Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983

Il bestiario di Emily Dickinson Un primo censimento del numero, dei ruoli e delle funzioni delle presenze animali nella poesia di Emily Dic­ kinson porta alla individuazione di un «bestiario» che, al di là dei testi-ritratto · o dei testi-enigma dedicati al singolo e allo specifico (l'ape, il serpe, il colibrì, il picchio, la lucciola) 1 , invade con prepotenza metaforica l'univer­ so dickinsoniano fin quasi a costituire un linguaggio nel linguaggio. Come I'imagery del mare - non l'acqua soltan­ to, ma l'esperienza e la geografia della navigazione - con­ trassegna materialmente l'avventura conosciuta in _ nega­ tivo, nella rigorosa assenza dell'evento, così I'imagery a­ nimale è depositaria di energia, di progettualità dinamica, di vertiginosa spazialità. Debordante, inquieto, vibrante d'ali, il bestiario di Emily Dickinson è, insieme, un cata­ logo di emblemi in movimento, un campionario di modelli - erotici, estetici, psichici; metafisici - e una sequenza di epifanie, di eretiche o stregonesche manifestazioni della grazia. Nello scenario fisso del giardino della casa patema, a Amherst, Massachusetts, tra le quinte montuose che chiudono l'orizzonte, immote come lei, Emily Dickinson · vive gli anni dell'isolamento e della grande produzione poetica (1850-1886) mentre l'impetuoso moto della «fron­ tiera» americana giunge a un termine, presto ripercorso, da oceano a oceano, dalle parallele della rete ferroviaria. 139

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