Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982

Lol versus Agatha Non resisto, di fronte alla produzione scritturale o fi­ gurale di Marguerite Duras, al piacere di smarrire lo sguardo - catturato, ipnotizzato da certe macchie lumino­ se, sempre rettangolari. Si tratta di finestre o meglio di contorni di finestre, come bordo strutturato in controluce attorno a orizzonti sfocati, a volte nebbiosi, a volte iride­ scenti. In Natalie Granger, la finestra incornicia la massa lon­ tana, scura e spugnosa, della foresta di Dreux dove è nascosta la violenza dell'adolescenza delinquente. In Au­ relia Steiner (due versioni), la «finestra» è il grande ret­ tangolo bianco del cortile di raduno del campo dove si consumano l'amore, la nascita, e la morte degli ebrei («Ho parlato degli amanti del rettangolo bianco della morte»). Nel Rapimento di Lol V. Stein, l'inquadratura, vista da fuori, illumina una camera nella casa di appuntamenti: bianco schermo ipnotico sul quale Lol V Stein, l'eterna ragazza «non finita», «inferma dell'altro», proietta in om­ bre cinesi invisibili la scena d'amore tra gli amanti che, unendosi, realizzano il suo totale dono d'amore. In Agatha, l'ultimo testo e film di Duras, «cantico» dialogato tra un frate_llo e una sorella amanti, la finestra non è certo quella musiliana alla quale subito si pensa, quella finestra-scri­ gno davanti alla quale Agatha e Ulrich celano il patto 43

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