Il piccolo Hans - anno VII - n.25 - gennaio-marzo 1980

Peripezie di una metafora detta ossea « Tentando e poi tagliuzzando a fette con un bisturi boschereccio (di nascosto persino a me stesso) questo simulacro da Selva Incantata della Gerusalemme Liberata ho messo a nudo e crudo un corpiciattolo strambo e durissimo ». (!Il Galateo di Bosco) Non conosco nessuna altra soluzione al mitico viag­ gio di Orfeo, simile a quella proposta da Ch. W. Gluck nell'omonima opera su libretto di Calzabigi: Gluck resti­ tuisce Euridice a Orfeo. Se Barthes intende quel suo volgersi a lei come dis­ soluzione dell'indiretto in cui si costituisce lo spazio letterario - sguardo quindi impossibile pena la disso­ luzione deHa letteratura; e se Blanchot intende il vol­ gersi di Orfeo come quella dimenticanza dell'opera che le è anche necessaria perché si compia - il rischio della perdita assolve dalla servilità della conservazione -, Gluck restituisce al poeta il suo oggetto passando sopra alla legge infernale. (Ci si potrebbe domandare se que­ sto passar sopra non sia stato facilitato dalla natura fluida dell'arte vocale). A Saussure questo non è .riuscito. Se fosse arrivato a porre un punto fisso alla sua ricerca sugli ipogrammi, se come Isis avesse riunito il corpo smembrato di Osiris riconducendo le sillabe del verso a un nome latente e unificante, avrebbe come Gluck restituito al poeta un oggetto, una forma nucleare, un radicale da cui estrarre, per arte combinatoria, l'intera opera. Gli avrebbe fis­ sato l'oggetto davanti. Come un resto remotissimo, come una · parola taciu- 71

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