Yeuissero concessi i rich.iesti lavori. Per esser giusti bisogna, comunque riconoscere che tale metodo 11011è stato solo adotiato nel passato da.i socialisti, perchè anche nel i)rcsente ,·iene da altri adottato, colla sola sostituzione nei termini della richiestà della parola « pah;a » in luogo di quella « pane ». Oggi infatti non si grida più:' « Pane e la,·oro ! » nè si fo.1111d0imòstrazioni, ma si fanno sagre e si grida : « Pahia e lavoro! » che è poi la stessa cosa. l\f:i 1100 fen11iamoci su queste che sono miserie, per dichiarraI"e senza altro che il metodo ricattatorio da. uoi biasimato è il metodo degli affamati e dei cattivi con·i, il quale ha fortuna soltanto finchè una classe dirigente pavida ha bisogno di quietare i suoi rimorsi e chiudere con l'offa' dei la,·ori pubblici le bocche che urlano, oppll're sempre con l'offa deve tentare di suscitare il consenso che gli manca. Il derivare la niaggior parte dei cooperatori socialisti dal- repubblicanesimo ed i1 dovere dapprincipio svolgere la loro azione in wn anibientt satur04 di <lemagogia giacobina, contro un goYerno che dif:fidav·a della regione sempre in iscompiglio, ed a favore di una categoria di opel'ru.' i quali non ave...-ano la capacità di compiere laYorri specializzati, ma avevano soltamto fam-=.; crediamo spieghi la demagogia primitifa d'elle cooperati ,·e ravennati che il rispa:rmio degli operai e la saggezza dei capi ha in seguito tras,forniate da pompe aspiranti dell'erario quali erano in origine, in selezionati enti di produzione ? di progresso civile. L'azione benefica delle cooperative si fece subito sentire non appena si conquistarono l'autonomia economica. Il livello tecnico, cultm'ale e morale-civile degli operai, fu portato 'all 'altez'l..a cli quello degli operai specializzati dell'industria settentrionale, sl che all'acquisita coscienza unitaria dei ro~- gnoli furono più accessibili i concetti di citta.- dinawz.a e di italianità poichè l'uno e l'altro ,;elevano dire agiatezza e libertà. I pericoli che tale nuovo fatto (delll! massima importanza politica) presentava erano due: H primo (quello notato dal Salvemini) costituito dal fonn.arsi di una oligarchia operaia capace di imporsi al governo a scapito degri interessi collettid della nazione; il secondo, costituito dal trasformarsi dell'innato campanilismo romagnono, nella esigen'l,a decentratrice postulata dai revisionisti 1-ep,uhblicani, i quali, nella ricchezza della regione dovuta allo svilu,ppo della agricoltura, e nella conseguente coscienza della loro superi01ità nei contadini, potrebbero trovare un fecondo terreno di propagazione. Sul primo non è necessario più oltre parlare, poichè, in quanto fenomeno di selezione e di classe non ha oggi ragione alcuna di esistere; ma in quanto al secondo si deve avvertire che 11on è detto che non possa eventualmente assumere i caratteri concreti di una vera esigenza rivoluzionaria quale espressione della rivolta. dei produttori e dei contdbuenti, q·ualora -il dominio compressore di una oligm'chia di liberticidi e cli parassiti, impoverisca ancora di più la nazione. Quali enti indtL,i,;ti·iali le cooperative hanno inoltre i1 merito di avere promossa l'industrializzazione della agricoltura, servendo dapprima qua1e esempio, poi quale temibile concorrente, a svecchiare la patriarcale agricoltura romagnola. Si può dire che siano state le cooperative a promuovere la. rotazione razionale delle. col~ure, che prima dell' So, epoca della loro coobt~z10ne, non avv~iva, come si può dire che siano ·state esse le prime a promuovere la colohlzzazione iu .. terna, di cui si è:: tanto parla io; scno11cllt sj 11 dal 1883 una colonia cli operai romagnoli (seicento circa) fu spedita ad Ostia ad e,;eguir,,i lavori di bonifica che furono falli in modo cn<.:omiabilc, unche se l'on. Mussolini non ha av11lo la bontà di ricordarli nella recente inaugttraz.ione della ferro,·ia Ostia-Roma, da essa, in gr:rn p;;.rte, costruita. 11 111erilo maggiore i)c:rò, di esse coope,:ati ve quali enti produttivi, è stata l'introduzione nell'agricoltura dc11a c:011cimaziolle fosfatica, che, olfre a moltiplicare i prodotti del suolo, ha J.rricchilo e trasformato i terreni, e reso possibile il !armarsi di i1)duslrie annesse alla agricoltura, facendo sorgere nelle varie città ,·omagnole prosperosi ZlH.:chei1fìci (è• sla-to se1·itto che quello cli :M.ezzano è il più grande d'Europa), fabbrichecli marmellate per la trasformazione dei prodotti fn1tticoli di Massa Lombarda e di Cesena, e vasle cantine (Lugo), a cui ha fatto seguito l'iocrcmenlo dell 'indtLSlria zootecnjca specialmente co11ce11trata nel le città cli Lugo, Faell!Z.ae Russi. l nutile dire che t.alc sviluppo si è manifestato contemporanea111e11te allo sviluppo dei mezzi rii trasporto di etti' si è largamente servHo: essendp la Rornaglla, come t: noto, una delle regio11i più esportatrici di prodotti agricoli in