La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 24 - 28 agosto 1923

,. - CONTO CORRENTE POSTALE RIVISTI\ STORICI\ SETTIMflNf\LE DI POLITICI\ ESCE Diretta da PIEROGOBETTI- Redazione e Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre, 60 IL MARTEDÌ Abbonamentoper il 1923L. 20 - Per il li semestre L. IO(condiritto agli arretrati). Estero L. 30 - Sostenitore L. 100- Unnumero L. 0,50 Anno II ~ N. 24 - 28 Agosto 1923 SOMMARIO: N. PAPAFAVA:Il fllsclsmo e la eostltnzion~. - M. Gumco-P. Go1m-r-r1:Le risorse dell'eresln. - T. F,ouE J,a •pernnza di cnmhlnr padrone. - E. Brnrn: Mesure òelal'ranee. Hl La France an carrefour: Romc ou Cbnrtnge l - S.: ])e! Giornulisrn<>in Itullu: 'l'c,rino e la Stampe .. - U. MonnA DI LAVRIANOl:lllsslrc~i. - Auditor tantum: Dar taequino di Pococnrante. lh fflSCISM□ E hfl COSTITUZIONE Come si è detto siamo assai lieti di presentare ai nostri lettori col pensiero di Novello Papa/ava 1'n bell'esempio di stile e di sentimento conservatore. Nelle attuali vicende è inevitabile che i conscruatari s-i tro-vino natu:ral-n-iente alleati coi liberali, anche rivoluzionari, alnz.cno per le que• stioni pregi1.'-diziali. Da quanto precede e assumendo come fondamento del pensiero liberale i vecchi e noti principi sopra ripetuti, risulta chiaramente quale sia la massima ragione del dissidio o per lo meno della diffidenza che divide i liberali dai fascisti. I liberali credono in un determinato metodo politico, hanno una teoria delle forme di governo,· ossia un determinato concetto dello Stato. Ora il fascismo, oltre ad essere arrivato al governo con un metodo rivoluzionario, dimostra un grande disprezzo o per lo meno una grande incomprensione per il co-ncetto liberale di Stato. Prima di tutto, per il liberalismo costituzionale, il fascismo è gravato dal peccato originale della marcia su Roma. Ii fascismo è arrivato al gove,rno non mediante regolari elezioni, ma con una imposizione violenta, con una marcia armata sulla capitale. Questo fatto costituisce una aperta violazione di quel metodo politic,. che abbiamo deLto essere uno dei cardini dello Stato liberale, ed è il primo formidabile colpo, il primo profondo strappo allo spirito del nostro Statuto. L'intervento sovrano e la successiva votazione cl ella C,1In1•a, ne ha salva- .to ancora la lettera, ma, di fatto, noi oggi viviamo in un periodo in cui lo Statuto è per lo meno sospeso. Il voto della Camern, dato sotto la minaccia della occupazione violenta e· della trasformazione della medesima in un bivacco di camicie nere, non ha nessun valore morale. Lo stesso fascismo non nasconde la sua origine antilegalitaria quando si vanta di essere sorto da u.na rivoluzione ; dunque non deve meravigliarsi della disapprovazione dei_liberali costituzionali. E almeno 11 fascismo dimostrasse di volersi redimere dal peccato di origine giustificandolo con la e_ccezionalità del momento, e manifestando 11 desiderio di rientrare nella legge dello Stato liberale, ma invece il fascismo si' vanta d'aver rovesciato lo Stato liberale per sosti-tuirvi lo Stato fascista. Ma che cosa è questo Stato fascista? Nessuno lo sa. Ed in questo consiste il meÌ'ito ed il difetto principale deil fascismo. Dichiarare di possedere una nuova grande verità .salvatrice, e non dire mai esattamente in che cosa cons1-sta,è un ottimo sistema per eccitare l'entusiasmo delle folle che amano credere e detestano la riflessione critica. Ed appunto questa è una delle massime ragioni del successo del fascismo. Ma è naturale che chi possiede un cervello ragionante chieda, prima .di aderire allo Stato fascista, che cosa s1 vogha significare con· questo nuovo termine. Le teorie dello S(ato e le forme fondame_ntah di governo non sono poi infinite._ Abbiamo i governi dispotici, le monarchie hberah costituzionali e le repubbliche democratiche. I governi dispotici possono_essere_tanto monarchici quanto aristocrat1c1, ossia 11_potere può essere in mano tanto di un md1v1duo quanto di una casta. Ma ciò che ca_ratterizza i governi dispotici, è che governati e governa ti formano due caste nettamente separate e che, mentre al potere S<?vrano.dei governanti non è po?to alcun hm1te_,_1governati non hanno alcu_n. dintto poht1co. Nelle monarchie liberah mvece_,tanto. 11sovrano quanto i sudditi sono vmcolati da_ una legge che regola appunto I dmtti _e 1. doveri politici comum, ponendo d_e1lumti a.l otere • sovrano -e ·concedendo a1 governati ~ete-rminati diritti' politici. ·Ne1le 1:1onarch1e più liberali, l'inizùttiva pohhca. e lasciata massimamente ai rappresentanti dei_ sud- . diti ed il sovrano è essenzialmente 11 cu- - stode ed il garante della legge fondamentale dello Stato. Nella forma di governo demo-- cratica repubblicana, la sovranità risiede esclusivamente nella volontà popolare ed il capo dello Stato è investito del potere sovrano soltanto in quanto è designato dalla volontà della maggioranza dei governati. Quale nuova forma di governo vuole instaurare il fascismo! Fino ad ora non è stato possibile saperlo. Ma, attenendosi ai discorsi degli uomini ed agli articoli della stampa fascista, è lecito il sospetto che Stato fascista significhi Stato più o meno larvatamente dispotico. Benito Mussolini è il duce, ed il fascismo è l'aristocrazia che detiene il potere; l'uno e l'altro esercitano la sovranità perchè hanno saputo conquistarla con la forza della rivoluzione e perchè sanno mantenerla con la forza di una propria milizia __La forza armata è dunque la base giuridica dello Stato fascista. Questa teoria non è certo nuova ed. esprime una concezione dello Stato rozzamente dispotic-a. Naturalmente l'assolutismo fascista ricerca la sua giustificazione. oltre che nel semplice atto di forza, nel possesso di una assoluta verità di cui appunto il fascismo e specialmente Benito Mussolini sono gli unici depositari e che essi devono spargere ed imporre in Italia per salvare gli [taliani. Salvare il prossimo anche contro la volontà del medesimo è sempre stata i'idea fissa di tutti gli aspiranti tiranni. E infatti nel discorso di Firenze del 19 giugno abbiamo sentito l'on. Beni-to Mussolini proclamarsi unico interprete e depositario della nuova religione della Patria. « Può fallire la carne umana, ma non già il mio spirito, che è dominato da una verità religiosa e umana, la verità della patria. Da quando il fascismo italiano ha alzato i suoi gagliardetti, acceso le sue fiamme, cauterizzate le piaghe che infettavano il çorpo della .nostra Patria, noi italiani ci sentiamo orgogliosissimi di essere italiani. Noi ci comu,nichiamo in ispirito con questa nuova fede"· Dunque ci troviamo di fronte ad una nuova dogmatica religione con i suoi sacramenti e con il suo• capo infallibile. Chi non ama la Patria. secondo i dogmi· di Benito Mussolini e secondo i riti da lui fissati, è un eretico che va consegnato al fuoco purificatore dei moschetti della milizia nazionale. Senza entrare nel merito della questione del valore e del significato delle religioni, è noto che le religioni dogmaticamente organizzate derivano la loro legittimità dal fatto di ritenersi depositarie della rivelazione della assoluta e trascendente veri,t-à divina. Ora su quale rivelazione !'on. Benito J\IIussolini fonda. il suo dogma della patria? Da quale divinità è stato unto? D'altra parte non mi pare che la filosofia del suo collega Giovanni Gentile sia la più adatta per fondare una nuova religione rivelata. Ora se !'on. Mussolini non deriva la sua autorità da una esplicita e diretta manifestazione della volontà divina, dovrà finire col derivarla dalla umana volontà dei cittadini italiani. Abbiamo visto come per il liberalismo, entro i limiti posti d,i,i principi della convivenza sociale garantiti dallo Stato, l'autorità politica del governo (a parte la sua ultima orig·ine metafisica,) non possa manifestarsi che col consenso della maggiora.nza dei governati. Infatti anche secondo la più stretta interpretazione del nostro Statuto nel quale è scritto semplicemente <:heil Re nomina e revoca i ministri, anche volendo negare alla Camera dei Deputati il diritto di rovesciare i ministeri, non si potrà. mai escludere la Camera dei rappresentanti della nazione dal potere legislativo. In una parola nessuna proposta cli legge può diventare legge se non col consenso della maggioranza dei rappresentanti dei cittadini. Questo è il principio assoluto espresso dalla lettera ed implicito nello spirito dello Statuto liberale, V ,;rincipio che non ammette doppie interpretazioni. 