La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 32 - 2 novembre 1922

/ Rivista Storica Settimanale di Politica CONTO CORRENTE POSTALE Diretta da PIERO GOBETTI '2.&l R d • • e azione: Torino, via XX Settembre, 60 !iE&l Amministrazione: Pinerolo ESCE OGNI GIOVEDÌ Abbonamento per il 1922 (con diritto agli arretrati) L. 20. !lE Estero L. 30 a;i Sostenitore L. 100 3il Un numero L. O,SO Anno I - N. 32 - 2 Novembre 1922. SO~!11!.RIO: - P. GoBETTI• A! no~lro posto. - E. GODETTI:La lottn antiprolezionistn. _ F. BuRZ!O. -s. SAPEGl<O Un [H'•tgrunm l . : De MonarcJJia. - L. EMERY: PostiJJe. - P. G.: Delizie incligene. _ P. Bt:RRESI: AL n□STR□ POST□ . 8~ la poHtica di go,eruo demiurgica e chplomat1ca consiste nel criticare o·li esperimenti inutili arn,amo anche :oi questa ,olta la nostra soluzione pronta per la crisi ministeriale: un ministero Am~udola con pieni poteri che ponesse e nsol ,esse auche il problema instituzionale. M:a tuttavia questa parentesi studentesca aHà i suoi frutti. Uno dei frutti é intanto la selezione mera vigli osa a ctÌi abbiamo assistito nel mondo iutelletuale. Istiuti,amente i migliori si sono stretti intorno alla Rivoluzione Liberale: abbiamo ricevuto le adesioni più inaspettate all'articolo del numero scorso. Si è sen~ito in uno di quei momenti psicolog1c1che decidono delle rnlidità più istintirn e riposte degli spiriti che la Rivo/ii.. zione Liberale non é solo una rivista d'idee ma la vera continuità cli una tradizione la nuo,a classe dirigente, simbolo cli u~ go,eruo e cli uno stato. Quello che conta si é che senza essere un partito nè una società abbiamo segnito la nostra spontanea disciplina, non abbiamo patito diserzioni. Si può ancora aver fiducia nell'Italia se c'è _un Luigi Einaudi che rifiuta di partecipare a! ministero fascista. Si può a,er :fiducia se c'è un Giovanni Amendola che resta fedele alla sua coerenza e rinuncia serenamente, smascherando l'immaturità inebbriata che gli contrasta. O'è il caso GP,otile; c'è se volete un piccolo caso .ì\larchi. I lettori possono ri. leggere ciò che scrivemmo nel N. 27, nel N. 31. Non da oggi noi pensiamo che Gentile appartenga ali' "altra Italia,,. All'ora della distinzione tra serietà e retorica ha voluto essere fedele a se stesso. Non saremo noi a pentircene. Da un pezzo pensiamo che la religione dell'attu<tlismo sia una piccola setta che ba rinnegato tutta la serietà deJrinsegnamento crociano. Dopo tutto tra i gentiliani abbiamo trovato sempre dei piccoli uomini dediti alle camorre dei coucorsi universit~ri. Gentile ci avrà suggerita una definizione esaurient,e del suo pensiero: la filosofia di Mussolini. Anche i filosofi hanno le loro responsabilità storiche. Non ci stupiremo che Gentile assuma quelle che può. Resteremo al nostro posto cli critici sereni, con un'esperienza di più. i\ ttendiamo senza incertezze, sia che dobbiamo assistere alle burlette democratiche sia che dobbiamo subire le persecuzioni che ci spettano. Piero Gobetti. Or Leòjilo comanda, alto e basso Leo/ilo fa tutti pendon dafla bocca di Leo/ilo è leofilo il factotum in città. ARORrLOCO. LA LOTTA ANTIPROTEZIONISTA Se vi è paese, in cui la politica della protezione doganale non é mai stata favore,ole che ad un piccolo gruppo cli privilegiati, quel paese o, senza contestazione possibile, l'Italia, ove non soltanto la massa rlei consumatori, ma anche la grandissima maggioranza dei produttori agricoli manifatturieri banno un interesse evidente alla più completa libertà eleo-li scamhi e delle transazioni commerciali. In coteste condizioni, il successo della politica protezionista in Jtali!t non si è mai potuto spiegare diversamente che col fatto della estrema facilità, con cui gli interessi particolari delle inùustrie bisognose della protezione dello Stato riescono a coalizzarsi e ad acquistare una influenza predominante sui poteri pubblici, grazie all'abile sfruttamento dei pregiudizi ancora ta.nto diffusi e radicati nella mentalità media cli tutte le classi e di tutti gli strati sociali. La situazione che ho cosl descritta non si è modificata dopo la guerra. Anzi si può dire che il numero delle industrie in grado cli trarre un reale vantaggio dalla protezione doganale si è ancora ristretto considerevolmente a cagione della crisi che ha colpito la più parte delle nostre industrie metallurgiche e chimiche, incapaci cli couservare in tempo cli pace lo sviluppo enorme che esse ave- ,ano avuto durante ht guena. Pur ammettendo che per ragioni di carattere unicamente politico e milita.re lo Stato abbia la convenienza di fare i sacrifizi necessari per assicurare anche in tempo cli pace una modesta esistenza ad alcuni degli stabilimenti più importanti cli tali industrie, non ne consegue. per nulla che il mezzo più adatto al raggiungimento cli uno scopo così nettameute definito sia quello cli assicmare ai prodotti delle stesse industrie il monopolio del mercato nazionale, la cui capacità cli assorbimento è di gran lunga inferiore alle loro possibilità attuali di produzione. 'ru ttavia, la potenza politica dei grnppi finanziari che hanno sovvenzionato e controllano le industrie metallurgiche e chimiche italiane (l'industria dello zucchero compresa), e che si trovano in questo momento possessori di uno stock enorme cli titoli, il cui valore eonsiste quasi unicamente nella coutinnazione dei privilegi accordati dallo Stato, è ancora cosl forte che, cedendo alle loro pres[:ioui e sollecitazioni, il Ministero Giolitti ha potuto , il 9 Giugno 1921, emanare con un decreto-legge non ancora rati6cato dal Parlamento, la nuoya Tariffa doganale, la quale in fatto di protezionismo non ha certamente nulla da invidiare alle Tariffe stabilite dopo la guerra rlalla maggior parte dei ,ecchi e nuovi Stati di Europa. Se l'opposizione a cotesta politica di ultra-protezionismo non ha potuto guari ancora manifestarsi in l talia se non col mezzo degli articoli, del resto fortemente documentati, dei principa.li scrittori Jihero-scambis ti e coll'azione cornggiosa, benché isolata cli alcuni importanti centri di attività commerciale, come la • Camera di Oommercio cli Bari•, la quale merita cli essere segnalata in maniera del tutto speciale, senza avere già un'eco nel Parlameuto e nei partiti politici, la ragione si deve cercare nell'opinione largamente diffusa, benchè fondamentalmente falsa, che tutte le industrie italiane sarebbero rovinate dalla concorrenza estera, se il Governo nou avesse saggiamente pensato a proteggerle contro questo imminente pericolo, coll'elevazione generale dei dazi doganali molto al disopra dei limiti che una volla si stimavano come suflicien ti ai fini della protezione delle industrie nazionali. Per convincersi che quella fiducia collocata nella protezione doganale per la generalit.