Italia. E' altrettanto facile c?oire che la ricchez;rn ,li c 1 = ,·eni ,·a perciò a beneficare doveva creare fatti nuovi, e nuove COIH.Lizionni ei rapporti sociali ed economici della regione, atti a trasformarla profouclame11te. LA LOTTA PER LE MACCHINE Le categoTie eh~ più beneficurono di questa llUO\'a ricchezza furono .i braccianti organizzati ed i mezzadri. Da semplici imprenditori cli lm·oro quali ernn: in principio, le cooperative operaie, mediante la capitalizzazione dovuta al risparmio Jcgli associati e dagli utili loro procurati dalla p..::riz:a tecnica dei dirigenti divenner.b e11ti inclu..::.tria)i proprietari e dei mezzi di produzione e dc i la materia da lavoro. Il sapere che nel 1920 nella sola provincia òi Ra ,·etl'na la Federa'l✓ivl1e socialista delle ,.cooperative coltivava etta1; S.054,98 di terren:::, del lpt2le più della metà gli appaii:eneva, il.'t tll1'iclea· della 'importanza industriale e :finanziaria assunW dal movimento cooperativo in Ronìagna, nella: consiçlerazione del quale bisogna. non dimen ticare il Consorzio Autonomo delle cooperatiYe, il quale, qua,ntunque apparentemente ispirato ad ·altri concetti dai suoi dirigenti repubblicani, col peso dei suoi organizzati e dei 6.347128 ettad da lui coltivati (dei quali, anche questi, buona parte di diretta proprietà consorziale), volente o nolente corroborava l'azione delle cooperative socialiste ai cui concetti di classe ed ai cui metodi di lotta era costretto di uniformarsi. L'altra categoria di lavo1·atori. che beneficò del nuovo stato di cose e della ricchezza· che ad esso conseguì, è stata quella dei mezzadri. Parchi e risparmiatori per natura, e sobri perchè lontani dalle città, i mezzadri romagnoli, dapprima ostili per un naturale senso di diffidenza e per ignoranza, all'introduzione dei mezzi. di lavoro meccanici, della concimazione fosfatica e della i'aziona.1~.rotazione delle colture patrocinata, còn1e abbiam visto, dalle coope~ative (e dal ·prof.. Adolfo Bellucci della catted.-a ambulante d'ag,;colttua di Ravenna che della rinascita agricola romagnola è u11 apostolo); allorcbè si accorsero della loro ·utilità !tuono solleciti 11ella accettazione e nella applicazione. Il trasfonnars'i, d'altronde, della proprietà !i aiutò oltremodo nell'eflettuaz.ione del loro più caro desiderio consistente nell'acquiste della terra. Il mezzadro romagnolo nella maggior parte dei casi ha conseglllto il suo scopo· attraverso l'affittanza e la mezzadria, e mediante i suoi sforzi tenaci, la !=u.aaccortezza e i suoi risparmi. Se si pensa che sin dal .I9II dieci sui sedici milioni depositati presso la Cassa di Risparmio d! Ravenna appartenevano a coloni ravennati, e se si tien presente che p-ress'a poco cos,ì avveniva in tutte--Ie altre città romag11ole (che, come abbiamo visto, non hanno nessuna importante industria la quale nou dipenda dalla prndnzione agricola), comprenderemo facilmente l'importanza dell'elemento colonico nella vita romagnola, la quale da un giorno all'altro, può essere gravemente 111i11acciatadi fallimento se i contadini ritirano i lo.ro depositi presso gli istituti di credito cittadini, opp1.u'e ridotta alla fa.me se ~i dfiutano di portare in città i loro prodotti. Qu'esto era 10 stato delle cose prima della. guerra. Ora bisogna nggiutJge1·e che forSe p'lù del 20 ·.lo dei mezz.arlri romagnoli sono diventati proprietari, come ba già dimostrato il Bellucci, il quale, seguendo dati statistici. predsi, ha scritto che nella sola provincia di Ravenna nel sessennio r9r5-r920 sono stati .-venduti dagli antichi prop1·ietari ai contadini la bellezza di 2455 fondi! Delineate così le due categorie nuove della agricoltura romagnola, ci riuscirà più agevole considerare la lotta per le t1'ebbiatrici combattuta nel 19o8-ro tra le cooperative da una parte ed i mezzadri dall'altra. La questione ebbe allora una grande risonan7,a anche fuori della regi011e, perchè elementi pas-- sionali estranei la defonnarono, ingrandendola. La lotta fra i gialli e i rossi fu co11sider'ata., o dal Iato politico, quale una lotta fra repubblicani e socialisti, oppure dal solo lato tecnico-giuriEntrambe H.: c0nsiderazioni non esaurirono fa V(;rità, che è diversa. 1-i, l'ordine emanato nel luglio ,çio3 dalla "<>- cialisla Carnera del Lavoro rii Ra\'enna alle Camere dipenrlcnti, perchi: n.el lavoro di t.rebbialura vrnissc, abolito Io , scambio delle opere, (era l'usan,,a patriarcale del reciproco aiuto fra co11tadini nelle opere straordjnarit, e vigeva specialmente nel l'aenli!JOJ, nè il monopolio delle macrhin.e rivendicato per loro dai braccianti furono le cause principali dd sanguinoso e lungo <lis.sjdio di quegli anni; ma la necessità di combattere coi re,;idui della agricoltura patriarcale, l'istituzione stessa <Jella mc-/2..adria, vagamente, ma profondamente sentita dagli incom;apevoli rivoluz.ionari di allora, quale il principale baluardo della conservazione sociale, e quale 11 maggior ostacolo all'allennarsi dell'csigc:11za -in. ùustriaie nell'agricoltura. La lotta per le macchine fu dunque una lotta fra due sistemi dj produzione e di scambio, "' fra due ùiverse e'pocbe e condizioni della vita ci,·ile della regione; e dalla fisica differenza .la JJOi in principio accennata fra la ba.