Pattuglia - anno II - n. 5-6 - mar.-apr. 1943

TENDERSLIEMANI SON proprio fortunato. pensò Felice, aveva trovato un posto d'angolo verso il Finestrino: così nel lungo viaggio si sarebbe distratto à guardare fuori, anche un modo di passare il tempo. D1 fronte a lui sedeva una signora bionda non più tanto giovane, e visibilincntc truccata: Je tintinnavano i numerosi braccialetti e la collana di corano nei movimenti, e si muoveva, in verità, continuamente, o a controllare il pacco sulln reticella o a rassettar~i le pieghe dell'abito .fiorato. JI treno correva in mezzo a campi Ì~:~ti r~o:fa:m!~ton"o~ni ce~':p!~n:o F!; sue campogne, al paese, il verde dei suoi campi, e gliene veniva un indeFinito impacciato sentimento di nostalgia e di sollievo, gli accadde anche di sospirare, involontariamente. , La signora djsse: - Andate lontooo? Forse aveva capito iJ sospiro elci giovane. Egli aisse piuttosto impac• ciato che andava in città, sarebbe sce• so l, ?\I., disse con un certo scontroso piacere, e Ja signora rise, un po' confidenzialmente: avcvu qualche denle sp0rco di carminio. - Proprio dove scendo io - dis• se, - siamò · fortunati: almeno si viag• gin insieme. O v1 dispiace lare due chiacchiere- con mc? - Oh no - egh djsse ancor più arrossendo; J!l,ll pareva che la signora non notasse it suo imbarazzo, o lor• se era abituutu a trattare con tipi CO• mè lui. - lo vengo da T. - cominciQ. a raccontargli, - sono stata u passare <1ualchc giorno da mia sorella che vive appunto a T., in campngna. Oh, non so come si possa resistere una vita intera in un paese! Jo son scappata da subito, dei resto non potc,•o assentarmi tanto, c'erano te mie ragazze :iole, per quanto avessi lasciato chJ badasse all'andamento della casa. - Ecco - disse l'chcc con una certa foga, - nou s1 può resistere una vita intera in paese. Lei sorrise. - Cosi, voi venite in città l'I tentar fortuna. Sì - egli disse; - è prCJpfio cosi, avete indovinalo subito. - l n città un gio,·anotto come voì tro,·n subito il modo cli rar quattrmi. - Anche al paese, sapcle, noi abbiamo dei pascoli, parecchie terre, mn a mc ha , ita dct campi non piac-.::, 10, face\"o il garzone di bar nel C.,Uè ddla stazione. - Garzone di ba.r? - disse la ~ignora biondn. - Conosco un garzone di bar, çhe viene spesso a tro1o•arci 1 nw e Je mie ragazze. Chi Jo sa su Ju1. può aiutarvi. \ Ave,,a parlato un poco ridendo e \Il\ poco impacciata, per fo prima volta adesso nnehc lei un poco impncciata; egli pensò subito che lei non uvcva eletto il nome di questo garzone d\ bar, nè detto il proprio indirizzo, chi lo sa se h11 può aiutarvi, ecco, una, notizia ,·aga e più niente e basut, forse la ~igno1·a temeva che egli po--' tesse approfittarne, frec1uentare la Joro casa, e c'erano delJe ragazze, magari chiedere un prestito. Succede sempre <'OSÌ. O forse le, non aveva <letto il nome e dato Pin<lirizzo semplicemente pcrchC era un po' presto, ave\'ano cominciato a parfore solo da pochi mi~ nuti 1 ecco tutto. Non c'era stato tempo. Allora tgli chiese: - Siete di cilta? - No - lei disse. - Anch'jo però son venuta a stabilirmi in città molto giovane, una ragazza posso .dire. Co• sì fu lacilo infinocchiarmi. M'innamo• rai d'un uomo e proprio non ne valeva 1a pena, una disavventura. Oh, jn prìncipio ne ho avute parecchie, di di• ::i11,,,enturc, ero una ragazza, v'ho det• to, ma poi cominciai a capire la vitaJ ~ infine misi sù il mio commerci.o., Son quindici anni, ormai, e non mi posso lagnare. Felice ascoltava 1c purole cordiali e sic.'llrc