à delle industrie è semplicemente una illusione, basta notare che la maggior parte dei dazi doganali, per quanto elevati, continuano ad essere, come per il passato, puramente nominali. Essi sono messi nella 'l'ariffa unicamente per una ragione di simmetria, ed allo scopo cli ingannare l'opinione pubblica, insinuandole la sensazione cùe tiitti i produttori sono protetti ad uno stesso titolo, e che, per conseguenza, è ingiusto l'accusare il Governo di parzialità in fa,ore cli alcuni grnppi particolari cli produttori e cli speculatori politicanti. La verità facile da dimostrare è che, la maggior parte delle industrie italiane avendo sopratutto bisogno cli esportare, la sola politica commerciale che potrebbe con venire al paese tutt'intero sarebbe, ancora oggi come per il passato, una politica cli trattati cli commercio, inspirata il più possibile ai principi del LiberoS,iambio, e assicurante nella più grande misura gli sbocchi alle esportazioni italiane. Le industrie della seta e del cotone, che tengono un posto così cospicuo nell'economia nazionale dell'Italia, si tro• vano in cotesto caso. Altrettanto si deve dire della bella e potente industria dell'automobile, la quale deve molto rimpian· gere oggi che taluni dei suoi • leaclers» più in vista si siano lasciati sedurre dal fatale miraggio della speculazione polit,ica della siclernrgia. Posso ugualmente citare la quasi totalità delle industrh agricole, sia. che la loro produzione, come per i ,ini, basti largamente ai bisogni del consumo nazionale, o che delle eccedenze considerevoli debbano essere esportate come si verifica per le frutta del Settentrione e del Mezzogiorno i pomidoro, gli ortaggi, le primizie, il burro, i forurnggi, ecc. Oontro la sola produzione delle barbabietole da zucchero, che partecipa in qualche misura al benefizio del monopolio ingiustificabile che gli zuccherieri, grazie alle loro aderenze politiche, continuano ad imporre alla Nazione italiana tutta quanta, si eleva oggi anche la produzione altra volta fortemente protetta dei cereali. In forza, rii un decrnto, che si continua a qualificare come provvisorio, ma che si rinno,a regolarmen e ad ogni scadenza dal principio della guerra in poi, la riscossione dei dazi d'importazione sul frumento e sugli altri cereali continua ad essere sospesa, ecl è assai poco probabile che il momento possa ,enire presto, in cui un governo italiano osi di esporsi all'impopolarità schiacciante di un rincaro del pane in causa del ristabilimento della protezione doganale quasi esclusivamente in fayore della grande proprietà fondiaria. Tale è, esposto in modo rapido, ma esatto, lo stato attuale della Questione del Libero-Scambio e della Protezione in Italia. Il lavoro di diffusion(l popolare delle verità economiche è senza dubbio assai lungo e difficile per il fatto che esso tro,a aRsai grande ostacolo nella resistenza accanita che oppongono gli interessi particolari potenti e coalizzati contro l'interesse pubblico. Non vi sono, tuttavia, altri mezzi per arri,a.re più o meno presto alla formazione di un' opinione pubblica più illuminata, la qua.le possa appoggiare e sostenere energicamente un Go,erno in una coraggiosa riforma liberoscambista. Qui non rle,o dimenticare cli far menzione, come di un poderoso alleato nell'overa che in questo momento incombe ai Libero-Scambisti italiani, della crescente reazione suscitata in quasi tutte le classi sociali dalle ingerenze burocratiche dello Stato nel campo delle ani,ità economiche del paese. .E' questo, senza alcun clnbbio, un movimento che può andare lontano, e che se ben diretto, deve arri,are logicament~ a negare l'utilità collettiva della protezione doganale nel senso che, anche nelle questioni cli commercio internazionale, è molto meglio nell'interesse dei consumatori e della grande maggioranza dei produttori, che la Burocrazia irresponsabile dello Stato cessi di ,olere, o cli potere sostituirsi alle atti,it.à libere e responsabili dei cittadini, stimolate ed equilibrate dalla concorrenza naturale. I Libero-Scambisti italiani, senza dissimularsi le difficoltà del momento, non hanno motivo di disperare ciel trionfo finale della loro causa. Il Gruppo, che essi hanno già da qualche anno costituito allo scopo cli mettersi in regolare contatto col ~ Oomitato Internazionale per promuo,ere il LiberoScnmbio DniYersale,, comincia a, rice,ere in numero crescente arlesioni in mezzo alla «élite~ degli industriali e dei commercianti che si rendono sempre più conto della connessit,à della ,ita economica mondiale, e del disastro che producono in tutti i pa.esi le tendenze ad un assurdo ed impossibile isolamento. Pertanto, noi ci proponiamo cli continuare la buona battaglia nella misura delle forze e dei mezzi che noi speriamo cli veder aumentare sempre più. hla, nello stesso tempo, noi consideriamo come una necessità fondamentale del rno,imento per il Libero-Scambio che esso si s,olga in maniera internazionale, e con un'azione strettamente coordinata, al fine cli poter penetrare profondamente nella coscienza cli tutte le grat1cli e piccole Nazioni. lu questa convinzione, i Libero-Scambisti italiani salutano colla maggiore cor-

bi 120 LA R I V O LU Z I ON llJ LIBERA LE diali tà i Libero-Scambisti di tutti i paes che converranno a.I Congresso del LiberoScambio di Francoforte s. M. e, rivolgendo ad essi i sensi di tutta la loro simpatia, formano i voti più vivi e più sinceri per il successo pratico dei lavori e delle conclusioni del Congresso. EDOARDO GIRETTI. DE MONARCHIA. Risposta a Sapegno. Ca,·o Gobetti, Peccato avere e.spresso uu giudizio critico sul mio saggio «De Mo-na:rchi.a-., conoscendolo quasi solo a metà. Forse nelle parti non anoora pub. bhcato si sa.rebbe trovata risposta a talune obiezioni, e magari motivo di modifica.re alquanto il concetu0 d'insieme. Citerò esempi, nel corso di qualcbe breve risposta. alle osservazioni di Sapegno. l. - Distinguere, in fatto di pensie1•0politico, Croce da Gentile, è opportunità da. me vivamente sentita.. Nella parte d€'l saggio n01Uancora nota a. Sapegno (Tr-ibuna, 11 ottobre), riprendendo la critica della. tendenza. antimonarchica. di Sinistra, o ideologica (Missiroli e affini), la manifesto così: «Hegeliano è anche il pensiero crociano, pensiero politico schietto, permeato di senso storico, adern11te allla. realtà, che, anzi, vorremmo contrapporvi (a Missiroli e affini) ; mentre qui affiora, se mai, l1hegelismo deteriore di Oriani>. Nel primo acoenno, insieme a Gentile menzionai Croce, solo come un maestro dell'idealismo filasofico da cui quelli, piuttosto male che bene, discendono. Se Sapeg:no, e gli a.miei della Rivol-,.zio"e Liberale, giu. dicano, con me, insufficienti ed erra.ti l'ideologia, la visione politica, il giudizio storico di Mi...c;c;iroli, siam-o d'accordo. 