La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 38 - 4 dicembre 1923

lii6 LA RIVOL_QZIONE LIBERALE LA ViTA R.EGIONALE La borghesia triestina Non credo che a un osservatore spregiudicato J)O{i,Sasfuggire il fenomeno di quel.l'assoluta indifferenza della borghesja triestina di fronte alla politica nazionale e di quel suo vuoto 1 pnew:ua.tico intorno aJle iniziati ve dei vari partiti èhe hanno presunto successivamente di parlare in suo nome. A questo punto qualcuno potrebbe - forse - obbiettare che tale fenomeno non è affatto pe- _culiare all'ambiente b~estino, ma che ba invece una portata nazionale. Si può concedere abbastanza a quèsta obbiezione che allude alla soppressione della lotta politica per effetto della dittatura fascjsta. Mi pare quasi di vedermelo davanti : il buon cittadino generico, l'tiomo comune con la pancetta, the ·m.an oj the street, militante per tradizione o vaga simpatia ideologica nel campo della democrazia, alle prese con quella satanica identificazione di fascismo e nazione. ì\'fe lo figuro anzi nelle sue contorsioni per resistere, novello Sant1 Antonio, a quelle suggestioni militaresche, a quelle seduzioni coreografiche che tentano la libidine fautasiosa, rettorica e teatrale della sua natura di buon italiano di razza. Che dubbi amletici ! Cbe tragici monologhi ! T o be or not to be! Kazionale o antinazionale? Lo so anch'io : i casi sono due : o il mio uomo si abbandona nelle braccia ùe11; sirena fascista; o manda alla malora partiti, amministrazioni, governo e l'vlussolinì, per occuparsi soltanto dei propri .i!nteressi. Comunque bisogna riconoscere che in tutta l'Italia settentrionale e centrale questo riienefre• ghismo per la cosa publica, il quale ci offre, periodicamente, quel suggestivo spettacolo delle diserzioni elettorali (bel risultato davvero, della dittatura), non ha ancora impedito che nuclei battaglieri si stringessero intorno alle vecchie tradizioni democratiche, socialiste, repubblicane· dei maggiori nuclei urbani. E io credo anzi - mi si conceda questo inciso - che proprio in questi nuclei debbonsi in.traY- \-edere quei germi che renderanno Pltalia futura una patria abitabile. Ad un patto però! Che rimangano se stessi, che s'irrigidiscano nelle proprie posizioni ideali, che non cedano ai ricatti sentimentali del <patriottismo•, che eludauo anche le trappole del «combattentismo,. Allora la loro intransigenza, Ja loro .: disperazione eroica »., come direbbe Piero Gobetti, eliminando autonfaticamente gli arrivisti, i parassiti, i pasticcioni, le anime in pena e i Don Abbondi della politica, sarà la miglio-re pedagogia del popol~ italiauo, parte del quale vediamo oggi come impazza dietro al tiranno buono dalla faccia feroce, che compartisce benefici e sagre e dispensa ognuno dalle fatiche e dalle sofferenze della lotta politica! Ma il fenomeno risponde a Trieste a delle cause del tutto originali. Guardate: qu:i nemmeno il fascismo è riuscito a raccogliere quell'adesione intima e attiva, quel fervore religioso e sincero dei ceti medi che gli hanno fatto guadagnare, ·altrove, la. palma della vittoria. Se il fascismo a Trieste avesse aspettato dai « paesani > sarebbe ancora oggi ben poca cosa. Ad ogni modo sarebbe altra cosa. Infatti le premesse psicologiche dalle quali germinò generalmente il fascismo non potevano sussistere qui che nell'esiguo gruppo dei volontari di guerra e in singoli elementi già assimilati a1lo spirito italiano; gli unici per i quali la politica presentavasi, Ji primo acchito, sotto la specie non più triesltna, ma nazionale. Per averne la conferma basta leggere il ma11ilesto-programma del primo Fascio Triestino pubblicato nel novembre 1919. Invauo voi cerchereste quei tipici postulati rivolµzionari del fascismo romantico di allora. Ma troverete invece una abbondanza di affermazioni cosi vivacemente regionaliste che oggi sarebbero incriminate per lesa-nazione. Ora., chi entrava in quei giorni nel fascismo triestino? Reduci di guerra, qualche gruppo piccolo borghese della sinistra democratica