b 104 vato le condizioni del\ 'isola con la coscri7,io11e obbligazione, l'imposizione della fondi.aria e la denuncia del trattato di c01nmercio con la Francia. I da11ni della coscrizione obblgatoi-ia sono facilmente riconoscibili se appena si' ricordi la costituzione demografica della Sardegna J_X)vexisslma di uomini e la psicologia ribelle degli abitanti. L)impoSizioue della fondiaria fu compiuta nel 1vlezzogion10 e nelle isole con singolare severità e già per il Salaris il ca.tasto Ùo\·eva definirsi il libro delle 1nenzogne. In un comu.nello del Campidano si pagavano per ogni franco di rendita centesimi 31 di imposta! Per il sistema, Ji co11iti.ngente e pe.t' gli errori burocratici si gim1geva alla rovina dei proprietari e all'espropriazione for7..ata cli molti terreni per mancato pagamento clclle imposte. , Quando il popolo sardo avrà il suo storico - scrisse il Tuvcri - una delle m.a.cchie più vergcguose del governo piemontese sarà il catasto provvisorio dell'isola.! » Nei 1870 la Sardegna ern aggravata da un debito ipotecario di 76 milioni, ossia più di 3000 lire per ettaro, quasi il quadruplo del valore della te1Ta. Un indice <li questo malessere economico lo abbiamo dalle veudite forzose per mancato paga.mento di imposte minime, su cui è contpetente la pretura. Per 100.000 abitanti •si hanno in Sardegna r39 vendite davru1ti al pretore, men. tre il Piemonte ne ha 0,5 e la Basilicata 45. Su roo di queste ve11clite in Sardegna 17,r sono per debiti superiori a 50 lire, 6417 tra le 5 e le 50 lire, 18,2 per imposte infedori a 5 lire. Se a queste condizioni aggiuugiamo la rovinosa politica doganale seguita clall '14:alia nei ri. guardi della Francia che im{X)rtava bestiame daL la Sardegna prima <lell'87, non ci stupiremo che l'ecr>nom.ia agrat;a n~ll'isola abbia avuto un indirizzo completamente i?Tazionale. I proprietari delle teITe per ·1a loro povertà non possono pensare a radicali trasformazioni agricole: per sopportare il peso tributario essi hanno trasfor,mato i boschi i ncampi, compiendo· cosl una devastazione delittuosa quanto inevitabile. Dopo -il '70 si sono disboscati in provincia di Cagliari 91.000 ettari "circa e in provincia di Sas-' sari 125.000; cifre certamente inferiori al vero e che indicano come un decimo alµieno dell'isoh1: agricola sia., stata sconvolta 1 un decimo della terra sia stata votata a pochi anni di cultura granifera di rapina per poi essere ridotta a deserto esau.stio e incoltivabile Perciò ]'-aumento della cultura del gran9- è tutt'altro che consolante: segna anzi la rinuncia ad un.a a."gric'oltu1·aspecializzata e autonoma.: nel 1879-83 si coltivavano a grano r56.ooo ettari, nel 1909-r;3, 210.000 ettari, in gran parte usati per il consumo interno e prodotti soltanto per l'incitamento derivante dalla protezione sul grano. La siccità p0i non peTinette di conrt:!aJrseulla contin uit.,1. déi buoni raccolti col trascorrere degli anni perchè uelle annate asciutte nè le ter;e possono èssere pre.parate per tempo nè le messi, nè gli altri raccolti possono essere accurataìnente difesi. Nel 1913-14 i cereali e i fieni, per esem.. pio, in Sardegna si inaridirono tra. l'aprile e il maggio e il .raccolto fu disastroso sino a determinare non solo· la mancanza di esportazione, ma anche ~In carestia all'interno e un forte au- 'mento di emigrazione. GE ostacoli di indole sociologica .che si Oppongono ~ll'agricoltura si.