2. - Gittd,i,ziosulla posizione attuale della 1tf onarch ia. Sapegno mi rimprovera. di da,r troppa impcrtanza, alla opposizione di Destra., e afferma che io a: trascuri troppe cose, generalizzando un'affermazione persona,Je, e probabilmente secondaria., di Mussolini,. Gli eventi successivi a quella mia valutazione deUa minaccia cli Destra, e attuali, tendono a confermarLa, piuttosw che a smentirla: ma. speriamo pure bene: anch'io, considerando pro' e contro, ho definito 1' posizione della. Monarchia una « precarietà stabile• (Tribuna, 11 ottobre). Le cose che tra.- scuro, cioè la fo·rmazione composita di fascismo e borghesia (su cui concordo con Sapegno, e lo dissi in. Demo<>raz-ia), non interessano l'argomento. L'affermazione di « tendenzia,Jità repubblicana» io l'ho presa come sintomo, e spunto, per additare un fenomeno più vasto, su cui mi duole che . non abbia fermato l'attenzione, perchè quello (co_nla denuncia della• crioi iotituzionale,) era. 1! punto: la tendenza, speciosa e ipocrita, segno grave d'immaitu.rità. e d'insufficienza, a fondare l'unità e l'essenza dello Stato sopra. una. base non seriamente politica, ma cli sentimentalume pseudo-etico, e fazioso, sull'esasperazione dei valori patnottici e nazionalisti, su quella «religione della Patria., che è diventata intollerante ciò è sfruttato da gruppi che tendono a diventare oligarchici (grandi giornali, e loro ispiratori, coalizioni di interes.si, fascismo, di cui si può dire che l'idolatria nazionalista costituisca. l'unica etichetta unitaria): ciò, vale a dire che "'Patria, sia ooPi ritenuto mito sufficiente a ottenere conS:;so e obbedienza ai nuovi ottimati e dittatori, mi sembra fatto nuovo, ed è grave, ed è 1r. borghese, : (almeno tanto quanto il bolscevismo era a proletario•) : ciò minaccia, sia pure di riflesso, la }!anarchia, considerata come non più utile dagli oligarchi, anzi, pnr quella. parte di potere politico che conserva., ill{;ombrante; anche per il suo passato prudenziale orientamento < democratico,, oggi ostico a.i nuovi. Il pericolo, pertanto, potenzialmente esiste: e &e mai, per sventa.rio, bisogna denunciarlo. Poco male &ela. Monarchia ca.desse - dice però Sapegno: e qui passiamo a.d altro discorso. 3. - Giudizio sulla importa-nza e fwnzione della Mow.irchi.a. Qui la critica si fa. per me più aspra. L'accusa implicita è che io mi sia occupato di quisquilie, di un problema formale, per un gusto < e:ateti.atico, vale a dire dilettantesco (e la parola è dura.) ; quella esplicita. è che , Mo. narchia • sia per me terrn.ine senza contenuto, schema ina.derente a.Ila, lotta politica concreta, la cui materia va cercata nelle differenti condizioni sociali ed economiche (nè io, certo, lo nego, ma bisogna vedere come ciò si rifletta. e at!.'3ggi nei problemi non elementari ma di secondo grado, culturali o istituzionali, <li cui la '.Monarehia. è uno, oggi ricchissirno di sìgniftcatiJ. Certo, io non sono Maurras, nè deifico la Monarchia sub 11pedte aeterMtatis. Potrei rispondere, inoltre, che la. Monarchia è, in.somma, una realtà ed un problema politico, sia pure per S., secondario, e che, pertanto, è legittimo occn• pal'S€11le,anche se ne esista.no di più vita.li. Ma. voglio dire di più, perchè, effettivamente, ho inteso dare alla. questione una importanza maggiore. Anch'io sentii, prim.a. che mi venisse formulata. da altri, l'obiezione; ma mi parve di poterla. superare. Kella parte, non ancora nota a S., del mio saggio, mi wno espresso cosi.. (Tribuna 11 ottobre). « ... Nell'immaturità delle pre,;untuose oligarchie borghesi, grettamente egoiste e faziose, scervellatament., interventiste e fasciste, sopratutto apparente nei folli, e contraddittori, conati di politica estera; e dal governo di partito, quale appare nel meccanismo della propoTziona,. le, la funzione direttiva è tuttora. additata. alla Mona,rchia .... (S. mi co11Siglia.di non occuparmi di queste minunzie, ma di es.sere seriamente politico, vale a dire oercare «se, per avventu.ra, fra i ceti minorenni TIO'Il si vada!Jlcostituendo delle élites, che si preparano a trova:re le loTo forze, onde di.rigersi a conquistare ... »: cari amici, io auguro a queste étites di formarsi, ma, f,ratta.nto, bisogna valutare senza troppo disdegno quelle che si sono, e saper sceglieTe, se Mussolini-D'Annunzio o Vittorio Emanuele III-Giolitti: questa mi sembra oolitica. concreta). « ... Compiti di Stato, se la Mona.rchia si trovass.e impotente a,cJ, attuarli per il suo tramite specifico, il quale non potrebbe essere se non, tradiziona:lmente, un uomo di fiducia, Ministro fedele e potente di cui, al momeu.to, dopo l'eclisse Nitti, d'altronde malsicuro, non si vede traccia. Compito di classe, di coocienze politiche, do.minanti le forze rozzamente sociali. Ma si comprende come sarebbe più f,a.cile attua.rio, oome quella. stessa. coscienza superiore saprebbe più facilmente sorgere, e fortemente imporsi, quando potesse appoggiarsi a un istituto pretta.mente politico, tradizionalmente autonomo, circondato da]la estimazione del P,i.ese: ciò, anche in tempi pill maturi, sarebbe sempre utile, per sfuggire a.i ricatti delle oligarchie. Insomma, conserva.re, fecondare tutto ciò che possa costituire un )h,unw,s politico, il nucleo di una ca;. scienza. statale, perchè gli ambienti delle i.lites sociali italiane, sia plutocratiche s.ia oulturali, ne son soa.rsi. E' importante, e bello, che lo Sta,. to abbia quooto suo centro vivo, tangibile, qua.- le, per Roma e Venezia fu, a.i bei tempi, il Senato, quale oggi da noi non può essere che la Monairchia >. « ... Si capisce che, se vewi.sse la Repubblica,, o la Manarchia diventasse operettistica, non cascherebbe il mondo. Ma sarebbe un ulteriorn scadimento della. politica, a vantaggio di rozze egemonie sociali: con pericoli remoti, e, comu,n. que, una funzione secondaria. ne)la civiltà. Sa. rebbe un grave sintomo che, con le varie e: marcie> di Ronchi o di Roma, ci avvicinerebbe sempre più alla Ba,Jcania, e al Sud-America. Una gran popolazione, non UJl gran popolo, come dice gentilmente Ba.rrère. 1tUn Sovrano· saggio e un gran Ministro: è cosa. cli prim'oro.ine .... Per due volte, dal '48 ad oggi, e sia. pure in diversa proporzione, la nostra storia ha visto ciò. E' gran benemerenza,. Così credo di aver risposto ali' accusa di non precisare il significaw e la. funzione della Monarchia italiana: significato e funzione in pa;rte, sì, negativi, e quasi passivi (il &enso politico e stata,Je che permea questa sua. forma e simbolo), e inquadra.ti entro limiti di poosibilità e di caducità, di cui ho viva coscienza.; e rho espressa. Del resto, avevo già •risposto anche prima: ed è peccato che anche qui la critièa -abbia sorvolato sul punto eeaenziale. Ohe era: collocare la Monarchia. italiana nel quadro delle Monarchie nazionali europee; riconoscere una differenza specifica, e una causa. di debolezza, nell'aver essa agito nell'Ottocento, nell'essere, cioè, una « Mo. narchia in ritardo,, oonza più il compito di riorganizzazione sociale j ravvisa.re, invece, un'ana:logia. permanente nel perdurante offici_o Po· litico di unificazione nazionale (egregiamente compiuto nel Risorgimento, e, esteriormente, esaurito) e di direzione e tutela statale. Qui i pareri possono dividersi: per me, nell'immaturità della presuntuosa, éJ.ites emergenti dal fondo f,azioso della razza, e nella. saga.eia, per contro, della linea governativo-sabauda, l'unica vera e fattiva, élite politica. della. nuova Italia - tale funzione, esplicantesi attraverso una .