quasi con ammirazione: in <1ualchc modo era una donna eccezionaJe, a,,eva saputo rifarsi così pron• tamente: si, poteva essere una buonn (..Onoscenza. Quindici anni di città, un commercio: ecco, avrebbe potuto essergJi ulile, era stato proprio fortunato a trovare quel posto. Poi 1u signora cominciò a parlar~ dì sua sorella che vi\'Cva in campagna: a T., e cavò daUa borsa il ritratta della sorella, del marito e <lei picco]i~ sopra uno sfondo di giardino secen-r. tesco, il solito telone di sfondo dei gabinctt i fotografici di paese. - Come vedete ha sposato un ma• resciallo, gente rispettabilissima. Eh, lu vita per lei è stata mjgUore. Beh, che imeorta? Dopo tutto è mia sorelta, e poi 10 nemmeno posso lagnarmi del mio commercio, mi frutta: questo è il necessario. Mi ricordo mia madre. Mia madre rucevn sempre: Ricordate, ra.: gazze, che noi, gente come noi, nella vita si tro,1a bene solo se si aiuta l'un l'altra. Lei diceva verarilcnte teners~ le mani, perchè Jc piacevano le frasi retoriche. Oh, che cara mamma! Adesso quella volubilità nelle parole di leì, nei discorsi della donna, <1uas.i lo stordiva, e l'ammirazione era. diventata passività .. quasi diventa'va sgo.i mento. La cittù. Tendersi Je mani: si, erano belle parole. Jn un certo senso si sentiva riconfortato. • 11 treno rintronava nelle galleriet sgusciava nel sole e s1 perdeva in mezzo ai campi: c'erano adesso de~ clivi di ,,alli disseminate di ulivi, grigi. contor1i ulh•i che parevano spirali d'argenteo turno dei cascinali: sì, c'era un poco di vento, e h carezzava. i.a s1gnorR gll chiese se avesse cono, scenti in città: Felice disse che aveva con sè la lettera d1 presentazione d'un amico per ìt padrino che viveva irt cillà, :,zesti,,a un alberghetto nei pressi dellu Jcrro,,fa e lì egli avrebbe pas, sato i primi giorni, intanto che non t1.·o,·a, 1a una camera di pensione, ma., gari piU economica. La signora disse: - Però non m'a\"etc l'aria d'un garzone cli bar. Siete un bravo rr1gnzzo.' - Perchè - egli disse ridendo\ e insieme contuso per quella che egH pal'eva un'auclad;-t, ......;i garzoni di ba~ nnn sono bravi ragazzi? - Xon <lico c1ucsto - lei disse, an• che ridendo scopriva i denti bianchi 1 e lare;hi chiazzati di carminio. - li µ:arzoni <li bar devono essere dei tipi svelti, abiii. scaltri, ecco. Voi mi scm-\ bralc un poco timido. per Ja verità. Del resto c1 conosciamo da poco o posso anche sbngliarmi. - Si - egli disse, - sono un poco timido, non \'i sbagliate. Ma non è dctio poi che debba 1m1>icgarmi asso~ lutamcnte come garzone cli b,,r, posso fori! quoiunquc cosa. • E gli por,•e dopo queste parole che. la signora volesse parlare, dire un3i cosa importante, era di,·entata improv, , isamente pensierosa ed egli trepidò chwanti .:, c1uello s~unrdo chiuso, di ]e;, uno sguardo che ricordava: ecco, forse adesso lo ù\'rèbbe invitato magari ad entrare nel commercio con lei. Tenders~ le mani. Si, sembrava una bravo donna, chi sa che la sun sistemazione non cm giù risolta. Invece lei quasi non parlò più: lo guardava soltanto in qualche pausa e sorride,1n, un sorriso d'intesa, piU che altro, ccl egli restò deluso e c1uas1 CO• minciò a sentirsi male. un malessere impercettibile, si lasciò anelare contro Jo schienale. Dopo tutto, si sentiva ingannato. Stavano per arrivare alla città, orm.:,i: apparivano case basse e c1uadratc come cubi, opifici e cantieri, il treno si scuoteva negli scambi, Jn loro con- ,·crsazionc languiva adesso, eppure er~ passato clet tempo. Poi le disse, im-- pron·isamente: - Allora auguri. Veniteci a trovare c.1ualche volta. ~1a non gli cla"n il proprio jndi• rizzo, sorrideva solo con quel sorriso cl'intes;.11 e tintinnavano i braccialetti numerosi ai polsi. - Oo,·e abitate?. - allora cgU do• mandò, e levù di tasca•\111 taccuino 1 aggiunse -· Me Jo segno <1ui. Verrò a trovarvi qualche domenica. Jn citlà non _avrei <!he fure. La domenica in paese uno impiega,·a il pomeriggio giocnndo n bocce, sul pio;r,zale dietro la chiess.. Lei prese l'agenda e Ja matita, sor• rise, ma diversamente adesso, e scri&3c l'indirizzo, e richiuse in fretta l'agenda· e gliela porse, adesso pareva ansiosa di allontanarsi, così gli sembrò, s'era alzala a prendere dalla reticella il proprio pacco: sì, il treno ormai entrava nellfl stn;r,ione sferr.:1gliando, e P6ndazione Ruffilli.- Forlì tutti si preparavano n scendere. E Fe• lice non la vide più, perduta adesso nello Iolla che gonfiava la pensilina della stazione; si trovò sperduto e imbrancato con gli altri, lo assordavano vocii e fischi e l'altoparlante che an• nunziava Ja partenza d'un prossimo di· rettissimo, nemmeno si accorse d'un facchino che gli veniva dietro chieden. dogli di portare la valigia: camminava seguendo la scia, stordito, e l'indirizzq, della signora bionda?, non aveva letto neppure, aveva solo rimesso in tasca l'agenda, stupidamente, automatica1 mente. Ecco la piazza, anche qui gente; e tram, si arroventano l'uno contro l'altro, e gh autobus, corrono, s1 fermano, si rapprende come un'ala ta porta, gente entra gente scende, e Palu si ridistend~ e gli autobus ripartono. l semafor\ chiudono l'occhio rosso, o chiudono l'oc.t. chio verde. Dove abiterà Ja signora? JJ pensiero è venuto istintivo, istin• tivamcnte egli cava di tasca l'agenda e :.foglia le paginette, attraversnndQ la piazza nel corridoio delimitato dalle piastrine d'ottone. Tendersi fo mani. Qualcuno Jo vide. gridò: - Fermatevi! Era già sotto; l'agenda sclVointa di mano rotolò verso il marciapiede o gjacc1ue, sulla pagina era scritto: vin Bella Taverna n. ... , il numero nort si Jeggcva, adesso spOrco di te,·riccio, pareva. O forse era qualche goccia cb sangue. . . Era st.retta e buia, v10 Bella 'h, ... verna. La signora vi giunse dopo a,·er camminato per altre vie ad essa un poco simili: riconobbe il selciato sem• pre umido ceco in fondo l'alto palazzo, e le pcr~ianc chiuse: avvicinandosi, dalla vetrina semiaperta dell'atrio ve• niva un suono di grammofono, e lo giunse l'eco d1 risate femminili. Chi lo sa se quel ragazzo si sarebbe fatto \'Celere? MIC1IELE l'RISCO @zanni e :f:ucia ~ Rmo,to d; ,',LFREDO PIERONI DOMANI SPOSI l'1 '1ERA, spinato, un cancelletto tra~ '-.I ha1lante. Lo spinse con un tremore che si sentì allo stomaco, coma quando, agli esami, sapeva che il suo turno stava già vicino. Da un loto un letamaio secco con un bell'odore di paese, una carriola sporca, quella delJo zio. . J1 primo tratto era pieno di fiori. Dapprima una tettoia incHnata, piena; di sterpi risecchiti: Jegnu per l'inverno. Po.i i fiori, con grossi petali e odori poco buonL Tra gli altri, alcuni sem~ bravano margherite, erano rigidj e si chiamnvano «semprevivi»; la nonna li. metteva nei libri, l'inverno leggendo o pregando 11 rivede,·a e sorrideva. tùo• ri nevicava, il freddo scappava sotto il ,,cstito e la nonna si tirava vicino al fuoco e sorrideva come a primayera: 11 bello delle nonne è appunto l'inver• no, <1uando rimpiangono Jc primavere pnssate e dicono: • Io alla prossima non et l1rrivo ». I.a nonna d1 Gianni usciva