La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 37 - 7 ottobre 1924

bi ,;o R I v I s ~ jl) ~-r(J cc () R, e" s ET T I M " N f\ L E D I ESCE r,O7;2,o ,(; t, ~ IL CONTO CORRENTE POSTALE Abbonarne, 11 1,1,~ 1~-:;.coc, TTI - Redazione e Amministrazione: TORINO, Via XX Settembre, 60 G ~ "'-"i}. ' .,.., - Per un semestre L. IO • Estero L. 30 - Sostenitore L. 100 - Un numero L. 0,50 MARTEDÌ Ct,i riceve. un l')UrT)ero icli sa2~io ~ IJOI") ir,. - ADDonarsi rflspin~a il ~iorna.le, altrimenti ili continu~rerr,o l'invio e cJopo un rr,~se prov\.'edere:rro alla riscossion~ rT)itc1iar:,te tratta. Anno III ~ N. 37 - 7 Ottobre 1924 8 OM hl A R l O: M. Missmou: Il colpo di Stola. - O. CAPl'A: flnnesslonl. - M. VJNc10urc1<1<A: Inventario di cultura. R. f'RAN< 111: Uno scudiero di flllppelli. - G. Vy,açov1s1: ~•istruzione p,0!2ssionale. - G. SA1.,VEM.INI: Lia politica estera di Bissoleti. - N. PAPAJ·'AVA: li'organizzazione dell'esevcito. - G. Der.,1.,A CORTE: ha funzione economica Irpina. - Verfenza Cian. - Vertenza Bacca,lni. Il colpo di Stato Ofjrinm10 ai leflori 101 Jra111111e11Lodel nuovo libro di .1/al'io ,Wissiroli li colpo di Stato che pubblichiùmo questa settimana nei Quadc-rnj della RiYoluzione Liberale (lire 5). E' 11,11 libro inlcra111cntc n1w-,;o, scritto con 1~au.dacia e la profondità dei più celebri opuscoli. del Risorgimento. ... La conquist.a del potere da parte del Fascismo fu fin troppo facile. Al Fascismo il potere fu ceduto in poche ore, senza discussioni e 5€nza la s-imulazjoue di una. resistenza. l paititi conservatori, la borghesia danarosa., lo Stato 1laggi01·e, le Destre, gli adoratori del capitale, aYrebbero preferito un colpo di Stato con un Ministero di coalizione reazionaria con larga rapp'I'esenta.n.za fascista. Un simile Ministero avrebbe scoperto l~ Corona anche agli occhi degli cssen·atori meno esperti : la soppressione delle libertà e l' wuiliazione del Parlamento sarebbero ricadute su la :Monarchia, presto o tardi chiamata a rispouden1e davanti ad una rinnovata coscienza liberale del Paese. Ciò non doveva avvenire. La Monarchia, che inten·iene sempre e decide nei momenti salienti della Yita della 1\aizone non ama scoprirsi. Chi vuole intendere la p~litica italiana non deve mai dimenticare che il fattore àecisivo è sempre quello monarchico. Gli avYenimenti più importanti degli ultimi cinquant 'an.ui riescono inintelliggibili e sfuggono ad ogni responsabilità se si prescinde dalla Corona. Come le giornate <li maggio coprirono la Corona, così la marcia su Roma ha permesso alla Monarchia di effettuare il colpo di Stato declinandone la responsabilità ed assumendoJ anzi, le apparenze di un intervento moderatore. Questo sistema, se Yale a porre la Monarchia al riparo da opposizioni r<;>pubblicane1 non e senza gJ"avi inconYenienti: legittimando e favorendo ogni sorta cli equi \·oci, espone il Paese a deleterie lotte intestine, che ne logorano la compigine e falsaJJo il ca,rattere di tutta quanta la vita poli. tica. L'ideologia delle giornate di maggio 1 demagogica, universalistica, umanitaria, offuscò la chiara visione dei fini nazionali durante la guerra e prolungandosi dopo l'armistizio, esercitò una influenza nefasta nelle trattative della pace. Non diversamente per il colpo di Stato. Non si vollero chiamare le cose col loro vero nome e allo scopo di nascondere che si intendeva di inaugurare un nuovo periodo della politica italiana, crudamente conservatore, con la prevalenza dei ceti militari e padronali, agrari e industriali, contrassegnato dalla soppressione delle libertà e dalla mutilazione del Parlamento, si disse che una rivoluzione aveva vinto, subita dalla M~ na.rchia} cui il Paese doveva non poca gratitudine per ave.re evitato lo spargimento di sangue cittadino. Si perpetuò quel dannosissimo equi. voco 1 che è all'origine del mO\imento fasdsta: l1lla politica spiccatamente reazionaria, che parla un linguaggio rivoluzionario. L'intransigenza di Mussolini cli fronte ai partiti della Destra dw·ante la marcia su Roma offri aUa Monarehia il modo di attuare il colpo di Stato avendo l'aria di cedere alla volontà popo. lare, allontanando, in pari tempo) da sè, la co111promettente solidarietà con quegli uomini e quei partitiJ notoriamente reazionari:, che sono cosi inYisi al popolo. La rivoluz-ione era nelle parole. Kei fatti, il Go\·eruo non esitò davanti & nessuna esigenza della reazione politica ed economica. j\Jentre nella politica estera continuò le direttive fissate da Giolitti, nella politica interna fece il deserto e in quella economica prevenne perfino i desideri dei ceti abbienti, delle classi interessate alla difesa quiritaria della p<'Oprietà. Se una politica di raccoglimento per tutti poteva essere giustificata con le necessità cli una economia chiusa, che non consentiva i margini dell'anteguerra, nessuna scusa plausibile poteva invocare la politica economica del nuovo Gover. :r::v,che, forte cli una onnipotenza d-ittato1ia, non osava colpire, ai fini del pareggio, la ricchezza terriera e nobiliare, inesauribile nelle risoi'se e a] riparo dagli assalti del proletariato, rassegnato alle mcrtificazioni ed ai salari di una plebe dispersa. Si preferì sottoporre all 'imp<,sta i salari degli operai 1 mentre si perpetravano quelle scandalose tariffe doganali, che levano barriere insuperabili contro la concorrenza estera ed aumentano il costo della vita : contemporaneamente si riducevano le paghe e si distruggevano i contr·atti di lavoro, si annullavano le guarentigie de-i celi medì contro l'esosità capitalistica e si aboli ,·a J 'imposta di successione., abolizione da nessuno innx:ala. Il Ministero clc:l Lavoro era tolto cli mezzo con un tratto di penna e il Consig-lio superiore della procl11z.io11crcsta\·a una prome:-.sa seducente 11011 mantenuta. Le oUo ore sono una conqu.i~ta da riconqu.lslare. L'abolL z.io11edella festa del primo maggio ha ferito a morte l'orgoglio dell'operaio italiano soprattutto nei confronti col proletariato straniero. Le umilia;,.ioni elle toccano l':i.nima sono i11dime11Licabili. Politicamcllle, il Fascismo :il go\·en10 si può definire un tcutath·o giolittiano: rozzo e \·iolento e senza forme. Questa affenn.a.z.icne può parere paradossale, ma non de\·e stupire. Non mi riferisco aJ\a mortificaz.ioue delle libertà ed agli arbitrì poliz..ieschi, che non possono chu·are a lw1go, perchè nemmeno il Goven10 ha interesse n peqJetuarli. Le stesse iniquità dell'economia e del .sistema finnn7iario sono riparabili e non Yalgono, da sole, a defillire una fase politica. Quando affermo che il Fascismo al govern.o presenta i caratteri tipici del giolittismo, intendo cl1e esso 1 ieutra in quel «sistema> ruona.Ichico. ant-iliberale-demagogico, che trovò in Giolitti un interprete ed un esecutore incomparabile. La coincidenza fon<lan1entale del Fascismo col giolittismo è nella negazione della « logica» della guerra. Pur celebrando la guerra ed esaltando lo sfono titanico dell'Esercito e del Paese il Fascismo al potere nega la guerra nella su; logica cl.inamica. Audaci riforme politiche, partecipazione al potere delle grandi masse, controllo delle organizzazioni su la produzione, politica estera sottratta ai circoli di Corte e affidata al Parla. mento: queste le conseguenze della guerra, queste e non altre le premesse cli una po-litica veramente forte, ca.pace di ispirarsi daYvero alle speranze da essa suscitate. E invece! L'esperimento collaborazionista di Nitti fallì percbè ebbe l'illusione di fare 1a politiC3. della guerra prescindendo dalla vittoria e dai dati se.ntimentali ad essa inerenti f que11o di Giolitti non consegui diver59 Iisultato, perchè negò ideaJmente la. guerra 1 preoccupato