La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 17 - 5 giugno 1923

RIVISTI\ STORICf\ SETTIMI\Nf\LE DI POLITICI\ ESCE CONTO CORRENTE POSTALE Diretta da PIEROGOBETTI- Redazionee Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre,60 Abbonamentoper il 1923(con diritto agli arretra ti) L. 20 - Estero L. 30 - SostenitoreL. IOO- Unnumero L. 0,50 IL MARTEDÌ Anno II ,, N. 17 - 5 Giugno 1923 SOllMARIO: G. ANSALDOI: col1011ui di Metternich. U. M. di L.: Cattollclsmo politico. - A. LEvr: Libernlismo come stnto d'animo. - E. Azru0J<;TI:Il problema del latifondo. ·1 COLLOQUI DI Un italiano vivente, sostenitore assai autorevole dell'attuale regime, ebbe recentemente occasione di pentrar nel puro concilio dei numi indigeti della patria: ritrovo, di cui sempre gli italiani patrioti ebbero grande dimestichezza, fino a conoscere appuntino, e i tipi che ci bazzicano, e i discorsi che ci si fanno. Si parla, com'è doveroso, anche lassù, della grande opera di restrunrazione nazionale che è in corso. Ma vari sono i pareri: anche perchè le informazioni sono incerte e contradditorie. Tra i numi indigeti più inquieti e più curiosi di conoscere qual-- che cosa di preciso, l'italiano vivente trovò il principe Clemente di Metternich, già Cancelliere dell'Impero Austriaco, ornamento preclarn del concilio supremo per la sua fine arte di conversatore e per la sua competenza nei problemi tecnici e amministrativi del Lombardo-Veneto. Per avviare l'intervista, l'italiano vivente aveva creduto bene di dire al Principe: - Certamente, Eccellenza, vi sentirete soddisfatto di conoscere che la lotta contro il liberalismo, in cui voi soccombeste per colpa del secolo stupidissimo, sia ora stata vinta, e proprio nel paese che vi amareggiò di più il governo, da un movimento, mezzo impiegalistro e mezzo goliardico, per usa1·e le parole proprie del nostro Gran Cancelhere. -- M etterriich - Goliardico? Gli stud'ènti sono dunque dalla parte della nuova Restaurazione ? • L'Italiano vivente - Ma tutta l'opera di sana reazione del nostro Gran Cancelliere ha avuto per sè fin dal principio tutto l'impeto dinamico della gioventù generosa degli studi. Della vita goliardica M. - La « gioventù generosa» è una invenzione dei professori universitarii, che, per salvarsi dalla taccia di pedanti," hanno enormemente gonfiato il valore e la capacità educativa di quelle disadorne e polverose stamberghe, in cui essi tengono delle dissertazioni, e che tutte insieme costituiscono una università. Un ministro sanamente reazionario, come io fui, non può amare nè le Università, nè gli studenti. Finchè le cosidette università sono modeste, e si contentano di rilasciare un diploma al figlio dello speziale che vuole esercitare il mestiere del medico, non c'è niente da ridire. Ma quando le università pretendono. di costituire, di formare l'aristocrazia, o, come ho udito anche dire, la classe dirigente di uno stato, vi assicuro che noi, uomini d'ordine, dobbiamo ben ridere. Io ho osservato bene quanto succedeva in Germania, dal governo scolastico del signore di Humboldt alla rivoluzione. Quello che mi offese sempre, anche come studente, a Strasburgo, è la necessaria volgarità dei costumi goliardici, l'esaltazione della vita gaudente che si contenta di una sbornia, l'esaltazione della vita amorosa che si sta paga del postribolo: meschine illusioni di essere dongiovanni e libertini che si permettono tutti questi figli di filistei e futuri filistei condànnati a vivere senza neppure sentir' l'odore della corruzione delle grandi corti e dell'alta società. Restai semprn offeso della schiavitù di caserma che è in fondo alle cosidette « libertà accademiche», del gusto da sottufficiali che è in fondo a tutte le vanità goliardiche: i professori di università, che si pretendono maestri di vita, non s'accorgono neppure di aver a che fare con degli stormi di giovani pedanti in calore, e credono davvero d'insegnar loro il tatto, il dominio della forma, la leggerezza disinvolta nel muoversi dentro i i limiti di un cerimoniale, tutto ciò insomma che costituisce un allevamento aristocratico. Io conobbi il corpo dei Paggi alla Corte imperiale di Vienna -- cosa erano mai le Università "di Humboldt al confronto ! Una paggeria a una grande corte fu e sarà. semMETTERNICH pre il miglior vivaio di uomini di stato, che non hanno affatto bisogno cl i ingoffirsi nella carriera accademica, nè di perdere il loro tempo nel bonansismo universitario. Della edueazione sentimentale I. - Ma in Italia abbiamo avuto la rivolta di una generazione contro un'altra ... M. - Giusto. Tu hai pronrunciato una formola che rivela bene l'intima natura di tutti i cambiamenti nei gabinetti e nei ministeri, in tutti i regimi. Ma che cosa è la rivolta di una generazione? E' un ratto delle Sabine, compiuto con meno strepito d'armi dell'antico. Tientelo per detto: la conquista amorosa è l'inevitabile propedeutica alla conquista politica. Gli uomini nuovi che aspirano al governo dello stato e al servizio del principe, non si arrischieranno di sbalzare di seggio i detentori del potere, finchè non hanno l'intima convinzione, e non godono della pubblica opinione che - purchè essi volessero. - potrebbero farli cornuti. Ogni rinnovamento, in ogni governo, è preannunciato da una serie di inconvenienti maritali e di duelli ridicoli per i genpopi cl)e sono al-potere. Di qui l'enorme importanza sociale dell'adulterio, che è la vera laurea, il genuino addottoramento, il titolo più probante che un ambizioso giovanotto possa p:·odurrc per dimostrare la. sua idoneità a. trattare i grandi affari. La conquista di una gran dama è l'ingresso al foro, e alle altre sedi olimpiche adorne di colonnati e di cupole. Questo è tanto vero per l'antico come per il nuovo regime, per la rivoluzione come per la restaurazione,. per gli alunni delle paggerie imperiali come per i giovani pedanti della « generosa gioventù » universitaria. Ma solo una grande società, una grande corte assicurano al neofita la possibilità di una educazione sentimentale elegante, che non sporca. Quanto più si procede verso la democrazia, verso il sovversivismo, tanto più questo esame di laurea più vero e maggiore diventa una scrocconeria. uno sc_a1,}!ottaggioC.hi è nato ancòra a Cor: te, e fu educato in una paggeria imperiale, compie il ·suo bravo adulterio in punta di 13pada,disinteressatamente. Ecco il tipo del principe di Ligne. Chi è nato lungi dalla Corte, ma ha abbandonato per tempo il lerciume pedantesco delle università, perpetuà un adulterio già più appesantito di sottintesi, di. progetti lungimiranti: ecco il tipo di Rastignac. Chi è nato lrungi dalla Corte, ed ha appreso la vita nelle università, non commette più adulterio: « fa carriera ». Fra Gil 13las e il capo di gabinetto del regime costituzionale e democratico, non v'ha differenza di nobiltà e di ri$pettabilità: l'uno viene dalle stalle di Oviedo, l'altro giunge da