-possono riaSSu.mere neUa comunità delle terre e nella suddivisione dei fonçii per causa suçc-essoria, derivanti da11'atta.ccamento dell'isolano alla terra e causa continua dell'eccessivo frazionarsi dei poderi. La storia 'della comunità delle tèrre jn Sardegna è singolare. Il Marquar~t, il Pais e il Besta hanno dimostrato che essa risale al tempo antico: il feudalismo effetfo della conquista non ebbe dunque alcuna funzione di causa per questo regime p_-rimitivc e misero. Del resto come Si è notato, il feudo in Sardegna viene a<l assumere fisionomia tutta particolare per l'ambiente stesso in cni si forma. Consiste .ordinariamente nella assegnazi,one dai principali partecip-i delle im-' prese del conqulstatore di varie estensioni di terra spopo·]ata, coi pochi abitanti ceduti come armenti con i loro averi verso cui il concedente delega ai suoi rapp-resentanti diritti di sovranità, d-i giurisdizione e di diritto eminente. Data ]'ampiezza di queSte terre i rappresentanti venivano a trovarsi in condizione di estranei e anche durante il regime féudale permane caraitteristico i1 domini-o utile che ]e popolazioni cedute esercitavano ab origtne di fronte al dominio eminente del sovrnno. In queste condizioni è chiaro come nén si potesse avere sfrutta.mento cleUe terre se non a mezzo della comunione, attenuata poi ~a non mai venuta. meno attraverso i dj11itti• cli ademprivio. Non ci stupiremo che ancora nel secolo sc01'so le terre incolte occupassero tre quarti dell'isola. Non si sa come fosse regolato dagli antichi i1 godimento delle ten·e comuni. Pare che il metodo fosse au.alogo a q11ello degli antichi ge~ma.ni o:>er cui nei terreni dedicati al pascolo le prestazioni si ~ pagavano in pror:>°rzione dei greggi introdotti; mentre alla co~tivazione era assegnata annualmente una vasta zona cii terreno, destinato alla coltivazione dei cereali necessari per il consumo e distribuita in eguale misura per sorte. . I territori risultc'l.vano cosi divisi in due parti • delle quali l'una detta 1Jidazzone si circondava 'con una siepe e si· seminava per un solo anno. Dopo il raccolto anche questa. terra doveva riaprirsi al pascolo cioè ritornar paberile. Questo sistema di avvicendamento era il migliore ·che si potesse escogitare per far riposare sempre_ pe~ un ~um0 la tei:-ra guando era. ignota la co11c1maLA JUVOLUZIONE L!JIERALH zione. Ma in Sa1degna l.: rimasto come uu anacronismo sino ai nostri giorni : cosi l'agricoltura compie in due soli anni il suo rnisc-•n1bile viaggio, se117...aprati, se117.,arotazione, sc:m•,a staJle. • J1 c011La<linoerrante quasi come il pastore - scrive il Ca1taneo - ven<le le braccia a giorno o a.ppigionan<lo un campo per l ';wnata, c01ni11cia coll'indebitarsi della semente al monte granai io o al signore del fo11do 1 e al tempo della messe, pagalo l'affitto e la dee-ima e le irnpo.:itc, app-cna salva un tozzo per la fame. Cosl, mutando terra ad ogni tratto, perde molte ore per lrasdnars-i a piedi o a cavallo c!al casale alla deserta. 'Vidazzo·ne,. « Tale sistema - scrive il Lei-Spauo _ se era il naturale, era il me-110 proficuo agli interessi dell'agricultura isolana, anche perchè era generalizz.ato. Esso portava tutti gli inconvenienti e i disordini che si producono nell'uso e godimento delle cose comuni aggravate dagli istinti predatori di popolazioni non incivilite, dalla mancanza di affezione e.la parte del possc--ssore a terre nou p-rop'l·ieche dopo un anno cli lavoro si dovevano abbalHlonare; dai furti che vi si commettevano snlle bi,1de ancor pendenti; dai danni che vi cagionavano i comunisti e non comunisti col passaggio abusi ,·o e i bestiami con le continue io.Vasioni n011 impedite dalla debole siepe che nessuno aveva interesse a mantenere in buone co11dizio11ied a riparare. Fatto si è che nelle terre icomnni nou sorse mai nè poteva sorgere un albero,1 perchè nessuno era cosl balordo di pian. tarl6 per gli altri,. Dei danni di questo regime si era usi incolpare nel secolo scorso i feudatari assenti e negligenti. L'abolizione del feudalismo ha dimostrato 1'errore di ques.