soltanto di rimedia.re i danni econc-nlÌci : il primo, tuttavia, giovò a fini di ordine e cli polizia evitando, in u.n momento di semi anarchia europea 1 pericolost-""sommovimenti mentre il sec-ondo, continuando l'opera finanzia~ ria del primo, ma con maggiore audacia ed or. ganicità, salvò le finanze dello Stato dalla roYina. Il Fascismo avrebbe dovuto operare la sintesi; ma come, se esso presenta tutti i cairatteri dei pe1-iocHreazionari? Come le rivoluzioni, le 1eazioni seguono un ritmo eguale e sembrano ripetere un modello. La negazione della logica della guerra, res-pingendo le masse dallo Stato, doveva trascinare il Fascismo su il medesimo piano del giolittismo e della. reazione monarchica. Senza l'adesione delle masse, sen1..a la collaborazione del popolo, nessuna politica estera originale. La grande p<r litica estera, la politica di espansione e di poten1..a, è Wl priv-ilegio delle democrazie. Nella politica estera, il Fascismo o è l'ese<:utore testa. menta1;0 di Giolitti o non ne fa. Di nuovo, c'è l'isolamento. E' nella politica interna, che più colpiscono le identità del Fascismo col giolittismo. A parte le provYidenze sociali di Giolitti, che i tempi magi; non consentono e le licenze \·erbali, che Mussolini non saprebbe tollerare, il giolittismo, come si è visto, significava r-opratutto paternalismo, negav.:ione dei partiti e della politica, elisione del parlamento. Caposaldo anche se taciuto, del programma col quale Giolitti ritornò aJ go\·erno 1 era la riforma elettorale. Mussolini ba eseguito il disegno cli Giolitti mediante quella rifonna elettorale, nella quale culmina la reazione legale. Quando si par"la cli reazione, si deve clisti11. guere fra la reazione padronale e cli classe e la reazione monarchica. La prima è quasi sempre transitoria e invisa ai governi, mentre la seconcla è permanente: antiliberaJe nella sostan. za, assume aspetti e atteggiamenti de1nocratici sul terreno sociale. E' intuitivo che la prima è la negazione di quelle coudizioui, che rendono possibile la se<:oucla. Non è possibile negare le Ubertà politiche, le ill.uso,rie libertà, cli cui si contentava il popolo italiano ed organizzzare, contemporaneamente, Ja reazione paclronale. La miseria è una pessima consig1iera. Tutte le emancipazioni economiche furono animate da una vo1ontà politica: la fame risveglia il senso della libertà e del diritto e contrappone l'uomo al1'uomo. Lai reazione anti1ibera1e e monarcl.iica, quel siste1na di benefizl e di licenze, che, sotto Giolitti, faceva diment-icare perfino la nozione della libertà, è possibile sole, in quanto esista.r:o, fra le classi, dei rapporti economici ispirati a<l una relativa equità. Questa intttizione fu per Giolitti una regola. :--:on ~ improbabile che Ja rc"lli'.iouccc:onomica. <:: fYJ.dronale susciti un risYcglio r-x,litico ndlc:. f.l(:&<.,e in.asse operaie e r.011LJ1dine e 11011 t m.::mmeno improbaJ,ilc:. che gJi el.cmc11li democratici della società italiana, i cc::ti della mc:dia borghesia, gli scontc-nti e gJi spostati, frnzioni dello stc:.sso Fascismo, possano dare ,-ila, p1·csto o tardi, ad uu partito dvacemente democratico, che riprenda nwfalis mutandis, il compito della vecchia democrazia ca\·allottiana. ):cJl'u.11 ca..,;;ocome nell'altro, 8"!;isteremo ad una 1;presa socialistica. ed operaia ;avorita dallo stesso Mussolini, se ed in quanto \·orrà essere un fedele ministro della Ì\lonarchi.a.. X011 vi è nulla di assurdo ad immaginare un Mussolini capo di un va6to partito del lavOTo, che dissolva il Fascismo e riprenda, rinnovandola, la politica di Giolitti 1 monarchica ed anti1iberale, con tenden- :r...e sociali. Cu movimento operaio controllato ed il Yoto alle donne potranno essere gli strumenti dt1la. f.tros.c;ima fY.>litica mr..,11arc·hi<1 .;e i;j av- \ <::rtirà la form.azir.,ne di una Cf"H'lc."Tlza po!itir.:::a :-;ul rri<Jno d(."1va.rtiti C.Jr~aniz:7.afi.Riuso facile di~tru.g-gere il sr.J<.-ialism,_;prd'chè:: la sua. fortuna c.--ra:;tata, in gran parte, una cre.azi9!le artifìdalc e: di comodo. J1 giorno in cui, anzicbè co- ~tituire una remora c.ontro la democrazia e il liberalismo - nùn si dimentichi che la vecchia dem,-..c.-raziafu ostilissima al sorgere del sc;:ialismo - iJ socialismo pan·e d:iventarn.E:: il J?TOfA11sore, lo Stato se ne sbarazzò. La cr.n-p0razfone e la lott.a r..er i salari: lo Stato =rcbico nù!l concede di più. La sua tolJeranza ammette unicamente w1 partito socialista di limitate propor- ;1,ioni, se intransigente; ma se eq:uiYale ai partiti dell'ordine e ad essi può contrapporsi, deve essc.-re collaborazionista senza condizioni. La pratica cli governo non può uscire. dal suo metodo e dal suo tipo. :\lARW :'.frsSIROLI ANNESSIONI Se l'an11essione cli Rodi importi sacrifìzi e quali, se sia in relazione e come con la qw.-sti()Ik. del Giubaland noi finora non sappiamo, nè il comLLDicatodel 19 settembre dell'Agenzia Voltll, è il più adatto a diradare i possibili dubbi e a 1;nu10\·ere i manifestati timod. Il comunicato dell'Agenzia Volta pare rassicuri soltanto circa li mantenimento dell'integrità del Dodecanneso, laddove, citati gli articoli 15 e 143 del Trattato di Losan1;1a, conchiude che, avendo l'Impero Brita.nnico 1 la Franci.1_.,l' Italia e il Giappone de. positato l'istrumento della loro rati.fica, dal 6 agosto 1924 « la soYraniÌà dell'Italia su tutte e su ognuna deUe isole del Dodecanneso è piena ed assoluta e. L'art. 15 del trattato di Losanna non è aJtro eh ....l'art. 122 del Trattato finnato a SèYres il ro agoSto 1920 (Sezione XI, p. 246-50 del testo ufficiale). Tale art. 122 sancisce : , La Turchia ri- - nuncia in favore dell'Italia a ogni diritto e titolo sulle seguenti isole del mare Egeo: Stampalia, Rodi, Cakbi, Scarpanto, Casso, Piscopo, ì\1isiro, Calirubro, Lero, Patrno, Lipso, Sim.i, e Cos >. Se 11 Italia per procedere all'annessione rli Rodi (anche del Dodecanneso?) dovrà sostenere immediati sacrifizii 1 sottostare a immediate rinunzie, è cosa questa che non si tarderà a conoscere; e allora si potrà veder'e se il giuoco sarà Yalso la candela. I fattori che assicurano a una uaz.ione il possesso d'una colonia, sono due (e non di natura giuridica, ma a carattere spiccatamente coercibvo) cioè la forza militare e l'equilibrio politico. Quando questi due fattori vengono meno, la colonia si perde; si perde anche (e la perdita è naturalmente più umiliante e dolorosa) se preesiste annessione. Giacchè l' annessione è una formalità a contenuto giuridico-amministrativo, è un atto di legittimazione nel seuso del diritto internazionale, che in sostanza non modifica in nulla lo stato di fatto delJ'oc<:t1,pazione e dello sfruttamento della colonia, e J)"esuppone più che mai la coesistenza della sufficiente forza militare e dell'accorto equilibrio politico. li pieno con. senso del popolo indigeno è fumi dell'esperienza; può essere vero soltanto per ipotesi e in teoria. Ma anche se fosse una realtà, conterebbe poco e non avrebbe yaJore decisivo nel giuoc:o delle forze internazionali. E' stato osservato giustamente in questi giorni che quru1do 11 Inghilterra volle annetterlo all' Impero, perdette l'Egitto. E ciò si spiega. L'annessione mentre esalta lo spirito na1.