-;~.;a Romagna dalle larghe cstensioui coltivate a prato artificiale da vasta massa di uomini e frazionata in grandi lotti e la Romagna piana e del colle coltivata a dtc ed a grano da un numero limitato di uomini e frazionata in piccoli lotti spc--sc;c volte direttamente posseduti da.i coltivatori, riçeve piena l,uce e giustificazione, quasi quale una fatalità. • Detto questo ci sembra di dover solo per Ja cronaca aggiungere che il distacco a\'ventito nel 19ro <lei repubblicani dalla vecchia Camera del lavoro cli Ravenna e dalla Federazione, e la costituzione della nuova Camera dei lavoro e del Consorzio Autonomo delle, Cooperative, sarebbe appena un atto di one.stà e di consapevolezza, se non fosse la riaffermazione del carattere industrialistlto delle cooperative ed il necessario liconoscimento del principio, liberale e liberista che con esso necessariamente den,e ad essere postulato. Soltanto a titolo di lode si deve ricordare che durante la guerra il governa largamente si vaJse della Federazione delle Cooperati.-e per la preparazione civile l'approvvigio1Jament.o e la distribuzione dei viveri, in ..omaggio alla sua perfetta organizzazione ed alla stima. goduta nel1a popolazione; 'e non ad altro titolo che di biasimo si deve ugualmente ri~orcla.re la distruzione della sua sede centrale (Ex-Hotel Byron) avvenuta durante le feste dantesche del 1921 da parte del migliaio e più cli squad1isti fascisti che da Ferrara Ita1o Balbo condusse ~ RaYenna 3. piedi, sen,..a che il GoYerno di allora presieduto dall'on. Giolitti (che in altri tempi fu largo ~ 1i favori con le -coqperative) intervenisse in sua difesa: che era poi difesa della prop1·i_etàp,rivata e dell'incolumità dei cittadini. ·così al modo stesso che i1 passaggio ai Sindacati nazionali fascisti avvenuto nel marzo q.el 1922 del Cousorzio delle Cooperative (])6eudorepubblicano), con tutto il suo stato maggiore capitanato dal Boudi 1 non viene da noi ricordato che quale riconferma della da noi asserita ~crresponsione d'amorosi· sensi fra repubblicani e .fascisti; per un identico motivo D;Oll ricorderemmo il passaggio agli stessi Sindacati fascisti della Federazione delle Cooperative, se tale passaggio. non ci offrisse ugualn1eute l'occasione ,per riconfermare quanto abbiamo scritto sulla illegale presa di possesso d'un organismo fortemente capitalizzato quale la Federazione, da parte di un gruppo di piccoli borghesi disoccupati, nei riguardi dei quali ùoi altro non possiamo dire che si sono annidati nelle « comode » poltrone degli « sfruttatori socialisti» in numero esageratamente grande e c0n paghe non mai nel passato corri&poste agli organizz:atori « sfn1t. tatari )); i quali, noi pensiamo, qualche merito devono pure avere avuto se dal nulla hanno loro potuto procurare la presente babi•l01tia. Ma di ciò, dell'opera cioè compiuta dai fascisti in due anni cli occupazione non dobbiamo (nè lo potremmo) per ora parlare peT un doveroso riguardo al rag. Pietro Cagnoni, commissario governativo della Federazione delle Cooperati ve dal novembre 1922, la cui auuuwiata relazione con cùriosità aspettiamo. Quel che possiamo dire a mo' di conclusione è che in due anni cli domina1ione il GoYerno fascista ba stanziato in bilancio delle CooperatiYc per lavori cli bonifica la non indifferente so,mnia eh 22 milioni (convenzione Cairnazza, 15 luglio 1923), di cui 4 e mezzo versati nel f'ebbraio 1924 (alla yigilia delle elezioni politiche), senza contare i milioni sta.nziati per la prosecuzione dei Bacini montani, eseguiti sotto l'egicL.1.di U1l privato Consorzio reside...1te a Faenza e composto nella sua totalità di elementi massonici e repubblicani, entusiasticamente quanto segretamente, appoggiati dagli agrari e dal fascisti del luogo e-della provincia, a definitiva ricon.fet'ma de!• l'asserito connubio repubblica-massonico-fascista, ed .a parziale chiarimento di u11 retroscena amminist-rati vo faentino, e d'una interna bega culminata nell'allontaname:nt0 dal P. N. F. di elementi direttivi baronciniani, non troppo entusiasti, sembra, e dei la·vori e del Consorzio. ARMANDO CAVALLI. POSTILLA Nell'attesa della relafione Cagnoni, teniamo pertanto presenti i seguenti dati, da servircene quale dimostrazione della forza e dei meriti delJe C<x,p--~rativeravennati, noncht quali eventuali termi:;i di paragone. ).eJ m~ggio 1922 le organizzazioni cooperative' e ,inr!acali dipendenti dalla Federazione delle Cooperative della provincia cli Ravenna, inquadravano 27.lf/) S<.;C'i. ()tto miliuni cli iire era:Jo eL fettii;amente in cas:;a: versate dagli opc.xa.i asso. eiati, i quali in pro della Federazione avevano rinundat<, a ritirare gli utili loro spettanti quali c.:ooperaiori. La Federazione po~-,edeva in proprio tc.