-ta tesi. La nuova" media borghesia succeduta nel secolo scorso ai feudatari è rimasta come quelli assente e negligente: non ha fatto sorgere in nessun luogo una ver.a e prop<Tia azienda. agricola, si è dedicata agli imp,ieghi e alla politica; gli sforzi per sostitùire la IIlezza. clri.a al famulato riuscirono poco fortt(nati. 11 fatto è che la Sardegna non ha ricchissimi proprietari terrieri come- la Sicilia, ma non conosce una- vera e p.1·op-ria separazione tra padroni e salariati poichè i rapporti economici conservano un,..carattere affatto patrian::ale. La Sardegna si può considerare un latifondo soltanto se si bada al metodo òi cultura estensiva a pascolo brado 0 1 a cereali. Ma in Cjuanto a.. regime di proprietà il vero latj..fondista. in· Sardegna è tuttora il popolo sardo, il quale usa di estE:sissime teITe secouda la consuetudine e.lei diritti cli ademp-rivio. Cli aùcmprivi dovrebbero essere stati aboliti da una leige del 1865, ma in realtà si estendevano prima della gu~ra su una zona di circa. 150.000 ettari e. nou si era riusciti a sopprimere 11è coi t~ntati vi' clj cessione a Società capitalisti- . che prlvilegiate 1 nè con la quotr1zi~ne tra i comunisti. In realtà i beni ademp-r~vii sogget~i a pascolo collettivo non sono Suscettibili alla cultura per prova secolare. Nessuna riforma può fare che essi siano venduti quando non sono coltivabili fruttnosat':oente. Si muterà il dhittò d'Uso collettivo nella forma, ma non nella sostanza : anche il Valenti si lim.itò a proporre di cedere i beni ex-ademprivili in libera proprietà collettiva agli agricoltori poved e.li un paese riuniti in Consurzio. 1 meccanismi burocratici delle casse ademr privili non fara1u10 cli p·iù. ~11>i;olor-imedio sarebbe il rimboschimento e.love e possibile. senonchè anche per questo ci vogliono i capitali che ~ell'isola mancano. Bisognerà accontentarci per ora di P'rep,arare una proprietà terriera meno p1·imitiva in questi luoghi coll'attibuirla ad Enti collettivi interessati, ~nza inter- _vcnto di Enti pubblici. Vane S6M dunque 11, prcdkhe dei progettisti che rimpiroverano ai sardi cli lasciare le terre incolte, mentre la scienza agraria insegnereb0e ta11ti specifici per far fruttare "la terra. L 'agricoltore sardo ccmosce be11issirno il proprio interesse e dove può adotta un ciclo a~rario che se:: non è modc.ruo è però razionale: grano, fave, leguminose. lYla. fuori delle pianure deve limitarsi alle culture e.li rap~na: orzo1 grano, ccc. Le culture arb01·ee haWJo un'importanza p1 t.irfroppo assai limitata. L'epidemia fillosser-ica sop·raggilmta per caso proprio iusiem,e all'ondat;i.1 protezionista ha rieletto a pascoli alidi le vigne che jll(::omiuc-iavano a.. prendere grande importan_ z.a. L'olivo e il frutteto sono curati soltanto intorno a pochi centri abitati p-er imprescindibili ragioni clemogrnfiche. L'arancio prospera nelle riviere. Soltanto a Dorgali sulla riviera orientale le donne raccolgono qualche seta che film10 col fuso tessendo poi al telaio "dei rustici pannilini. Lino e canapa non banno attecchito; e <li cotone a stento v'ha no.a manifattura a Cagliari. Il riso non fece buona prova. Nel periodo di intenso fiorimento che va dal '60 ali' 'So in cui ritroviamo