-costituzionalità, prudenti68Ìma, ma non d'el tutto meccanica e .-parlamentare a, non è ancora superflua (pur ravviaando, e oegnalando, oegni premonitori, per me pericolosi): banto è vero che i maggiori Ministri, da. Cavour a Giolitti, con profondo intuito della sta.talità, e dalle contingenze italiche, furono «lealisti,; e cbe peo-fi110Mussolini, nel discorso di Udine, riconosce, a parole, la necessità di lasciare nella Monarchia , un punto fermo,. P,roprio così: un punto fermo. Vale a dire stabilità, efficienza di un potere saggio, autonomo, superiore e moderatore dei partiti che, in Italia, son fazioni. Se no di- ,·entiamo il Portogallo. - Ohè, quando il compito politico foe.sedavvero esaurito (e gli eventi cdierni dicono cli no), rimarrebbe la. permanente funzione giuridica di sovranità nello Stato organico, quella. che nemmeno un grande e maturo popolo come l'Inghiltera., dove pure la stata.lità è salda. per complessi ordini secolari, di stabilità sicu,r,a, considera superflua. (C'è un profondo pensiero di Pareto ,rui popoli • forma.- listi, che conviene medita.re). Questa impostazione del problema monarchico non oredo possa. direi che non sia organica; nè che il termine Monarchia. per me non abbia senso. Sapegno oonclude che il mio saggio è troppo tendenzioso per essere storia.: e rispondo che, storica.mente, ho voluto contribuire a mett.irn in !uoo, ed in valore, una. élite polibica secolare ed illustre, la sabauda-piemontese-governativa., che ha fatto l'Italia e conser\Oa.tadurante il primo cinquantennio, di cui Lei caro Gobetti, va rintracciando le origini filosofiche, e che è t,rattata d'alto in basso dalle mceche cocchiere, con una jattar•.aa cbe sdegna - è troppo oggettao e acquiescente allo stato di fatto, per fornire un punto d'appoggio all'azione: e rispondo (rilevando come, accusairenello stesso tempo un pensiero di essere troppo tendenzioso e troppo oggettivo sembri contraddittorio) che, invece, n<>I mio concetto, questo modo di vedere e di giudicare è il presupposto di un'azione specifica, J.a politica vera, o statale, o de111,iurgica, la quale procede non per oppooizione e intr.ail1Sige1t2a, carne l'azione ideologico-sociale, ma per sint~~. Concetto che vorrei sperare chiarito da ·iueli'< parte del mio saggio ohe qui viene pubblicat,. Suo aff.mo F. BuRzio. Torino, 15 ottobre 1922. Postilla. La perdurante funzione attiva della Monarchia, l'esistenza ,dii una crisi istituzionale, da me segnalate nel mio saggio, non po:trebbero essere meglio dimostr.ate che dai recenti avvenimenti. E quanto all'atteggiamento assunto dalla Coro. na, con l'assimilazione del fascismo, mi sembra possa definirsi: giolittiano senza G10litti. F. B. Così non la pensiamo noi: Vittorio Emanuele non fa che rimettere in d'lSC'll-ssionela 1tf anarchia preparandone la liquidazio1'e. Politica e ideologia. (Dal saggio '' De Monarchia ,,). . Per Missiroli il problema principe del po. polo italia,no è un problen'l,a «•religioso,: ,il Risorgimento potè eluderlo, non risolverlo, modia.nte la conquista monarchica, che si scst/tuì a tutte le scuole, negando tutti i sistemi, e tutte le idealità,. Rimasta estraneo alla Riforma, il popolo italiano non ha, potuto elaborare quella. conoezione etica dello Stato moderno in cui l'unità. spirituale ritrova la sua forma esterna, ri. soJv.,ndoviai tutta. la religiosità. , Valore rivoluzionario moderno dello Stato, sua idealità. religiosa anti-cattolica negatrice di tutte le Chi<>- oo a. Etica, e un po' mitica, coincidenza di popolo e Stato. e Principio volontaristico, che fa risiedere la. funzione dello Stato nelle libere a,ttività popolari affermantisi attraverso un principio d'individuale differenziazione,. Stato idi m.arca romantica, con l'esigenza astratta di ccnciliaTe aut.orità e libertà, egli non sa ravvisa.rlo nelle formazioni concrete, negl'istituti che, eredità dsella storia, quell'autorità. ll'appresenta.- no, e, posti di fronte al mito deUa, libertà, vi si armonizzano: non lo riconosce come moderno e legittimo se non nasca da un moto « autenticamente, rivoluzionario, vale a dire, sembra, e chi sa. perchè, di élites poste fuori della tradizione sta.tale, e che la sovverta.no. E, ahimè, da n.oi oiò non fu possibile. a: La rivoluzione SOgnata da Mazzini fallisce .... dv fronte alle Ì1'· sufficùnze nazidnal·i, che respimgono t'l{,tte le sol11,zionieroiche. Quindi l'unità si compie attraverso l'espansione piemontese, che sequestra la Rivoluzione neHa Costituzione. Il popolo ncm conquista, è conquistato: tutto è gratuito, il fallimento ideale è totale. Se l'unità giustifica. la Mona.rchia-, questa non giustifica l'unità, nella originaria impotenza. di fronte allo Stato moderno,. Benedetto Stato moderno, che sembra sia. chi sa cosa.. Dove lo ved,e egli realizzato! Lo schematismo ideologico offusca la visione del prOC€\',. so concreto, come un retorismo eroico altera il giudizio, evocando lo spettro dei , fallimenti ideali,. Gli Stati si sono sempre formati così; sempre hanno prevalso da. prima,, sui popolari, i fattori dinastico-militari-diplomatici. Ciò, anche più che da noi, è aceaduto in German~a, cioè proprio nella patria filosofica. dello , Stato moderno•: e la Fmncia solo sette seooli dopo La sua. formazione ha conosciuto, nella Rivoluzione, un moto • popo1are, non del tutto ana,rchico e distruttivo. Il popolo è sempre ,conquistato,: solo, nei casi ,di auto-fOTIDazione,lo è dalle éli{es espressa dal proprio seno: e fra. queste non si capisce percbè debba escludersi proprio quella concretamente fattiva-governativo-monarchica,, se non per l'impulso dei nuovi a svalutare i vecehi, onde giustificare il proprio essere, e creare I' apparenza di compiti stra.ordinari, laddove nella continuità costruttiva è la. politica, ed è, qui, la saggezm: o per l'ostilità dei retori verso i rea.