'feoricamente, un ministero che abbi 1, presentato una lei,-gerespinta dal l'arlameqto può restare in carica, ma ciò che è nerto e ciò che conta, è che quel prog('tto di legge _non può più convertirsi in legge. Il Re può sciogliere la Camera e appellars: al Paese con nuove elezioni in un limite di quattro mesi, ma anche se non vi è una precisa disposizione scritta, è ovvio che i ministri del Re di fronte alla eventuale opposizione della nuova Camera o dovranno dimettersi o dovranno rinunziare al loro programma, poichè non vi può essere una legge che non sia approvata dalla Camera, e sarebbe assurdo riappellarsi al Paese per .nterrogarlo nuovamente proprio sulla quei'.tione che il corpo elettorale ha già giudicata. Una insistenza del Re o un nuovo scioglimento della Ca.mera sarebbe la negazione stessa del sistema rappresentativ0 ossia dello Statuto. Ecco perchè la logica conseguenza del regime costituzionale è 11 governo di gabinetto nel quale i consiglieri della corona devono contemporaneamente godere della fiducia del Re' e del Parlamento. Infatti se il governo non può far passare una legge senza l'approvazione delle Camere, la dignità degli. stessi ministri, a cui è stata rifiutata una legge, vuole che questi si dimettano. Insomma se il Re ha in teoria il diritto (art. 7) di rifiutare indefinitivamente la sanzione di un progetto di lege-epresentato dalle Camere, le Camere hanifa il diritto di rifiu,tare indefinitaman,e l'approvazione di un progetto di legge presentato dal governo. Questa reciproca limitazione del diritto di iniziativa delle Camere e de-I Sovrano, da alla nostra costituzione quel geniale carattere cli conservatorismo elastico che dovrebbe garantire la continuità dello Stato pur nel variare delle condizioni storiche Se negando alla i ·orona il diritto di rifiutare la sanzione delle leggi si toglierebbe ogni significato dell'istituto monarchico, togliendo alle Camere il diritto di rifiutare l'approvazione alle leggi si colpirebbe a morte il sistema rappresentativo. E i veri liberali devono difendere questo sistema ad ogni costo. Nell'ambito dello Stato liberale non si può ascendere al governo senza essersi acquistata la fiducia della maggioranza dei cittadini. E' questione di principio; i libe-- rali anche se approvassero totalmente l'opera dell'on. Mussolini, fino a tanto che egli non governerà con la approvazione di una legale maggioranza di una legale Came.ra dei Deputati legalmente eletta dal popolo italiano, non potranno dichiararsi soddisfatti. Il liberalismo rimprovera al fascismo sopratutto il metodo col quale esso è salito al potere. L'essere giunto al potere con l'imposizione violenta invece che con la persuasione, pone il fascismo in un irriducibilea.ntagonismo con la vera coscienza liberale. J\IIi si risponderà: cosa fatta capo ha. Ma ora che cosa si vuol fare? La gravità della situazione attuale dipende dal fatto che lo stato di fatto non coincide con lo stato di diritto. La legge costituzionale è ancora in vigore ed iJ governo è giunto al potere e vi si mantiene con un metodo essenzialmente anticostituzionale ossia con una rivolta armata e con una milizia propria. Solo la monarchia mantiene ancora unito per un filo questo mistero della dualità sta.tale. Ma una simile situazione non può durare. O lo stato di fatto si adegua allo stato di diritto, o lo stato di diritto si adegua a quello d!i fatto. O l' onorevoie M_ussolini rientra col suo fascismo ne,!Ja perfetta legalità, o deve trasformare la costi,buzione in senso dispotico. Nel. primo caso egh avrà la fiducia o per lo meno la leale accetta.- zione delle coscienze liberali, nel secondo caso l'irreducibile ed assoluta avversione. Ma in ocrni modo è necessario uscire al più. presto dall'equivoco. Nella patria di San Tommaso e di Dante un governo che s1 fonda sulla pa.lese contraddizione non può durare ed il senso giuridico. degli italiani, notoriamente eredi di quella Roma che ci tramandò non soltanto delle aquile, ma anche delle leggi, non può ammettere che la forza armata sia la giustificazione della autorità politica. L'on. Mussolini non può ripetere per molto tempo: io governo perchè ho la milizia nazionale. O egli deve passare il Tevere per farsi dare (se gli riesce) la sa.era investitura da Pio XI (unica autorità dell'unica religione che in Italia si ispiri ad un netto concetto di di Tiniti,, trascendente) o egli deve appellarsi a libere elezioni per trarre la legittimità del suo governo dal libero consenso del popolo italiano. Ora, siccome anche per la Chiesa non invano sono passati il decimonono ed nitri « stupidis~ mi» secoli, non è molto probabile che Pio XI voglia dichiarare il fascismo legge politica divina.- mente rivelata per il governo d'Italia. E perciè l'on. Mussolini non potendo appellarsi al diritte> rl ivino, deve accontentarsi di quello elettorale. La immanente e personale convin2ione di rappresentare l'eticità deìlo Stato non è un sufficiente fondamento di •diritto costituzionale! L'errore teorico fondamentale del fascismo consiste nel confondere Stato e Governo, per cui l'opposizione al governo fascista è ci,nsiderata come opposizione allo Stato, ossia un diritto è confuso con un delitto. Secondo la lettera e lo spirito della nostra costituzwne se non è ler..i!oe.ssere avversari dello Stat,J è lecito ess8re avv8rsa.ri del governo purchè l'opposizione si manifesti in quelle form<' --e con quei mezzi cèJe..'_s_ono co::isentiti e garantiti dalla IBgge. Ora l'un. Mu$so]ini è capo del governo e non capo dello Stato ed il fascismo è, un partito rjella nazione e non 111. nazione, e perciò si può essere avver·sari dell'on. Mussolini e del f3~c.ismo senza essere per nulla avverrnri dello Stato e della !\"azione ,ossia l'opposizione elettorale e parl!im.entare al fascismo è perfettamente legittima. Nella distinzione fra Stato e Governo e nella regolare mutabilità dei gover ni nella immutabiìil-à dello Stato. consiste il principio foudamentala delle monarchie liberali. Fino a tanto che il fascismo non avrà compreso queste, principio, liLeralismo e fasctsmn non potranno m<ti- intendersi. NOVELLO PAPAFAVA. jYei prossimi numeri: T. Fiore: L'ora che passa. s. : Il Co,rriere della Sera. A. Cavalli: Deformazio-ni sentimentali. B. Braschi: Per ima. difesa della mezzadria. U. Morra di Lavriano: L'ordin,e. A. Cajumi: La ri.:incita di "" cri.tico. A. Monti: Fascismo e mezzogiorno. N. Pap1fava: Le colpe della Destra. A. De Flora: La. L1<cania. N. Sapegno: Gi-u.stino For/11-nato. G. Ansaldo: Fascismo e Vaticano. M. Ascoli, U. M. di L., P. Burresi: Post-ille. C. Suckert : Rapporto sullo stato degli i~ te/le/tua.li rispello al fascismo. N. Sapegno: La questione della. lingua in Val d'Aosta. _____ __,_,, ....>. ------- Si accettano abbonamenti semestrali alla R-i·,:ol11zionLe iberale per lire 10 con diritto agli arretrati a partire cli giugno. Ogni amico deve trnvare un nuovo abbonato e manclarci indirizzi di persone a cui si possano utilmente inviare numeri di saggio. L'abbonamento non disclctto eutro dicembre s-'intende rinnO\·ato per un anno. Ci occorro110 i nun,rri della Rivoluzioue Liberale de/1.'am,oscorso per comJ,leta,recollezio11 i e per accon/.e11tarealcu'lli a,i,ici cl,e li desidernno. C/11· 11011co'nse"l1·ala collezione è p1·pgatodi spedirceli. Chi ci m.ande·rà il n. 33 che è il più raro .riceverà in, do1w il c-uriosissimo op1,scolo di D. Mobac: Epistola sermoneggiante alla società degli apoti.