-rre, immobili, derrate ed ut:ensili da lavoro in grande quantità: i soli mezzi di aratura mec.-canica, a vapore o arJ eru;rgia, attingevano la capacità <li araré dnquant:i e:tlari di terreno al giorno. l'i U di dicci mila ethri di terreno, come abbiamr.> già detto c,rano coltivati dalle Cooperative. In p<x:o piU di <li(1.::1 anni di lavoro Je Cooperati ve agricole eranr_, riuscite a mettere in valore tremila ettari di terreno improduttivo, ed altri duemila circa dovevano seguire la stessa sorte ailorchi: i fascisti presero possesSo del potente urg.cnismv, nelJ'intent.o di valersene come di un ,;c,,-batoio <li ricchezza, di potenza e di rnti; questj ultimi ~pillati con succ€S6i-.:-e e elargizioni, <li lnxori, cl; fa(-;i in pn:.,secnzicn<: d1 quelli in corso all'epr.>ea dell'occupazione IWJL 1922). a. "· Un giudizio su Crispi !\-Ientre i nazionalfascisti sempre più si ostinano nelia retorica dell'esaltazione di Crispi la critica storica ha fatto ormai ginstizia di tutte le esagerazioni. Il libro del Sai vernini specialwente si può coIL-;iderare definitivo- nella documentaz.ione degli errori della politica estera cri* !->piJ..1a.\'e risu)ta llil Crispi sincero, battagliero e pas;;ionale, m.a !nstabile, irriflessl\'o, impulsi,·o, pericoloso, superficiale, al di sotto della mediocrità. A tal -proposito credo che abbia un valore almeno documentario riprodurre il giudizio su Crispi che mi aV\·enne di sentir esprimere, da un uomo politico italiano di prim'ordine, di cui non faccio il nome per ovvie ragioni, anche se il segreto 110n sarà forse per tutti impenetrabile. - .La Triplice Alleanza - dicern quell'uomo politico che aYeva conosciuto Crispi anche di persona, - è stata da,-vero un'opera monumentale e segna uno <legli aY,·enimenti più belli della storia contemporanea, avendo dato la pace all'Europa per uu lungo periodo di tempo. Xon è esatto che noi dohbiamo la Triplice Alleanza a Crispi. Crispi non ne capì nè lo scopo nè lo spirito : 1'interpretò esclusitamente come u.na arma contro la Francia. Egli s'attaccò al carro di Bismarck e delle furberie e delle sottili accortezze del principe tedesco, di,·enne il mezzo e le du,pe. D'altronde, col suo Yiaggio a Friedrichsrzbe, Crispi compromise parte dei vantaggi della Triplice pe.r l'Italia. Egli allarmò la Francia che iniziò quell'acerrima lotta commerciale, la quale mise a dura prova l'economia ciel nostro Paese. La Triplice Alleanza in Italia si deYe ad altri ed in ispecie al Depretis. Non Crispi, ma Di Rudinì era un ottimo uomo politico. Nia pochi lo san.no, perchè poco egli si mise in Yista. Era uno di quei tipi di meridionali taciturni, modesti, quasi timidi, ma era cl'intuito sicuro e ricco di buon senso. In Crispi per converso si notava e risaltava il meridionale espansiYo, dalla parola facile e suggestiva e la vanità non gli face,a certo difetto. Crispi era meridionale nell'animo, in tutto ..... anche nel vesti~e ... amava i colori forti, portava le..dita inanellate. Ave,·a un fisico aitante. Era un bell 'uomo ed esercitava un ,·ero fascino su ·chi 1'avvicinava. Io lo posso dire perchè ho at·uto occasione più ,·alte di conversare con lui. Ma in politica è un'altra cosa. Porta,·a in politica le sue intemperanze e;pa,nsi\.·e e le sue impetuosità d1isolano. Non era dotato di un Yero intuito politico. Egli considerò e credette sempre la Triplice un'alleanza contro la Francia. Son Yide che la Triplice rappresenta,·a l'equilib1;0 per la pace in Europa. • Crispi ebbe un Yero merito, un me.1ito autentico: egli fu l'anima della spedizione dei Mille, ne fu l'organiz7..a'tore più serio e più fattivo. Nell'ulteriore svolgimento dell'attidtà· crispina v'è poco o ntùla da ammirare. Essa si chiuse con le tristi vicende africane. La vita politica di Crispi fu tortrurata e traviata da due incuhi, che il sno te~peramento alquanto fantastico e sentimentale ingrandiv-a enormemente. E' difficile dire quale dei due incubi potesse più su di lui, se lo spirito aggressivo della Francia o la questione romana. Egli non sapeYa pensare al popolo francese .senza Yederlo pronto ad aggredir fu.i e l'Italia. Ad ogni modo, anche per la questione romana esagerò molto. Ed i fatti l'~auno dimostrato. Ora una Yera questione rer mana non esiste più e non è da prendersi sul serio. Neanche in Vaticano, la considerano più da un punto di vista fattivo e reale. Se noi volessimo consegnare Roma al Papa, in Vaticano si metterebbero a ridere. e rifiuterebbero. Il Papa bggi non potrebbe goveni.are lll1a città di oltre settecentomila abitauti, che ha tutte le esigenze di una città moderna. I1 Papa non potrebbe e non v01Tebbe. Ma la Santa Sede apparentemente non rinunzia a nulla. Ha mai rinunziato ad :\ vignone? Non ha rinunziato neanche a Benevento. Questo doveva capire e non capì Cri.spi: che bisognava aspetta.re con calma fiduciosa .. Ma la calma, non era il suo forte. GIUSEPPE C1\PPA

