Il piccolo Hans - III - n.12 - settembre-dicembre 1976

composizioni, l'una - come ben sapete - specchio del, 1'altra. Criticus. Ammetto; ma non ho finito. Ho molti argo­ menti con me. Forse uno per uno vi appariranno fiac­ chi: ma tutti insieme si rafforzano l'un l'altro; e conto, alla fine, che vorrete darmi ragione. Ne trarrò subito uno più sottile e che vi riguarda da presso: « antiqui», voi dite, all'inizio dell'ottava 22 dello stesso canto I, i« caval­ lieri», con un verso (ma/ ciò, non potete saperilo!) che passerà quasi in proverbio: « Oh gran bontà de' cavalhe­ ri antiqui!». Qui vi è più che un sospetto di ironia, che sarà ben messo in luce. Ora, vorrete voi forse ironizzare, e sin dal primo verso, sull'amore? Su codesta passione che non solamente renderà furioso l'Orlando vostro, ma - e lo affermate poche righe più sotto - rischia di far lo stesso di voi in persona? E non venite, proprio a me, a ,ricordare il vostro debito al divino Petrarca. E che? Pensate forse mi sia sfuggito quanto già nei primissimi versi vi ricordiate di lui. Che non veda come il« giovenil errore» proprio del sonetto I del Canzoniere riecheggi subito nei vostri« gio­ venil fur�ri» del quinto verso? O che la« lima» e l'« in­ gegno» della seconda ottava vanno già insieme nel suo sonetto XX (« né ovra da polir con la mia lima;/ però l'ingegno che sua forza estima»?). Lodovic;us. Avete ben detto che l'argomento vostro sa­ rebbe stato più sottile. Sottile è il filo che mi lega a questa « antiquità» di cui scrivo. . E l'ironia - voi mi insegnate - è sempre anche nostalgia ed amore. Forse mi era grato confermare che l'amore - come la follia che ne segue, nel testo e nella sperienza - son cose antique? Forse: dico. Ora che mi fate riflettere, io stes­ so mi inte:r-rogo. Criticus. Non ho finito; e del resto mi venite incon­ tro con le vostre stesse parole. Vero è che l'Orlando ha per protagonista l'amore; ma vi è pure in esso un fragor 6

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