una qualsiasi Università ben provveduto di bòlli e di diplomi: tutti e due scalzacani delle conquiste amorose, come lo saranno domani della conquista politica: scrocconi oggi del letto di un'amante, scrocconi domani del seggio di un ministro: vili que·- st:oggi dinanzi al marito tradito senza grazia, vili domani dinanzi al popolo guidato senza abilità. Dalla « cultura universitaria,, , dalla « vita universitaria", mio caro, escon~ dei Gil Blas pedanti e dei capi di gabinetto insatiriti di promozione: ecco perchè io sono nemico delle università, e detesto tutto ciò che sa di accademico, di goliardico,' di universitario. Ed ora continui pure. Della esaUazione patriottica dei pedanti I. - Ma in fondo io non vedo ancora perchè l'entusiasmo e l'adesione dei giovani studenti dovrebbè essere disdicevole a un goveJ'l1orestauratore dell'ordine. M. - Ma nerchè la rnstaurazione è finezza di costmni e di educazione! E poi, perché la restaura.zione è la pace, è il rinunciataJ,ir, come voi dite. Ora, la pedanteria e ag1noo1neo libresca del patriottismo professionale, del nazionalismo, dell'imperialismo, è sempre st,1ta covata nelle università, istituti sovversivi anche quando sono in mano dei preti. T,..tti questi morbosi furori sono la controp.1r-tedel goliardismo, costituiscono un elemento integrante di quel modello ideale dello studente gozzovigliatore, beone, libertino e patriota, che si osa. contrapporre al giovhe diplomatico del gran mondo, accusato d1 fatua galanteria e di scetticismo. Guai al!o stato che tiene in gran cont-0 i pedanti delle università! Esso si incammina alla politica dei letterati, pretenderà di comandare al mondo senza possedere una aristocrazia, una moda, un bon ton, una classe che diffonde intorno a sè il gusto delle belle maniere: vorrà comandare il mondo senza averé un popolo di signori: il mondo non si lascia comandare dai paTl'enus, anche se sono coronati dal genio, o inzuppati di dottrina. L11Germania dei nostri giorni lo ha ben dimostrato, quella Germania di cui voi !rutti dir,evate che vinceva le guerre per merito dei maestri di scuola ... e dei professori universitari. Quante bubbole ! E che rovinoso pedantismo patriottico ! I miei amici di Prussia, Ifandeurber 6 , Ancillon, Beyme, lo hanno ben conosciuto, con occhi chiari. Io imparai da loro. Ancillon mi scriveva: « I g·.ovani tedeschi prima desiderano e volevano il santo onore della patria, poi la forza come condizione della indipendenza, ora una forza preponderante in Europa: se io cnpsidero il loro orgoglio, il disprezzo sem- ;:;;c 1:,iù vivace per gli altri popoli, la loro presunzione, i loro piani sempre più vasti, sono afferrato da un oscuro presagio: che noi tedeschi potremo diventare un- giorno quello che sono stati i francesi : oggetto, prima, della amrnire.zione, poi dell'orrore, più tardi dell'odio, e finàlmente della vendetta, di una secolare vendetta•. Tòcco sicuro nella dia;rnosi, non ti pare ? Il mio Ancillon, vecchio arnese cli Potsdam, frusto pedagogo dei figli del Re di Prussia, aveva a cuore la pace di Europa un po' più che non l'avessero, cento anni dopo di lui, gli uomini di stat.odemocratici: e non si peritava di fare inchiavardare qualche centinaio di mattacchioni a Spandau. Un disfattista purissimo, come tutti noi della Restaurazione, che riuscimmo a dare all'Europa trent'anni di comoda pace. La gioventù generosa... quella era infelice. Censuravamo i giornali: tu non te ne scandalizzi, tu che li sopprimi. Aprivamo le lettere: come se una perspicaco censura in tempo di pace, diretta ad impedire che i popoli liberi si scannino, non sia cento volte più lodevole di una censura improvvisata in tempo di g,uerra, destinata a sorvegliare che tra il gregge non ci sia mp,nco un po' di mal umore per lo scannamento ! Il compianto per i condannati allo Spielberg 'I'u comprendi, mio signore, il terrore di noi, aristo,·.razia di uomini di stato, noi che in cinque o sei - non di più in tutto il mondo - avevamo dsinteressatamente odiato Napoleone, noi che avevamo vinto tutti i fanatismi, sbaragliato tutti i modelli di società definitive e perfette, tirata la valvola di sicarez~a a tutti i dogmi, di fronte alla infezione del patriottismo nazionale della « gioventù generosa». Avevamo fatto il processo ed· eseguita la sentenza sulla eguaglianza giacobina, sul genio napoleonico, avevamo sharaz?aato l'Europa da chi pretendeva di sistemarla definitivamente coi diritti dell'uomo, e da chi minacciava di accasermarla secondo il regolamento di coscrizione per le armate imperiali: vent'anni di fatiche e di ansie per indurre i popoli a non credere nelle verità rivelate dalle Assemblee costituenti. nè a quelle bandite da un conquistn.tore fra i fuochi di bivacco, dopo unà battaglia vinta: a ritornare a quelle verità più modeste, meno esasperanti, che la Chiesa enuncia - dopo aver ottenuto l'exequatur delle nostre Cancellerie ... E dopo aver trionfato in una lotta così ardua, dopo avere, noi nobili, noi ancien régime, noi reazionari della Restaurazione e della Santa Alleanza, Jibe-- rato i popoli dagli ottimismi rovinosi della Repubblica giacobina e dell'Impero, vede-- vamo i giovani, i « liberali », fabbricarsi un altro Moloch, l'idea nazionale, la patria, la redenzione dei popoli oppressi. Van Humanitiit, durch Nationalitiit, zum Bestialitiit: il motto, che Grillparzer lanciò, è mio. Come compiansi gli stolti che mandavo allo Spielberg, come disprezzai i popoli che cercavo di salvare ! Dell'eccellente Carlo Felice e di altri sovrani 1. - Anche i miei Cancellieri, non credo che abbiano molta stima del popolo di cui si sono costituiti salvatori. M. - ottimo requisito, e necessario: ma non ba.sta a darmi un reazionario tli merito. Quali maestri, quali aiuti, avevamo tuttavia noi, uomini della Restaurazione, nei nostri sovrani ! L'Europa non vedrà mai più una pleiade di monarchi, così saggi e amorosi dispregiatori dei loro popoli, così ponderatamente disfattisti, così diffidenti contro tutti gli applausi, così insensibili ai vaneggiamenti sentimentali di chi volern offrir loro imperi e corone, così sordi per chi li chiamava a pazzesche liberazioni di popoli, così regalmente dimentichi di chi era caduto per loro. Il nostro vecchio Franz, Federico Guglielmo di Prussia, tormentat-0, oltre che da un popolo vaneggiante di patriottismo, anche da una moglie esaltata, Luigi X,'\~III, sa.pienie come un antico filosofo, Ferdinando di Napoli, Carlo Felice rex Theatrorum, quali sovrani degni della nostra Restaurazione ! Dopo costoro, le co,e mutar,:;no: vennero i mistici, le spemi tant'anni cresciute dei liberali, i re borghesi, i re magnanimi, e peggio ancora, i re padri della patria. Re padri della patria: cioè padri, a corta o lunga scadenza, della rirnluzione, della cacciata dei re, del regicidio. Ma costoro ic non vidi: li fiutai da lungi, dal fondo deì mio gabinetto di Cancelliere ·imperiale: e cercai