\ LA RIVOLUZJONE LIBERA:.E lil • Degli ultimi casi di... Romagna PARLAR LIBERAMENTE •.•Concediamo pure vi sia pericolo a parlar Jiberamente, pubblicamente e moderatamente degli affari uostd i11casa nostra. Dirò allora che questo pericolo si deve iucontrare clall 'uomo virtuoso e cli onore, pel proprio paese, come i11contterebbc quello della mitraglia quando la necessità o l'utile della patria lo domandasse. Dirò d1c il pericolo che s'incoutra per la giustizia non deve trattenere dall'adempiei-la. Dirò d1e ti coraggio ci,·ile non è inferiore al valor tniliL.1re, a quello delle congiure e delle sommo~c, cd <: talora più opportuno, più applicabile a tntte le circostanze, meno incolpabile dalla mak,·oglie1n.a .... Dirò finalmente che, se una nazione non si cura de1la sua indipenden7..a, 11011 de\·e muovere uè rivolu1joui nJ lamenti: se se ne cu.ra, la desiclc:ra e la cerca1 deve saperla merilare.. E si merita col dimostrare che quella prepotente fo17,a che ha saputo materialmente sottomettere la nazione, non ne ha sottomessa la Yoloulà, chè in ciò soltanto consisterebbe la vera tlegrada7..ioue. Si merita col mostrar \·irilmente utilmente e tenacemente questa volontà, sempre e i11 tutti i modi possibili. Si medta col pertinace studio d'ogni individuo per dotar lo stesso della maggior foT7-a morale possibile. • Si merita 1 finalmente, colla \·irtù degli opportuni, de' lunghi, de' grandi sacrifiz.i. E noi italiani possiamo forse alz.ar la fronte, metterci la mano sul petto, e dire a Dio ed agli uomini : Ce la siamo meritata? SI DOMANDA UN PO' PIU' D'ASSOLUTISMO lo ho accusato d'ingiustizia il governo papale. Suppcngo che egli interrogato, dica: - Che cosa dunque debbo fare: - Io gli darò m1a i'isposta alla quale forse uè esso nè il lettore s'aspetta: gli domanderò cosa che non parrà indiscreta, gli' chiederò per i suoi sudditi la grazia d'essere Un po' più assoluto, un po1 più dispotico di quello che è : anzi d'esser go\·erno ,·erameute assoluto e dispotico, eh 'egli crede essere~ non è. Yi sono ... due Yie d'esercitare approssimativamente, dirò così 1 il principato assoluto. Una illusoria pel principe stesso; l'altra reale, per q;ianto lo può essere nelle condizioni della nostra natura. La prima consiste nel fa!' fare ad altri quello che non si può far da sè: cioè nell'investire altri cl'una porzione della propria autorità onde l'eserciti a sua dis'Crez.ione. 1\1a questo è modo, 11cn d1esercitare il principato assoluto, be.usi di spogliarsene. Questo è modo usato in terra di Turchi, ed anche colà vien meno a misura che vi cresce e s'estende la ci,·iltà; ma non vien meno però tra i Cristiani, e più particolarmente ... nello Stato papale. Questo è modo più d'ogni altro rovinoso pe1 sudditi e pieno di pericoli pel principe, il quale non comanda, come abbiamo osservato, e non ha perciò i benefici dell1impero, ma ne ba invece tutti gli odi e le responsabilità; ed ove gli uomini investiti da lui del potere abusino, incontra necessariamente o taccia di crudele, se non li corregge, o di stolto e poco avveduto, se correggendoli confessa implicitamente di non aver saputo scegliere e conoscere i suoi ministri. Perciò o disprezzo od c,dio non lo può fuggire. Dunque un cotal modo d'esercitare il principato assoluto e pericoloso pel principe, ed inoltre illusorio, ed il principe che lo segue crede essere assoluto e nCfllè: e la sua autorità è meno ubbidita di quella del so~-rano dello Stato più democraticamente rappresentativo del mondo. Resta un altro modo, il migliore, il solo praticabjle, il solo non illusorio. Questo modo è semplicissimo, e consiste in ciò: che il principe, di suo proprio moto e autorità, e per ispi1·az;ion divina se vogliamo, chè non. cerco briga sulle parole, decida una volta quali siano i suoi \·oleri, li traduca in altrettante leggi, le promulO'hi e d·ica ai suoi sudditi: dal maggiore alf'in- ;m~ tu.tti le do'Vete egualniente 1.ibbidire. Domando ai romagnoli se non preferirebbero ubbidire a leggi buone o cattive, ma stabili, senza ecce7..ione di persone, uguali per tutti, piuttosto che all'arbitrio de' loro monsignori, legati, dee-legati, delegati, o che so io? Domando se non vori:ebbero (essendo pur sudditi del papa) ubbidire almeno al papa, e fosse il suo principato più assoluto che non è, anzi veramente e realmente assoluto. PROTEZIONISMO • CARO VITA CARO GOVERNO. J l sistema proibiti \"O inceppa 1 'esportazioue e l'importa7..ione con gabelle esagerate, rui l'i~~- ranza. dà nome di protettrici: con stolte pr01b1zioni, colle quali, inveee di favorire l'industria nazionale, si fa,·01isce non l'industria ma il monopolio di pochi, si limita il lavoro e la produzione, si provoca il contrabbando, fonte d1 cornt7..ione e d'immoralità. L'effetto