RE NUDO - Anno IX - n. 66 - maggio 1978

chiavi inglesi e di concetti, ha coperto la voglia singolare del mio silenzio e della mia voce. Ho l'intenzione non dissimulata di esauri– re la questione della purezza rivoluziona– ria affinchè ci lascino in pace una volta per tutte con il terrorismo ideologico delle corrette analisi. Il mio punto di vista è chiaramente· non– marxista. Perchè puzza non solo tutto quello che porta la marca "maggio '68", ma anche - come ho già scritto nell'articolo "Siamo zingari, signore? " indirizzato a Spinella -, tutto ciò che porta la marca "Marx". Che scandalo, dirlo, non è vero? E' come bestemmiare l'Immacolata Concezione. Eppure, gli effetti di questa doppia puzza sono sotto il naso di tutti. Da una parte il minestrone ideologico e lo sporco imbar– barimento di tutta una gioventù che non . : · ~ ' .. .. (: . . :~ ·::~ .·. ·_ \ ·':-.': osa più pensare con la propria testa. Dall'altra un Partito "rosso" che entra nel Governo dalla porta della repressione e che non vuole riconoscere nè i propri errori, nè i propri figli degenerati, e che moltiplica le proprie attestazioni di sa– nità. La conseguenza, come nell'ideologia fascista, è che il sano e il degenerato (il PCI e la sua ombra rossa) si oppongono in un combattimento da cui dipendereb– be la sorte della nostra fottuta Patria. Tra i due militanti il Terzo Stato gode. E', come di solito, un affare di famiglia. Ed è a questa famiglia ros( s)a (e che si rode) che io non voglio appartenere. Si tratta, mi sembra evidente, di un caso di emergenza personale. Niente è peggio del conformismo "gio– vane q_uadro della FGCI" e del militanti– smo marginale. Anche perchè questa mar– ginalità è una trappola: si crede di milita– re per una differenza e ci si accorge che facendola riconoscere non si fa che dis– solverla nella normalità, nella routine. Si crede di aver capito più degli altri, dei borghesi, e invece non si fa che passare accanto a quella che Hocquenghem chia– ma: "differenze nella differenza". Cosa resta del maggio 68? Cosa resta dei nostri sogni? I ca(s)cami del sogno, non c'è alcun dubbio, vale a dire la puzza di coloro che si ostinano a vivere di rendita la testa rivolta verso il 68 o verso Marx ; il 1848 forse ignorando che sono morti e spazza'. tura del tempo. Morti che però non sono nella bara e che afferrano i vivi. . Mentre perdiamo il nostro tempo con i morti, lo Stato si rafforza attorno a una violenza originaria e fondante come lo furono in. altre epoche della preistoria i sacrifici umani. Mentre i "militanti" danno la misura della spazzatura ideologica alla quale si aggrappano, aggregandosi come girini im– pauriti in uno stagno, le BR applicano in pratica il maxismo, rivelando per quello che è: spazzatura, crudeltà e gulag. Si prepara la fine di quell'orda paterna di incestuosi e di piromani che fu il maggio 68. Già incominciano a colpevolizzare tutto quello che appena si muove. Berlin– guer, il difensore dello Stato, dice che i colpe.-oli sono i figli, gli untorelli che seminano la peste. Dopo dieci anni si prepara un compro– messo isterico, un affare di famiglia che non è neanche storico. 11Ve_çchio Mondo ci circonda, è dovun- . que dopo che le acque del diluvio che fu il 68 si sono ritirate lasciandoci coi piedi nella melma, nella merda. Possibile sfuggire a tutto questo? Sfuggi– re alla famiglia ros(s)a? RE NUD0/9 Forse si. Forse si tratta di mostrare tutto il marcio, di guardare in faccia (in faccia, si fa per dire) la propria ste( s)sa merda, e di vivere al margine ma in mezzo alla gente, di ritrovare il gusto di un'arte di vivere. Continuare a sognare l'impossibile è di– ventata ormai una routine che uccide e un alibi per non fare il possibile di cu{– malgrado i vampiri della politica - è ancora ricco ogni giorno, ogni notte della nostra vita. Forse, in ultima analisi, non è restato niente - del 68 - che valga la pena di· conservare. Una puz'.?a che è scolorita sulla società e dalla quale è semplicemen– te affare di gusto dissociarsi al più presto. Un desiderio d'incontro, ma anche di solitudine e di meditazione: una voglia di vivere che non è data una volta per tutte, ma che si rinnova ogni giorno, ogni notte e che costa uno sforzo di attenzione e di amore che non è facile. Una tensione dello spirito che non è l'abitudine. Nè tantomeno il cinismo di una qualche speranza. Basta. Non ho più voglia di fare la formi- ca, di fare penitenza. · Rifiuto il suicidio, dunque bisogna coriti– nuare. Riprendo a vivere. Esco finalmen– te fuori da quela ondata di depressione che mi ha "preso" alla domanda: "Cosa è restato del maggio 68? ". Come dice la vignetta di Wolinski che allego a questa mia corrispondenza da Pari?i: Cercadi dimenticare tutto questo, papa. Parigi,29 aprile 1978 Giannide Martino

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