del vecchio partito liherale, e una gran massa di ex-regnicoli quasi a rifarsi di quella fonata astinenza politica dell'anteguerra. Ma la stragrande maggioranza della borghesia, grassa '= magra, restava aIJo stato ca.otico, inorganico, non s'inquadrava in partiti, presentava una mutria impassibile a ogni fermento politico che tentasse di avvolgerla nelle sue spir<:. U,.1i confluiscono cause storiche, psico1ogiche, economiche in gran parte - e anche strettamente indi vidua1i - a esaurire iJ (enome110. Borghesia grassa. Banca, finanzieri, armatori, grer.:-;iindustriaH. Vecc:hie conoscen7..e. Sappiam0 berJssimo cos'erano. 1\folte le mosche bianche: _quanti? - nazionalm.c-nte opachi, ligi·al go- ,·erno austriaco - anche per la logica dei loro interessi - ma pri d di velleità politiche, genl.c: d'affari, ralJib del partito liberale al quale regalavano i voti contro i socialisti. Unica loro hriga nel dopoguerra : quella <li risolvere i propri casi individuali presso il governo italiano, direttamente, senza mediazioni politiche; di farsi perdona:reJ'austriacantismo e d'inserirsi proutamc.41. te, con tutti gli onori di casa, ne11'economia na• zionale, per viveré come prima., meglio ili pri.ma. La media e la piccola horghesia si daranno invece alla pazza gioia, e crederanno che venuta et l'Italia, a tutito e per tutti .dovrà oramai pensa.re il Governo italiano. Entusiasmo, esaurimento, stanchezza, se volete. Ma anche mentalità paternalistica, ieri austriaca, oggi mussoliniaua. Curiosa coincidenza. Il patriottismo di queste classi 11el' antegtterra era foggiato :in una guisa speciale. Già non poteva essere, salvo uno sforw eccezionale di coltura, quella immersione piena nello spirito naiionale, qu.el sentire l'Italia come inrinseca a me stesso, quel rivivere e riconoscere i fatti della sua carne e del suo s•pirito, pregi o difetti, storia, coltu.ra, politica, come inerenti alla mia crune e a1 mio spfrito, come cose mie. Ed e.ra, invece, un'adesione estrinseca, rettorica, rituale, qualchevolta estetica, a un'Italia lunare, lonf:ana, e di per se stante, astratta, ideale, a cui si attribuivano tutte quelle perfezioni, quelle virtù che si negavauo all'Austria. _Italia come idea dì pa'1-ito. Voi so;·pre11dete qra questa borghesia, ai lumi spenti della redenzione, cosi politica,:nente disorientata., impacciata e quasi &1.uarrita,che vi sembra un piccolo squalo fuor d'acqua. I suoi gruppi più attivi annaspau9 affaunosamente per cercarsi un addentellato con la realtà nazionale all'infuori del fascismo. Non ci ri_es~ono. Osservateli bene: Ri.nnova,nento, Pa,,,tito dem,ocratico~nazio11.ale 1 Pa:rtito riformato,re, Partito riformista. Tutti spettri apparsi tra uno sbacliglio generale, vaganti come focherelli fatui in un cimitero cli consensi, scomparsi in un giorno qualunque - insalutati ospiti - senza un ricordo, nè u'll. rimpianto. 'Ci so:no ancora, voi dite, gli « ottima.ti », stinchi di martiri, d1 el vecchi·o liberalismo prebellico. Ma stanno tutti attorno al Governo col conto alla mano dei sacrifici compi11ti per la Patria. Lasciateli fare. Alb'i npoliticiens n di rincalzò mancano. Dei nazionalisti parleremo più avanti. • Questa latitanza della borghesia triestina dalla politica, porta per logica delle cose, quell 'influenza, quell'inframettenza, quel controllo eccezionale del Governo nella vita locale, da cui p~omana e si diffonde nello spi~ito e nelle abitudini cittadine una morale untuosa e servile; propria d'el vivere in colonia. Neppure il fascismo sembra sfuggir'e a questo_ rio destino. Ha l'aria, troppo frequente, di servire _il Goveq,o per alti scopi di polizia politica in Un paese ritenuto infido. Ad ogni modo va in auge. M".asecondo il mio '-avviso, nè la lotta per Fiume e per il confine Giulio,' uè la caccia grossa a.i comttrui_sti, chi pure attizzano nei ceti borghesi le tradizionali velleità antislave e antisocialiste, sono sufficienti a spiegarne .il successo. La ragione per cui il fascismo riesce a domi1iare, senza contrasto,· la situazione, bisogna