98 llE Caro Gobetti, La lettura di Ri1Jo/.1tzioneLibera/e è valsa - tra l'~ltro - a pormi nuovamente un antico quesito; che mi si ripropone, per un verso o per l'altro, tutte le volte che m'accade ripensare alla politica propriamente detta-. Se si considera il nostro tempo o dal solo punto di vista economico, o da un punto di vista tecnico, o da un qualunque altro punto di vista oggettivo; è faci1e arrivare a delle affermazioni stabili. Non che ci aiuti la tradizione, anche in quei campi. Moltissimo è mutato e si è chiarito; e ci vorranno forse dei decenni per formalizzare ed esprimere quanto viene via via risultando, da questo decennio di crisi. :Maè già possibile, per spiriti che abbiano raccoglimento, indipendenza ed iniziativa, acquistare delle certezze, in quei campi; e liberarsi dal dubbio interiore. Non si richiede che il tempo, perchè l'ingombrante e vistosa nuova esperienza si faccia strada; ed acquisti narrazione, sistema, parola. E si deve confidare, per questa concretizzazione, in una minoranza giovanile di abili e di eletti; che certo è sorta, in seno alla grande esperienza della guerra; che si tiene ancora in disparte, appuno per le sue non volgari qualità d'approfondimento. Questa fresca minoranza (ed è già un errore chiamarla minoranza, perchè è fatto naturalmente di prescelti; e sfugge al confronto delle quantità e del numero) è già in via. • Un rinno,Tatoavvenire - per la Scienza, diret• tamente intesa e per sè stante; per la tecnica; ed, in genere, per le attività umane imparziali e, in qualche modo, indifferenti - è cosa certa. Ed è affidata a~ futuro, con regolarità. Ma mi turba da tempo, dicevo - e Rivoluzione Liberale è stato un nuovo stimolo a questo turbamento antico - la questione del fin dove e fin quanto possano valere come principio attivo; e cioè, propriamJtte, come forza politica presente, certi fervori di schietta indole ideale ; cbe si manifestano in una cert'altra minoranza giovanile (anche essa degnissima), che s'è formata coltivando in prevalenza le astrazioni, i sentimenti e - in qualche modo - l'estetica della storia; e pofta ieri come oggi, nel giudizio, una attitudine piuttosto stilistica cbe concretizzatrice; o (nel migliore dei casi) piuttosto critica che creativa. Vedo, in Rivoluzione Liberale - come altrove - parecchi giovani che provengono dall'Arte. Di questa loro eletta provenienza, si riconosce il tenore nei loro scritti; per l'intimità del dettato; la -vibrazione del convincimento espresso; quella certa specifica efficacia nel sentire e nel dire ; ed - in genere - per quell 'alcunchè d 'inesprimibile e d'interiore, che distingue la libertà dell'Arte ed il suo puro esercizio. Ed è bene che ciò accada. Per ragioni che q u1 è inutile accennare (tanto, la vita è lunga; ed io spero, caro Gobetti, che noi c'incontreremo un giorno anche su questa più larga idea) nulla può predisporre alla profondità, al senso di responsabilità; ed, in genere, a quanto v'è di più difficile e di assoluto, nelJ!uomo, meglio della vicinanza all'Arte, e d1una sua, pur non raggiunta, ambizione sentita. Ma - poichè di questo si tratta - quanto può specificamente valere, nella complessa e ruvida vita presente, quest'attitudine puramente speculativa; se addirittura non soltanto immaginativa e in qualche modo eroica? Lç dirò che, se qualcosa mi preoccupa nella gioventù presente (parlo di quella in cui spero; e a cui prima accennavo. L'altra, che pure non è meno buona, è destinata a sacrificarsi e a ser .. vire) è appunto un persistente, giovanile distacco fra la rinnovata, macra realtà del nostro tempo (prevalentemente tecnica, freddamente oggettiva; ove la fatica degli uomini, e la loro elevazione, si formalizza in problemi esteriormente scientifici) e questo tono sintetico, idealistico, generalizzante; che deriva ai giovani appunto da un largo uso del sentimento. Kon vorrei che queste considerazioni sembras. sero o troppo fredde, o troppo scettiche, o materialistiche; com'è di moda dire, oggi, tutte le volte che si resiste all'irragionevolezza degli entusiasmi; ed anche quando lo si cerchi fare con Pimparzia1e e l 'inec.cepebile nonna dell'amore. Si tratta, più precisamente, di questo. Che una rinnovazione giovanile, qual'è necessario -ivvenga, deve aderire meglio alla natura del tempo nostro. Conoscerlo meglio; pos,;edeme più profondamente la complessa e concreta noz.ione. Accanto al risveglio più precisamente ideale, va desiderato un risveglio analitico, scientifico; del quale non si vede finora traccia. Fin'oggi per esempio, in Economia, non si vede alcuna forza nuova, alcun nuovo sintomo. Ep· pure in qu.el campo v'è da rinnovare non dico le leggi (le quali restano ferme quasi tutte) ma la fenomenologia, quasi interamente. Chi non s'accorge che. tutto ciò ch'è accaduto in questo nltimo decennio è, in quel campo, completamente nuovo? E non ci si accorge che da quelle novità si può salire a nuove certezze ideali? Parlando, come accade in casi simili, sunteggiando quotidiane e minuziose esperienze interiori, m'accorv,o di tenermi nell'impreciso; e devo confidare nell'intuito integratore di chi LA RIVOLUZIONE LIBERALE legge. Comunque, passerò a qualche accenno più r:onc-reto,per g:u.adagnare in evidenza. Accanto a scritti acuti e solidi, bo visto pas- ~are in Rivoluzione Liberale - come altrove - s~ritti apprezzabilissimi sotto altri aspetti : o per vastità di congettura; o per acutissimo umorismo; o per potere sintetico. Ma non pochi di questi ne bo visti (o mi pare) compenetrati piuttosto da uno spirito ideatore, che da un potere costruttore. Finiscono col costituire dei quadri per sè stanti; ricavati dal tempo ed assunti fino all'indipendenza della creazione: Immagine, pla~ stica di una certa tendenza; w·a tenuti, per que• sta loro natura congetturale e semiartistica, nella solitudine della creazione. E' esatto tutto ciò, rispetto la natura del tempo nostro: Di quel tempo, nel quale dobbia1110 operare? E' bello, è alto; ma oggi domina il mondo un problema che richiede attenzioni talvolta più modeste, più obbiettive. Io vorrei, caro Gobetti, che la nuova buona generazione si ponesse dei problemi e delle attività che il liberalismo tradizionale poteva benissimo trascurare (Perchè, in quel tempo,• 11ou .erano nati i fenomeni storici, cui quelle attività devono ora riferirsi) ; e che il socialismo pose ed usò male, perchè si lasciò traScinare dall'immaginativa scientifica, ch'è il peggior simulacro dello studio. Intendo problemi d'ordine economico, sociale, tecnico; indagini concrete, in altre parole. Tutto il passato, se non da cambiare (non credo nelle palingenesi, nè nell 'enore assoluto dei vecchi) è da guardare con occhio nuovo. Non so fin dove questo mio invito riesca