invano di diseredarli. I. - Ecco perché tu hai fatto morire l' Aiglon. D1 baci sazio, in austriache piume, piegò come pallido giacinto. Dell'importanza dell'almanacco , di Gotha !VI.' - Lasciamo andare queste chitarrate. Sarebbe forse vero quel che mi fu sussurrato, che avete imparato la lex i-mperoru-m da un profe,sore gran dignitario massonico, e vi siete incapricciti di un po' di impero alla \"ista dei figurini di Caramba, nella rappresentazione di quel pasticcio di Rostand? Sarebbero gran brutti cominciamenti per chi vuol essere reazionario. Spero che i tuoi cancellieri studieranno piuttosto l' Almanacco di Gotha. Io fui fortissimo in genealogie principesche. Un grande uomo di stato, prima di essere Cancelliere dell'Impeto, o ministro degli E5!,eri, o quel che tu vuoi, è notaio della Corona, idest, guardiano del talamo regale. L'almanacco di Gotha era il mio l'ivrè de chevel. I ministri della democrazia tengono invece sul comodino l'elenco delle votazioni nominali della Legislatura in corso. I. - Ma tu non vuoi che i re amino il loro popolo? M. -· Un re, un gran re, ama la sua dinasUa. Questo amnre non è istintivo nei re, come l'amor materno non è istintivo nelle madri: è una lenta affermazione pessimfata contro il volgo che vede dappertutto corrispondenza d'amorosi sensi, è una faticosa conquista del dolore delle generazioni. Arrivare a questa affermazione e a questa conquista, rtmare la dinastia, e portarla coscienteinente in sè nello Bplendore della maestà, ecco il compito di un gran re. Se poi ha reni robuste, abbia pure il-suo parco dei cervi. I cancellieri, guardiani del talamo legittimo, non alzeranno la. cortina dell'alcova della favorita ... Permettimi, a me che fui un servitore fedele degli Absburgo, cli testimo-

7 _o____________________ L_A_R__· r_v_o_L_u_z_r_o_N_E_ L_I' ,:::B_:E:_,;R:::_:A:._L:::_::B:__ ___ __ ,-------------::-- ) niare ancora una volta tutta la mia ammirazione per il ramo primogenito dei Borboni, rigermogliato a Napoli e in Ispagna, tutta gente generata per il trono, e che sapeva molto bene distinguere tra talamo e alcova, tra le virtù di un droghiere e quelle di un re. < Dei bellissimi nomi dei Borboni di Napoli 1. - Ma costoro procedevano troppo spesso da un macchiato letto a un addobbato altar: e poi avevano il vizio di dormire poggiati a un bianco seno, col pugno all'elsa, e sulle teste il piè. M. - Questo è un figurino di monarchia come la può immaginare un sovversivo, che nei momenti di noia sognacchia di Nana Sahib. I Borboni di Napoli, in particolar modo, così maltrattati dai liberali, dimostrano tuttora di essere sempre una speranza della causa dell'ordine: e sai come? Nell'unico modo che a principi il) esilio, sia concesso: nella scelta dei nomi per gli ultimi nati. Il nome di un principe: avete mai riflettuto voi, uomini della nuova restaurazione, a tutta la sua enorme importanza? I Borboni di Napoli, nella loro residenza di Cannes, continuano ad imporre ai nuovi nati i nomi lazzaroneschi che un tempo furono imposti, nei battesimi regali di Caserta. Prima della usurpazione, i principi si chiamavano Vincenzo, Pasquale, Gaetano e Francesco di Paola e Gennaro, le principesse si chiamavano Annunciata e Immacolata. Come i cafoni e le cafone del Reame. Adesso, l'ultima generazione, cacciata dalla rivoluzione, porli!- ancora in giro per la Costa Azzurra proirio quei paesani nomi onorati di Gennaro e di Gaetano, tli Lucia e di Maria Addolorata. Come i cafoni e le cafone del reame cacciati dalla miseria, li portano in giro per -le Americhe. Qualunque altra famiglia italiana se ne vergognerebbe: e tutte ce;- cano difatti di rinnegare i morti pigliando a prèstito i nomi dai libretti d'opera. Per mio conto, chi al suo primogenito non impone il nome di suo padre, e foss'anche il più zelante partigiano del governo, lo farei tener d'occhio dai miei emissari, come testa balzana e curiosa di pericolose novità. Tutto si combina, « tout se tient " : un governo restauratore dell'ordine, nel vostro paese, non può non sentire molia considerazione per i Borboni di Cannes, gli unici prinQipi che nell'alta società internazionale portano i nomi del popolino napoletano. Dei matrimoni prèncipeschi I. - Ma dopo aver pensato al battesimo, un governo di restaurazione dovrà pensare anche a tutti gli altri sacramenti, matrimo" nio compreso ? M. - Mio caro, mi hanno voluto dire che regnano oggi dei re che si pr.oclamano pronti a lasciare il trono pur di rispàrmiare un dolore alla «patria», re che carezzando la testa del loro erede in presenza di ministri malfidi, dicono: « Quest-0qui, beato lui, non conoscerà le seccature delle crisi ministeriali", dei re che quindi non sanno neppure imporre alle loro figlie un matrimonio di alta convenienza politica. Nessun dubbio che. re di quest-0conio vanno dolcemente sorretti verso una più esatta concezione degli interessi della dinastia. Il matrimonio dei principi è cosa di gabinetto. Quando una principessa fa « un matrimonio d' amore», come volgarmente si dire, vuol dire che sono vicini i progettisti di brefotrofii che vogliono sbarazzare le madri dall'onere dell'allevamento, vuol dire che sono in marcia i sovversivi che vogliono fondare la republica dei cani. Una donna naia sui gradini del trono, dev'essere prima di tutt-0madre di re: per l'amante, in essa, non c'è posto degno. Te lo ripet-0: l'amore per la dinastia è conquista faticosa del dolore di tutti giorni e di tutte le ore: impone rinuncie e sacrifici; un principe che vi si sottrae, vuol vivere gratis. Neppure i principi vivono gratis. Quando Sua Altezza la duchessa di Parma andò a nozze con Napoleone, v'era chi volle accusare me di cinismo; perchè, nel solito cerchio di intimi, avevo detto che l'orco chiedeva una vergine, e che la vergine doveva essere consegnata per il bene della dinastia. Ma lasciai dire. Erano le solite consorterie di corte liberaleggianti, patriottiche, giacobine: vèntole della politica. Il popolo - il popolo in nome del quale costoro parlano - comprende molto bene gli interessi, le combinazioni, le nozze della politica dinastica: le parole del vecchio Goethe sono sempre l'unico riassunt-0 delle variazioni nelle opinioni politiche popolari: " Un giovane principe rinfranca le speranze dei sudditi, fa germogliare nuova vita: un vecchio le prostra». L'unica forma di femminiSIJ'lOche il popolo apprezza, è quella della figlia del re, che, vergine e sola, lascia la patria piangendo per andare a regnare su paese lontano ed ignoto: tutti sentono allora che vi sono sacrifici riservati, che vi sono privilegii anche nel dolore, che vi sono disegni lungimiranti, combinazioni ,, elevate, arcani •di stato,. alla cui consacrazione occorre una figlia di re. Ifigenia e la leggenda del suo sacrificio - ecco qualche cosa. che respinge davvero - dall'alto, le turpi ciarle sovversive della republica dei cani. Dell'aristocrazia dei fabbri di villaggio