cli questo sistema è di far pagare ai sudditi tutti i generi che consumano, più cari del loro prezzo reale, a danno loro e dello stesso erario ed a profitto d'alcuni pochi: in una parola di impoverir tutti per arricchire qualcuno. Parlando in generale, più le derrate sono cattive a questo mondo, più si ba.uno a buon m~r~ cato. Ma non cosi è dei governi. Più son catt1v1 e più costano. E lo sanno i sudditi ... pontificii, ai quali locca pagare non solo quel prezzo, sia par elevato quanto vogliamo, che deve pagar ogni popolo per esser governato, ma son costretti a saldar alla cieca i conti di un improvvido sistema che li rovina, son costretti a mantenere un'annata cl' impiegati inutili (fossero soltanto inutili!), di doganieri, finanzieri ccc. Son costretti a pagar grassamente alti minfatri, spesso . forestieri, che occupano cariche, alle quali non possono aggiungere i comuni cittadini se non entrando.. negli ordini sacri, abbiano o no vocazione a questo augusto ministero. E le cariche poi alle quali possono esser nominati anche i laici, come goveniatori, giudici, presidenti di tribunali ecc. sono invece troppo mal retribuite, onde possan le persone civili ricavarne un onesto so5tcntamento alle loTo famiglie. M.a di tutte le spese del governo la più dolorosa ai popoli è quella dc' mercenari svi7..zcri. Non pa,~lo della guardia svizzera dei palazzi pontifici, troppo poco numerosa per esser •ii peso allo Stàto, ma parlo dei reggimenti svizzeri che offffrono lo spettacolo doloroso, e strano ve• ramente ai nostri tempi, delle antiche compagnie di ventura. lo che conosco ii piccolo esercit:o pontificio, al quale per essere ottima truppa non manca c;;e non un comando ed una direzione veramente militare; io che conosco in esso uomini pieni di onore, di generosa e ardita natw·a, ed eccellenti ufficiali, e li vedo in fila con codesti svizzeri pTeferiti a loro e meglio trattati di loro; io nato (mi perdoni il lettore se alla cosa pubblica ardisco frammischiare parola d'affetti privati) di tal pad1·e che, in un esercito ed in tempi ove l'ardire e l'onor ,militare non erau cose rart>, n'era tenuto mcdello; ,io memore de' suoi insegnamenti e de' suoi onorati esempi, memore della viri! fortezza d1una madre che godeva e ::.i vantava d'aver tre figliuoli nell'esercito, ove tant'altre n 1avrebbero pian lo e tremato; io educato a tale scuola, mi sento ribollire il sangue al pensiero dell'onta cbe son costretti di sopportare quei sold3ti italiani! Io fremo del giusto sdegno di quei soldati italiani, io. mi rodo dell'onta loro. Kon sa il goferno papale qual tesoro d'odio (e Dio voglia non sia di vendetta) gli s'aduni contro tra i popoli e nell'esercito per quella sua . maledizione dell'armi mercenarie e straniere, che sarebber assalite e certo disperse da' RbmagnoJi, se non sapessero ch'esse sono l'antiguardo clelPAustria, e che scompariranno il giorno ch'essa sia tolta dal guardar loro le spalle; perciò inutili ora ed allora, inutili in un caso come nell'altro. 1\Ia che dico inutili? Esiziali ai popoli come al goyerno, al quale sono non lieve occasione di rovina economica, di predilezioni e d 'ingiustizie a danno delle truppe nazionali. Sono incredibili le spese che costano codeste genti, la loro insaziabilità, il loro continuo chiedere al governo, e più incredibile la dappocaggine di questo nel!' accondiscendere alla loro itlgordigia. LA COSA PIU' TURPE Ma un altro più nefando.ordine è in Romagna, un'altra tenebrosa e scellerata potenza, invisibile a tutti gli occhi, che tutti j cittadini in ogni luogo, in ogni momento della vita, si sentono al fianco vigilante ed apparecchiata a loro danno. Il lettore a questa .parola ha già pronunciato la parola polizia, ma il lettore s'inganna. le parlo di cosa più turpe, di una nefandità più nuova, più rara 1 anzi sconosciuta affatto a tutte le nazioni civili; parola di cosa della quale non oso, non voglio accu~ar il govcn101 e che pure, non si può negarlo, egli conosce, sa che esiste, e non ne lava Pinfamia nei luoghi ove gli è concessa ogni podestà. E' in Romagna una generazione d'uomini vile oscu.ra, di rotta e scellerata vita, resa all'ozio. a! bagordo, alle risse da taverne, che si grida devota aI papa, al suo governo, alla fede, all;J. religione, e con questo vanto si tiene sciolta d'ogni freno, di ogni legge, stima lecita ogni violenza (forse la stima meritoria), purchè sia contro uomini che professino altre opinioni dalle sue; lo che, come ognun vede, è lo stesso che dire contro chiunque le sia odioso o nemico. Questa mala razza, profittando del continuo terrore che è ne1 goven1auti, si combina in conventicole oscure, e vi prepa.r;JJ supposte congiure, delazioni e peggio, vendette ed assassinii. In Francia all'epoca del Terrore fnrono uomini simili a rostoro i Nlarsigliesi, e furon la vergco-na di que1l 10rdine cli cose, la macchia de11a bandiera tricolore, 1'onta della causa