comprensibile. Intendo (come accennavo poc'anzi) che il riassunto di certi Convincimenti e di certe prolungate esperienze interiori è sempre difficile; e diventa quasi impossibile; quando -- com'è ora - si vive in tempo di novità. Ma spero, comunque, d'aver posto comprensibilmente almeno una questione di stile; che può riassumersi in questa proposizione: Che il nostro tempo, ricchissimo di fenomeni pratici, richiede un'attenzione pratica che fin'oggi •(nel risveglio della gioventù migliore) non si vede neppure abbozzata. Eppure, essa è assolutamente· necessaria per far della politica; e, senza d'essa, le buone forze corrono il rischio d'isterilirsi e di perdere quell'attitudine all'azione, ch'è condi~ zione di vita. Non ci accade, proprio oggi, di vedere dei trionfi dovuti in gran parte all'eserCÌzio, senz'altro, di una fattività? Nè si creda che ciò sia un caso, o un'aberrazione, o una follia di razza. E1 superficiale dire cosL Più semplice,. mente si deve dire che quei successi derivano, fra Paltro, dall 'aderenz.a.di uno stile col carattere di un tempo. E tutto questo (è inutile diminuire o illudersi) è sostanza della storia. Suo MARIO GRIECO. NOTA La Ri'Voluzione Libera/e è una rivista di problemi politici nel senso dell' Unità? O nello stesso titolo, in cui abbiamo voluto ricordare la storia, non c'è già pretesa o presentimento di altro? La nostra imp•ressione è cbe a queste domande, pur quando gelosamente le nascondevamo, gli scrittori e i lettori di R. L. abbiano dato sempre una rispos~, d'istinto, che constatava o postulava nell'opera nostra un compito e una volontà di formazione spirituale. In questo senso, senza para,Josso, la R. L., pur avendo bandita la letteratura potè sembrare una rivista di poesia. Ciò non si deve solo al fatto, notato dal Grieco, che alcuni degli scrittori vengono da un noviziato artistico; chè sarebbe incidente e non caratteristica. Le preoccupazioni integrali e armoniche che ci assistono banno ben altra importanza nel fornire questi effetti e questo colore all'opera nostra. Il fine nostro più chiaro è di inserirci nella vita politica del nostro paese, cli migliorarvi i coStumi e le idee, intendendone i segreti : ma non pensiamo cli raggiun~ gerlo con un'opera di pedagogisti e di predicatori: la nostra capacità di educare si esperimenta realisticamente in noi stessi; educando noi, avremo educato gli altri. Abbiamo più fiducia negli uomini che nella cultura, per cui discutendo di idee G. nostra ri5erva costante, se non dichiarata, è nella nostra convinzione cli fare per questa via delle esperie1:1ze, senza compromM:tere il futuro. Può essere che per alc-tmi di noi la ;><>liticac, oi suoi imprevisti e con ] 'iniziazione dipk·matica, costituisca una. sorta di esperienza artistica di tutto l'uomo. Nel nostro disinteressato studio si può appunto sorprendere questa indipendenza e serenità impassibile - Grieco la chiama eroica - che non saprei• dire se sia più propria del creatore cli mondi fantastici o del reggitore di popoli. E qui saremmo solo a metà tra la repugnanza per l'intellettualismo tecnico o le pretese illuministiche e l'avversione ad ogni estetismo o dilettantismo. &-nonchè a spiegare più profondamente i caratteri della nuova generazione bastano a questo punto la nostra famigliarità con le questioni politiche e la. volontà di trasformare le preoccupazioni culturali in preoccupazioni di civiltà. Le doti del demiurgo e del diplomatico si rivelano alla nostra esperienza troppo unprovvisate e diventa necessario rimediarvi con la profondità dello storico. Se 1'invito di Mario Grieco è diretto verso questa esigenza e contro quel pericolo· esso è nostro e coglie la nostra preoccupazione centrale. Ne d si potrà rimproverare di discutere più di problemi spirituali che di problemi economici, lipendendo la cosa non dalle intenzioni ma dall'op,- portunità. Per dimostrare la nostra attenzione anche in questo campo, basta guardare al tono oltre al titolo degli argomenti : non appena del resto ci parve di udire una voce di economista nuovo, questa di !Yiario Grieco, la volemmo, e . l'abbiamo, tra noi. Ma a dimostrare la necessità del tono di Ri1Joluzione Liberale non basterebbe il fatto curiosissimo che proprio Mario Grieco economista debba cominciare la sua collaborazione con una nota di psicologia? Gli è che la scienza si completa poi nell'arte, lo studio dell'esatto " dell'obbiettivo si perfeziona nel senso dell 'imprevisto e dell'indefinito, e la nostra vita è l'uno e l'altro e l'uno e l'altro si richiedono all'espe. rienza politica. Se dovessimo fermare ·il discorso con una definizione diremmo che la nostra sarà nel suo a- ·spetto più originale, una generazione di storici: storici tanto se ci applicheremo all'economia come se al romanzo o alla politica. La generazione' vociana, di romantici inespressi, ha dato il suo tipo nel poligrafo (Prezzolini, Slataper, Ambrosin-i, Borgese, ecc.): e dovettero adattarsi a sembrare poligrafi per lunghi anni anche i due uomini più notevoli e più originali d'el tempo che, del resto, raramente apparvero nella giusta luce. tra i loro coetanei : Papini e Amendola. Noi, maturati dalla guerra, nonchè inespressi sicuri sino all 'aridezza., ci rivolgiamo più indietro a uomini come Croce e Salvemini e Fortunato che appena adesso ci pare di intendere come si deve: e avendo cominciato come poligrafi espertissimi già ne siamo stanchi e cerçhiamo altri ostacoli. Nessuno come noi, che abbiamo· tanta simpatia per i vociani, ne scorge cosl vivamente le ingenuità e i pericoli. E bisognerà, per il futuro, ~he contiamo su questo cinismo cosl Vivamente post-romantico e post-enciclopedista. Potete aver fiducia in noi, anche se i tempi ct hanno chiesto troppo. Le responsabilità a cui J fascismo ci ha costretto ci danno un senso cli orgoglio: ma dovete pensare che la nostra sicurezza ba vent'anni. Mai giovinezza fu condannata a più chiusa e severa austerità; mai vi fu un donchisciottismo cosi disperatamente serio e antiromantico. Abbiamo dovuto abbandonare la letteratura per diventare paladini e quasi rappresentanti della civiltà e delle tradizioni. Ora il far questione di stile, l'appellò alle armonie storiche, la fiducia nella creazione è la legittima difesa di questa nostra solitudine di eretici, è la nostra rivincita "dìstorici contro la cronaca.. PIERO GODETTI. LASPERANDZICAAMBIPARDRONE Vorrei fare qualche osservazione in. margine al~ lo studio del Salvatorel1i sulle origini e i caratteri del fascismo nazionalista. Della tesi dell'A. resta qualche punto in, ombra, come, p. es., perc.hè nel fascismo non sia prevalsa quella tale mentalità bissolatiana dì cui erano tanti accenni nel pensiero di Mussolini ed in quelle del Comitato Centrale di Milano, composto