rice·rcarla altrove. E' in quell'irrompere fragoroso entro i suoi quadri di una nuova piccola borghesia: commercianti, commissionari, professionisti, impiegati>, spostati - i:ntellettuali - qui smobilitata o sopraggiunta dalle altre regioni d'Italia, eh 'è in preda anch'essa a quell'ist..erismo nazionalista da cui sono affetti i ceti medi italiani nell'ora che volge. A questa piccola borghesia - piena di iattanza - s'aggiunge poi il contributo del Lumpen•Proletariat merirlionale che i triestini sprezzano senza· conoscere le dolorose vicend.e di quel popolo buono e generoso. C9sì una lotta a coltello si dibatte tra questi ceti jmmigrati e i gruppi fascisti della borghesia indigena, proprio nell'interno del Fascio, per la conquista dei posti meglio rimunerati di controllo e· di comando. Lo SJ)'lruto partito nazionalista - noviziato politico di un gruppo di gio- ,·ani intellettuali, forse i migliori della borghesia che scalducciarono nel p1·op1ioseno le cocche dalle uova d'&ro della plutocrazia triestina - ehbe il suo quarto d'ora dì celebrità il giorno in cui vi si rifugiarono i disertori « paesani » del fascismo estenuati da una lotta in.eguale e sen1..a ne.~suna speranza cli vittoria. La cc,nclusione è triste come un ricordo d-i cos< morte. J ,a borghesia trie,,iina non ha saputo -inserirsi profondamente nella ,~ta nazionale, ed ha fallito davanti al suo più alto dovere. Poi si I: abbattuta, come fracida, su se stessa ed ha abbanrlonato Trieste al 5UO desti no... Soltanto di fronte al proletariato « venduto alla Jugoslavja 11 ha saputo di volt.a in volta esseTe vigile e ritl'ovare gli antichi sopiti spiriti gueTrieri. Contr'o di esso fu spietata come ve1·so una razza nemica. Non clisarmè, nea11chc da.vanti ai morti <lella guerra ci vile. Non m1 rng-gio di bon- I t..à, nè di obHo. )çon un saluto. Xon m1 fiore. Bisogna invece oltre a11c apparcnrA.'.,oltre ai miti, guardare in fondo alle cose. A un me.<;t dalla redenzione il proletariato trjest,ino entrav~ lléllc fila rlel proletariato nazionale. Ne formava un bk,cco solo, unita.rio, compatto. :."\onimporta S(!: coi miti internazionalisti. Ubbidiva a Roma, e; non importa a chi : se a Turati o a Serrati o a Bordiga: ubbidiva a capi haliani - c.-ccol'essenziale ·- mentre la borghesia, con tutt..'lla sua rettorica, illividiva in quel suo gretto egoismo parrocchis le. Bisognava guarda1'e in fondo alle cose. Le masse triestine piegate sotto n11a ferrea disciplina di partiti rigidamente accentrali e organir,7.,ati su base nazjonale; l11iziate alla conquista di uno Stato operaio, diverso di contenuto, ma non meno italiano dello Stato fascista, posto dalla logica inesorabile della lotta di classe di fronte a obbiettivi classisti nazionali, incominciavano allora, a sentirsi parte integrale del popolo italiauo. GABRIELÉ FOSCHIATTI. Il fascismo in !Romagna Prima dell'a marcia su Roma nella Romagna vera e propria, e cioè 11elle due prnv:incie di Ravenna e di Forlì, il fascismo non è mai riu'scito ad avere un'influenza preponderaute, impedito nella sua espansione 1 dal.la resìstenza dei vecchi paliiti politici 'raggruppati attomQ.. alle organizzazioui e ai Comuui, quanto da.i sistemi di lotta analoghi escogitati da qualcuno f1Jaessi ne] vicino e lontano passato. • Le spedizioni punitive in Romagna hanno avuto il loro precedente storico nei famosi , cicloni • del r9oS, cioè nelle occupazioni di terre private da paste dei braccianti rossi cap;tana.ti da Nullo Baldini e dall'allora direttore della forlivese Lot, ta di classe, ora pres1dei1te del Consigfio on. l\1usso1ini ; e le persecuzioni personali banno avuto il loro sbocco nelle gesta, anch'esse famose, dei repubblicani accoltellatori, nonchè nei reciproci boicottaggi e nei tragici episodi di Cesena e di Voltana. Questo per dire che, almeno come metodo, il fascismo al suo primo apparire in Romagna non ha avuto graudi possibilità di successo perchè sulla « piazza.,, esistevano già concorrenti temibil'i a vincere i cgiali se per uno, per il partito repnbblicano, lia