-ionali.stico del popolo occupante e le rende più imprudente: e baldanzoso, per converso umilia, indispettisce e mette in fermento il sentimento nazionale degl' indigeni. Questo fermento o per forza propria. a percbè sostenuto e sfruttato con accortezza da Potenze che vi hanno interesse, può crea.re un mondo di grattacapi, pireoe<:upazioni e dispendii alla nazione occupante e portarla fino alla perdita della colonia. Nel caso cli Rodi, p. es., nattu·almente non preoccuperebbero molto gli indigeni. Ma l'an. nessione toccherebbe le suscettibilità della Turchia e della Grecia. Potellze interessate, date certe contingeuze, nel presente o nel futuro potreb· bero acuire e sostenere quelle suscettibilità. In bre\·e, l'atto giuridico.amministrativo dell'annessione, non solo non impedisce le attività avverse dei popo1i indigeni e delle Potenze poco amiche, rna le agevola e facilit.a. L'annessione ha un'effettiva efficacia ed è spesso necessaria come psocedimento di legittimazione nel senso del diritto internazionale quando si tiatta di pro\·incie europee per es: l'annessione del Tirolo tedesco all'Italia), per quanto nmanga sempre una forma e un mezzo di rapacità pericolosissimi (per es. l'annessione dell'Alsazia Lorena alla Prussia, nel 1871). ~Ia allorchè l'annessione cade su regioni orientali, etnicamente mussulmane, islamitiche, il fatto riesce sempre gra\·ido delle più dure conseguenze te:.. Inghilterra ed Egitto). Affermò una grande \·erità chi disse che in Oriente si resta più facilmente col pro\·Yisorio che coi definitivo. L'annessione reca a1 popolo indigeno Ponta del definitl\"o, la minacc::ia che la sua .nazionalità sarà annientata, minaccia espressa senza possibilità d 'equi nx::i con un atto so. Jenne di vclontà definitfra. L'occupa.rione di una colonia, il più de1le Yolte si giustifica dinanzi al mondo e dinanzi agl' indigeni, col solito pretesto che si Yuole valorizzare la colonia nel senso del progresso, della civiltà e del benessere. E da.I punto di \;sta <le1capitalismo ciò può esser anche vero. ::\1a l'annessione toglie qualunque consistenza a quel prete.::.to, a quelle finzioni e simu. !azioni morali che celano lo spirito dell'imperialismo e del Yampirismo. 'Gl'incligeni si trovano da un giorno ali 'altro di fronte a un fatto che non ammette dubbi, che apre loro gli occhi, che h rattrista, che li umilia e li minaccia aperta. mente nell'essenza della loro nazionalità ch'è poi la stessa loro confessione religiosa e con. questa s'identifica. Vale a dire il sentimento nazi0nale e di razza de11'0rientale, non si è ancora, come in occidente, iudiYiduato, laicizzato, reso autonomo e separato dal contenuto, dal sostrato reljgioso. Il non aYer tenuto nel giusto ·conto una simile imprescindibile realtà, ha condotto la politica coloniale dell'Italia, a graTI errori. A pro. po.sito della Tripolitania era nel Yero chi osservava qualche anno fa come abbiamo impiegato t: nella nostra espansione dai piedi cli argilla (Garroni), tanti mesi e giorni quanti anni a,eva messi, in un suo Jento cammino nella ,icina ~ord-Africa, la Francia bellicosa/ Cosi pertanto si spiega come le nostre colonie rappresentano w1a passività economica. e qualche cosa di peggio ci' una spada di Dàmocle. Le ragioni per le quali s-i ricorre ad atti annessionistici, pochissime Yolte assurgono a necessità storiche. Per lo più si possono ricercare in motiYl e contingenze di politica interna. I G<r verui spesso _strombazzano l'annessione di qualche colonia per gettare polvere negli OC('bi della piccola borghesia che pur essendo la meno interessata alla politica coloniale, abbocca all'amo, condannata com'è da Domeneddio a non vedere mai oltre la punta del naso. .AJtre volte non si tratta che del delirio di gran. dezza di qualche ministro degli esteri; più so- ,-ente sono le pressioni della plutocrazia quelle che trascinano ad atti annessionistici. La annessioni sono incentivi cli torbidi coloniali e internazionali; e spesso la sola possibilità e la sola minaccia di questi torbidi è fonte di grande lucro per certe industrie e per certi speculatori dell'alta finanza. L'annessione dj Rodi, adunque, se avTerrà, anche se non comporti rinuncie, non potrà costituire oggetto di successo diplomatico nel senso solito della parola; non foss'altro perchè l'atto formale dell'annessione per la sua stessa natura, non costituisce materia di successo e assai di rado è silltomo cli politica a\vedu.ta. GIUSEPPE CAPPA

l,"j() LA POLITICAESTERADIBISSOLATI La preoccupa~ione centrale di tutti g-li scntt, e discorsi cli Leonida Bis.-;olati su I.a polilic.1 estera dcl/lltalia dal 18q7 al 1920 1 l· qnclLl dei rapporti ilalo-.1ustriad di fronte nl problema balcani<:o. Fino <lalle p1i111emauife.-;tazio11i ciel 1897 1 i11 occasione della rivolta di Creta e dc lla guerra grcco-turCT1 1 Hissolati a!Ienna che l'Italia e ha tulto da guadagnare, nulla da perclcrc, uello sviluppo delle nazionalità balcaniche e 11ellosmembramento d~ll'lmpero ottomano•, du.: l'Ilalta dc\·e ~.;,pirare in Oriente non alla e occupazioih.' di qualche lembo cli territorio•, ma al • ripristino della sua potenza commerciale sopra le rive dell'~\sia :\1inore, della penisola baJcauica, del J\1a.r ~ero•; che per realizzare questa politica, de,·e sciogliersi arditamente dai uodi della Triplice ,\ I lean7.a. Questo iniziale uucleo di idee 1 ereditato dalla tradizione democratica, si chiarisce durante il dece1111iosuccessivo; si arricchisce di nuo, i clementi più concreti; appare clefiniti,·amcntc elaborato nel gcun.::i.iodel r9o6, in ocec'lsione della ,e1i.e1na franco-gennanica per il .Marocco. ai suoi c:migranli e 11bc:ra circolaz.ione alle .-.uc mcr<:i in tutto il bacino del )1l'fl 1 krra11eo. L!tte"tc ulcc- non hanno avuto fr.; l1111a.J.u slc,-.~ so l1all:1lo <li Rapallo, m cm c:J.'-<..·s1 ;<>JJo rc.-:diz.. z.atci e pili tardi gli a<..."<:ordi <l Roma so110,·c11ut1 clopo che si erano perduti sd :11rni i11 lott(' avvcl(.•n,1triri degli animi; sono s.tati ac-n:ttati dai pili, in Italia e in Jugoslavi;;, come 1111 :11 misti. zio malaugurato in un'ora di sconfitta e di st.an <.hcz.1.:1,non nello spirilo 1 con cui Bissol:1ti lfJ avc,·a proposto: cioè come pnmo passo e corrdi~ zione necessaria ad un 'i11li111acollabora1.ionc gc:- rn.:ralc. Leonida Bissolali ~ra troppo fuon delle r,:alli, per i nostri politici • realisti •· Essi sl che hatmo sempre visto chiaro! Prima della guerra dimostravano conle quattro e quattro fanno otto, che ad uua guerra fra Lerrnania t--cl Ingliilterra non si poteva • seriamente, pt'n.-;arc:. JJi intese con gli Stali balcanici u011 si dettero mai cura· C: aYc,·a pensato ai suoi tempi Cavour, qu..an<lo gli Stati balcanici ernno i,;sai più deboli; poi h! tradizione si era perduta. Per l'ora della crisi, i noslri realisti aspettaq1110 dal Go,erno nustria. co un'amiche\'ole e rettifica di frontiere • 1 dopu I.a qu:.de l'Italia avrebbe marciato ~ fianco degli Imperi centrali contro la Duplice franco-russa 1 rimanendo ]_'Inghilterra neu!ralc. Quando la guetTa scoppiò, e l'.\ustria 1 di rettificar sul serio le frontiere nou ,·olle sentir parlare, e l'Inghilterra entrò io campo, allora i nostri realisti si Yolsero contro l'Austria. Ma con quel profondo senso delle realtà, di cui erano così orgogliosi e che li rendeva così pieni cli commiserazione per le illusioni di Bissolati, .;;i immaginarono di poter finire la guerra in pochi mr-s1, con un 4)Jo mili.._do di lire: preso a prestito in lnghj}t(·rra. E r(111ti1uarono a 5perare che la ( a-.:1 d' \t. tYia .nr<:hh,. ,e i.Jtù per lorz.a più rli (JU,:'.lnlon<Jn aveva. volutr, u.mced<:re 1,1;:r amorc 1 riop<J di t·he Jr nemid,c {i un giorno sarebbero ritvrn:1tt le a11Jirhc di S<:mpre. ~ienfr, dunqn(•, ,-<,m1,romc1.1...,,J itak,-ttla\0 1 ma cr,mpr<, mc.sso italo-austriaco. Xic:nt,· • 1,olitka del1c nazio11alità J, ma lott::i a e,,ltc:llo 1·011trr.,Ja un.ific-1zione dirc:lta, pn·p<mc:-ndovi' un Provveditore <: un collegio arbitrale. l•:5~a t:ra 1111 t-rait-d'union tra li snrl-ori<.·ntc Lrl il 1v.rrd-<J("( i<l<:nte, sia va. Co<:.)i nostri rc:il1sti <:ran<, p<,rt.:-iti:ld urt..