di ex-socialisti ed ex-anarchici in prevalenza. Ed anche qualche pnnto di cui si aspetta il logico ~viluppo, come le osservazioni sulla monarchia e lo Stato liberale, i quali < sono, in Italia, tutt'uno: o si mantengono ambedue o cadono assieme ». Tutto lascia credere che la Monarchia abbia rinunziato no·n sappiamo per quanto, certo il più lungo tempo possibile, al tradizionale liberalismo, il quale sarebbe accoppato per chi sa quanto, se il partito popolare, piegando sempre piùa destra e più o meno fondendosi• col fascismo, riuscisse ad una conciliazione sempre maggiore, non importa se teoretica purchè pratica, fra Stato e Chiesa, alla creazione cioè di una destra conservatrice illiberale e reazionaria. Ma mi sia concesso d'insistere, se pur è stato fatto da altri, sull'importanza che 1a guerra, cosi com'è stata da noi condotta, ha avuto sulla determinazione del presente stato di cose. Bisognerebbe anzitutto vedere più chiaramente da qllali sogni più o meno messianici siano moss.i e tormentati nel pro~ fondo uomini costretti a prove inerarrabili e messi ogni giorno a faccia con la morte, gli eserciti cioè di Europa da Cromwell e da Lutero in poi, e come poi, vincitori o vinti, una volta sciolte le file e rimpatriati, abbiano avuto nei loro paesi, a costituzione più o meno salda, vario influsso, vi abbiano modificato animi ed idee, promossi moti patriottici, militaristici, o popo~ lareschi ed anarchici, e dove e perchè e sino a che punto abbiano trionfato. E riflettere al profondo disprezzo e odio per i vari partiti, per l'Italia ufficiale, per tutta l'Italia che era indietro, ai vari fronti interno aereo sanitario ecc., ecc., chiusa ne11apiù cieca inco1np-rensionee nella più cinica indifferenza ,del quale si è nutrito cosi addentro il fante per lunghi anni, al suo senso incommensurato di sè, del suo sacrificio, del suo valore, di fiducia illlmitata nella. propria intelligc-nzae forza; scnti1ncnti tutti che sfociavano nel. l'unico desiderio di finirla una buona volta non già con l'Austria, ma con quell'Italia ora detta, dì volgere le armi proprio indietro, su quella a \., Udine degli imboscati dei donnaioli, dei mcdagliatissimi figli di papà; e badare che non rillscl, esso fante, con la rivolta di Caporetto a creare da noi una Russia comunarda forse pct'· chè non era ancora pronto un. nostro MussoliniTrozki, non che gliene passasse la voglia; e che poi tornato vincitore, cioè con la prova provata che la ragione era dalla parte sua e che tutti quegli altri miserabili respiravano solo perchè era piaciuto a lui, veniya da costoro accolto come un incomodo, uno per cui non c'è più posto e che meglio avrebbe fatto a crepare, e nemmeno c'è onore, chè è· più del posto, per ìa sua ba•- diera o, che è lo stesso, per lui. E questo fante doveva fare « la politica •, cbe è il nostro male endemico, e doveva anche inquadrarsi nei Tee~ cbi partiti! A proposito dei quali, mi consenta l'A., manca al suo volume un capitolo, il più gustoso forse, sul o: Sovversivismo del Governo-,, il quale si va paternamente occupando ,da tanti anni, come è risaputo da tutti, di noi meridionali, e, dopo le famose inchieste agrarie sulle condizioni dei contadini nel Mezzogiorno d'Italia, accentuò quei famosi metodi· elettorali (certo per raddrizzar !ore> la spina dorsale ed insegnare e aiutare un po' di quella tale lotta di classe con la minuscola.) a carico delle spalle dei nostri cafoni, ai quali il fascismo agrario pare solo una colossale organizzazione per le carezze elettorali (l'epoca dei mazzieri è finita?); con la facoltà, s'intende, di ammirare di nuovo i Commissari di P. S. spalleggiati dai vari Re Nicola, nonchè di ricorrere alla nostra giustizia.· Ora anche gli evoluti operai del Nord han.no provato che le loro spalle no• sono più rispettabili di quelle dei nostri scannapane. E sl che non è mancato chi, quindici anni fa, lì aveva avvisati del rischio che, non difea.• dendo noi ,correvano per se stessi ! Per concludere, noi meridionali abbiamo qualche conto particolare con i vari governi e con i vari partiti; e non è colpa nostra se non ci siamo èommossi troppo, non ne dispiaccia al S., dei perjcoli corsi, nelle giornate del radiosomaggismo da qualche cugino del Re. (A proposito, chl ci darà la revisione di quel mirabile tessuto cli bugie che sono le memorie di papà Giolitti?). E, che ne sia del presente, siamo stati contro quello dei socialisti, di Giolitti· e dei cattolici, che i• conservatorismo nel 1915, come dice il Vinciguerra, ed è stato sempre, con noi, per intelligenza delle nostre cose e buona disposizione d'anima, sempre conservatorismo, anche se. democratico'; non foss'altro che per qualche speranza di mutar padrone. Fortuna che Iddio no:q. ha un giorno fisso per. pagare. Perchè noi del Mezzogiorm>, gli ascari per elezione e per forza, abbiamo J.a.. sciato cadere, con indifferénza, le varie monarchie che si sono snccedute sul nostro suolo. Altro che sentimento di sudditanza! E' questa, per chè nessuno si scandalizzi, un'osservazione di uomini di destra, che ne tremavano, dall'on. Marselli al Villari e a Benedetto Croce. T. FIORII. La speranza di 11i1ttarpadrone creò nel Mezz., giorno quel/o stato d'animo di aspettazione e df incoraggiamento che fu 1tno dei fattori indiretti <ieL successo del fascis1no : 'Val-sea impedire H pronuncia1nento di un'opposizione cosciente e forte, come pote1Jaessere ispirata da Amendala o da Nitti. Bisogna confessare che i costumi politici dell'Italia gio!ittiana nel Sud non potewno su,5citar invidia o attacca·rnento : il Jascis1no dei mazzieri fu sempre 1tn metodo assai abusato. MG q·u:estorisentirn.ento e questo scontento come non . bastarono a giustificare i/ fascismo (nella critica del fascismo, Fiore è con noi) non possono bastare per ·un gi1tdizio sul decennio giolittiano, che, dal 900 fino a/L'impresa libica esclusa ebbe ne/ Sud il merito singolare di garantire un perio.do di pace, tranq1tillità e progresso economico e aiutò anche indirettamente gli italiani ad imparare i metodi e la psicologia della politica e della :vita moderna,. Perciò la sostituzione del fascismo al giolittismo non è stata., purtroppo, soltanto un muta;r padrone. PIERO 60BETTI - Editor2 TORINO - Ula XX Settembre, 60 PACCO ARTE Per Lire 25 invece di 32 Spediremo a chi ne tara richiesta 1 Felice_ Casara.ti Pii.tare, 50 riprodudu7.1on 1 con testo criti<:o di Piero Gobetti, edizione di L. 20 Enrico Pca : Rosa di Sian, dramma L. Cesare Lodovici: L'Idiota, commedia L. Tommaso Fiore: Eroe svegliato asceta perfetto . . L. 4 4 4 Spedire vaglia d·i L. 25 aWeditore. Chi vuol.e la spedizione raccomandata aggiunga L. r. • I