- lizzatori; ma, in entrambi i casi, la quistione è giudioata.. Il Risorgimento è un fatto politico riuscito, non una rivoluzione religiosa fallita: è stato il processo di formazione di uno Stato nazionale, e per questo verso la storia d'Italia non fa. ecce,;ione alla storia d'Europa. E' inutile agitare problemi artificiosi: il sedicente problema della mancata• unità,, attraverso la. soluzione monarchica « medioore e<l approssimativa,: officio della Monarchia. era compiere, l'unità polit,ica.: di fronte alle riconosciute uiosufficienr..e nazionali•, l'azione cU Cavour ò stata fin troppo int,ransigente ed audace, scavalcando Giohert,j e CaLtaneo, per rnalizzare Mazzini. Chiederle di più è pretesa assurda: è come rimprovevare Luigi XI di non averci data bell'e fatta la Francia di Valmy. E' un istituto politico, mica una balia asciutta, o una cattedra di pedagogia. L'.elaborarsi; nel_ quadro ammfnistirativo e politico, del! nmtà spirituale, e poi opera. del tempo, frutto pur di fattori automatici e mecoanistioi - prolungiaita convivenza, reti di rapporti, logica. dei confini, omogeneità del complesso geografico eoonom1co demografic_o • - che politico e storico apprezzano, mentre. hdoologo inclina a trascurarh. Il problema. italico non è a: religioso a se non 1n sen&ovacuamente generico. Nonostante l'estraneità -alla R_iforma: e il diSSidio con la Chie,;a, e le ben pm gravi tatre psicologiche del popolo, uno St~to, _o almeno una Nazione, vita.le tende, mfatt:t, a formarsi anche in Italia, per l'influsso, appunto, di quei fattori: tanto è vero ohe gli Stati sono essenzialmente sintesi empiriche la loro personalità etica emanando sopratutto dalla. storia. Nemm-:no a farlo appo. sta, alcuni dei più saldi Stati, come la Fra.n: eia, sono in paesi a tradizione cattolica, rimasti fuori delle correnti filosofiche dello Stato - tutto, mentre altri, protestanti ?~ °:'~doss~, cioè, secondo Missirnli, n&lle conclizioru 1deah, sono deboli, perchè la loro formazione è più recente. Heaelisrno, m;azzinianesimo. Ingenua fede che 1: e1ùtura possa tanto sulla vita: risolvere la. storia politica, sia pure il Risorgimento, nella filosofia di Spaventa o di Bertini ! Ciò non credono nè Croce-Pareto, nè Cavour-Giolitti: e Paleocapa si metteva. le mani nei capelli, udendo opinare di quistioni pratiche Gioberti. La. vita è, sì, religione e spirito, ma in senso ben più arduo. Il tra.vaglio logico del filosofo che definisce lo Stato non riassume quello empmco delle forze sociali se non teoricamente, al limite: !"ideologia è, invece, il frutto caduco, sempre unilaterale, dei suo·1conati pratici: tra i due, la sintesi costruttiva, politica, è mediatrice più efficace. Non basta assumere il fattore economico, -0 il moto operaio, nel cielo delle idee platoniche, per possedere la realtà :- sia la c":'1· prensione che il dominio politico esigono qualità ad hoc, un demonico empirismo, l'acchiappafarfalle metafi.Gico non serve. Vedete Lloyd George incolto· vedete il fascismo, che rozzezza, e che i:atema ! Il buon filosofo lo scarta, perc~è non è accidente nè sostanza., ma fa la fine 01 don Ferrante. Oltre le forze senza. idee, plutocrazia ecc. le idee-forze non sono, spesso, le più alte. L~ materia umana è grezza, chi ci laTara su deve sa.perla. Questa complessa. realtà scorge il pe11Siero politico, nè gli preme di impoverirla troppo presto in dialettica. inane di astrazioni e di fantasmi, secondo l'esempio ora discusso: così come rimpulso attivo che ne scende mira piuttosto " costruire su quei dati che a negarli, o a mutarli, permeando élites sociali bene spesso inefficaci o impermeabili. Politica e ideologia. Più che la critica di affermazioni particolari·, interessa., pertanto, lo stato d:animo. E' una delle due disposizioni spirituali tipiche che mi sgorga la volontà, o velleità, politica.. Stato, intimamente, di a: passione, e non di azione. Il gioco delle forze reali, lo spettacolo degli accadimenti non è oggetto di serena comprensione, e demiurgico impulso, ma di negazione, direi sofferenza, per la difficoltà di adeguarvi e inserirvi le forze intime. E' queGta psicologia, più o meno ingenua, di rivoluzionari e d'ideologi, di « esclusi,, di «nuovi», alla società e allo spirito; si ritrova come germe, o momento superato, in tutti, e ciò, dunque, sottintende il rispetto, talora la simpatia. Rozze esigenze interiori, cui, soventi, si accoppia nobile, ma incontrollato, impulso etico: volontà di strafare, nostalgia dell'ideale e dell'eroico: scorti nella realtà, si perviene alla poesia, o all'azione demiurgica, se no, malcontenti dell'attualità, sociale o intima, si pongono nel futuro, nel diverso, in sostanza nel mitico, Nasce il dissidio: ideale-realtà. Romanticismo deteriore. Sono quelli che, pur anelando all'azione, disprezzano la. «politica,. Intellettuali, e Intellighenzia,. Halll1Q orrore degli «intere...~i», vogliono le 11:ideea,o gli «idea. li•; ha111110disgusto del compromesso, vogliono l''intraruiigenza; ,odiano Ue !riforme, vogliono la. Rivoluzione: non questa o quella rivoluzione, ma la« Rivo•luzioue», come categoria dello spirito, come «rivolta id,,ale,. Tutto marcio nel passato, tutto sbagliato, bisogna far tab1tla ra.sa: o.ggi ci Sll.atnonoi, comincia la novella i• storia. Giovani, nuovi, rozza jattanza. Insoddisfazione della, storia, che è un non penetrarla: speranza di palingenesi, oggi, dopo Hegel, ma- ~rialismo e storicir:Hno,spesso clissimtùata: ma non troppo. Se il dichiarato immanentismo fosse sentito, la loro disposizione verso il presente, e l'opera del passato, sa.rebbe cordiale, costruttiva, tenderebbe a rispettare, a conciliare be.n sapendo che il fa.re è sempre quello: di;enterebbe attività politica, mentre così rimane ideologia. Mistici,m_o della politica. Cbe poi la stona se ne g1ov1, inserendovisi forze positive, Terzo Stato, _o_moto italioo, o proletariato, che quella d1spos121on~me.ssianistica sia propria a polarizzare energie rozze, che diventi, così, un potente fattore storico, uno dei modi onde la Tealtà si. trasforma, ò vero, ma è un altro paio di mamche. Noi consideriamo qui non effetti ma ca'.tse, impulsi germinali, onde risulti una gera.rclua dt Yalori. Caratteristica dell'azione inferiore, questa, che ha bisogno di procedere per ant1tes1 e negazione, anzichè per equa intelligenza del passato ; tanto è vero che proprio essa ;ale a muovere_)e mass_e: che, se l'intransigenza e, non pretenz10sa e ingenua, ma calcolata a scopi tattici, mediocri o eroici Ra.baaas Ma,rx diventa politica dell'ideologia.,' demag';,gi~. ''