·n'-i contro la r,olitica della Fnntia P <k·ll'Inghllkrra, \"la da dJC: l 'arnl:un<·nto dipl<mtatic:<Je militare della guerra <·<.m<lun·vagli al1e.'1ti vc:rso il programma dtllo s111<:mbram<:nlodell'AtLstria e quello dclJ'unificaz.knc jugc,slava. Entrando in guerra, ave\·a110 (·01ulann:1to a mr,rte l1.-\ustria; ma facendo la guerra agli slavi anzi che ail'Austria, offrivano all't\u.,tria il terreno per mohi. litare contro l'Italia g-li slavi e prolungare la guerra mollo al <li là del. .. miliardo. Finalmente l'intervento dell'.\merica dette il tratto alla bilancia. E si arrivò nl Congresso ddla pace. :--.:el quale la. lotta diplomatica, rimasta latente durante la guerra, dh·entò aperta ad un tratto: Francia, Inghilterra, Stati l'niti, a favore degli slad; e l'Iulia, barricata nell'c Hotel Edouard V I I •, isolata dal mondo, a clir di 110, mentre tutto il mondo diceva di sì. E quando le difficoltà sfondavano gli occhi, lJ responsabilità non si chn·a a c·hi ave\·a condotto il paese in quel ginepra~o, ma a .chi aveva visto in tc:mpo il pcric-olo e avcYa inutilmente insistito perch(: fosse evitato. C. S..\LVE:11:i:--I. Sembra,·a imminente una guerra generale. Da un lato, la Francia, Plughilterrn, la Russia; daL l'altro, la Germania e l'Austda-Lngheria. L:i à.iplomazia italiana, impegnata dalle intese couchiuse nel H)o2 con la Francia e con l'Inghilter1a, rifiutan:1. di lasciarsi trascinare dagli alleati in una guerra, in cui si sarebbe trovata contro non solo la Francia, ma anche l'Inghilterra, per affari estranei al trattato della Triplice. Se scop. piaYa la guerra, la Triplice cade,·a nel nulla e la Germania non aveva più moti,·o di frenare 1'.-\ustria in eventuali tentath; contro gli Stati balcanki e coutro l'Ita1ia. Come premunirsi contro siffatta minaccia? Stdnger.si risolutamente alla Francia e all'Inghilterra - risponde Bissolati. :IIa non abbandonarsi a'lJa cieca: .. l'amicizia coll'Inghilterra e la Francia sta bene; ma badiamo di uou scuoscuotere d'una soggezione per cominciarne un 'altra >. E delinea il programma cli un accordo fra l'Italia e gli Stati Balcanici, non solamente per resistere alle ambizioni austro-germaniche, ma anche per agire di fronte alla Duplice franco1ussa come sistema autonomo, da pari a pari, 11011 come ,·assalli impotenti ed importuni, paralizzati dalle reciproche diffiden'l.e, imploranti protezione gli uni contri gli altri e tutti contro iì nemico comtrne. « Quest'invito ad una stretta colleganza del nostro paese con gH Stati balca. idei., erompente dalla situazione più ancora che dal proposito degli uomini, deve eS&ere accolto daJl 'Italia, se essa ,,iole posare il piè fermo sul terreno, dove irresistibilmente è attirata dalla sua nuoYa politica estera>. UNO SCUDIERODI FILIPPELLI La guerra per questa rnlta fu eYitata. E nella soddisfazione generale per lo scampato pericolo, anche la politica dei buoni rapporti italo-austriaci sembrò trionfare. Bissolati salutò con gioia le nuove speranze di pace. Ogni giorno, che la pace conquista,·a sulla gnerrra, daYa tempo al movimento delle nazionalità slave per rafforzarsi nel. ]'interno dell'Impero austriaco, limitandovi il -predominio degli elementi tedesco-magiari ; dava tempo agli Stati balcanici, sul confine meridionale dell'Impero, per consolidarsi; rendeva p,iù pericoloso e temerario lo scatto aggressivo del- !' Austria verso la penisola balcanica. e Gli Stati balcanici - dice Bissolati alla Camera nel dicembre del r<,06 - hanno a.sslillto una forza ed una autonomia, per cui le velleità espansionistiche austriache troaYno in essi un'opposizione immediata; sono tramont4ti ormai i tempi, in cui l'Austria aveva in e Mjlano il suo servitore nella Serbia. Oggi la potenza. degli Stati balcanici è tale che diplomaticamente, economicamente e 111ilitaru1ente, non è affatto una quantità trascurabile : il che io credo debba essere ricor- .dato sempre dai diplomatici, Che reggono le sorti del Ministero degli Ested italiano». Quest'idea diventa sempre più netta, iu tutte le: ,·icissitudini della politica internazionale fra il r<,06ed il r9r4. E' oramai la direttiva costante della politica bissolatiana. E quando nell'estate del 1914 scoppia la guerra, Bissolati non de,·e fare nessun sforzo per adattare il proprio pen. siero alla nuova realtà. Sente subito che la guerra fra il blocco austrogermanico e la Triplice Intesa è anche guerra fra 1'Austria, che intende sottoporre al proprio coutrollo la penisola balcanica, e l'Italia che deve difendere la propria indipendenza dal pericolo di essere scb iacciata verso Oriente da lill vicino cosi formidabilmente rafforzato. Sente che h guen·a, tenacemente deprecata per tanti anni è divenuta inevitabile per iniziativa altrui, sarà guerra divita o di morte per l'Italia e per l'Attstria: o si sfascia l'Austria, o si dissolve l'Italia. E predica l'alleanza fra l'Italia e gli Slavi del. l'Austria e l'accordo diretto fra l'Italia e la Serbia per un compromesso su le terre miste dell'Adriatico. Questa politica accelererà lo sfacelo interno della Monarchia austriaca e faciliterà la Yittoria. Inoltre prepara all'Italia una magnifica posizione di sicure7.za e di larghissime possibilità di espansione economica nel dopoguerra. L'Italia non deve, per discutibili ragio~i strategiche, incatenarsi a nuove non necessane querele. Non deve distrarsi, pei' miraggio d1occupazioni territoriali nella penisola balcanica, da quello che è il suo problema Yitale nel periodo storico presente: garautire libero lavoro Santino Caramella, nel suo articolo dedicato a: « Xuovo Cortegiano » (~0 35 della Rivoluzione Liberale) chiama in causa gli sc,;ttori come gente alla quale non dovrebb'essere tuttavia lecito appartarsi completamente dalla vita e dalla coscienza pubblica, tanto da mirare soltanto a una loro forma, più o meno tersa, per poi cederla, con freddo spirito mercantile, al più comodo offerente. Ora, se è lecito a uno che ha scelto la fatica delle umane lettere, senza nutri 0 1·~ in seno uno spirito antifascista ma naturalmente soggetto a quelle conversioni logiche e spirituali che sono proprie ai trattatori di ps-i. cologi.a e di simili materie ardenti e irrequiete, sopratutto in un tempo che non brilla per nessuna speciale civiltà - se è lecito interloquire, nelle colonne -della e Rivoluzione Liberale•, - e cercarsi con lo stilo una definizione del letterato moderno, ringrazio Gobetti della concessa ospitalità. Che lo scrittore d'oggi abbia generalmente preso tragicamente sul serio l'assioma che la buona sostanza. è inscindibile dalla buona forma, e che forma. e idea. sono una unica cosa, potrebb'essere dimostrato dal fatto cli quel neoclassico, che non si nomina trattandosi di un vivente, il quale, acceso un giorno da un dèmone eventuahnente predicativo e sociale, traduceva, e trovava bello tradur dettmne il cfictante di quel verso baudeleriano che suona : de ces baisers p-u-issa,ntcam·me u-n. dtictame ... Per costui, insofferente d'ogni amichevole correz.ione, la. forma., anzi la sua creativa intuizione della forma, doYeva avere un valore assoluto. Kè ha, importanza. il dire che un tale errore si sarebbe e,·itato con 1'istntz-ione obbligatoria; restando fenne le caratteristiche mentali di quella prepotentte e ispirata Yeggenza. Quanto alla cosciew...a politica, un proverbio che stimo intemaz.iouale risolverebbe meglio il problema: ognuno soffre del proprio mestiere; i! calzolaio, cui manca il tempo di cali.arsi se1 condo decenza.; il trattore 1 che dopo aver ser- , ito qualche inatteso a,-ventore si riti·o,·a a do- ,·er digiu11are; lo scrittore, che dopo aver pre. stato la coscienza ad ogni suo personaggio, non ha più la forza fisica e morale d'a,·erne una sua propria. 