ch1:lle regole. Seppl.!,re lei sostenesse il con• trario, lui non si ricol'<lan1 d'aver mai sentito una fiaba dalla sua bocca. L'inverno contava certe sue storie d' A· merica condendole con tocchi pittore• schi di sicuro effetto e cli bcll'emozionc. Gianiii le si accucciava vicino e domandava sempre gli stessi iatti. L'uno scmbravlil: non l'avesse mai sentiti, l'al• lra non li avesse mai narrati. Si con· ·tenta"ano. Era ancora forte. L'estnte andava in campagna, raccoglieva il fieno e t1ssai spesso saliva, colla •scala a pioli, sui ciliegi. Lassù dapprima gridava, pc•r giustificarsi forse o per cantar trwnfo, poi stava zitta e mangiavo. Era strano, se vogliamo. I .'orto era diviso in due, un con• cclletto leggerissimo apriva la via. Lì in mezzo alle patate, c'era un melo, Gianni si djede un'aria d'occnsione. - Oh Lucia - disse. - Oh Gianni. Parve che si fossero incontrati per cnso e che si dovessero subito lasciare. Mo l'orto era piccolo, il viottolo stretto. D'altronde tutti due facevano degli sfor· z1 per parlare. Vinse Lucia. - Guarda - disse. E i.ndicò il melo piccolo "icino al cancello. - QueJ. le sono lo mele che maturano prime.t Gianni non disse <li averne già man·· giate, di nascosto dalla zia. Alzò la faccia, serio, e confermò. - ln{attl, m1 sembrano grosse. - Credette bene non dover dire dt più. Era un uomo. Tacquero un istante. Pot fu a.ncora Lucia, -- I-orse sarebbero buone - nrd• schiò. Lo credo anch'io. L'cntusrnsmo parve poco do am· bedue le parti. ~.fa In conversazione moriva. Allora Gianni gettò l'amo cli salvntaggio. - Potremmo prenderle. - Oh si. Ma non c1 arri\'O. - Ti alzo. Allora Lucia gli si av\'icinò. fron.- tc a fronte, colle mani ulzMe sul petto. Lui fece uno sForzo. 1\Jcntrc Lucii~ cercavo tra le foglie Gianni tremav:~ leggermente. Lo stomaco gli fece ancora il ,·uoto di poco prima. Apr\ le manj, Lucia saltò a terra. - I-la1 preso? - Sì. Lucia fece. vedere unn mela grosS(l e una piccola, bilorzolut:u. Tutti e due. furono scontenti. Poi fecero i com· plimcnti per avere In mela più brutta. Anche quc~ta volta vinse l.ucin. E Gianni, importante ma un po' umiliuto,• ebbe In meln più bella. Allora gli sembrò cl\ esser di, entnto un po' pili hr1mbino. Cammin:irono. Lscirono dull'ortv. - lo - disse Gianni - frantumando coi denti il torso - so salircsu~li alberi. · - Lo so che sci bravo, Gianni. Gianni fu contento. Si cliccle un po' d'importanza. ln fondo poi l'uomo era lui e il latta cli saper salire sugli alberi non ern cosa da tutti. Adesso Je avrebbe fotto vedere come si foce, a. C'erano sul sagrato clc!Ju chiesa quattro casluni col tronco grosso groS• so. Gianni abbordò l'albero coi rami più bassi. Av\'icinò una pietra oblunga, appoggiata al tronco. - Per i piedi - spiegò. Poi salì. S'appese aUa staccalura dei primi rami, colle gambe cinse il tronco, arrancò, si rovinò la pelle, fece forza sui muscoli e sedette a ca,,ttl• cioni. Dopo essersi riposato un momento, ricominciò la fotica. Adesso salire era facile. J l'ami forma\'ano <1uas~ una. scola dove Gu1nn1 si poteva comodamente insinuare. Gettò una castagna a Lucia che lv ammira\'a, dal basso, sempre più piccola, estasiata. Sull'ultimo ramo fece un'altalena violenta, come tanti colpi di vento, tacendo scricchiolare il legno e stormire ]e foglie. Si vedeva lontano, di lassù, ma Gianni guardavo ui piedi deJl'albero. Poi scese. - Adesso - disse - faccio come. Tarzan. E saltò serio e felice da un ramo all'altro. ALFREDO PIERONI

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