Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979

'risveglio ' potesse intaccarla, nessuna guarigione di folle o malato mutarla. In sogno o da sveglio, sarebbe un fatto riuscire a immaginare con precisione un poligono di quindici lati, a vederli tutti e quindici distintamente. E' indubbio che l'uomo Cartesio preferirebbe farlo in quella zona che gli pare più 'reale ', la veglia. Ma, molte, troppe cose gli accadono in sogno. (... chi sogria di mangiare nel piatto dove sputa). E non è poi neanche Dio che può intaccare l'emer­ genza prima marginale e quindi centrale del Sogno nelle Meditazioni, nel Discorso, in tutto il _ pensiero car­ tesiano. Non il Dio di Cartesio, in ogni caso. Che 'salta fuori ' quando il discorso è già da un pezzo marcato indelebile da quell'assenza di marche, (e che Cassirer ha già mostrato 'minoritario ', lui sì puro artificio reto­ rico, rispetto alla 'ragione ' dì cui sembra coprire il buco). Sarà se mai il Dio malebranchiano, l'occhio che vede e fa vedere tutti, colui che crea e mantiene a ogni momento i 'soggetti ', a riproporre in altra veste la questione di ciò che si può distinguere in ciò che è e da ciò che non è. Per Cartesio, si può riprendere la domanda di Cole­ ridge. Cosa farebbe, cosa penserbbe colui che dopo aver sognato di attraversare i giardini del Paradiso si risve­ gliasse al mattino con in mano una rosa mai vista. Ci si potrebbe chiedere se questo 'segno di realtà' (fit­ tizio) non l'abbia appunto trovato in mano al risveglio dal sogno: un metodo, un Cogito, un sogno preciso di realtà. Enrico Ghezzi 134

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