LA RIVOLUZIONE LIBERALE MESURE DE LA FRANCE saxon, de partager avec la bourgeoisie les profìts de la victoire de la Ploutocratie ou si, en se joignant au proletariat ger~norusse, elle veut assurer le triomphe de la Révolution européenne. Le dilemme je le répète, est entre !es peuples-capitali~tes et !es peuples-prolétaires, e.ntre le Capitai et le Travail. On l'a observé souvent: le socialisme est faible chez !es Anglo-saxons; c' est que, préoisément, il y a dans le socialisrne un héritage de la civilisation classique et apollinienne que ces peuples de gros man-- geurs, tout à l'éxploitatiou mercantile du globe, ne possèdent pas; et Sorel faisait remarq uer aver j uste raison qu' il y a un I ien subt1l et indé/i nissable entre la culture clas-- sique et les i<lées révolutionnaires. La tutte est toujours, est plus que jamais entre Rome et Carthage (r); Carthage, c'est aujourd'hni la ploutocratie anglo-saxonne; la coalition germano-russe (I' Allemagne a été profo.ndément romanisée et la Russie révolutionnaire est fìlle de Marx) à laquelle s'adjoindra, il faut l'espérer, le prolétariat franco-italien réal:i.sant l'allia.nce fraternelle de Dianysos et d' Apollon, cette alliancè dont Nietzsche nous enseigue qn'est sortie l'immortelle tragédie grecque - c'est la Rome moderne dont le triomphe assurera la victoire d'un; civilisatio.n dionyso-apoUinienne, d'où seront ban11Jset le pullulernent orienta! et le mercantilisme yankee, III. LiFi rancilEllCilrrEfOUF: RomoButharta7gE L'Europe actuelle, telle qu'elle est sortie d~ la grande guerre, est diviisée, pourrait--on dire, en_tre deux grands groupes, !es pays du Capilal et !es pays du Travail, ]es peuples-capitalistes et !es peuples-prolétaires. La guerre s'est terminée par le triomphe des Anglo--saxons, ces peuples « gros ma.ngeurs» comme_!es appelle Proudhon, esseutiellement c;ip1talistes et mercantiles. L' Allemague feodale a été vaincue; l' Allemagne prolétanenne cherche à se dégager et à se rappro• cher de la Russie des Soviets, pour constituer cette coaLltion germano--russe, épouvantail de la Bourgeo.i.sie. Admirablement développée au 'point de vue de la culture technique, douée d'un puissant gé.nie d'organisation iudustrielle, et ayant conservé, comme le prouve un \,Valter Rathenau dans J'orgueil mème de la production des 'soucis humanisles, pourvue e.nfìu d'un proléta.riat nombreux, iustru.it et travailleur, en qui Marx a pu voi.r « l'héritier de la philosophie ~lass1que allemande» ; l' Allemagne peut JOU~r dans l'état actuel du monde un role tout à fait décisif et capitai. La France bour. geo1se conspire son extermi,natiou; l' Angleterre capitaliste, mue uniquement par des mohiles mercantiles et dans la crainte de voir reuaitre une France trop puissante, se réserve; l'Italie de Mussolini balance. Mais je reve, contre les pays du Capital, une sorte de Samte A lliance prolétarienne, constituée ';'ar la Russie, l' Allernagne, la France et 1 Itahe, et dans laquelle la coalition german0russ_e serait_ le pn1ssant flux dionysien •que d1sc1plmera1t, slyliserait et canaliserait \'es. prit juridique et artiste, l'esprit apollinien de la France et de l'Italie. J e lis dans France -~t Rhin, une 0:uvre posthurne de Proudhon ces lignes remarquables : « Les races com'. merçantes ne sont pas missionnaires. Les J'.héniciens, Carthaginois, Marseillais, n'ont nen donné. Venise, \es villes hanséatiques la. Hollande, l' Angleterre, pas davantage. L: Amériqu': ne donne rien; elle est, dès sa nais.. ~nce, mdustrielle et mercantiliste, malthus1en.ne... L'Europe moderne, entrainée dans le mouvement mercantile, s' affaisse : la France n'a plus de fougue, plus d'énergie :évolutionnaire; l' Allernagne joue avec ses i<lées. La Révolution se ponrsuivra par une é!ite conjurée de nalions, quand le prolétanat et la petite-bourgeoisie, las de misère lui offniront le point d'appui necessaire: (p. 218). « Si la civilisation devait rester ce -qµe l'a faite la notion pure de la production et des garanties politiqnes, façon anglaise, il faud_rait dire que la dorninatio.n du globe :appart1ent aux races aux fortes mandibules et que les peuples frugivores ont été livrés par Dieu en pature aux carnivores. Il faud.rait dire qùe le bourgeoisisme ayant pour contre-partie le salariai est le dernier mot de la civilisation et de la politique ... Que l'Eu. rope se calme, et repren.ne son assise; que !es affaires, comme disent les bourgeois, repren. nent franchement et vigoureusement leur cours : il ne s'écoulera pas ci.nq ans, à dater de cette reprise, avant que \es peuples .n'aient 1e sentirn.ent vif et la claire intelligence de cette idée, qu'ils sont appelés à une condition meilleure et que la prépondérance du travail, l'inflne.nce des ra.ces consommatrices et le régime bourgeois qu;i en a été le produit, doivent céder la place à d'autres maxirnes » (p. 246). Mesure de _laFrar:ce: quel pourrait-ètre, dans cette samte alhance, le rote du prolétariat français, auquel s'adjoindrait ce qui peut rester de libéral dans notre bourgeoisie, étant admis qu'il y a da,ns la Révolut:ion française plus que des « formules bourgeoises et doctrinaires de gouvernement »? M. Drieu La Rochelle constate qu'il n'y a plus en France ni partis ni classes : tout est mèlé ; il n'y a plus moye.n, déclare-t-il, de choisir; nos socialistes sont des bourgeois ! Proudhon dénonçait déjà cette triste ·situation : « Quelle est notre tradition à cette heure? demandait -il, Este-ce celle de 89 ou celle de 88? Sommes-nous de Louis XIV ou de la Constitua.n. te? Sommes-nous chrétiens ou philosophes? nous so=es une confusion, une macédoine, un pèle-mèle, u.ne promiscuité, un gachis, une déliquescence ... Il y a des politiques qui cherchent à s'appuyer sur le vif; qiri croient qu'il y a plus à faire, plus à gagner, avec des Etats qui marchent, se développent, gagnent, travaille.nt, qu'avec des aristocraties -dçfuntes. Ces politìques-là sont déclarés des sots, des ineptes. Nous sommes faits, nous autre.s Français, pour rei'susoi,ter ]es morts ... La gioire d'un peuple, c'est de faire de grandes choses, en conservant la pureté de son sang, de son indivi:dualité, de sa, tradition, de son génie. Est-ce la n6tre? Nous avons manqué nos grandes entreprises; no-- tre gioire est usurpée ; nous sommes sans traditions et sans principe •. La fameuse unio": sa~rée, fruii.t de la guerre, u'a pas peu contnbue à angmenter encore le gachis. Que veut la France, à l'heure actuetle? Elle déclare qu'elle veut avant tout sa sécurité. Mais on peut dire, qu'elle suit à ce point de vue la politique la plus térnéraire. D'ancuns lui prechent qu'elle doit faire r..