molto giovato il tenden7ialismo idem delPon. Mussolini e l'avito antisocialismo dei bottegai anticlericali; p~ il secondo, e· cioè per l'organizzazione cooperati-va rossa, c'è voluto l'illegalismo legale della marcia su Roma, perchè non è bastato l'incendio della sede centrale delle Cooperative ravennati avve- ~ nuto nel 1921 e l'olia di ricino e le bastonate prodigate a qualche ca.po. Le pocl1e scaramuccie contro i comunisti cli prima della « marcia,, non si possono chiam.a:re una battaglia a fondo ingaggiala contro, gli scarsi e deboli elementi bolscevichi della regione; ma piuttosto devono, essere considerate come gli episodi reattivi d'u.µa felice simbiosi oggi compi u.l:h tra gli elementi giovanili e turbolenti, per • inconsapevolezza militanti in pruiiti diversi, perchè ignari d.el comune fondo spirituale e del comune grado clii sviluppo civile. Cosi oggi vediamo incolonnati nelle centurie della milizia nazionale gli arditi ros&i del '19 e gli squad'risti repubblicani di tutti i tempi; mentre nel campo politico veiro e proprio rivediamo a galla i molteplici rifiuti dei vari partiti, e nelle sezioni trionfare. gH ex-rivoluzionari e gli ex-bonzi verdi e neri, che per bi loro im.mo.: iralità si aveva diritto di credere' per sempre radiati dalla vita politica. Sembrerebbe strana questa mir'aco~osarisurrezione se non servisse a dimostrare che la vantata· rivoluzione fascista non è stata viceversa che la. liquidazione finale della già scossa autorjtà sta.tale e l'insurrezione deUa vecchia· classe diri'gente co11tJ:ola 11t10va che stava sorgendo --- anzi era già sorta - dal duro tirocinio della guerra rinnovatri.ce. La marcia su Roma e l'illegalismo legale che ne seguì, prnrlasciando intatte le posizioni politiche della vigilia, a sorpassare le quali sarebbe stata necessa:iia una tivohtlione politica sul serio o una evoluzione in meglio delle coscienze, non offrì ai giovincelli di belle speranze ed ai " risorti » che la mani s.c'llvaper con1piere una . serie cli abusi, a cui prima non si sarebbero neppur arrischiati di 1~11:,1re. Il fondo anarcoide clella razza, non mai domato, iigurgitò. I passivi - che nella «generosa» Roma.gna son tanti da non 11111.nagiuare- s'acconciair'ono subito alla volontà dei nuovi « padroni ». Basti rlire che la maggi01· pru·te dei passaggi di cooperative e di leghe rosse ai sindacati fascisti è posteriore alla m.arcia su Roma, quanto le imposte dim.issioni di parecchie Amministrazioni c01nunali; ·e quanto le conseguenti inscrizioni ai Jasci di molti impiegati; cosl cl1e oggi vediamo il capo-lega socialista leggere ancora - forse per nostalgia? - l'Avamti! e la Giustizia, ma anelare anche a votare per la lista fascista e prender la Messa dtu-ante i giorni di «sagra» delle commemorazioni, e H capo-ufficio e lo spazzino e lo scribaccino del Comu.ne fregiarsi del distintivo fascista co11a stessa sfacciataggine con cui ieri ancora si fregiava di quel.lo re:publicano o socialista., o co11 cui saliva la gradinata de11a Calle· drale per farsi vedere eia quelli de11'Ammi11istrazio11epopolare à.d andare alla :Messa di mezwdl. Quindi nuìla di cambialo, anche nelle faccie; o tutt'al p·iù, se un cambiamento è avvenuto, esso consiste in ciò : che i giovani sono stati violentemente- allontan:.: .l':i. vita pol,tic--a per ]asciare <Hnuovo i I l . >.:>toal le vecchic avariate carcasse, che nel la violenta tra5formazione dei qtL'\- dri politici del dopo-guerra, s'erano ritratti dalh circolazione. Cosi, -in grazia al fascis1no, riton1ano Stl!lla scena, ttavestiti, i vecchi campioni del liberalismo, del radicalismo, clella1 loggia e del repu.bb1ica:nisn10"ancien régime », per cantare « Giovinezza.! ». Ics. POSTILLE Jlemmeno la Spagna Nemmeno la Spagna cattolioissima è pronta a dar consolazione al cuore angoscia.to del Ponteryce. Il Re Alfonso è venuto· e s'è prostrato; ma· nell'atto d'omaggi,c, non ha voluto che si sentisse pesare neppure un'oncia d''Ulniltà; nella lunga e infiammaba allocuzione ha cercato che non ci fosse neanche l'eco