G. A. ·Sauna, ge-niale figura cli intraprenditore, l'isola assistette alla distruzione del suo patrhnonio boschivo per l'insaziabile ingor~ cl:igia dei legnaiuoli forestieri. Dove non ·ha agito la scure agisce l'incendio, o la devastazione p-rodotta dal pascolo. Dal fuoco sono minacciati anche i sughereti che porgono lavoro a Nnoro e a Ternpfoi perchè la Sardegna diventa ogni estate un bracie,-e. Così accade che intere regioni prive di alberi non abbiano altro combustibile fuorchè sterco animale disseccato. Se i soli prodotti di esl}ortazione agricola sono il vino, le conserve di pomidoro e le nlandprle, olfre all'olio d'oliva dato dalla provincia di Sassari, non ci dovremo stupire se anche nel mondo moderno si continuò a pensare alla Sardegna come rd granaio d'Italia. Il programma cli Ca- ,-our, JJutrito i11 questo catnpo di molte iJlusioni, era analogo. 11 giudirJo di Cavour non si può spiegare se nou si tiene presente l'avversione del grande statista per la Sardegrni: purtroppo tutta la politica posteriore congiurò a dargli ragione e la cullura granHe-ra di rapina fu resa int:vitabile dal cli.sboschim.ento e dal r= tributario. La vita isolana. pot(: rifiorire verso il '70 per l'allevamento l'azionale del h0;tiame che prese I.argo sviluppo ncll'Oz.ierese e nell'Oschierese. Si ebbero in quel tempo anche le prime opere pubbliche e i primi tronchi ferroviari: l'esportazione del bestiame bovino verso la Francia anunont òa parecchie decine di milioni all'anno. G. A. Sauna, dcp1.1tato1 banchiere 1 giornalista, fondava nel 1871 in Oristano la Banca Agricola Sarda per dare in.crem,ento alla produzione e al commercio del bestiame e all 'agrico1tura. Questo pe1-io<lodi intense iniziative economiche dà perfetta.mente ragione alle nostre premesse e dimostra incontestabilmente come agricoltura 1 commercio e industria debbano aiutarsi reciprocamente nell'isola, coordinarsi e procedere in modo adeguato e liberamente organico. L'incremento del bestia.me doveva naturalmente determinare un incremento agricolo in quanto risolveva la pregiudiziale tecnica per un 'agricoltura intensiva: il problema dei concimi. Il commercio del bes.tiarne alla sua volta poteva poeo a poco creare i capitali mobili necessari. E1 significativo che contro il pensiero di tutti i declamatori e progettisti di terre incolte e di sistemi agrari scientifici, la nuova ag1icoltura e la nuava vita economica sarda. accennasse appunto a sorgere irutorno al nticleo iniziale e fondamentale di risorse offerte dalla pastorizi.a. Contemporaneo a questo es-perimento di vitalità economica assistiamo all'affermarsi d'iniziative per la coscienza politica dell'isola: la· ispirazione comun_e di qnesti sforzi è il repubblicauismo mazziniano, anzi più specialmente il programma /Sociale e operaio del pensatore genovese. Purtroppo la rottura del trattato di commercio con la Francia interrompeva 1'esportazione del bestiame e dei vini fi. J\1arsiglia e poco dopo la fillossera distruggeva quasi completamente le vigne sarde. A queste sventure si aggiunsero gravissimi disastro bancari connessi con la crisi del creclito nella penisolh. Nel 1886 si dovette chiuc.iere la Cassa di Risparmio di -Cagliari 1 nel 1887 falH il Credito agricolo-industriale f-3.rdo e la stessa Banca Agiicola Sarda.. non riusciva a salvarsi dall'ondata generale e doveva pochi anni <lop_oridursi alla liqùidazione. Nel periodo cli de:p-ressione economica che seguì gli allevatori perfezionarono le lort tecniche ·e cercarono di sostituire a.i Marsiglia i nuovi me1·cati di Genova e di Palermo; i