L Il difetto di pre,,a sul reale si tradisce nella intonazione peda.ntesca e moralista. L'ideologia è sempre pedagogia, vuol portare (non negli illustri modi religiosi, di cui è sur,rogato) gli uomini oltre i moventi consueti, dagl'intere.ssi agli ideali, dall'egoismo all'altruismo (sia pure Solidarietà o Iniziativa), colpevole anche qui di artificiosi dualismi e oppcsizioni. Perciò essi chiamano educativa la loro aLtività, àiseducatrice la politica. Perciò l'ideologia è sempre sconfitta· <erva e caduca maschera delle forz,e sociali cl~e,~se i~genua, crede di domina.re eticamente. E' J...,i{JertéBgallté Fraiernité; è la delusione di :\lazzini a sogno avverato, a Unità compiuta, che fa parlare all'apostolo di • fallimenLi ideali,; è l'utopia del Collettivismo e dei So,·ieti: ma Marx e Lenin non sono sciocchi. Gh accadi1neuti vanno sempre fuori del suo quadro, oltre il suo segno, chè es.sa è forza incontrollata, naturale e non demi11rgioa. La politica è inv-ece, per definizione, l'attività che riesce: per questo è tanto odiata. Ila la saggezza della precarietà, della continuità, dei limiti: Richelieu, Bismarck, Cavour muoiono in piedi; la storia li continua, non li nega. Il politico, Sf" è cinico, ed è varietà infima, dice: non c'è che l'interesse, il resto è trucco, ed io mi regolo; se è penetrante comprende la vanità di questi schemi, supera il dualismo nell'unità. di un'intuizione in cui l'attività non disdegna l'interesse, ma pone la sua gioia in un interffise più ricco, in una sempre più vasta visione di possibilità e di rapporti; non respinge, ma comprende e concilia, e peirò domina, le ragioni varie degli esseri, i modi della diversità compresi": così, non dalla opposizione, che è solo un termine cl.e! processo, dalla sintesi, lui demiurgo, la storia accade, la reaJtà procede. C'è una insoddisfazione della storia che è oltre questo termine, che è sopra, che è sacra. E' lo spirito che, asceso padroneggiando i motivi dal cieco impulso all'attività libera, ai fastigi del fa_ re, sente dolorosamente sè altro dalla sottomessa realtà, chiede al proprio principio di procedere ancora, di scoprirsi di più. E' la morte, è la vanità ccsmica. Il momento negativo, ]a. crisi del vittorioso, la sua umiltà, la sua tristezza. E' l'immanenza: che anela a indìarsi nella trascendenza, e non sa,. E oltre la Politica, la Religione. K on è pienamente uomo chi ognori questa virile amarezza, questo lievito forte dello smagato fare, onde il sorriso del dominato effimero non si traduce in inganno. « Signor, chiamami a te, stanoo son io•. La, tristevza del demiurgo è la più prossima a Dio. E' forse opportuno, per chiarire, rispondere p_reventivamente a due ordini di critiche generiche, a priori, che sono da prevedersi, oltre qu_elle specifiche sul merito dolle nootril affermazioni. La prima viene dallo spirito economistico (materialismo storico più o meno dég1tisé), il q11ale svaluta il nostro punto di vista, i presupposti del nostro giudizio, perchè afferma, e sente e preferisce intimamente (economisti, sociolo.- gi, politici minori), la lotta politica primée dalla lotta sociale ed economica, quasi determinata meccanicamente da questa. Il terreno della disputa è, in fondo, benchè non se!I\bri, e non vogliano, psicologico e spirituale, perchè ness11no nega., o almeno noi non negbia.mo, che t contrasti economico-sociali abbiano importanza essenziale nella lotta politica, ne oostituiscano la materia stessa; ma si !,ratta cl.i vedere se l'attività politica che su quelba opera ne sia mediata o.mediatrice, esecutrice passiva o elab0ratrice attiva. - Il nostro' punto di vista è questo ultin:io, Noi affermiamo che lo spirito politico s1 pone davanti alla rea'ltà economico-sociale con in~pendenz;a,, anzi con superiorità, pur sa:p~ndo d1 dover fare i conti con essa, come j') spinto scientifico davanti alla natura. Per l'azione_di secondo grado, per ildemi11rgo, sentimenti e interessi degli uomini sono natura, come per il tecnic0-scienziato le abitudini della materia.. In linea di fatto, questa è la disposizione spirituale dei grandi statisti, i quaJi non pensarono mai di essere longa manu.s di interessi, ma servirono sintesi di secondo grado, Stato, Mona.rchia; ecc., in cui la forza bruta del popolo era organizzata e che appaiono (come la poesia ai pescicani) evanescenza. o finzione agli uonum gr?ssi. L'ultima radice del diseidio è nella gerar- -ch1aspirituale da cui moviamo, ove l'attività politica (e ciò che vi sta presso, ed oltre, poetico e religioso) è superiore al mero impulso economico alla ricchezza, o mora I-pietistico alla • prodc.zwne•· Ivi è lo spirito capitalistico, padrona.- le o proletario, plutocratico o socialistico, cni, non':'5tante il mal digerito idealismo, tutti ancor~ si prosternano (specie quelli alla sua innegabile sene~à più negati, rètori, avventurieri, le~ t~ratucoh,_ vili giullari che sono): mentre convi_e~edommarlo dall'alto di una superi0re umamta. Basti questa accenno, che svilupperemo altr~ve, c~e abbt~~o già sviluppato, perchè, come or1eut_az1onespirituale, è implicito ovunque; e propno ora, elaborando la distinzione ideologia-politica, ne abbiamo presentato un aspetto. FILIPPO. BURZIO. Replica a Burzio. Veramente quando io, verso la metà di settembre, inviavo da Aosta all'amioo Gobetti il mio articolo sulla monarchia, del saggio di Burzio llon potevo conoscer altro che le due priroo parti già p11bblioata sulla Stampa. Nelle quali LA RIVOLUZIONE LfBJHtALE tuttavia trovando espressi i concetti tonda.mentali della trattazione; e d'altronde le delucidazioni e gli argomenti ancor ignoti essendo facilmente prevedibili, se non proprio nelle forme, negli spiriLi; non mi parve impossibile condurre un ragionamento critico, o meglio una modestissima discussione, sulla base della mia conoscenza oompiuta. Nè oggi mi pare che l'articolo di Burzio sulla 'l'nb,vna dell' 11 ottobre, e la critica a Missiroli che vien pubblicata in questo numero della llivolmione Liberale, modifichino sostanzialmente i termini della nOGtra polemica. Come cercherò di provare, venendo a discutere i singoli punLi della risposta di Burzio. E, (tralasciando la valuta,ione di Croce e Gentile, sulla quale ci troviamo perfettamente d'accordo); dirò che le obiezioni da me avanzate contro J'ecce.ssiva importa,nza attribuita ,alla 11: minaccia di Destra> conservano, a parer mio, anche ora tutto il loro valore. L'idolatria patriottica o nazionalista, con quei caratteri di sentimentalismo fazioso, di immaturità e di immoralità poliLica, che il Burzio esattamente descrive, se è vero cho costituisce "l'unica etichetta. unitaria, delle oligarchie finanziarie, industria.- li, giornalistiche, eoc.; non riesce tuttavia a concretare se non un consenso effimero, fondato sulla mancata definizione del contenuto specifico di 11na parola, simile a quello per cni gesuiti e d0menfoani si trovavan d'accordo, come racconta Pascal, a condannare i giansenisti, accetta.udo entrambi la denominazione di vouvoir prochavn, pur conservando ciascuno per sè il diritto d'applicarvi un contenuto diverso. Mi par arbibrario, quindi, sul fondamento di un'apparente , religione della Patria,, alla quale si dice che da tutte le parti si innalzino incensi, sebbene sospetti, attribuire alle oligarchie borghesi una tendenza anticost-ituzionale, che può e,,sere tutt'al più veHeità, del resto ancor poro chiara, di alcuni gruppi, trascurando quel complesso di sentimenti e sop<ratutto d'interessi, che posson spingere le forze maggiori e più serie di queste correnti naziona] i e patriottiche, magari alla difesa della costituzi-One e della monarchia, e se non altro alla conservazione dello slatu quo. Perciò, come dicevo nel mio art.i.colo, ogni tentativo reazionario e dittatoriale broverehbe, secondo me, i suoi avversari più solidi e meglio preparati, non tra gli eretici, ma tra i fedeli osservanti di