delle parole di pace che tante vol-- te, dal Hl14 in qua, son state ripetute al mondo dall'alto della Santa Sede. Nella bocca del suo Re la Spagna non è una nazione fedele che si sente parte della Cattolicità e accetta e invoca a suo ammaestramento la parola de.I Vicario sàcro; ma .quella che dei miracoli della Vergine e degli spas1m1 delle Sante crea il fastigio delle sue glorie, e aspira a nuove Crociate per la non mai sazia sete dei terrestri onori ... Lasoiamo andare che quando i più rec~nti fasti d'arme son come quelli del Marocco ci vuol tutta l'incoscienza di un Re cavaliere per parlar di glorie militari. Ma àn Lutta l'aspra e corrusca lirica del discorso reale, che è un bello sqmircio, s'incastrano certe richieste precise che han quasi il senso d'intimazioni. Anche gli hidalghi mirano al sodo. « Faccio appello a Vostra Santità peTchè con le Sue esortazioni di indiscussa autorità e sempre venerata dai cattolici di Spagna, si raggiunga, salvando i limiti del legittimo amore di ciascuno alla sua propria regione, il bene comune di tutte, fuse nella suprema unità della madre Spagna». « Nè posso omett.er,e di dirVi con quale sentimento di orgoglio io sarei fiero di. poterVi dimostrate la mia gratitudine quando la Santa Sede, nei contrasti dei diversi interessi fra le Nazioni, dimostrasse la predilezione che Essa sente per il popolo Spagnuolo». E ancora (ma che cosa si direbbe negli Stati Uniti se Re Giorgio s'immischiasse nelle loro faccende?) « Come preghiera nella quale io pongo tutto il mio cuore e credo di raccogliere anche i desideri di tutta la razza, ardisco impetrare da Vostra Santità che il mondo Americano, il quale forma quasi una certa (?) parte dei catto.lici dell'Orbe, abbia ·una rappresentanza più numerosa nel Sacro Collegio». Ecco che cosa si fa la religione nella passione dei potenti, o dei presuntuosi di potenza: arnese d' imperialismo, "instrumentum regni>>. Le parole della risposta del Pontefice son dolcissime e pur nella commozione luccica una pacata ironia. Al Re mondano che, come narrano i giornali, ama, delle belle attrici, le belle braccia; alla Nazione che vive nel sogno, e sogna che ne' suoi dominii non tramonta mai il sole, dicendo con quanta cordialità e con quanto ardore bramerebbe di vederli « possibilmente contentati », ramUJenta che è « cosa estremamente difficile quaggiù». All'evocato•re di eccidi e di stermini, al popolo fanatico che spediva regicidi a Guglielmo il Taciturno « estando firmes con e! exemplo de nuestro Salvador Jesu Christo y de sus Santos », oppone: "E se vi sono anche laggiù poveri e pur sempre cari figli no~ri, che non vogliono accosk"l.1si al Cuore Divino, dite lorn che non per questo noi li escludiamo dalle nostre preghiere e dalle nostre benedizioni, ma che proprio per questo rivolgiamo a loro con più vivo sentimento di paterna pietà il pensiero e l'affetto nostro, come alle pecorelle lontane li rivolgeva il Pastore Divino, sospirando l'umtà dell'ovile». Con questo tono, di fronte a qualunque insidia astuta o rabbiosa, la Chiesa trionfa. Se si seguita di questo passo, via via che a popoli interi si raccoglieranno su i gradini del Soglio, i restituiti fedeli minacciano di far spuntare giorni ben amari; rivendicanùo ognuno le sue benemerenze come fonti di sopruso e cercando di trarre a' suoi interessi la suprema autorità Cattolica. La sicurezza umana del Papato si appoggia solamell te sul contegno dei nemici più ingenui; 110nè forse lontano il giorno in cui il Papa, pe1- inipol'l'e certe forme di ritegno ai troppo potenti e accaparranti amici, troverà aiuto in una galvanizzata e pugnace Massoneria. u. M. DI L. il ben noto ufficio dì ritagli da giornali e rivi.te fondato nel H)Ol, ha sede ESCLUSIVAM>;NTE >Il Milauo (I2) Corso Porta Nuova, 24. Chiedete opuscoli esplicativi e tariffe con S<>1>1plice biglietto da visita. """':""'=====.,,.==,.,,,,,.,.,=====.,,,. 0.G.E.B. - Corso Principe Oddone, 34 - Torino PrERu GOBET'fl - Di-rettore-responsabile

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