11 dramma oscuro di ttno scrittore t il suo doversi (mi si passi l'orribile verbo!) continuamenl • rtilettantizzare. Per uno scrittore (dato che l'~utobiogra.fismo, alla lunga, diventa un vizio) prestare una cosciell7...aa un personaggio significa dipingere un ,·ivente, cosl come appare a occhio nudo, e spiegarsene 1 umanamente, passionaliz.z.an1e1 le raioni, i cara.ltcrii gli errori; e qltesta necessità fa di lui, sebbe11e iu sen~ allo un dilettante. E si noti che ,u, tale cliletta~tismo odierno, universalistico e suscettibile d1 far posru·e chi lo esercita 1 talvolta a seconda di vaghi comandi sentimeutali 1 su non importa quale costone o contineute politico_ (si veda, per es., l'adesione di Pirandello al fasetsmo) st enge ad argine di un vecchio, meno coucludeute e sempre nobile dilettantismo; voglio dfre a con. trasto di quella ciYiltà raziocinante che fu rappresentata dalla e Voce II prezzo1iniana. . In quel tempo esisteYano i fayo]osi rafiè e s1 affrontavano, con lodevole spirito, quistioni letterarie, artistiche 1 politiche e d'ogni ramo della cultui-a. La fluidità delle ragioni ragionate, e quella specie di libero ingresso alt 'infinito, acquisito per diritto, insieme a un discreto portamento, per tutti i campi dell1umauo &.'lpere, avviavano verso una sorta di paradfao terrestre. Fu allora che qualcuno do,·ette occorgersi che l'arte a,·ente, per sua principale peculiarità, un valore polemico, nou era la più concreta delle arti, e nem. meno, l'aver prodotto un Picas&o, un modo di. retto di avvicinarsi a Raffaello. Sorsero cosi i mistici ,'.ella forma, intenti a prender questa d'assedio, a.. catturarla per ispirazione e per lunghi tra,·ngli non confessati e distesi in pazienti discorsi. S'aspettò la grande opera all'infuori della deviante scuola <legli avvicinamenti per discorsi, e non importa se questa forma fosse per alcuni l'esoterica YOCalità per cui poteva ottenersi la prelodata traduzione, e per altri la cosa, la realtà vi,·a e immutabile nonostante la mancan7..a di finitezze formali. Giunto a questo punto non voglio contest.J.re al Caramella 'ife molti tra quei letterati, accusati da lui di deri,·are la loro mentalità dall'ar- r tisticismo su commissione del Rinascimento nel senso cli sentire ì frutti della loro creazione come qualcosa di incorruttibile su qualunque mercato vada a finire, non possano aYere la tara spirituale che egli scorge e dcnttncia in loro; specialmente quelli che dalla preoccupazione politica anche latente, se 110n dalla passione politica, si astraggoEo con una eccessiva sicumera. :Ma per alcw1i altri, nel tempo stesso in. cui rivendico a tutti l'attenuante dello svolgimento di fatti spirituali come quelli accennati, che a un esteriore Rinascimento li hanno potuti ricondurre dirò che il fascismo è potuto sembrar loro quella tale realtà, tutta da fare e da riempire, in attuazione e in divenire, degna di apparentarsi all'altro sconosciuto ideale, al quadro, al romanzo, al palma clell'av,·enire. Notiamo che se la definizione tendente a rappresentare il fascismo come qualcosa di mitico e di religioso, si appatesa. infantile quando è pronuu. ciata con g-rave accento, pnò assumeTe tlll valore tutto diverso affermata. cou un sottinteso di spregiudicata ironia, e quando chi la. esprime sia un uomo imp1·essiouato dalla inconseguenza crea.th·a di parecchie generazioui e disposto a "eder la propria sottoporsi, per t1·0,·are nel futuro il punto di una sortita genia.le, a non importa quale esperimento: anche il più balzano e irragione,·ole. L'imp01ta11te è d! garantire ai letterati d'oggi, con tacita intesa tra le Opposizioni e il Fascis1no1 un esonero dalle troppo gravi responsabilità politiche, in omaggio a que1la assidua e quotidiana fatica umanissin1a che essi debbo. no compiere nel donare anime e nell'immedesimarsi nelle molte anime dei loro molti eroi. Sappiamo tutti che il genio trascende queste fatiche e, conservando il proptio carattere, peuetra le più riposte realtà d'altrui. ~Ia se una tale preparazione aprisse anche tu1 pallido spiraglio al genio, un tale imboscamento non sarebbe anch'esso benemerito di quel complesso di battaglie sopra le quali sorge la Yita anche politica cli una nazione? DEbbA5TfICDPA ,, il ben noto ufficio di ritagli da giornali e riviste . fondato nel 1901, ba sede ESCLUSIVAMENTE in Milano (r2) Corso Porta Nuova, 24. Istruzione professionale f?i ·<>h1z..ioneLibera.le ha ospitato a que-..ti, pr, ,YJ'ìit() un articolo nel numero 31, ma credo e: l' :'-ir~r,m :nto sia d.,ba-:-tanza im:r,,ort-1ntc pe-:- ·i115tJfic;Jr~ 111r·h~ qu(!...:;te o:-,sc..-n::v~ioni. Jn{;_i{tJil prr,blc::m:i.,JcJla it.truzione profos.-;io. 11alc l· fr,wlamt"Tiiale per chi voglia ,fare una ro- ~,<1c:nza di dasse: al prolet.-1.riato e prer,ccur,arsi im,iemc ddlc cr,ndizk,ni di vit.alita rli un'indu- !-ilt1.a.m<Ykrn,.1. ancht: oltre gli interessi mr.nnenl.w:1 ddl:1 cl~ in<lustriaJe. La r~ente riforma dc-lla S(·t1<Jlamc-rifa, accentrandone il carattere mani tic,,, rende r,rJl necessarjo un(J i,.\,·iluypo 1,iù w,luJo rJella i-.truzione professionale che pc:r nu,lte < la.i c;J ddla J.."'°'f.,<,J~zi,:.me sara la unica poc;- sibilc e:- u,n ....c-nie:itc i'-tnv.ione. E ~gr.,mbriamo il cammino da due ilh.u;.ioni. l na, combattuta anche dal Ba!t-.,.., nel citatr, art1colo di R. I. . ., i: c:he ne1ie officine si pr>Ssano impiantar(' S<.-uoJc- profo·,:;ionali. Saranno !-,-(.--mpre unilaterali e: sfornite rii qualsia.si indir:iz7n generale. L':.t.ltra eh<: delle scUJ)Je profe...sa,fr.,nali J)(.JSS1.mocontkmporanc::amente essere officine. Il difetto, 110tato dal Balbe,, per i laboratr,ri delle no-· stre :-;cuolt- industriali di • non dare a11 'allievo l'idea di quello che & nella pratica reale l'ordinam<:nl:tJ del lavoro e della. pn✓luzione in uno st.a.bilime11tomoderno•, È: perfettamente vero, ma c..'"'50non t peculiare di quci labr.>r~tori, i:n:ece proprio di ogni tir.10 di scuola che voglia es':of:re officina. Tra la Scuola-officina creata e diretta con criteri didattici,fornita di quel materiale che possa servire a quei fini, camr,o di esercitazione degli allievi, e la officina Yera, tetta esdu..sivamente da criteri economici, dove non si ammettono e-,perimenti e do,·e gli operai debbono aver imparato e non imparare, l'abis~o f: ,·a.sto ed ineolmabile. I tentati vi di Scuole-Officine che si sono effettua.ti in Italia sono falliti o perchè non si f! te~ nuto conto della economicità dell'impresa 'e la scuola è di venuta più pericolosamente lontana dalla realtà ·che non la scuola retorica,, o perchè si è accentuato troppo il carattere economico ed allora di scuola non èri=to che il nome. .