énitence reconnaitre que, depnis cent treute ans, eÌle s'~st égarée, reve~ir à ~ tradition monarcbique, ab7urer la Revolut10.n, ressusciler les morls comme dit Prondhon - et cela, au momeut où l'Europe a vu crouler le dernier rernpart de l' Ancien Régime, avec cette Allemagne féodale que l'Entente, cette coalition de nations bourgeoises, a vaincue. S'il plait vraiment à la bourgeoisie frança,ise d'abjurer sa Révolution, qu'elle 1,- fasse et qu'elle achève de se suicider en se déshonorant • il appartiendra au prolétariat de reprendr~ de ses mains défaillantes le flambeau de la Révolutio.n et, galvanisé par l'exemple héroique du prolétariat russe, de faire reprendre à la France le chernin de sa vraie tradition, qui est la tradition révolutionnai.re. La démocratie bourgeoise s'est révélée irnpuissante et rnensongère: que l'heure sonne clone en:fin de la dérnocratie ouvrière ! La Russie des Soviets a >nauguré l'ère prolétarienne • les évènernents de la Rhur o.nt moutré que \~ prolétariat allemand s'éveilte à l'idée révolutionuaire; nous Français, nous somrnes au carrefour: prise entre la coalition anglo--saxonne, Anglais et Américains - ces _peuples dévorants et engloutisseurs - et la coalition ge'rmano-russe e.n formation coalition qiri ne pourr~ ètre que. proléta~ienne, la France bourgeo1se est coincée. C' est à la France ouvrière de décider si elle veut se contenter, à l'instar du prolétariat angloEDOU<',RD BERTH. . (r) Pendant la guerr~, on nous a répété, à sat1éte1 que l'Entente 1ncarnait la civilisation • mais quelle apparence qu'une coa1ition où en: traient la Russie de Nicolas II, 1'Ang1eterre de Lloy_d_Geor,geet la France de Viviani représentat IB C1v1hsat10n? Est-ce gue la Russie de Raspoutine, la mercantile Alb1on, flanquée bientot des marchands cle Chicago et notre démocratie à qui la démocratie it.:1.liennecrut devoir emboÌter le pas1 pouvaient vraiment se targuer de représenter Rome et l'esprit romain? Quelle simstre plaisanterie ! De1 Giorn.a.1ismo in. I1:a.1ia. IL TORINO E "LA STAMPA,, La storia della Stampa è breve a narrarsi e poco avventurosa. Senza mutare sostanzialmente lo spirito che aveva, quando era, col Roux, giornale di scarsa diffusione e sconosciuto fuor della provincia, la Gazzetta Pie1nontese (sotto la direzione di Frassati) è diventata quasi di colpo un giornale italiano, uno dei più letti tra i giornali della penisola. Ha cons'ervata, pressochè intatta1 la fisionomia regionale: i pregi e i difetti. L'organo (come fu detto) della gente nova e dei sùbiti guadagni, ba invece una faccia singolare ed antica, attaccata con solidi legami alla sua terra. Ha portato in un ambiente nazionale, italiano, la voce d'una razza, fastidiosa per molti, a quasi tutti straniera. Converrà fermarsi e riconoscerla, per poter intendere come sia nato ed abbia saputo imporsi questo giornale, pur conservando, con le qualità, le deficienze della sua vita provinciale e cittadina. La qualità fondamentale e _presso che unica di quello spirito piemontese, che altri oggi vorrebbe reintegrato negli antichi onori, è forse soltanto la volontà tenace e tradizionale di « spiemontizzarsi ». Al.fieri l'intese come necessità d'educazioue linguistica e letteraria: volle inserire· la sua barbarie in quella mirabile epo. pea di forme che l'affascinava, e concepi il proposito di a disceltizzare .,, come il suo sermone, la sua coscienza. Dopo di lui, il Piemonte ebbe, nel Risorgimento, funzione direttiva e sovrana, coordinando gli sforzi• e realizzando le aspirazioni dei rivoluzionari d'ogni parte d'Italia. Ma il senso della naturale inferiorità non venne meno negli animi. Il conquistatore si riconobbe tanto più barbru-o, nel vano possesso d'una civiltà che gli era rimasta, per seco1i, quasi del tutto straniera. Graecia capta Jeru1n 1Jictore11,1, cepit. Alla forza del vincitore gli Italiani guardarono per molto tempo con paura, alla stranezza della sua educazione con mal celato riso. Differente e strana davvero la cultura dei piemontesi; non del tutto trascurata, e neppure rozza. Cultura militare e politica (amministrativa e statale). Poco Machiavelli; non moltisJimo Voltaire: piuttosto Montesquieu e gli economisti d'Inghilterra. Da questo ceppo derivarono le opere di Balbo; gli articoli di Cavour nel Risorgim.ento. Era una grande tradizione, che si doveva continuare. Ma, dall'altra parte, il mito d'Alfieri, isolato e pericoloso, traeva con sè molti cuori verso la terra promessa. Dura ancor oggi la fatica dei Piemontesi per conquistarsi un posto in Italia. Questi sforzi e questi propositi, cosi sinceri, dolorosi e insistenti son certamente, nel fondo comune, cose serie e da non prendersi a gabbo; ma le faccie di tutta '-[U.eliagente, che si propone d'introdurre frò. Piazza Castello e via Roma i modi della civiltà millenaria d'Italia, o Dio! quanto furono e sono ridicole! 111:anseru,nthod.ieq·u.e nianent 1JesUgia ruris. • Pastonchi al posto cli D'Annunzio: Thovez contro Croce. Non potendo diventare sede di scu.ole letterarie e di accademie artistiche, Torino è riuscito ad e~sere il centro della moda: degli abiti e delle c'ravatte: la succursale di Parigi. Questo si dice per ridere : ma è certo intanto che la via maestra da percorrere ha un'altr::i;d, irezione e un'altra méta; non per mezzo di sforzi superficiali e di generiche imitazioni, bensi la si ritrova animando i fattori e raccogliendo i risultati d'una esperienza antica e singolare. I Piemontesi si riconoscono discorrendo di governi e di bilanéi, d'agricoltura e di ferrovie. Ma son privi di bello stile, e spesso anche della più magra eloquenza. Sotto le apparenze povere, grette e filistee, riposa un sentimenfo umano, lucido e fattivo, degli eventi, fondato in una pratica secolare delle virtù militari e civili. Ìn quest'ambiente è cresciuta I; Sta11ipa: e per capire certe debolezze e. meschinità e provincialità del giornale torinese, come per definire l'ingegno chiaro e positivo, la moderazione, il realismo, il tollo spregiudicato, che son tutte le sue forze ideali, potrebbe bastare anche questo discorso generico sulla razza. 