RE NUDO - Anno IX - n. 66 - maggio 1978

RE NUD0/8 ma che i camerieri tardavano a mettere in tavola. Ce lo siamo preso, il dessert, fin dall'inizio. Era un frutto proibito, e che brucia, come la scintilla di un desiderio che giustamente prendemmo per realtà. Gioventù bruciata .. E' la nostra, non c'è dubbio. E' bruciata bene, bisogna rico– noscerlo. Dopo il carnevale del '68, la quaresima del '78. Ce la meritiamo questa quaresi– ma, questo po' po' di penitenza, non è vero? Eravamo nudi come anime e aperti come ostriche, sospesi tra tutte le forme possibili e pronti a spiccare il volo, a levitare, ad amare e a farci amare, insom– ma a farci trasportare verso nuovi cieli, nuove terre. Ci abitava una sete di assolu– to e, purtroppo, eravamo in buona fede. Dal nostro sogno di felicità, ben presto coperto dal confusionismo ideologico della cosiddetta nuova sinistra, i vampiri della politica hanno estratto alcune idee pratiche. Idee che sembravano nuove e che invece sono vecchie, riduttive, perico– lose per gli idioti che le hanno prese alla lettera. I sogni di assoluto, in un'epoca di compromessi e di mediocrità pubblica e privata, possono ubriacare i poveri di spirito. E' quello che è successo ad alcuni "militanti". Dopo aver tinto di "rosso" il sogno di cui eravamo i portatori, oggi vogliono costringerlo a fiorire, qui, su questa terra, a colpi di pistola. La cru– deltà è davvero, come diceva Artaud, l'applicazione di un'idea. Anche se di un'idea "rossa". Glucksmann lo ha gridato, le prove sto– riche sono evidenti: purtroppo come di solito la storia non c'insegna niente. E, come dice Moravia, i tragici errori si ··npetono. Alcuni fanatici dell'idea mi danno bac– chettate sulla dita e mi dicono che faccio "analisi scorrette", che avere pietà per i condannati a morte non è di sinistra, ed io sono stufo di sentirmi dare dai barbuti lezioni di purezza rivoluzionaria. Forse sono impuro. Scusate, non facciò che passare. Passo per Parigi, all'Università di Vincen– nes, dove incontro - concentrata alla periferia della città, in un ghetto studioso e magmatico che sembra una prodigiosa sala d'attesa di una stazione ferroviaria o di un aeroporto - la fauna sopravvissuta sia al maggio francese che alla più recente sconfitta della sinistra alle ultime elezio– ni: Deleuze, Lapassade, Schérer, Hoc– quenghem,. Lyotard, Chatelet, Maccioc– chi, e, con mia grande sorpresa, tra gli studenti africani che seguono un corso di scenografia, Livio Cafici, un seguace di quel Bianco Profeta che fu Melchiorre Gerbino detto Paolo, e che non vedevo dai tempi di Mondo Beat. Livio fa il ballerino, è contento di vedermi dopo dieci anni, dice: "Non potrei più vivere a Milano". Ciao Livio! Avevamo un appuntamento fissato per il giorno dopo al Grand Palais, il museo degli Champs-Elysées dove in questi giorni si tiene l'esposizione dei quadri degli ultimi anni di Cézanne, ed è un appuntamento che ho mancato, non so perchè. Forse perchè mi vergogno di dirti che non sono felice, che mi sono sposato, che ho un figlio, che vivo a Milano (sì, proprio· a Milano, dove sono ritornato forse per quello strano impulso che riporta i criminali sui luoghi del delitto ...), che sono disperato del futuro, che sono stato in ospedale per un piccolo intervento chirurgico e per la prima volta ho perso il sentimento dell'immunità fisi– ca, della salute di ferro, e che ho trent'an– ni, e che mi succede di sentirmi marcio nel corpo e nell'anima perchè ho trent' anni·e sono congenitalmente disadattato. Forse non sono venuto all'appuntamento anche perchè ho vergogna di sapere da te che fai il rappresentante di portaceneri di onice (tra un balletto e l'altro), e che non hai mai un momento libero perchè lavori molto. Vendi portaceneri? Sarà un caso, una coincidenza del destino, ma mi suona sinistra questa attività: quasi ti vedo in giro per le boutiques di Parigi reggendo in mano l'urna contenente le ceneri del '68. E sei diventato ancora più calvo, ancora più culo. lo, invece? lo ho ancora i capelli lunghi e la maschera. Dovresti sapere che pur non essendo molto pio, venero tutti gli dèi; e in particolare Dioni– so che è il dio delle maschere. E questo è per quanto riguarda la mia vita privata, vale a dire il mio culo. Cosa resta del '68? Cosa resta dei nostri amori? Dio è morto, Marx è morto, il '68 è morto ... e io stesso non mi sento molto bene. Gabriel Metzneff, il più grande scrittore della sua generazione, un felice megalo– mane che mercoledì prossimo allaMaison de la radio dibatterà con Georges Lapas– sade un Tema di Una Grande Originalità: "Que restet-il de mai '68?" scrive sul Monde di oggi (Le Monde, 29 aprile 1978): "Il miglior giudizio sul maggio '68 si trova in una lettera di Gambrowicz a Dominique de Roux: 'Risponderò' alla vostra questione sulla gioventù arrabbia– ta: se fossi il generale, li metterei tutti in prigione per vagabondaggio, soprattutto i barbuti". Per fortuna non ho la barba e non sono nè un ebreo tedesco, nè un militante rivoluzionario. Non sono in linea con nessun partito o "gruppo" e non mi sono specializzato in una qualche diversità alla moda. Non temo la scomunica o la degra– dazione alla quale vado incontro strap– pandomi dalla pelle questo cerotto d'in– fermo, questa etichetta di sinistra o di estrema sinistra che un giorno, alcuni boy scouts hanno voluto appiopparmi sulle spalle. Come dire: "Ragazzo, vieni da questa parte che ti aiutiamo ad attraver– sare la strada! ". Questo amore stalino– cristiano che ha bisogno di trasformare gli uomini in handicappati per poterli aiutare ad attraversare le strade, è sempli– cemente odioso. Basta! Vivere a sinistra significa vivere sinistrati. E, per di più, significa dover fare attenzione a come parli. Per troppo tempo una ideologia imbecille di barbuti, di sceriffi, di manipolatori di ~,JAA/D :Jl PE'f SE qcJ '!i y ?I ['IK AN$, ~ 1 E1'A_IS sv~ LE~ BA~"ICAOES .. . . IS$AIE O'ou11,iE I( ~~1' iA , l'AP~

RkJQdWJsaXNoZXIy