-\nche nell'azione degli Enti locali ed in ispecie delle Pro,·incie, che il Balbo propugna, io sarei molto pessimista. _-\.parte il momento speciale che ora attra\·ersiamo in cui g1i Enti locali, pc)\·eri di denaro e più ancora di contenuto, nulla potrebbero fare, anche in situazioni normali 1e Prodncie rappresentano troppo strettamente gli interessi locali perchè dalla. loro azione possa sorgere qualcosa di diYerso, ad esempio, di quello che potrebbero fare singole ditte industriali o Federazioni indn.striali. Essere sul posto non ,·uol dire spesso veder meglio, ma ,·ede-re troppo da ricino e perdere quindi la \·isione di in.sie.me, la Tisione delle esio-enze ,·ere delle industrie; Yuol dire soggiacere :ne situazioni locali e cadere nel particolarismo. )la quanto ho detto finora è solo negati ,·o. Dovremo concludere che sia impo5-5ibile curare una istituzione professionale quale certamente è necessaria? );on credo; penso soltanto che non si debba confondere, per smania di praticità, tra scuola ed officina. La scuola, anche quando è proiessionale, è e deve rimanere anzitutto scuola. ;\oi non dobbiamo chiedere ad essa più di quanto può dare, ma dobbiamo chiedere tutto quello che può dare, cioè una preparazione teorica tale che pennetta a chi è uscito da essa di vedere non empiricamente ma con cognizione di causa lo s"t""o}gersi dei fatti pratici. La scuola professionale deYe dare il criterio per comprendere appieno l'opera manuale, per ,·edere in essa non una successione di atti meccanicamente ordinati, ma ttn p,rocesso prefissato e in continuo divenire. Perciò mentre de\·e respingere le facili lusinghe dell'enciclopedismo (è così facile insegnare un po' cli tutto!) deYe essere rigorosa.mente scientifica. ~iente approssimazioni, nie-ut:e semplificazioni che confondono cose dh·erse, semplicità in\·ece e limpidezza delle cose da insegnare. Quello soltanto che deYe distinguere la scuola professionale dalle altre SCUOie è il sentimento continuo della subordin.a.z.ione della troria ali.a pratica. ~ella scuola si insegna la teoria ma si pone bene in chiaro che la teoria t' insegnata come grado necessario per l'apprendimento della pratica. Gna ~cuoia così organizzata de,·e essere ,i,ificata dal continuo contatto colla officina ,·era. Per questo ritengo che le scuole serali siano quelle che meglio si prestino, quando •natural. mente il giovinetto non compia nell'officina un ora1;0 completo di la,·oro e sia perciò in grado la sera di occuparsi co11profitto . .-\llora l'apprendista trova in quanto impara nella scuola la spiegazione del suo la\·oro giornaliero e tale seconda unione di teoria e pratica Yiene ad abbre- \·iare il periodo di apprendisaggio, cioè Yalorizza più rapidamente il gioYane operaio di quanto uon possa fare il semplice laYoro di officina. Chè se in scuole professionali ,·i potranno essere laboratori e officine modello, bPn Yengano, ma come parte della scuola con funzione cli ricerca e di campo per esperimenti, non per riprodttrre a scartamento ridotto l'imponente fener meno economico dell'industria moderna. Ricordiainoci insomma che l'istruzione profes. sionale deve essere, innanzi tutto, istruzione . GHJSEPPE VESCOVI)!I

bi LA RJVOLUZIONE LI.BERAI.li INVENTARIO DI CULTURA cuse sanguinoee. Ma, a parte qu&lsiasi cli11Cussiooe specifica in maleri& politica, che quL sarebbe fuori luogo, il temperamento e tutti i precedenti del Salvemini dovevano portarlo a concepire la partecipazione del- !' Italia alla guerra europeo in opposi.Eione ai calcoli uWitari·, ed anzi come l' evento che evrebbe elevato moralmente l' Italia col dare ad essa, insieme con la vittoria, una grande missione di moderatrice nel1' Euroga orientale. li Salvemini portava anctJe in questa occasione la sua generosa concezione di difensore degli umili ; la vera grandezza dell' Italia, perchè appoggiata a fattori morali e non a perituri calcoli dip!oJilll.tici, egli la vedeva nella sua nuova missione di protettrice delle nuove piccole nazionalità che sarebbero sor.te con la guerra ; e metbeva tutta la sua eloquenza e metteva tutta la sua eloquenza e la sua attività prat.ica a riportare sulla tradizione mazziniana il paese, che anche questa volta rinnegò Mazzini per alcune gof(e parafrasi di Macchiavelli. Se l' Einaudi, in correlazione delle sue ,dottrine economiche, si accosta all'utilitarisno moralistico della scuola inglese; Ga& lano Salvemini, per certa rigidità intransi- .geote, per certi impeti sdegnosi e per la .irreducibilit.à dei propositi si avvicinn alle tendenze del radicalismo puri\ano. 11 Salvemini è passato pel socialismo ti n' è uscito per una questùme morale. I documenti di quel désenchanlement - dal quale esula un qualsia.si ca.so personale e ch,e perciò richiamano la riflessione dello studioso - sono consegnati negli scrilrt.i polemici raccolti recentemente nel volume Tendenze vecchie e necessittl nuove del m-0cimento operaw italiano, e che si riferisoono a più di dieci anni di di9CU6Sioni, polemiche e laboriosi ritorni su sè stesso (1902-HH4). Il Salvemini era entrato nel movimento socialista come molti rappresentanti della me<lia borghesia colta, negli anni torbidi che prepararono e seguirono Adua; per un impulso di ribellione,. per una giovanile ,,$p1razione di palingenesi, nell'ora in cui r urizzonte pareva restingersi e l'aria era p1u greve. ln quegli anni che Matteo Re-- nato Imbriani rinfae{!iava ai governi d'lta• ila il lungo, spietato abbandono della Puglia. « assel.ata di acqua e di giustizia », quel )!iovane pugliese enl-usiasta ed austero pc-r 4uanto chiuso nei suoi studi aveva lulu,via presente nello spirito il derolat.o spt>.Ltacolodelle plebi abbrutite che aveva laS<·iate nel suo pae:e nativo. Ma quando, ultratl.o sempre più dai problemi politici, e,,arnina eia vicino il congegno delle organizzazioni operaie, e studia particolarmente il feno111enocorporativo dell'Alta Italia, un nuovo e diverso moto di ribellione soprav- \"1C'nt.·. Le masse operaie, solidamente inqua.dmte, C/lScienti dei propri diritti, che già si avvicinano al benessere, sono più disl,u1ti dalla d i9ereda,la plebe agricola del Mezzogiorno di quanto non lo sia la piecviii burghl'sia di que ,paesi. La delusione ne pre~cnla la realt.à in termini anche più c-rudPlmcnte antitetici, cd oramai un com• Jd<'I" afl~miarsi del regime sindacalista gli prc,:;petla una nuova serie d'iniquità ùa i.irte dPlk oligarchie operaie (in concreto, JJ<·r 1· Italia, i potenti, egoistici sindacati d<·I prulelariato industriale cieli' Italia set· \c11l.rionale1, rhe succederebbero in parte t·d ,n park si accorderebbero con l'alta t...,r,-:hesia plutocratica, per continuare a di~porrc, e a non far uscire dalla propria sfera <I' azione il grosso nucleo della rie,. < ht·zza nazionale ; indifferenti non meno dt•i plulncrati borghesi del Nord, all'inedia fisira ,, morale del proletariato e di una umn pi!rlc della borghesia terriera dell'lt.tli1t meridionale. Invano gli uomini pratici gli prospettano i bisogni contingenti cieli' organizzazione ,indacale. Coi bilanci alai mano possono anche .aver ragione; ma questa bandiera <lei s,,cialismo, che sventola libera al vento nei tempi de!l' umiltà, cade afflosciata davanLi a una porla. di cooperativa, come rluv,mti a quella di osteria domenicale. (J11est'uorno che è entrato con le braccia l<·s., verso il socia I ismo, perché era prom<•SSa.di liberazione a.gli umili, trova nel proletariato organizzato del Nord, che solo ,·0111.a e dispone,. il segret.o sprezzante fastidio dell'arrivato pel parente povero. Tutti i ragionamenti degli uomini pratici non polranno richiamare alla sua mente il so1<no di giustizia dei primi anm di fede: ,•i.;li che uveva studiat.o profondamente il fp11ornenodella lotta di classe nella Firenze ,·,1111unale,rivede Ii " popolo grasso., nell'nser<:izio arrogante del potere, cosi come nel M~~!ioevo. e sente nel suo spirito scal11rire l'avversione irreducibile di un Mi- •r.hl·lc Lando, di un nifensore di plebe. Jli-el Lempo che matnrava questa nuova qu,·stinn• nwrale, il Salvemini si trovò ad affui.ncare 11movimento della Voce che col suo rifiuto di pregiudiziali, colle sue buone intenzioni di scandagliare problemi ancora i;,"Tlorali della vita italiana, lusingava lo spirito schietto, insofferente del Salvemini, anrora amareggiato dalle disillusioni della disciplina di un partito dagli schemi dottrinari irrigditi. Ilen presto, però, altre disillusioni si preparavano anche da quest'altra parte a uno spirito indipendente, si, ma lucido, quadrato, nello scoprire il fondo di quell'apparente Repubblica di Platone dl'ila Voce, e che era in sostanza un bazar d' idee tenut.o insieme non da vero interrsse - che è critica e scelta, secondo principi-, ma da curiosità - fervorosa e meritoria ma non più che curiosità. Lo sludioro ~ltrilo nei