I. - Ma un uomo di stato moderno, uno dei giorni nostri ... M. - Un uomo di stato dei giorni tuoi, può essere che non possegga le arti di ragno che io ebbi ai giorni miei: ma si occuperà anche lui, di dinastia e di tavole genealogiche. Egli si vanterà dei suoi nobili antenati, che sono, a parere mio e di Giuseppe de Maistre, assolrutamente indispensabili per poter governare ... I. - Ma no, Eccellenza: il mio più _gran Cancelliere, che si proclama fortissimo uomo, è nato di plebe: ed egli stesso lo dice, gloriandosi di essere figlio di un fabbro. M. - Figlio d'un fabbro ... Comprendo assai bene eh' egli lo dica forte: scaltro uomo dev'essere costui. Non lo direbbe, no, sta pur certo, se fosse figlio di un- cuoco. Su un plebe di ragionai, di piazzisti, e di toz'l'litori di officina, il fabbro di villaggio è una figura distinta, ricca di tradizioni, grata al ricordo dei figli arri:vati. Il fabbro del villaggio non è plebe: perciò il tuo gran Cancelliere lo ricorda. E visiterà anche la casa -paterna, no? Vedi! Ne erò sicuro. Una piccola casa di artigiano rurale non è plebea : un cancelliere può compiacersene, di fronte alle coppie che si congiungono, una sopra l'altra, nelle caserme opera~e, come conigli accoppiati ai varii ripiani di una razionale conigliera! Da q,uesti accoppiamenti coniglieschi, sarà ben difficile che un qualunque arrivato tragga motivo di compiacimento : e il tuo gran cancelliere non avrebbe condotto i suoi fedeli ad ammirare il luogo dov'ei nacque, se invece d'esser nato nella casa del fabbro di villaggio, fosse nato in un qualunque volgarissimo casermone d'affitto, in un polveroso sobborgo delle nostre città. Anch'egli, vedo, è a,matore di genealogie, secondo che può,_E con la grande nobiltà italiana, in che rapporti è il tuo gran cancelliere, nato di plebe? • Di certi ricevimenti al Circolo della Caccia I. - Eccellenti. La nobiltà lombarda, riunita al Cova, è uno dei saldi appoggi del suo cancellierato: la nobiltà romana, :ri~ nita al Circolo della Cç;;ccia, lo proclama solennemente suo socio onorario. Il sovrano Ordine di Malta lo adula, offrendogli, come - a un Cardinale, le insegne di Balì. Egli le accetta. M. - Dei principi ro·mani non mi stupisco. Sangue di preti: non è possibile aspéttarsi da loro quegli aristocratici bronci, quelle esclusioni provvidenziali per far comprendere all'uomo d1 governo ch'egli può, sì, far muovere i poliziotti e i reggimenti, ma che non può, non potrà essere mai accolto da pari a pari in un grande salotto. Mi stupisco di lui. Un figlio di fabbro, un plebeo, può essere, se non nobile, di sangue aristocratico: a patto che si tenga ben càra la sua schietta plebeicità, e non la contamini. Un uomo d'ordine, un « restauratore", deve avere il gusto, il piacere di queste distinzioni: la disciplina sociale più rara è quella che arresta il plebeo potente dinanzi alle soglie del gran mondo, lieto di aver ritrovato nella distanza delle abitudini la distanza della nascita, timoroso di offendere Dio, col troppo chiedere al successo politico. Lo spirito, il profumo di qualunque restaurazione è tutto in queste rinuncie. Difendere il capitalismo senza avere un soldo di capitale, la proprietà senza possedere un pollice di terreno, l' aristocrazia, quando si è circondato da principi romani, la monarchia, quando si vive in un suolo senza re: ecco qualche cosa di degno, di aristocratico, per un plebeo che comanda, per un figlio di fabbro che ha l'orgoglio di avere un solido cervello di uomo d'ordine. Ma se costui va a prendere l'assoluzione al Circolo delta Caccia, è un sintomo di intimo sovvertimento. Che mi rende pensoso. Della dolcezza dei modi necessaria all'uomo di stato I. - Eccellenza, per favorire l'avvento di una nuova mentalità influenzata dalla modernità meccanica veloce e imperialmente costruttiva e conquistatrice, ci vogliono dei giovani capi, duri e inesorabili. Per affermare la reazione sul liberalismo putrefatto, bisogna schiacciare, con durezza ed energia giovanile ... M. - Questi avverbi mi dànno alla testa. l. - Eppure, eccovi l'ultimo discorso pronunciato da uno dei nostri cancellieri, a Padova. M. - Vedo, vedo. Cosa vuoi che ti dica?· Io assunsi il potere giovanissimo, ma mi guardai bene dall'accennare venti volte in un discorso alla mia « anima giovanile adusata più all'entusiasmo, ai cimenti che non alle regole precise del protocollo e del governo », alla mia « esuberanza giovanile ", agli « anni felici della vicina gioventù che solo si bea di tranquillità ». Io nascondevo la mia gioventù come una involontaria offesa ai principii dell'ordine: età terribili, età di sovvertimento sono quelle in cui i figli pretendono di convertire i padri! Costui invece mette in mostra la sua gioventù, come un giocoliere esibisce i s1:1omi uscoli. Sarà. Non parliamo poi della esaltazione della durezza. So che nei libri di testo dell'Italia democratica si dipingeva anche me come un Cancelliere imperiale duro e inesorabile. Per via: degli equivoci occorsi nel1' amministrazione del Lombardo-Veneto. Che dei partigiani del « régime de la gueule » amino rappresentare i loro caporioni in pose titaniche di ferreo imperio, l'ho sempre veduto. Ma che dei pubblicisti ufficiali di un governo reazionario facciano ogni giorno l'esaltazione della durezza e della inesorabilità dei loro canceHieri, è inaudito. I miei pubblicisti, il mio carissimo Gentz - qualche cosa come il capo dell'Ufficio Stampa - vantavano sempre, al contrari.o, la mia benignità e la mia piacevolezza. Se mi avessero spacciato per duro e inesorabile, li avrei licenziati. La reazione è nelle labbra sottili, nÒn nel gioco dei muscoli facciali. Di giochi di muscoli facciali ne eravamo stufi, dopo venti anni di rivoluzione e di impero! Nel sovversivismo, io odiai sempre la posa. Detestai sempre i Prometei con la puzza di piedi. No, no: io fui run assolutista nell'arte di governo: i,ia appena un sollecitatore, poniamo un borgomastro, veniva introdotto alla mia presenza, nascondevo il mio assolutismo sotto le belle ma- • niere. Quando il mio buon <}IDicoCapefigue voleva difendermi dalle accuse dei liberali italiani, io gli suggerivo di scrivere così: « Si potrebbe paragonare il. governo Austriaco a un padre di famiglia amorevole, inquieto, un po' difficile per tutti i suoi figli, con dei primogeniti pacifici, dei cadetti un po' turbolenti, ch'egli tiene con amabile severità, per risparmiarsi" il dolore di doverli castigare». Non è forse ben delicato, per fare compr.enderè che qualche liberale lombardo lo avevamo mandato allo Spielberg? Un tòno più alto, c'era l'ostentazione della faccia feroce. Orribile. Così invece va bene. I. - Ma qruest-0è lo stile del Mondo! Della faccia feroce, ·e della sua volgarità M. - E tu compra gli scrittori del Mondo. Vuol dire che sono i soli commentatori decorosi di un governo reazionario. Non dico che poi, in ristrettissimo circolo, i tuoi Cancellieri