della :ibertà; ma eran tempi di transizione tra estremì opposti, tempi di ebbrezza, di scatenamento universale; eppure chi oserebbe scusare le ingiusti. zie le violenze d'allora ? :Ma nella nostra efà, oggi, ora mentre scrivo, pensa.re che tutto ciò accade e può accadere, non i11 paese sciolto d1ogni freno ed in piena rivoluzione, ma in paese retto in nome di Colui, del quale sta scritto che amò gli uomini sinn a dar la vita per loro; pensare che ciò non sia favola, sogno esagerazione di parti, ma cosa, per dis~ grazia dell'umanità e della religione 1 vera pur troppo e rea.le, è tal idea, che la mente umana non la sostiene, è idea che ti farebbe dubitare della luce: del sole, e ti mette in cuore vera desolazione. GIUSTILIA RIVOLUZIOSAIHA C"seiamo eia quc.~t.e abomina7..ioni : ma, pur troppo, mi tocca ad entrare in cose non meno turpi 1 comunque 11011 di così so/4za lordura. J!arlo dc' giudizi, dell'inquisizione politica af1 fidata a Commissioni straordinarie, non vinco· late da uessun ordine legale di procedura, e cou illimitata autorità nelle condanne. Le tu.rp1tuclini e gli assassinamenti di cotali commissioni si ra."iSOmigliano e sono pad in tutti i tempi e in lutti i luoghi dove vengono acloperate; percht'. le medesime cause produèono per tutto e sempre i medesimi effetti, e perciò oramai di comune consenso delle persone oneste sono \·enute istrumento soltanto di violenza e di vendetta. L'esperienza ha moslrato che i ribaldi i quali accettano di sedervi, o sappiano la mente .Ji chi li ha posti a quell'ufficio o l'indovinino, cercano e voglio11 colpevoli e non innocenti; sanno che ad ogni condanna salgono in grado presso il governo, mentre l'assolvere gli farebbe calare; sanno che i più saldi gradini della scala dei premi, degli onori, sono per loro i corpi delle vittime, innocenti o colpevoli poco importa. Combattere ed infamare cotali scelleratezze sarebbe per a\·ventura cosa vana e superflua in ogni paese ch·ile, ma non lo è pur troppo in Italia, e giova, ad estirpazione totale di cotal peste (onde se ne vergognino se non altro, quelli che se ne vorrebbero valere), entrar nel doloroso racconto de' 1 fatti cli codeste commissioni, e a questo effetto narrare i casi cli Romagna sin dal '49. IL GIUDICE OCCHIUTO Un nobile e generoso atto venne a consola.re l'univers(!le nel lutto di queste dolorose vicende, se tanta lode è dovuta all'adempimento d'uno str~tto dovere. E' costume delle Commissioni affidar sempre le difese de1 rei a persona di 1010 fiducia, ed in quest'ultimi casi ne fu dato il carico ad Ulisse Pantoli, avvocato di Forlì, di nota fede al governo, che si stimava a\"1'ebbe prestato mano al• le intenzioni del tribunale. Ma nell'animo onesto dell'avvocato potè più !'aperte_ verità e la giusti7..ia che lo spirito di parte o l'amor del guadagno, e si fece calde, e diligentissimo difensore di quegli sventurati, sino a distruggere del tutto con salde ed evidenti prove l'accusa. L'onorata e virtuosa temerità di quest'uomo dabbene generò contr 1esso nell1animo del cardinale e de' giudici odio fierissimo, cbe si fe palese con perquisizioni, sottrazioni violente di carte provanti 1'innocenza degli accusati, ed in ultimo gli fu data Ravenna per carcere, finchè la sentenza tornasse ratificata da Roma. Libe.· rato alla fine sì dice sarà sospeso da1l1ufficio che ba in patria di supplente al giusdicente civile, e dall'esercizio della sua professione. LA DIFFICOLTA' PIU' FATALE Al PRINCIPI La Romagna e I 'intero Stato si mostra tranquillo, e può dirsi cli lui quello che fu detto della. Polonia.: LJ ordre règne à Va-rsG1Jie; ma non prendan lo scambio su questa tranquillità. Nou l'otterrà Yera nè durevole il governo del papa co' nttovi tribuuali di Sacra Consulta ... : noù la otte1Tà col tenore delle carcerazioni chE trova tale, quando si considerano le cause che alla lunga l'hanno preparata. Bensì più la prepaiazione i: stata condotta da lungi, con lentezza e pruden1..a, più sicuramente e repentina· mente e poi riuscito il fatto che doveva esserne il compimento e l'ultima conseguenza. Cosi un grand'albcro cade abbattuto dall'ultimo colpo di scure; ma questo co1!XJ, per quanto valido, a che avrebbe servito, se non era preceduto da altri mille? L'arte del maturare i disegni e prepararne la rius<:ita, l'arte di murar la casa, ad un mattone per volta, principiando di dove si deve principiare rlai fondamenti, non la cono:-;damo noi Italiani. Eppure senz'essa non si ta nulla, c. 1 'abbiam provato a nostre spese. li coraggio delle congiure, delle somm06S<:, il coraggio fisico, per così .