lunghi lavori preparatori di erudizione subodorava in quell'aria di salotto il dilettantismo infecondo e confusionario e rimaneva dubbioso sulle sorti dell'impresa, quando un grave avvenimento politico, la guerra di Libia, richiamò il suo senso civico ad allontanarsi definitivalll€nf.e dagli eclettismi dondoloni ed a prendere in pieno le proprie reGponsabiità politiche. Allora S01'36 l'Unità. (t!lii). a n Il tentativo del!' Unità è stato una del),e più nobili e· più feconde opere che egli abbia compiute fino adesso. anche perchè questa volta ebbe la ven.t.ura di incontrarsi con un compagno di lavoro come Giust.ino Fortunato, uno dei rari e il più elevato, profetico, accorato ed inascol lato educatore del Parlamento italiano, a riguardo del quale à da deplorare solo quest.o: che lo spirito troppo aristocratico e riservato lo Ila mantenuto in disparte dalle grandi correnti della cultura. Anche il Fortunato pro- ,eniva ed è rimasto fedele alle tradù:ioni degli studi sperimentali, e l' Unità ebbe soprattutto il valore di richiamo alla concretezza. Non potette però sfuggire neppur essa alla tendenza verso il tecnicismo nelle questioni politiche, che era imposto dalla voga che in quegli anni prendeva il sindacalismo, entrato so.prattutto coi libri troppo s;emplicistici ciel Sorel. Le troppo larghe concessioni fatte al tecnicismo invadente furono in parte la causa dell'altra questione TTU>rale, che fece languire e poi chiuse la vita dell' Unittl nei primi anni diella guerar. Il Salvemiin fu un eroe e un martire di quello che fu dett.o per ischemo il • rinunziatarismo •, ed egli sopportò coraggiosamente schemi ed acAncora una volta il Salvemini si ritraeva per una questùme m,o,ra/.e. Oggi egli pare un silenzioso, lontano -e imbronciato. Ma nell'ora della ripresa dalla presente depressione spirituale, la parola del Salvemini, comunque poSGa ammonire, sarà tra le prime e al primo posto tra i flttori di rieducazione nazionale. MARIO VINCIGUERR.-\ L'organizzazione dell'esercito Nel suo volume Tre anni di 1Jita militare ita.. liana (ed. Mondadori, Milano) il colonnello Gatti osserva e lamenta anzitutto c:be, nei tentativi di 1iorganiz1.azione del nostro esercito, mancò 6.- uora l'uilltà e la continuità di una idea informa,.. tric<c. Non per nulla dalla -fine della guerra ad oggi si sono succednti 12 Ministri della Guerra ossia: Zuppelli (21 marzo '18-171 gennaio '19), ea,;glia ('18 gennai0-22 giugno 1919), Albricci (23 giugno 1919-13marzo 1920), Bonomi ( 14 maru.-21 maggio 1920), Rod.inò (22 maggio-15 giugno 1920), Bonomi (16 giugno 1920-2aprile 1921), Rodinò (2 aprile-4 luglio 1921), Gasparotto (5 luglio 1921.26 febbraio 1922), Lanza di Scalea (26 febbraio-1° agosto r922L Soleri (1° agosto-31 cttobre 1922), Diaz (31 ottobre 1922-29 aprile 1924) Di Giorgio (29 aprile 1924...... ). La critica del colounello Gatti si appunta sopratutto sulla attività dei ministri Bonomi e Gasparott.c,. A dir la verità mi sembra che l' Autore sia troppo severo con l'on. Bcmom.i. E' vere, che questo ministro credette possibile ridurre la ferma a otto mesi in omaggio a1 mito della Nazione annata e che con la creazione del Consiglio dcli' Esercito e abbassando l'autorità del Capo di Stato Maggiore apri un periodo di crisi nel1'alto comando dell 'eserdto, ma nou bisogna dimenticare che l'ordinamento Ilonomi fu, dopo tutto, l'unico che il nostro esercito abbia avuto e che ancor oggi conservi. La riduzione dei Comandi di Corpo d'Annata da 12 a ro (nel '19 si era anche pensato di portarlo a 15) la riduzione dcll 'arma di cavalleria <la 150 a 48 squadroni, l'adozione del princip;o della inscindibilità e organicità della divisione, la riorganizzazione deL l'artiglieria con la crea1.ione di 14 reggimenti d artig-lieria pesante campale e la trasforma1_ione dei reggimenti d'artiglieria da campagna in reggimenti d'artiglieria divisionale costituiti da gruppi di obici, di cannoni da 75 e di cannoni S<>meggi•li, costitui~cono lill non disprezzabile t'Omplesso di utili proYvedimenti. Del tutto gius.te mi sembrano invece ?e critiche ri \·olte alla attività dcli 'on. Gasparotto. Questo ministro era animato dalla miglior buona e fat. tiva. atti\'ità, ma però di ecceS&i\·o ottimismo e di democratica faciloneria. L'on. Gasparotto fu il più fervido credente della Naz.ione Annata jntesa sopratutto rome organi1,..zazione rivolta alla educazione fisico-patriottico-morale del popolo. Il pensiero animatore del! 'on. Gasparotto è espresS<> da queste sue parole (relazione del bilancio della guerra, maggio 19r9, [Xlg. 320) : , H problema militare ,_,a. stud,iato indtpendefltemente dalla. possibilità di una nUC'Vagv.t-rTa coll~animo ri'volto alla pace, allo scopo cioè di rinvigorire la rau..a ed educàme disciplinarmente le energie. E con ciò si risolverà, io.dipendentemente dalle ipotesi delle gue-rre, il problema del1" di fesa nazionale. Perchè la uostra esperienza recet1tc ci persuade che, una volta assicurato il dgore alla razza e 1'affetto delle masse al P~se, i! p,obù,ma della difesa nazicnale è pe, tre q..arfi ,-isoLto •· Partendo da queste premesse I 'on. Gaspnrotto aYeva escogitato di separa.re 1 'esercito in due distinti organismi : l'esercito permanente e la organizzazione dei. centri di reclutamento e dì mobilitazione. , Spetterebbe all'organiz.zazione dei centri di mobilitazione provvedere CS.9ellzialmente alla pre. parazione delle unità di mobilitazione e dei relativi servizi, allo studio e alla predisposizione della difesa cootiera e della difesa aerea, al reclu. tamento degli iscritti, al comributo e all'midirizzo da darsi all'istruz~ premilita1'e, ·alle scuo. le allievi ufficiali e allievi sottufficiali di complemento ed in genere alla pcepnrazione dei quadri in congedo, infit><!all'org-aniu:azione della mobilitazione industriale, mentre compiti essenriali <lelle unità mrmalmente in eflicenza in lemjX) di pace, ossia deU'esercito p~, dovrebbe essere l'addestramento degli ufficiali e delle truppe, i servi.z.i territoriali militari, le ~ gnirioni, gli studi delle zone cli frontiera, gli appresta.menti difensivi •· Dunque compito dei centri di mobilitazione doveva essere quello di rappresentare- in tempo di pace il primo schema de.JJ.a, Nazione Armata e in rempo di guerra di preparare· 1a lev-a io massa ossa.i la Nazione in armi. L'esercito propriamente detto doveva invece provvedere alla istruz:ion.e delle reclute e costituire, in caso di guerra, lo scudo e la laoc-ia della Patria, nel primo periodo delle ostilità, mentre ancora si S\.-olge la mobilitai.ione generale. Si può dire che il libro del colonnello Gatti contiene la completa con.lutazione delle idee del- \ 'on. Gasparotto. L'on. Gasparotto crede alla )fazione Armata e vuole democra.tii.:za.rel'eser. cito, scinde in due l'organizzazione militare e per quanto si riferisce alla preparazione, da una decisa prevalenza al fattore pedagogico, politico, morale sul fattore tecnico-meccanico. In\·ece il colonnello t;atli vuol dimostra.re che: gerarchia, djsciplina e unità di comando e di organizzazione (X)IStitu.iscono l'unico possibile fondamento di un esercito; che nella guerra • la macchina, ha almeno la stessa importanza dell'uomo, e di conseguen:za che la preparazione tecnica e meccanica dell'esercito e del paese non merita certamente minor cura della preparazione morale degli uomini; che la e Nazione Armata, per quanto in astratto • sia fino ad oggi il miglior· onliname:nto di difesa nazionale• non può esse.re oggi attuato in Italia e come la Naz.ione Armala che da molti è concepita come un alleg. gerimento delle fatiche della preparazione militare da coru:edl!re democraticamente al popolo, comporti in realtà un aggravamento e una diifusione di responsabilità e di fatiche a cui pos-- Sòtlo !'ottoporsi Sòl!Anto i popoli molto progrediti ed animati da un forte spirit.o militare. Per quanto inoompetente, mi sembra che la tesi del col. G<itti sia assolutamente giusta. Se la • Nazione Annata • è UDa cooo. seria rasenta il pan.militarismo altrimenti è una commedia. E' probabile che, data l'indole del nostro popolo, la • Nazione Armata• diventerebbe in Italia uua pericolosa commedia; commedia perchè è assai probabile che la istruz.ione militare si ridurrebbe a delle passeggiate domenicali fuori porta; pericolosa poichè verrebbe facilitato l 'annamento delle fazioni. Siamo sinceri. L'ultimo tentativo abbastanza serio nel senso della • Na.7.ione A.rniata • è stato fatto dal fascismo e ne è venuta fuori la Milizia N.