viticultori si diedero a ricostituire le vigne con cepp,i americaui. Si ebbero anche alcuni tentativf cli i11- <lustria. On.a rivoluzione economica fu effetto dell-'emigrazioue cli romaui e napoletani in Sardegua allo scopo cli sfruttare il basso prezzo del l9tte per accrescere la prod117,ione casearia industria1izz.ata clella ,Penisola. Si vennero cosi rinnovando i metodi cli fabbricazione del formaggio, sì migliorò 1'allevamento delle pecore e si ebbe una rivalutazione dei prezzi del pascolo, del latte e dei prodotti deriv-anti. E' un'industria che si è sostituilta alla ma.rìifattura domestica provocando grn vi ii percussioni nell'economia generale, coll 'esteudere la pastorizia a spese del\ 'agricoltura. e col rincarire i latticini cbe fo.rmavauo col pane il priucipa1e alimento dei contadini. Cosi l'industria moi;:lern,1c. ominciava in Sardegna con .le trngiche sommosse del 1906·cui tenne dietro uri incremento dell'emigrazione transoceanica e un sensibile pe-ggiora,mento delle condizioni demogn1fiche del paese. l Ma passata la crisi l'ambiente commerciale sardo riprende nuoYo \·igore. I c;iseifici •danno la fisionomia generale all'economia dell'isola e. descono a conquistare i me-rcaiti americani determinando così un a(:flusso. di denaro in Sardegna. Vedremo la nuova psicologia sar<l..asorgere intorno a qnesta moderna trasformazione dell'antica pastorizia. E1 per ragioni sopratutto psicologiche che noi guarcliamo con 1naggior fiducia a queste iniziative orientate in un senso tradizio11ale invece che alle risorse minerarie che appartengono forse all'avve11ire 1 ma in· cui per ora non si riesce a vedere limiti precisi. Il costume politic0 prOmosso nell'Iglesiente per l'ambiente minerario corrisponde a ull-0 'geuedco propagandismo socialista messianico. Le condizioni politiche pregi,udiziali per il P-rogreclire dell'agricoltura vanamente sperato attraverso i secol:i sembrano oggi consolidarsi. Oggi s-i può parl3:re cli far sorgere la civiltà nei monti perchè non possa più incombere sulla pianura. un perpetuo nemico della cultu:ra e del risparmio. Da un lato la piccola proprietà, l'esisten7.a di famiglie che coltivano i loro ulivi e le loro viti si oppone allo spirito cli vagabondag. gio e di raprina. Il bestiame raccolto nelle stalle feconderà la terra oltre a. costituire cli per sè una ticchezza di prim'ordine. L'intensità della lotta contro la malaria e il miglioramento de1 credito agrario saranno per l'avvenire Ja mis-ura dei progressi che Peconom.ia sarda saI}rà per i suoi liberi sforzi realizzare. La laboriosa lotta po-litica degli anni scorsi e il mo- .! vimènto di studi promosso -intorno al Partiito s·ardo d'Azione, pur attraverso tutte le intemperanzei ci sono gara.inia che nell 1ìsola questi terminj del problema.. stanno per essere compresi. CONDOGLIANZE • Conrl()glianze a Gubello Memn-.oli, gentilvonw e C()lleqastirMbilissvmo, nuovo direttore del Corriere I tali ano, al posto del commendatore Pilippelli, cor11,plicenell'assassinio di .11 a/leotti. Savr/4arM perfettamente che G1.1/Jello M emmoli, reduce da un lungo viaggio all'estero, assume la carica per spi-- rito di dovere: rrµ;.avrmnto per questo, crediamo che sia una cosa triste, oggi, ascendere al seggfo dire/t()riale di un giornale /ondot/J dal corNm. Pilippelli ... Condoglianze. Condoglianze ad Antonio Baldini, della c1.