non possano argutamente motteggiare sulle stoltezze dei liberali. A' tempi miei, il Pellico, il Mazzini si prestavano bene a qualche osservazione garbata. Nel Pellico, per esempio, tanti lamenti per una camera al quarto piano, nel palazzo dei Dogi: una camera che Lord Byron avrebbe pagato qualche centinaio di zecchini, solo per la vista splendida sul Canal Grande! Ma queste cose spassose, un uomo di stato le tiene per le sue geniali conversazioni ... Oh, ma nei dooumenti ufficiali, solo lo stile di CaJ?efigue I L'arte della conversazione, la concordia di una società elegante, aborrono dalla simulazione della faccia feroce... Quella che nei miei viaggi alla Corte di Napoli udivo denominare volgarmente «incassatura a freddo " è uno spediente di governo desolatamente democratico, « gueulard "· La mia civetteria si compiaceva di altri artifizi, era più raffinata. Della civetteria dell'abito nero l. - E come? M. - Caro mio, la dolcezza di certe mie serate di cerimonia alla Hofburg era inAsprimibile. In mezzo alle divise candide dei Feldmarescialli, ai mantelli rossi dei Maltesi e alle porpore dei Cardinali, in mezzo ai principi polacchi e ai conti dell'Impero, che avean studiato per tutta la giornata il modo di gettarsi sulle spalle il dollman o la pelliccia ... tante chincaglierie che per protocollo erano più vicine di me alla persona dell'Imperatore, e io comparivo fra tutti gli altri, fra gli Exzellenzherren, con il mio abito nero e il mio collare del Toson d' oro, semplicemente. «Semplicemente", comprendi tu ancora tutta la vanità squisita di questa semplicità? I tuoi cancellieri, non ne dubito, se sono reazionari, vorranno gu- :,tarla nelle cerimonie della vostra Hofburg. No?... Non sono stati sedotti dalla squisita civetteria degli innamorati del potere, dei virtuosi dell'arte di comandare: i quali si compiacciono di nascondersi sotto le apparenze innocue, e dinanzi aUe folle brillanti e docili, si godono pensando: tu, tu solo, piccolo uomo vestito di nero, possiedi l'orecchio del sovrano? Non hanno mai gustato il diletto di comparire un po' come pipistrelli in mezzo alle feste volgari della Corte, e di sbattere per un minuto sul volto di tutti i servi dorati e incordonati l'ala fredda della ragion di stato? ... No, mio caro, io fui sempre di lieto aspetto, e adorno del più gentile sorriso: ma. che_ solletic?, quando passavo, alle Tmlenes, a "Fontamebleu, a Compiègne, fra i marescialli dell'Impero e tutta l'altra barabberia corsa ... Veramente, mio caro: non avevo neppur trent'anni, la principessa Lieven m_idistr~eva dalla soverchia applicazione agi! affart di stato: ero un uomo à borines fortunes ... Ma quelh, erano des hommes à. femmes. Apprezzi tu la distinzione? Eppure, ero per loro già un pipistrello: ed eravamo .freschi di Austerlitz. Io lo leggevo nei loro occhi di sovversivi divenuti duchi e ministri, baroni dell'Impero: la mia sola presenza, la presenza di me, distinto.e sorridente ambasciatore dei vinti, uomo senza pennacchi e senza scimitarra, uomo di gabinetto, diplomatico di alcova, nascosto suggeritor di sovrani, era una offesa per loro ... Un frack nero è sempre una offesa per chi ama le sciarpe e le coccarde. Di alcune persone viventi I. -. Strana cosa! Le stesse ragioni suol dire talvolta, nelle cene notturne al Cova, un giornalista di Milano, discepolo di _San Domenico e di Proudhon. M. - Che fa costui a Milano? I. - Un nemico, è un nemico dell'Italia rinnovata. Dirige un giornale di fama e di /tradizioni democratiche. • M. - E tu compralo, anche lui. Non badare se sostiene- il suffragio universale o la proporzionale: questi son ritrovati meccanici che anch'io avrei messo in opra, se a' tempi miei fossero stati di moda ..Ma se veramente colui ha così parlato, compralo: egli è nelle mie tradizioni, e sulla mia linea. I 1 filosofi incutono soggezione soltanto ai sovversivi: più d'un imbonitore di folle, accaldato dal sole e dal successo, io l'ho veduto imbarazzato dinanzi a chi gli regala delle idee e dei sistemi. Chi è il filosofo di professione fra i nemici del tuo governo? I. - Adelchi Baratono. M. - Spero bene che nessuno dei tuoi Cancellieri lodabilmente reazionari, ascolterà le sue parlate con intente mascelle: bensì con la sorridente disinvoltura del salottiere. O è diverso? I. - E' diverso. Delle pure gioie ascose dell'uomo di stato M. - Non comprendo, in fede mia, la v..ostra restaurazione, il vostro reazionaris1110, - i vostri Cancellieri. Temo che essi non posseggano il signorile riserbo di lasciarsi credere beoti, gaudenti, curialeschi o cinici, insensibili àlle nuove, come si dice, « correnti spirituali », noncuranti delle nuove come si dice, « forme di arte dinamica». Io mi ricordo di Mazzini, e di tutte le strampalerie ch'egli scrisse sull'arte individuale e sull'arte sociale a proposito del miò poeta prediletto, Byron: e di tutte le insinuazioni contro chi non apprezzava l'intenso grido della greca libertà risorta: che sarei stato poi io. Pover'uomo ... Essere a Portici, in una comitiva di magnati ungheresi, mia figlia, Karoly, Esterbary, Grillparzer: essere a Portici, in visita presso un Borbone, e un Borbone spergiuro e perciò più piccante: essere a Portici, dopo Lubiana, dopo Verona, mentre cominciava proprio tutta la cagnara li!Jerale contro di me, beota, gaudente, curialesco e cinico: e divertirmi io, io Concelliere dell'Impero d'Austria, a recitare dopo il caffè il quarto canto del Childe Harold ... Lo sapevo a memoria, mio caro: era uscito allora, e fu per Grillparzer una novità. Fu mai Byron recitato da un byroniano par mio? Cosa capiva Mazzini di Byron in confronto a me? Non trovi tu il tiro assai fine? Lasciar credere ai liberali di tutta Europa di essere un baston da pollaio, in fatto di arte e di poesia, e poi dilettarmi di Byron e delle sue invettive in uno dei viaggi che mi fruttarono il nomignolo di Prevot de l'Europe ? I tuoi cancellieri si procurano di queste rivincite squisite e segrete? Noi, della prima Restaurazione antiliberale, noi Metternich, Talleyrand, Pasquier, Hardemberg, Nesselrode, CasUereagh, assai le amavamo. Gli uomini della seconda Restaurazione antiliberale hanno certo anch'essi questa discrezione pudica ... O non l'hanno? I. - Non l'hanno ... Non l'hanno sempre. M. - Comincio a credere che io abbia poco da spartire con voi. Il profumo della reazione è in questo disdegno degli uomini di stato di spiegarsi e di giustificarsi dinanzi a qualche assemblea di pagliette e di causidici. Se qualcheduno ha detto: « C' est beau, le coup d'état, cette grande main noire qui descend dans la nuit », io ti dico che fu bella anche più la Restaurazione, questa grande mano inguantata, ma sotto al guanto talvolta sporca di sangue; la mano lunga e bianca di un gran signore: come la mia, guarda. La vostra, vuole essere una mano inguantata ... o una mano nera? I. - I miei avversarii dicono che è una m'ano nera.