1\1a non sarà inutile insistere su certi dettagli : perchè il giornale ha dei carattetj. tutti suoi e spiccati, e mentre ne deriva, ba pur contribuito a formare e illuminare cli nuova luce la parte migliore di quello spirito piemontese, che abbiam tentato, sebbene estranei, di deS<:rviere. Vano certamente sarebbe fermarsi ad elencare le deficienze, che son parte, se pur non trascurabile nè effimeraJ secondaria; e son tali d'altronde che ciascuno le può vedere, appena sfogliando qualche nu· mero a caso. Pensiamo alla terza pagina, <ledi• cata (perchè cosi voglion le consuetudini) alle belle lettere e alla critica: certi nomi di bravi giovani, che la fama passeggiera d'llll salotto cittadino ha esaltato: Curio Mortari, Marziano Bemardi... Più alto scanllo è riservato a Cajumi, collaboratore frequ<:nte, buon informatore, ma pieno cli preginclizi e di noia, ed al bonario Bassi 1 specialista di strategia, con qualche ricordo degli a:nni in cui ascoltava le lezioni di Graf. Sopra tutti pontificano, con le loro poesie e novelle, le fame paesane di Pastonchi, della Prosperi e della Guglielminetti. Accanto a costoro, sempre nella terza pagina, si può tro- _vare qualcosa di' più positivo e degno di lettura : di tanto in tanto la politezza amabile, se pur un po' superficiale, di Amhrosini, il quale ora è ritornato, come dice, alle lettere, ma anche lui riusciva meglio discorrendo di politica (e basti ricordare gli articoli del '22 dall'Emilia) ; e tra i collaboratori scelti (non sempre bene) fuori di Piemonte, la prosa abbastanza pregevole, quando non sia soverchiamente teorica, di Tilgher. Ma le cose migliori che si possan leggere sulla Sta,n.pa, per questa parte, sono gli scritti di Luzio, diligenti e bene educati, e riposanti nel coro delle voci più giovani e così sfacciate. Del resto tutto ciò ha, per fortnna., scarsa importanza nel giornale cli Frassati, del quale, volendo definire i limiti e le qualità, bisogna u la lt;O 9t tener d'occhio quasi soltanto i collaboratori po-- litici. La storia in questo campo si fa più inte- , ressante, e più ricca di lodi. Non che svaniscano ciel tntto certe grettezze provinciali e torinesi : la concorrenza con altri giornali; i connnbi col < Mattino > di Napoli e col e Matin > di Parigi, che altri ebbe a deplorare; la réclame <lei proprii redattori e collaboratori ed amici; cer-ti modi e gesti, insomma, che fuori cli Torino ven- ,ncro considerati, non a torto, abitndini eia par• venus. Ma intanto è giusto riconoscere che questi malumori son quasi tutti spariti O diminuiti og~i : e, negli anni in cui nacquero e fiorirono, derivavano soltanto eia qnella paura tutta torinese d'essere fuori strada, da quel sentimento di solitudine diffidente dei Piemontesi in Italia che - nella mente del biellese Frassati - er~ anche bisogno di crearsi un posto, una voce degna della vecchia capitale, fra gli altri giornali già forti e ben avviati. Era un istinto commerciale; ma era anche una qualità morale, che non aveva trovata ancora la sua maturità, il suo punto d'appoggio, e perciò più facilmente era sviata, dietro méte i1Iusorie, in tentativi vani e incoerenti. Ma oggi il pnnto d'appoggio è eia molto tempo conquistato: e come il bilancio fi. nanziario è ottimo, e le cifre che misurano la diffusione nel gran pubblico regionale e nazionale son soddisfacenti, ·cosi la voce della Stampa ha acquistata un'autorità nuova e rispettata. Che non doveva avere, probabilmente, ne' tempiJ non lontanissimi, quando l'editoriale poteva essere senz'altro sostituito da un qualsiasi , bellissimo articolo del nostro Bergeret , sul paese delle scimmie (ch'era, manco a dirlo, l'Ittlia). I vecchi, che si ricordan di queste e altre cose, serbano in fondo al cuore una certa diffidenza: e insisterebbero volentieri su taluni sintomi di ciarlataneria, che permangono tuttora. Koi siamo nati p·iù tardi, e naturalmente possediamo una più larga dose <l'indulgenza per i difetti ormai su pera ti : vediamo la floridezza e il fasto presenti, senza preoccuparci troppo delle debolezze, delle meschinità, <lei ripieghi d'altri tempi. Del resto, registriamo le opinioni, e le impressioni, d'oggi: fedelmente, quasi con indif!e-- renza. E, come suole accadere, anche questa volta, le umili origini non valgono ad offusca~ re, nel giudizio della folla, i meriti dei nipoti. Vero è poi che, allargando i confini del nostr& quadro, le origini appaiono subito, in questo caso ,n.on umili 1 ma grandi: antiche, cOme già dicemmo, e tradizionali. C'è dietro l'attuale fortuna ,come dietro gli antichi difetti, lo spirito d'una razza, che dimostra, di tanto in tanto, con nobile dignità e pacatezza, la sua forza, appena un poco accennando alla sua storia, e riprendendo, senza parere, le linee d'una tradizione che pareva .assopita. Un liberalismo oculato e sagace, più di .governo che di partito, senza molto rispetto, in fondo, per le teorie; un1ammirazione sconfinata, ma tendenziosa, per I'Inghilterra, che insiste sugli atteggiamenti democratici, e trascura quelli conservatori, o meglio li confonde sapientemente coi primi; l'aver creata., si può dire, la popolarità attuale di Giolitti, e sfruttata ed esaltata la fatica d' Agnelli, che rappresentano in qualche modo, per i Piemontesi, )a coscienza delle loro possibilità nel futuro: son tutti spunti felicissimi, e organizzati con abilità, ciascuno dei quali basterebbe a spiegare la fort~~ del giornale. Prendiamo~un numero qualsiasi della Stampa : è ben vero che solo di rado ci accadrà cli trovare, in terza pagina, una corrispondenza d'Ansaldo, o di Pettinato, o di Gay, da, o un articolo di Luzio, e più spesso incontreremo una nota viennese di Caputo, o uno sfogo di Manacorda, o magari (Dio ci scampi e liberi !) tina cronaca letteraria di Tonelli. Ma ci sono, d'altra parte, e dove più importa, dei punti solidi, delle parole che si ricercano con interesse e piacere sempre uguali. Nell'articolo di fondo, possiamo esserne certi, troveremo una valutazione originale, elevata e per?picua degli avvenimenti; una nota superiore, come di chi avesse compiti e abitudini diplomatici e ministe. riali; chè se questo tono vieta talora l'arguzia, e introduce un accento di pedanteria, bisogna riconoscere che si tratta sempre d'una pedante. ria, che sa imporsi, come deve all'attenzione del pubblic~. È poi ci sono, che basterebbero da sole a compensar la perdita di tutto il resto, le cronache londinesi di Marcello Prati. Dove Londra, e il governo britannico, e la Camera dei Comuni, -e le relazioni dei partiti inglesiJ sembran quasi cose create per servire di modello a tante ed altrettali istituzioni italiane. Gli atteggiamenti dei laburisti sono proposti alla meditazione dei socialisti nostrani, la politica di quei conservatori messa in opposizione con la teoria dei liberali milanesi ; e tutto è trattato come materia paesana, con un tono che si direbbe confidenziale. Cronaca più tendenziosa, e nello stesso tempo meglio informata, e più divertente ed arguta, come non la si trova facilmente in altri giornali del nostro paese, sarebbe difficile anche immaginarla. In grazia di questo spuntai, perdoneremo volentieri altre meno simpatiche con.seguenze clell'att~ggiamento anglofilo della Sta,npa; e persino gli articoli di Lloyd George, sull'alcoolismo o sulla Lega delle Nazioni, che da qualche tempo si pubblicano, ogni sabato, al posto d'onore. Il fondamentale tono protestante, vale a dire pedagogico e moralista, del giornale di Torino (che si distingue tuttavia dallo spirito d'altre

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