<lire, e manesco, l 'abbiamo noi Jtaliani, come tutti gli uomini d'immaginazione e sangue caldo. Ma ci manca, o l'abbiamo in minor grado, il coraggio morale, il coraggio civile. A queste, a raccomandarlo, a dirlo il più utile, anzi 11 solo, per ora almeno, veramente utile, il solo necessario tende tutto il mio ragivnamento. Protestare contro l'ingiustizia, contro tutte ]e ingiustizie, apertamente, pubblicamente, in tutti i modi, in tutte le occasioni possibili, è, a parer mio, la formala che esprime la maggior necessità della n05tra epoca in Itali.a, il me-a..o più utile e di più potente azione quanto al presente. Quando in una na7..ione tutti riconoscon giusta una cosa e la vogliono, la cosa è fatta; ed in Italia il lavoro più importante per la nostra rigenerazione si può far colle mani in tasca. Le vie aperte al coraggio civile, i modi del protestare sono infiniti, e non è mio disegno proporli ed esaminarli uno ad uno in questo scritto. Soltanto dico che quanto maggiore sarà in Italia il numero di coloro che pubblicamente e saviamente discuteranno le cose nostre, che pro. testeranno in qualunque mcdo contro l'rngiustizie che ci vengono usate, tanto più rapidamente e felicemente progrediremo nella ,ia della rigenerazione. Questa congiura al chiaro giorno, col proprio nome scritto in fronte ad ognuno, è la sola utile, la sola degna di noi e del fa.vore dell'op!- nionei ed a questo modo anch'io di gran cuore mi dichiaro congiurato al cospetto di tutti; anch 1io a questo modo conforto ogni buon Italiano a congiurare. MASSIMO D'AZEGLJO. Abbonamenti 1925 O_qnianno tra novembre e dicembre Rivoluzione Liberale raddoppi.a i suoi abbonati. Ci a//idianw agli am:ici perchè quest'anno la tradizione venga felicemente superata. , Ormai la nostra rivista va diventando la più inesorab·ile e vigorosa bandiera di intransi_qenza e di serietà politica; che noi siamo nel vero che la nostra battaglia sia seguìta è di?7w,strato luminosamente dallù tiratura triplicata in un solo anno. Chiediamo un'altra conferma ai lettori: ognuno c·i trovi almeno un nuovo abbonato. si moltiplicano tuttora in Rimini e nelle Legazioni ... • non l'otterrà col moltiplicare a propria .. guardia le baionette mercenarie, come si dice intenda ora di fare : ma l'otterrà colla giusti- . .. Chi ci trova un nuovo abbonato riceverà in dono, se lo richiede mentre spedisce il ,,aglia zia, colla carità, col perdono, eh 'egli predica, e non vuol praticare : l'otterrà coll'osservare una \·olta la santa legge che insegna, l'otterrà collo scendere agli onesti accordi, che chiede a lui l'opinione dell'universale. L 'eÌà "nostra è acerba ai principi ed aspra di ostacoli e difficoltà gravi;;sime; ma la più fataleper loro sta nel non voler conoscere quella moltitudine che s'agita impaziente alla base dei loro troni; nell'ignorarne i pensieri 1 i desideri, le necessità, le forze, o forse nel credere d1 poterle sprezzare, Non v'è principato, non autorità al m.Jndo1 che possa star su altra base cbe su.li' opinione, sul consenso dell'universale. Unico legame che impedisca l'umana società di dissolversi è l'idea di un diritto ammesso da tutti. I diritti dell'Impero nel medio-evo ed il diritto divino hanno servito di cardini al mondo finch~ i1 mundo ebbe lede in loro: ora questa fede è spenta, e nessun potere umano la può' oramai ridestare. Alla antica fede in que' diritti n''è succeduta una nuova : la fede nel diritto comune. I primi ad abbracciarla, come tutti i nuovi credenti, son trascorsi ad eccessi com battuti da eccessi contrnri: e questa è l'istoria dell'età nostra da circa sessant'anni in qua... L'idea del diritto comune, purgata da' contrari eccessi, è fatta universale oramai; è l'opinione di tutti j e l'opinione, l 'abbiam detto, è la vera dominatrice del mondo. Non pensino i principi poter venir seco a battaglia ed averne vittoria. UNA CONGIURA AL CHIARO GIORNO E' cosa tenuta innegabile da tutti, che le grandi mutazioni negli Stati, tendano esse ad ottenere l'indipendenza o la libertà, non mai sono succedute nè posson succedere per via di passaggio rapido e repentino: e se talvolta la mutazione appare rapida, non è in effetto nè si I Hebbel AGNESE BERNAUER • . . Preghiamo gli amici di rinnovare l'abbonamento, Chi lo rinnova prima bre riceverà in dono (a richiesta) : Fiore sollecitamente del 15 dicemEROE SVEGLIATO ASCETA PERFETTO o altro YOlume di nostra edizione, dello stesso prezzo a scelta. ... I nuovi alibonati del 1925 riceveranno anche gra• tuitamente il Q:iornale da oggi al 31 dicembre corr. * * * A partire da dicembre Rivoluzione Lib&- rale dedicherà una pagina alla Vita. Meridionala. Tale rubrica sarà inau_qurata con Wl. numero speciale dedicato alla questione meridionale alla quale collaboreranno oltre i nostri consuet·v scrittori di cose meridionali tutti i tecnici della questione. • .. Insieme alla 1J7opaga:ndaper gli abbonamenti gli a1n<icici aiutino a flrovare 1J7enolazion:i:alla prima serie dei Quadern~ della 'Rivoluzione Liberale (Lire 55). Chi ci trova 5 1J7enotazioni ai Quaderni ri,ceverà gratuitarnenle la Rivoluzione Liberale per il 19!i.5. Uscirà in Dtcemlwe : IL BARETTI Rivista quindicinale di letter11tur11

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