Del rispetto dovuto agli adulteri nei colpi di stato M. - Morny, Morny, mio caro: il duca <li Morny è allora il consultore politico che ti conviene. Il bel tenebroso del Secondo Impero ti insegnerà a calcare la mano nera nella notte con distinzione e precisione. Per gusto sovversivo, il duca cercò di farsi uno stile: e ricordo con quale compiacenza conobbi, nel mio buon ritiro, i primi particolari del 2 dicembre. Il colpo di stato è sempre una facchineria: se è possibile sbrigare una facchineria con modi urbani e cavalieri, il duca solo può indicartelo. Io, vecchio e impenitente vert-galant, gli perdono di cuore i massacri di faubourg Saint-Antoine, per le sue istruzioni sui riguardi da usarsi nell'arresto di quei fierissimi ufficiali repubblicani, ch'erano a leLto, nella notte del 2 dicembre, con le mogli degli altri « il faut toujours sauver l'honneur des femmes, e qu'il n'y soit ni bruit, ni esclandre ». Noi, della Restaurazione, apprezzavamo queste delicatezze perchè eravamo signori, lui forse arrivava ad imitarle perchè era un fils de bonheur. Cerca almeno, mio caro, di arrivare, nei vostri colpi di stato, alla galanteria dei bastardi, se non polete arrivare, nella repressione silenziosa, alla eleganza della gente bennata. Delle camicie nere e delle camicie bianche J. - Il vostro Morny è un antidinamico, un _passatista, un disfattista, uno svalorizzatore della vittoria. M. - Non comprendo. I. - E' un impertinente Jf. - Alla buonora. I. - Mentre mi avvicinavo a lui, per chiedergli quei tali consigli sul modo di far ingerire il colpo di stato « tuta, cito, iucunde », come l'acqua purgativa romanamente promette, ho veduto che ridacchiava. E non ebbe neppur ritegno, questo incorreggibile nemico d'Italia, di far notare, in ·mia presenza, a un giornalista de l'Echo de Pari;, essere veramente di poco buon gusto che io mi sia fatto scortare nell'Olimpo dei Numi Incligeti da manipoli di Camicie Nere. Ora questa è sfacciata menzogna: e invece cli prenderne nota per una smentita ufficiosa diramata da qualche agenzia tardigrada, volli subito. - futuristicamente! - rigettargliela in gola. Gli dissi « Eh bien, sachiez, Monsieur, que se ne suis pas venu lei avec des chemises noires. l'y suis venu au contraire, avec un grand nombre de chemises blanches, et bien blanches! ». Questo, capite, per fargli vedere che anche noi sappiamo portare gli abiti di società. M. - Difatti. I. - E Morny, il vostro Morny, il vostro bastardo Morny: ,« Eh bien, Excellence, je n'ai qu'un souhait a Vous-faire: et c'est que vous puissiez toujours les conserver telles ! "· Ah, boia d'un Dio leder! J1. - Morny è parigino ... Quel briccone è più fresco sempre, e più alert di me: con una battuta ti ha sbrigato, e io dopo tante ciacole mi sono accorto adesso solamente che tu vieni di Romagna. E tanto basta. Addio, addio. GIOVANNI ANSALDO. PIERO 6OBETTI - Editore TORINO • Uìa XX Settembre, 6□ Pacco dinovi"tà librarie Nell'intento di rendere il più àgevole possibile ai nostri amici la conoscenza delle nostre opere spedilremo a chi ci manderà cartolina vaglia di L. 28 invece di L. J8 - il seguente pacco di libri : N. PAPAFAvA: Badoglio a Ca.poretto U. FoRMENTINI: Gerarchie sindacali . L. 4.- . L. 3.- P. GODETTI: Dal bolsce"Vismo a! fascismo L. 3.- G. STOLFI: La. Basilicata senza scwle L. 6.- P. GoBETTI :La fil_osofia polit. di V. Alfi.eri L. 6.- A. Dr STASO : Il Problema italiano . . . L. 1,5<> M. VINCIGUERRA : Il fascismo -visto da un solitario • L. 5-- L. SALVATORllLLI: Nazionalfascismo • L. 7,50 ..Numero di Energie. NÙo'Ve sulla Scuola L. 2.- il. 28 in1eeedi il. 38 LA RIVOLUZIONE LIBERALE CATTOLICISMO POLITICO Con una prefazione di Filippo Meda don Ernesto Vercesi vuole presentarci la storia del movimento cattolico in Jtalfa (1); vorrebbe anzi produrre una raccolta di • materiale documentario , e col soccorso della sua propria esperienza, cli prim'ordine e di primo plano per gli anni che vanno dai tempi aurei e procellosi dell'Osservatore Cattolico al pontificato di Pio X, una specie d'interpretazione legittima di quel malc1iale: un ottimo proponiJncnto e altamente opportuno. La storia di dopo il '70 è a.ncora in gestazione, e ma.nca perfino Ja cronaca e la monografia; manca, si direbbe quasi, il senti1nento di questa possibile storia, la voglia e l'interesse di tener vive Je {ouli, la messe delle notizie e il fiorire degli aneddoti; non ci sono spigolature di fatti o magari <li fatterelli, derivazioni sentimentali o romanzesche, culto di eroi o di partili. Al solilo, l'attenzione è quasi tutta volta al campo letterario, o alle ripercussioni italiane di movimenti nati all'estero, come s'è fatto col socialismo. Con Roma capitale il movimento cattolico acquista tllla chiara risonanza nazionale e un valore politico in tutte le sue manifestazioni centrali. La storia dei Papi è di nuovo storia d'Itatalia, e occasione e fattore di poJitica interna. La ripercussione negli animi dell'attività Vaticana <lfrenta elemeuto esseuziaJe della psicologia del Regno e lesto di prova della coscien7..a e della volontà nazionale. Forse l'entrata a Roma dello stato, fuga l'ultimo residuo di quel secolare e tanto diffusamente rilevato e proclamato adattameuto per cui l'indifferenza e la pigra, scettica autonomia persouale si sposa con l 'ossequio estemo e la bigotteria. Dopo il '70 la religioue è posta come un problema cardinale delle coscienze. Un buon cattolico con questo ciiterio dovrebbe d<:;siderare di ricostruire, incentrandosi a Roma oltre il portone di bronzo e col sussidio degli Atti e dei commenti della Sede Apostolica, la figura della vita italiana e il suo svolgersi daì primo momento di oscuro sospetto e di chiuso e livido contrasto aÌla piena pacificazione significata nel sorgere del partito popolare. Questo disegno non s'è mostrato di certo alla mente di don Vercesi, che ci fa vivere nel suo libro momenti tra loro