Il piccolo Hans - III - n. 11 - luglio-settembre 1976

undici pagine, mi domandai se era lecito rinnovare lo stock, id est introdurre arbitrariamente altri oggetti, de­ porli nel campo magnetico e procedere, semplicemente, a descriverli. Tali oggetti, inevitabilmente scelti per il mio compito di descrizione e portati da altri punti della stanza o addirittura della casa, non avrebbero uguagliato la naturalezza, la spontaneità della prima serie. Tuttavia, una volta collocati in quell'angolo, avrebbero fatto parte della realtà e reclamato un trattamento analogo. Formi­ dabile corpo a corpo dell'etica con l'estetica! Tale nodo gordiano fu sciolto dall'apparizione del garzone del for­ naio, giovane di tutta fiducia, benché idiota. Zanichelli, l'idiota in questione, venne a essere, come volgarmente si dice, il mio deus ex machina. La sua stessa opacità lo rendeva adatto ai miei fini. Con timorosa curiosità, come chi commette una profanazione, gli ordinai di mettere qualcosa, qualsiasi cosa nell'angolo ora vuoto. Mise la gomma da cancellare, una penna e, di nuovo, la ceneriera. » E ancora: « Basterà dire che io chiudevo gli occhi, l'idiota posava una o più cose, e mano all'opera! ». Al che bisogna aggiungere che, alla richiesta finale di Domecq: •« Potrei vedere qualcuno degli oggetti che l'ope­ ra registra?», Bonavena rispose di no e si giustificò: « Ogni collocazione, prima di essere sostituita dalla se­ guente, fu rigorosamente fotografata. Ottenni così una brillante serie di negativi. La loro distruzione, il giorno 26 ottobre 1934, mi causò un vero dolore. Più ancora mi dolse distruggere gli oggetti originali. » Costernazione di Domecq cui Bonavena ribatté: « Il sacrificio era ne­ cessario (...). L'opera, come il figlio ormai adulto, deve vivere da sola. Conservare gli originali l'avrebbe esposta a confronti impertinenti. La critica si sarebbe lasciata travolgere dalla tentazione di giudicarla secondo la sua maggiore o minore fedeltà. Saremmo caduti così nel mero scientismo. » 6

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