µiona.le ! Si può anzi dire che il dolce frutto della Miliz:ia Nazionale rappresenta la nemesi, il castigo della stu. pida ostilità all'esercito dei partiti sovversi,~ e dalla demagogica faciloneria con la qualè la democrazia ba trattato i problemi militari. • La pace universale è il più nobile ideale jX)litico e perciò, come limite, si può ed è giusto aspi~ alla abolizione di tutti gli esettiti, ma fino a tanto che le guerre saranno possibili e perciò ogni nazione dovrà mantenere un esercito, i, assurdo voler democratizzare I 'esen:ito. Democratizzare l'esercito, 066ia togliere al. l'esercito l'assoluta unità e la salda gerarchia è un'assurda contraddizione. Equivale a voler laiciz.zare il clero. Togliete l'unità e la gerarchia ad un esercito e renderete nulla la sua efficienza bellica ed in.lettere di incompetenza militare tutte le altre branche dello Stato. In questo dopo guerra abbiamo ben c:onosciuto i fasti dei mili. tari diplomatici e dei militari politici I Ora vogliamo anche vede:re i militari ma.stri ! Ma se i militari sono usciti dal campo della loro competenza DOn è certo soltanto per l<Jl'O colpa. 'Gli antimilitaristi e molti democratici sono i maggiori responsabili di questa calamità. Non è 151 stato il democratico ed ora fascista Gasparotto che da miILi6tro ha proclamato che: il problem., militare va studiato indip,nàent,, dalla possibilità di un.a nvO"Va gverra con l'animo ri11ol,to alla pac, r Poveri militari! E' stato detto loro: non occupate,; della gucn-a, ma della pa,ce, cd essi non si sono più 'occupati di esercito e di anni, ma di di plomaz:ia, di politica e di pedagogia! Combattendo l'unità e la disciplina dell'esercito si favorisce il sorgere delle squadre e delle care milizie, deridendo • la chiosa e rigida ca.sta militare, si inducono gli ufficiali ad D.9CÌredal camjX) della loro competenza e si crea una classe di pericolos.i spostati. L'esperienza di questi anni dJ dopo guerra e sopratutto dj fascismo dovrebbe in.segnare .ai partiti democratici a tratta.re c:on maggior prndenza il problema del! 'esercito. li problema militare va stndiato esclusivamente in relazione ad una nuova guerra e, se non con l'animo, con la mente rivolta alla guerra. Uua saggia politica democratica deve tendere a restringere il più possibile il campo di competenza dell'esercito, perciò i militari siano esc(u. si dalla diplomazia, dalla politica e dalla scuola, ma nel loro campo, ossia nella preparn.z:ione tecnica e morale del paese in \·ista della eventualità della guerra la • casta militare• sia aiutata, rispettata ed ubbidita. E non si dimentichi mai che, se i problemi militari non sono problemi di metafi.s;ca iòeahsta a cui non possono attendere che sublimi genii, riguardano tuttavia questioni assai complesse che richiedono uno studio attento ed assi. duo e sopratutto si ricordi sempre che la vita militare nel suo duplic<c aspetto di preparazione tecnica e di attività pratica, impone o do\'TI!:bbe imporre a chi la affronta l'offerta ed anche il sacriJicio di tutta la propria attività. E' illusorio credere che per mantenere un esercito sia suffi • e-ente che tutti i cittadini gli dedichino u.n breve periodo della loro atti'vità; questo può ed anzi deve bastare per i più, ma è i,ndispensabile che alcun.i cittadini dedichino all 'esettito tutta la loro vita. La premessa necessaria per la riorganiu.azion.c del nostro esercito consiste nel mito della de.mocratiz.za.z..ionedcll 'eserdto e nel saper ritornare a sani priodpii cli unità e di disciplina. Un ministro, responsabile politico, e un capo di Stato Maggiore • Comandante dei soldati • reggono una unica organiz.zazione militare, il mito deJl.a Nazione Armata ceda il passo ad una concreta ed agile istT112.Ìonepremilitare lasciata alla in.i1iath·a pdvata e loca.le1 ma controllata dallo Stato (a questo scopo avrebbe jX)tuto servire la Milizia Nazionale se non /=e tanto in.lettata di politica) ; si pensi a fornire l'esercito di moderne • macchine, e a prepa.rare l'industria nazionale ali.a eventualità di una guerra po:ichè • iL paes~ più /<>rte in&ùst-rialmen.te è oggi indipen.detùemen.t, da og-ni altra conside,-aziane, ·a più foru anche militarmente ,. Questi. sono i massimi concetti egregi.a.mente e,sposti e spiegati dal colonnello G,,tt:i nel suo ultimo libro. Di molte alt.re questioni generali e particolari tratta il ~clu.me del G~tti, ma, accennando,;, prohu,gherei troppo il mio scritto. Tuttavia voglio soffermarmi su due importanti constatazioni che mi sembra derivino logicamente da quanto è scritto nel libro • Tre anni <li '-·ita militare italiana,. Il colonnello Gatti espone con impressionante chiarezza ed efficacia gli straordinari progres,;i tecnici delle macchine da guerT'a. La micidiale poteru.a dei cannon.i, ma sopratutto degli aero. plaui, dei gas velenc,si e dei carri d'assalto è ormai terribile e tende a trasforma.re pr-ofonda,.. meni,, tattica e strategia, io una parola, tutta l'arte del.la guerra. La preperazione militare implica, oggi nuovi problemi sopratutto di carattere industriale e cli riflesso politici. ,\nche senza giungere alle esagerazioni chi dichiara che uno Stato per preparami ad una guerra deve mg. giungere la chimerica • indipendenza economica, ossia industriale od· agricola del paese, è sicuro che il problema del rifornimento delle materie prime e dello sviluppo delle industrie diventa importantissimo anche rispetto a.Ila preparazione militare d; una nazione. Ma se la guerra moderna impone agli Stati nuove preoccupazioni è sperabile che li I.iberi o almeno li sollevi dai pesi inerenti ai vecchi metodi di guerra.. Se storni di aeroplani sorvolando a quattromila metri i confini di una nazione potranno bombardarne i centri vitali ed asfissiare intere città, 5-e cannoni a lunghissima gittata potranno colpire da cento chilometri il loro bersaglio sarà opportuno predisporre una buona difesa anti aerea, costrn.ire molti aeroplani e preparare l'industria. nazionale alla costn1zione di m'olti proiettili per formidabili cannoni, ma sarà meno indispensabile agitarsi per la conquista di una ca.tena di montagne alta quattrocento metri ,.:,di un fiume largo cinquanta. Insomma mi pare che • i nuovi metodi di guerra. condannino quella pn litica del metro quadrato, della •quota• e ,lei',, scoglio che i nostri nazionalisti hanno sempre iuvocat.o per e: ragioni strategjcbe • anche a cc;c;to di grandi sacrifici e di gravi pericoli. Mi ricordo che nell'epoca della fissazione adriatica un alt, generale a proposito del famoso M. Nevi,;<, disse questo felice paracl0660: • M. Nevoso più, M. Ne. voso meno, faccio alzare un • d.taken • e vedo meglio!•· La configurazione del terreno della ,.ona di frontiera conserva sempre la sua important~,, ma ormai è assnrdo creden, ehe la sicureu.a militare di un paese di penda dal pos6e56o della

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