quella, religione che impaurisce il Burzio, come nna minaccia antimonarchica. Perchè, se la pan-ola «Patria, fu veramente per alcuni fondamento di una rinno:vata tendenza. autoribaria e gerarchica, fu 'soltanto mito di riscossa antiproletaria per i più, che si troverebbero fortemente e seriamente danneggiati nei loro interessi da un'eventuale di,µinuzione delle libertà costituzionali. Io non negavo l'esistenza del fenomeno segnal-ato dal Burzio; negavo e nego che si possa dare ad esso eccessiva impoo'- tanza, e sopratutto generalizzarlo come volontà e sentimento della borghesia. Scoprire sotto le forme classiche della lotta di caste una tendenza importante e diffusa a ri.agitare il problema istituzionale, può parer sforzo sofistico, appena giustificato dalla passione per l'argomento preso a tratta<re. Osservazione questa che ci introduce nel centro della nostra discussione, vale a dire oi sforza a parla,re sulla funzione e sulla neoossità. della Monarchia in Italia. Non mi pare affatto d'aver sorvolato, come dice il Burzio, sul punto essenziale del suo pensiero. Perchè anzi dopo aver esposto, talora persino trascrivendo le pairole stesse usate dall'autore, quel tentativo ch'egli fa d'inquadrare ['Origine della monarchia italiana nella stori,> generale della formazione delle monarchie europee, e il successivo: riconoscimento di una specifica differenza, e la riduzione di tutte )e funzioni ad un compito •politico, d'unificazione nazionale; ho discusso tutto oiò a lungo dal mio punto di vista. Il quale non V110[esser altro, in fondo, che una difesa dell'interpretaziene ma,r-xistica combatt11ta da.J Burzio, nel primo articolo sulla Stampa. Tolti di mezzo la mtela, la sistemazi.0ne, il dominio delle forze economiche e sociali, è assai difficile, dicevo, definire il contenuto di quel «oompito politico, ohe si V11olm:a.ntenere privilegio della monarchia. La potenza pclitica delle altre grandi dinastie europee derivò tutta dalla forza della classe in cui esse trovarono, come è noto, il loro fondamento; e il processo di unificazione nazionale venne a coincidere con la riorganizzazione socia.le, e il predominio delle nascenti borghesie. Burzio dice: «Gli stati si sono sempre formati così j sempre hanno pre.- valso da prima, sui popolari, i fattori dinasticomilitari-diplomatici .... Il popolo è sempre co-nq11istato,. In realtà, se si riceroa il contenuto di cotesti fa.ttori dinastici, militari _e diplomatici, ci si ;ritrova d<i fronte a quella realtà sociale eà economica - odi di classe, interessi - che s1 voleva escludere. Si ripensi aJla guerra di Luigi XI contro i capi feuclaJ,i ribelli. Burzio conosce queste antiche vioonde meglio di me. Che cosa sia dunque cotesta funzione poEtica, ohe ricongiunge la storia d'Ita.lia a quella delle altre monarchie europee, non so veder chiaro; e mi pare veramente che il Burzio, per usar le sue stesse parale, • abbia tasta.to il polso a un fantasma, .. Vero è ch'egli tenta cl.i derivare e ded11rre la necessità di q11esta tutela politica, anche negativamente dall'immaturità delle presuntuose oHga,rchie borghesi•, cll11l'òncapacità costruttiva e governativa dell'Alta Banca, dalla mancanza d'una burocrazia mandarinesca e 1utrnprendente. li che, mentre può essere una geniale valutazione e giustificazione della tradizione piemont:.€6e-governativa, non vale di per sò a dimostrare la necessità. e l'utilità d'una monarchia italiana. Argomento eccellente per ribattere l'affermazione di MiS8iroli, ohe la soluzione oavouriana f0550 , mediocre e approssimativa,, la dimostrazione dell'immaturità. dei ceti non serve a farci scoprire nella monarchia u.n:a capacità insita e permanent,, di mantenere l'unità amministrativa e politica. Lasciamo da p:.rt,e l'unità ideale e il consenso spirituale di Mi.ssiroli: ma quando manca persino un fondamentale e sufficiente accordo d'interessi, la p068ibilità d'una continuità governativa è aflìdata all'airte sottile e spregiudicata dei grandi uomini pclitici. • Un Sovrano saggio e un gran Ministro> son veramente cose <li prim'ordine; ma non baatano per d.imootrarci l'utilità, anzi la neoessità, della Monarchia; non dico sul, speoie aeternitatis, ma nepp11re nella presente, situazione quando ci accade d'incontrarli dovremo ringrazia.re il cielo; e riconoscere, come vuole BMChelli, che Ja «storia d'Italia è miracolosa,. Senonchè affidarci completamente alla sorte, aenza tentare di 006tit1lire noi stessi un equilibrio più stabile e una continuità più sicura; p11òsembrar politica malaccorta e imprudente. Cavour e, in grado minore, Giolitti costituirono veramente, in tempi difficili, un • punto fermo D, e rappresentarono oosi, ma non la Monarchia, quell',efficienza d'un potere saggio, autonomo, superiore e moderatore dei partiti che, m Italia, son fazioni•, di cui parla il Burzio. Se è vero che in Italia manca una 006cienza politica, o come altri dicono, 11na classe dirigente, non basta l'esistenza dell'istit11Zione monarchica a formarla, o meglio a sostituirla: basta solo quau do si ritrovino quelle circostanze eccezio• nali che si sono avverate nei governi di Cavour e di Giolitti. Il passaggio daJla giustificazione della politica cavouriana-giolittian,a, a quella della Monarchia è veramente un salto, che l' amore per la tradizione dmastica • secolare ed illustre, copre, senza nascondere. Questo mi pare il punto cenbrale del nostro dissidio ed è qui che si rivela, nel B11rzio, quel gusto estetistico da noi additato, che non è niente affatto dilettantismo, ma solo Eccessivo amOre d'una posizione letteraria, a detrimento anche dei fatti concreti. Non certo noi vorremmo chiamar dHettante un autore, di cui ammiriamo, e già lodammo, la finezza d'osservazione e l'acutezza dell'indagine psicologica. D'altra pairte qui entra in campo l'ultimo punto della discussione: la forma e il metodo e il punto di partenza delle trattazioni politiche del Burzio: quella tale politica vera, o statale o demiurgica., che egli ci descrive, polemizzando con Missiroli e in genere con gli ideologi. Gli argomenti .adoperati dal Burzio in questa polemica sono, a parer mio, sostanzialmente esatti, e particolarmente efficace è la descrizione della psicologia degli ideologi e della genealogia del loro stato cl' animo. Il misticismo politico è abilmente smascherato sotto l'ostentato immanentismo e la posticcia veste filosofica. Senonchè mi pare che l'impostazione stessa del problema \- la trasformazione della critica di Mis>iroli in urua critica generale delle ideologie - riveli un difetto sostanziale, che l'autore non si cura deì resto di nascondere. La voglia di reagire al m.issirolismo spinge il Burzio a combattere, in politica, il procedere per .via d'opposizioni e cli antitesi, e ad esaltare una forma di condotta conciliante, comprensiva, superiore ai partiti, sintetica; quale può essere tutt'al più, qualche volta, la. politica di governo. In realtà il procedimento per via d',antitesi e d'opposizioni è la forma naturale della lotta civile cooì come è nat11rale necessità per l'individuo anche se sia un grande politico, valutare la realtà circostante attraverso una particola,re e unilaterale ideologia: essendo compito proprio soltanto della storia raggiungere una posizione perfettamente superiore e conciliante. Si tratta peirciò non, d'abolire le ideologie, improoa, oltrechè impo.ssibile, inopportuna; ma di mutare in meglio il loro contenuto; sostituire, per es., a una falsa dialettica, la oonsidera.zione degli eventi sociali e delle vicende economiche: opporre al missirolismo il marxismo. Del resto, abbandonando le idee generali, e venendo all'esempio che il Burzio stesso ci fornisce, il 6110odio per la politica pa.