àamicizia ci onoriamo. Egli è stato il più gaio e .sugoso collaboratore della terza pagina del giornate di Filippelli. Sapf/Ì.amo benissimo che, rrrobabilriiente, il pacifico e pigro Baldini non conoscerà neppure il suo dinamico direttore: ciò non toglie che, oggi, sia una cosa tri.ste ricordarsi di essere tttato collaboratore - letterario, s'intende! - di Filippelli. Condoglianze, dunque. Condoglianze ad Ardenqo Soffici, tanto inattaccabile galantuomo, quanto attaccabile filosofo. Siamo sicuri che il comm. Pilippelli non leqqeva mai le tetre articolesse filosofiche del buon Soffici: altro aveva da fare, il co·mm. Pilippelli ! Ma Ardenqo Soffici ebbe il torto di non darci retta, quando sommessamente lo consiqliavar;w di lasciar stare la controriforma, e di ridarci la vacca: e perciò ogqi egli conosce la tristezza di ricordarsi di aver ricevuto uno stipendi.o dalla casso: del giornale del comm. Filippelli. Condoglianze, dunque. Condoglianze a Curzio Suckert, ingenuo omo d'anne, il quale credeva di essere il più terribile della comitiva, sol perchè Alfredo, Panzini, un [/i.orno, lo chiamò " lanz-ichener:co sassone i>. Oh, caro Curzio, tu non sapevi che il direttore del Corriere Italiano, era un lanzichenecco fuor di rMlafora senza seduzioni bellettristiche, rna munito di automobili pronte ad accoqlie"re fior d'assassini. Certo, tu non sapevi: ma, ogqi, dev'essere triste ricordarsi di essere stato l'articolista di fondo del Corriere Italiano quando lo diriqeva il comm. Pilippetu. Condoglianze, dunque. Condoglianze a Guido da Verona, viveur leale e squisito, che altro sanque mai non sparse ali' infuori di quello di innumerevoli vergini, oflerta grata a Venere Libitina e ai mani implacati di .Wata Hari. Certo: quando il commendatore Filippelli, curvo sul manu/nio dell' auto rombante, chiedei-a a Guido suo con,pagno - d·i viagqio, oh, di viagqio ! -- di scrivergli un· romanzo d'appendice degno del Corriere Italiano, Guido da ·Verona perfettamente iqnorava quale terribile ideatore di romanzi gli sedesse accanto. Però, oqqi, dev'essere un po' triste ricordarsi di esser saliti sia pur per breve gita sulle « au/ombili personali" del commendatore Pilippelli ... Condoqlianze, dunque. E condo_qlianu a Guelfo Civinini, audace pioniere del/' Impero italico fra le « am bP ,, abissine: il quale, ignaro di tutto, viaggia con lettere e commendatizie del comm·. Pilippelli. Giornalista corretto e uomo onesto, egl'i forse sta scrivendo ora una brillante corrispondenza su qualche razzia sanquinosa di cavalieri barbari: .e non sa che il suo qeniale ex-direttore, comm. Filippell-i, in quanto a razzie è capace d'inseqnarne a tutti i ras che vivono tra il Nilo Azzurro e l'Uebi fcebeli. "io: per quanto la vita abissina tempri il cuore e lo renda pelosissimo, non d_eve essere cosa lieta ricordarsi, un (IÌQ71W, di essere stato inviato speciale del Corriere Italiano, ai tempi aurei - e san• guinosi - del comm. Filippelli. Condoqlianze, dunque. E condoglianze, infine, a Giovanni Gentile, che per moralizzare il .qiornalismo ave_ va escogitato gli esami di Stato ... per i direttori di giornale. O ministro colpito da un colpo di sole, e quale esaminatore mai avreste preposto a sondare la preparazione del comm. Filippelli? Uno solo ne conoscevo, specializzato nel genere: e fu Bonnot: ma cadde morto sotto la lama della ghigliottina. Lui solo poteva dirvi se il comm. Pilippelli poteva o no dirigere un qiornale ministeriale: G. A. " b'Eao DEbbA STAillPA " il ben noto ufficio cli ritagli da giornali e riviste fondato nel 1901, ha sede ESCLUSIVAMENTE io Milano (12) Corso Porta Nuo'"'.a,. 24. O.G.E. B. - C<>TSQ Principe Oddone, 34 - Torino P1&1w (;uRETI'l - Direttore--respo,nsabil11
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