separati senza nesso nè ordine. Con molte sconclusioni sconcertanti tenta di fare l'apologia di due ore, quella di don Albertario e quella <li... Meda, cercando di mostrarci una filiazione diretta fra l'una e l;altra e oscurando, perchè sono fatti che bruciano, tutta l'interposta azioue di Pio X. Leone XIII lancia al ltlondo l'enciclica « Rerum Novarum li e l'Osservatore Cattolico, mutando improvvisamente rotta - anche per opera di Filippo Meda che entra nella redazione - la interpreta e la amplifica: tali le premesse necessarie perc:_hè l\1eda entri in parlamento, donde salirà al governo d'Italia in un'ora grave, ponendo cosl un termine a quella linea di svolgimento nazionale, che sarebbe una delle « direttive sostanziali e·sintetiche del movimenlo cattolico italiano li; l'altra e la direttiva « sociale , ; a che cosa miri e che fondamento ahbia nÒn è, detto - son 9?-creparole a cui qualunque chiosa è un'offesa; ma quanto le implicite idee sono chiare si vede a pag. 244 dove si fa un'allegra confusione tra i semplici termini di classe e di categoria. li vero peccato di questo libro è che potrebb 'esser tutt'altro; e così ccme è è ipocrita e insidioso. Don Vercesi vi mantiene una posizione non cli tendenza o di battaglia, ma di partigianeria; quello che non gli fa comodo tace. Il materiale documentario è parzialissimo e sciatto, ma con l'aiuto dello stile modesto e delle ristrettissime affermazioni personali tenta di mostrarlo in una lnce obhiettiva e come se fosse destinato alle libere influenze altrui, si sa che questi scopi sono assurdi, ma si vede una volta di più quanto sono intima.mente insinceri. • Ci ,·orrebbe 1a dottrina - e l'esperienza sopra tutto - di don Vercesi per ribatterlo e integrarlo quasi pagina per pagina, cioè per rifare il suo libro. Permettiamoci <liosservare una cosa sola: con ] 'ausilio clellaf « Rerum Novarum , e impostando su di essa, come si deve fare, la storia della del"ocrazia cristiana che è quindi l'ultima conseguente parola interpretativa e normativa della Chiesa Cattolica di fronte al Mondo e a' suoi nuovi problemi economici e sociali, come si può sboccare a una condanna in blocco dell'opera di Miglioli e a un'esaltazione - a dispetto di don Sturzo elegantemente svalutato e allontanato - dell'on. Meda? Perfino i framassoni si sono accorti che nell'esperimento di Miglioli c'era qualche cosa d'originale e d'intraducibile, se potè attuarsi in questi anni felici senza spargimento di sangue ... Ma bisogna tenere ~ mente che il libro è stato scritto a Milano, dove la logica è quistione di convenienze; i fatti di Soresina non seguivano a puntino le direttive « nazionali ». Come sempre nazionale vuol dire appr<tVato e ammesso dai beu pènsanti. Ben altra importanza e un valore un po1 nascosto, che bisoua andare a cercare superand0 un'immediata impressione cli stento e di dtirezza, ha il libro cli don Sturzo (2). Son sei discorsi tenuti tra il '19 e il '23, che si conoscevano dai gion1a1i a pezzi, secondo le afferma7_jo11ipolitiche momentaneamente più in luce, e non riuscendo a vedere stesa la trama li precede una specie di carta costituzionale d~l popolarismo, schematizzata in venticinque numerati capisaldi. Se questa prima parte è da rilevare per la chiara impostazione del concetto dl stato di fronte al programma specifico del partito, non è necessaria invece per dare unità e fondamento comune a quei discorsi, che si reggono da sè e precisano e svolgo,w una netta pratica, riba,- dendo forse con un 'insistenza un po' noiosa e con la ripetizione <li motivi sempre eguali alcune che si potrebbero perfino chiamare idee fisse : e questo sia detto per coloro che accusa,10 il popolarismo d'essere una sfinge ne' suoi propositi e di non aver altra mira che l'arrafiamento di favori e di poteri. li centro del pensiero sturziano e la sua origine è nella esaltazione e nella rivendicazione della famiglia come prima forma elica e germe e nucleo fecondo d'azione di contro alla meccanicità degli altri istituti, imposti per atto intellettualistico più tosto che generati per bisogno genuino; questa famiglia è intesa in senso Cristiano, come atto di amore e di riconoscimento verso un principio che la trascende e le dà la sua legittima forza morale; e postula quindi di fronte ai poteri - che, non costituiti in quella luce, in quanto non la irradiano sono prepotenti - il diritto alla sua indipendenza e al suo ordine autonomo; donde la. necessità che il potere statale; insensibile a quei bisogni e quasi avulso, per ignoranza e incapacità di coscientemente aderirvi, da quel mondo, sia mediato, decrescendo in ampiezza e in generalità e accostandosi come sistema di intima e sicura interpretazione e manifestazione all'ordine famigliare, dalla regione dalla provincia e dal comune. Il senso della famiglia come istituto cardinale nell'animo di don Sturzo s'è avvantaggiato e integrato con la sua lunga pratica di sindaco, primo forse fra i più che ottomila sindaci d'Italia che si sia sentito per il suo ufficio diventare uomo di stato provvedendo a crearsi a traverso quella che sarebbe per i più una piccola funzione amministrativa una forte esperienza politica. Senza i quindici anni di sindacato non si spiega l'azione del partito popolare, polarizzato intorno alla necessità di questa riforma statale dall'intimo e dal basso che don Sturzo dove' certo faticare a far entrar nell'animo dei cento deputati. Si connette alla rivendicazione della Famiglia la lotta per la proporzionale (bisogno di perfetta rappresentanza, in modo che ogni unità abbia il suo peso), per il suffragio femminile (che darebk~ nelle classi incolte, entro la famiglia, un doppione al voto maschilé, e nelle classi còlte, rappresenterebbe una forza di difesa e di tutela -dell'ordine famigliare), per la libertà della seno- .. la; e perfino in termini famigliari, di emigrazione e di colonizzazione, è considerata .la politica estera. •Il continuo ritorno alle affermazioni teoriche sembra essei-e per don Sturzo un atto istintivo di sincerità e quasi un bisogno; i mezzi di attuazione sono pure contingenze, indegni d'una qualsiasi eonsiderazione oltre il loro rapporto allo scopp proposto. La storia nella sua mente non sembra mai giustificata, ma soltanto un tç.rreno indiziario per scoprire le radici dei problemi e le cause dei mali che ci tormentano: più tosto che essere nel passato la storia comincia domani ; degli uomini e degli istituti sono importanti sopra tutto i difetti. Appare nella sua azione una mancanza di chiarezza pratica, e il rapido servirsi degli arnesi e abbandonarli significa la sua poca volontà di conoscerli, la sua troppo pronta agilità. Tra teoria e pratica si spalanca un baìatro e fino nell'esposizione del programma certe parti sembrano affrettate, meno illuminate o addirittura contradditorie, non si resta ben convinti per esempio che 11estensione del suffragio alle donne aiuti la vita della famiglia, e si direbbe anzi J'he faccia a' cozzi coÌ tradizionale principio dell'unità familiare. Dove gli manca un preciso concetto di partenza, come in politica estera, non riesce assolutamente a nulla e per non sbagliare, o .. forse per non çompromettersi, si esula dai problemi concreti e :;etta un facile e generico discredito su tutti i modi d'azione. « Nessuno in Italia si occupa di politica estera , : questa affennazione perspicua sta a base del suo ragionare; ma ripetendo tali parole non s'accorge cl 'essere il primo di quelli che non se ne sanno occupare nel rammarico di tale affermazione essendo insito un errore di giudizio. i/arbitrarietà e la libertà della nostra politica estera di fronte alle mene interne permette la politica di Sforza e consente a Mussolini d'avvallare Rapallo. Il campo dove siamo peggio costretti a una linea di necessità è quello dove il_ nostro genio si può meglio manifestare. Don Sturzo vorrebbe manciparlo al beneficio dei contadini di Caltagirone, ai sentimentalismi dell'onorevole Vassallo1 ai risentimenti di Mare Sangnier o di altri amici francesi, senza scontentare il centro tedesco; speriamo che in simili porblemi non abbia mai da dare suggerimenti. Tolte queste ombre il movimento popolare appare assai fruttifero, anche perchè supera una concezione dottrinale e dogmatica, pur procedendo in parte dalla scuola ci·istiano-sociale (un ottimo terreno antiteorico era quello della nostra democrazia cristiana, dove finirono tutti i senti1r n 71 mentalismi e più pareri e più antitesi che teste <li aderenti) per fondarsi su una realtà ignorata dagli altri partiti; non fabbrica una serie di valori • ex nihilo , ad uso di propaganda, ma pone un criterio e riconosce 1111 bisogno che agisce profondo per tutti gli Italiani. Se vi fosse sottratta la famiglia il movimento popolare sarebbe anarchico e romantico, com'era l'unitarismo salveminiano. C'è sempre pericolo a voler riordinare le· cose farencJo di leva su 1111 sentimenfò; che l'azione della gente scaldata e esasperata travalica e si libera da tutti i freni. Ma viene in mente che questo istituto-rifugio degli Italiani, non guasto dalla retorica (è troppo vicino) e costoso di surlori e di sacrifici, sia qualche coga più cbe un senti=-11.to, sia proprio quel centro di vita e quella norma che tanti s'arrabattano e ct-rcare in sfere più larghe e ogni tanto affermano con alte voci di averlo scoperto: Stato, Nazione, Internazionale; che in qualche luogo dovrà pur nascondersi, se no a quest'ora la nostra compagine si sarebbe rotta- Il pericolo cui s'accenna va è poi lontano, che la lotta 0011 s'inizia a bandiere spiegate e il presupposto sturziano resta organico e profondo nel suo pensiero, f.a a meno di glorificazioni e d'incensamenti; vive in lui com.e una fede da serbare, non come una ragione sentimentale e retorica da infiammarne gli animi. Per la passione, tacita e quasi covata, di cui si sc-nte che è acceso vien voglia di credergli; e d'aiutarlo, come si possa, a rimaner a galla in questi frangenti, perchè proprio ora l'esperimento diventa bello ma, passat.o 1ui, non ci sarebbero eredi e a~remmo salutata invano quest'alba che sembra prometterci una libertà futura. U. M. DI L. (1) E. VERCF,SI: Il mo-,;imento cattolico in Italia - Firenze, • La Voce,, 1923. (2) L. STOR7,◊: Riforma statale e indirizzi po• litici - Firenze, Vallecchi, 1923. PIERO 6OBETTI - Editore TORINO - Uia XX Settembre, 6□ LUIGI SALVATORELLI NAZIONALFASCISMO I volume di 200 pagine L. 7,50 PRIM:I GIUDIZI DELLA STAMPA: « Un saggio completo di critica serena "obbietti1Jaal fascismo , (Il Mondo, 31 maggio 1923), , Si tratta di un esame originale del problema del fascism.o, scritto da uno dei pochi giornalisti seri e preparati d'Italia, (Torino, Tempi Nuovi, 26 maggio). « A nessuno sfuggirà la singolare im.portanza di questa opera. che è I.a prima critica organica del fascisrno, scritta da una mente storica di prim'ordine e condotta con la sere1iità e La finezza di un osservatore amabilm.ente ironico e scettico -verso tutti progettismi e i dognl,(Jtismi ide~ logici,. (Roma, Studi politici, maggio). ~ MARIO VINCIGUERRA Iu FASCISfllO VISTO !>A Uf'! S01.llT.A.t~IO L. 5 « Es~mina con serenità. di studioso la. formazione e gli s-ailuppi de! partito dominante de!- l' Italia ~•oggi>. (Genova, IL La1Joro, 19 maggio). GIUSEPPE STOLFI LABA5ILICATA SENZA SCUOLE Lire 6- • Il proble1mi dell'analfabetismo -ai è analizzato in modo impressionante e le condizioni psicologiche del paese 11i sono ritratte con grande nz.aestria. ». (Ri-vista di N!ilano, maggio)· "-b'E<!ODEhbA STfHDPA,, il ben noto ufficio di ritagli da giornali~ e riviste, fondato nel 1901, ha sede ESCLUSIVAi\•[ENTE in Milano (12) Corso Porta Nuova, 24. C?ieclete opuscoli esplicativi e tariffe con sen1plice biglietto da visita.

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