-trigiana, antitetica, €6Clusiw,., inLollerante è niente altro, in fondo, che una specifica predilezione per la politica di governo, la quale è a.nch'essa, per natural necessità, partecipe di tutti questi difetti, ma, almeno in apparenza, più agile e meno dogmatica. Anche il Burzio infatti, mentire V11oleconcretamente e oggettivamente valutare l& sostanza degli avvenimenti, la guarda da un punto di vista unilaterale, e più precisamente conservatore e governativo. Che si traduce, nei suoi scritti di storia contemporanea, nella volontà di considerare le forze • che ci sono• vale a dire quelle che oggi « riescono 11, quelle che dominano oggi: esclusione cl'= elemento imponderabile e notevoliss;mo I-- il futuro, che non può non riuscire dannosa anche per la valutazione ste.ssa del presente. Ciò spiega come il s110saggio in questione possa essere insieme acquioocente allo stato di fatto e tendenzioso: contraddizione apparente_ da parte mia, reale difetto da pa-rte sua; che non vale tuttavia, come già dissi, a f,arci dimenticare le sue qualità ed i suoi meriti. NATALl:-10 SAPEGNO. 121 POSTILLE Caro Gol.,etti, Mentre è troppo pr,;sto p,,r una valutazione politica. degli avvenimenti di questi giorni, accogli - se è possibile - qtl.€8ta notazione psicologica, che ti butto giù P"r il pro96imo N. della R. L. Non ti parlo degli avvenimenti: c'è troppa confusione, troppa confusione; e quanta angosciata. amarevz.a. ! Cordialmente tuo Lc;IGI EME&Y. Lo Stellone. Al tempo dell'occupazione delle fabbriche, mi trovavo all'estero; e spesso da stranieri mi sentivo fare la domanda: - Ebbene, che cosa bisogna pensare di queste agitazioni! come si risolverà questa situazione! - Allora, come altre volte, io non sapeva rispondere se non con un.a. fiduciosa, convinta, ma neoessariamente generica e non persuasiva affermazione di fede nelle capacità vitali del popolo italiano. E mi sentivo replicare: - Caro signore, sarà come lei dice; ma questo Suo è un atto di fede, non è un ragionamento probante. - Vi sono infatti O'!rt6zze fìdud?,rie, scorci intuitivi, non logicamente, non <lisoorsivam-ente traducibili, che valgono più d'ogni climostrazione matematica: affermazione d'una verità che non cessa d'esser razionale per il fatto d'essere estranea agli schemati6mi analitici dell'intelletto. Senza questi atti di fede non si vive, non si cammina; non solo; ma non si afferra JJemmeno la • verità vera, della storia e della vita. Tra noi italiani, siamo in famiglia, siamo tra iniziati, e -ci possiamo intendere con un'occhiata. Ma pensate un po' di dover spiegare ad un estraneo, ad uno straniero - in termine, cioè, rigorosamente, freddamente intellettuali - gli avvenimenti di queste giornate. Sfido chicche& sia a non trovarsi in una penosa incertezza. Ma c'è in ciascuno cli noi, che voglia rendersi ragione via via di quanto accade in lui e intorno a lui, questo straniero impassibile, col ruo sguardo freddo, con le sue doman.de urgenti e inooorabili. Gli avvenimenti di questi giorni sono di quelli che pongono più violentemente in luce il carattere infinitamente contradditorio di tutta la nostra vita italiana. Noi siamo un cumulo cli contradizioni, siamo un enigma perpetuo, una sfinge proteiforme. Ed ogni spirito che si propone oome m.iglio:r forma di vita una coerenza idea.le, una disciplinata chiarezza, non può non risenti.me una dolorosa, tormentosa inquietudine. Siamo ridotti a questo: augurarci una· certa .fiacchezza, un certo aooomodantismo, un indelì.nito transigere di tutti rispetto al proprio compito, sicchè ognuno faccia un po' la parte dell'avversario e l'advocatus diaboli contro sè stesso, perchè così soltanto eviteremo le peggiori catastrofi. Così abbiamo udite le più saggie persone augurarsi che i soldati osservino il proprio assoluto giuramento d'obbedienza e di fedeltà ... fino a un certo· punto; ed i rivoluzionari è bene che siano rivoluzionari ... fino a un certo punto; programmi e promesse e fedi debbon esser mantenute ... fino a un certo punto. Questo si preconizza sorridendo oome il nec plus ultra della millenaria sapienza italica. Questo è perfettamente cattolico, dunque perfettamente 11ostro. Non è, infatti, l'Italia il paese dove i veri ri voluziona.ri f11rono sempre i conservatori e i socialisti i veri conservatori 1 dove i ribelli fanno i colpi di Stato monarchici e i Re fanno le più radicali rivoluzioni progressiste; dov~ chi rende omaggio all'Esercito • fede] sino aJla morte a, ed esalta l'obbedienza cieca, invita al momemto buono gli uomini fregiati delle stellet. te a consegnar le armi in nome di avvocatesche distinzioni di Stato e Antistato, e li chiama vigliacchi se non si fanno volontieri spergiuri 1 Ma_tutto si risolve:-- dicono - per il meglio, perche nessuna pos1z10ne è mantenuta con disperata volontà, e ciascuno anticipa già per suo conto, entro se stesso, la fatale composizione delle forze dalla, quale uscirà la nuova realtà del domani. N·on si arriva, ma si parte già, per un colmo d'abilità, del cOmprome,,so. Domani, con una fregatina di ma.ni, ci compiaceremo che una volta di più d'è anda-ta bene,, grazie allo Stellone, sotto il bel cielo d'Italia. Questa è l'amarezza profonda, ia sconsolante fiducia che ogni animo arso dal disperato amore della coerenza, della saldezza ideale, è costretto, suo malgrado, a ritrarre dalla storia passata e conten:1poranea. Siamo tutti troppo furbi, troppo abili, troppo consumati. Abbiamo già tutto vedu~, tutto provato, tutto saputo, prima ancora d1 nascere. • Itala gente, da le molte vite•: ognuno ha cento anime nella sua piccola anima ognuno è un politico nato. ' Ma noi sentiamo che questa suprema forza è la no_stra più profonda debolezza; questa prima fiducia è il nostro sconforto ultimo; questo soro- :°? merito è la nootra condanna; questa abilitk e lmpote~ai; è un prem.io, ed è un castigo; più che conqmsta, pecca.to originale: titolo dr nobiltà che è brivido d'infermità. Tutto ciò ha un nome, scherzevole e fatalista ironico e compiaciuto: lo Stellone d'Italia. ' LUIGI. E.cERY.

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