Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979

. minute Do po Castel Porziano La poesia può diffondere quella « nostalgia del do­ mani», senza la quale la vita diventa un trascurabile · incidente biologico. Da sola, bel La Palisse, non cam­ bia il mondo, ma può mutare la visione del domani, la percezione dell'oggi. Il nostro corpo èJ il nostro castello. E' sintomo in­ coraggiante il fatto che autorità veramente compe­ tenti abbiano finanziato · il Castello dei poeti. Non vo- - gliamo solo altri monti, altri castelli. Certo i monti si sono messi · a camminare. Per distaccarsi dalle bruta­ lità acquisite, dal senso comune e dai suoi fili spinati. Sanguineti ha una volta chiamato Quasimodo « un vin­ cenzina monti». L'altra mattina ho riletto Ùn passo di Monti su un'antologia scolastica. Bisogna andare piano prima di usare a mo' d'insulto la tradizione. Ma la poesia, come l'amore, bisogna farla. Addio al­ l'avventura dell'essere parlati-vissuti, alla rassicurazione che si può tranquillamente morire ogni giorno s_enza che nulla cambi (in peggio). Mi ricordo come Giovanni Scardovi, dieci anni fa, si fece scacciare da un salotto letterario milanese ur­ lando « siete tutti morti. Al cimitero! ». Mi piace pensare che a Castel Porziano si sia svolto un rituale in cui si è celebrata la necessità che la poe­ sia sia scritta da tutti. Il vecchio inito, enunciato da Lautréamont, s'inargenta nella favola inarrestabile delle generazioni. Perché non c'è mostruosità / che io non 171

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