Pattuglia - anno II - n. 3-4 - gen.-feb. 1943

p E~ quanto non sia esatto .il linguaggio, crediamo di dover ammettete che la macchina da presa ha ri\'oluzionato il teatro (intendendo come teatro Ja più valida, prima deBa nascita del cinema, espressione di spettacolo), gli ba aperto nuove vie dando maggiore libertà, ai suoi mezzi espressivi. Una sostanziale differenza esiste però trai i due mondi dello schermo e della ribalta. Dei possibili ecco• stomenti anche in sede del tutto teorica o 'critica. H riteniamo pericolosi come generatori di equivoci grossolani. Differenza basilare esistente tra teatro e cinematografo la possiamo riscontrare nella posizione dello spettatore rispetto all'azione narrantesi nelle due forme di spettacolo. Mentre .sulle tavole del palcoscenjco si susseguono gli atti con un ritmo dalle caratteristiche decisn- ~ente statiche, anirqate solo dai peraoD!lggi e dalle luci, e lo spettatore segue il succedersi degli avv~nimenti tra le tre pareti attraverso sempre un medesimo angolo di visuale; nel cinema i) pubblico cllviene attore, è messo decisamente a contatto dell'ambiente, trasportato di viva forza nel mare della vicenda; può egli, aiutato dalla_ macchina da presa, entrare \ed uscire da una stanza, avvicinarsi ad un mobile per eaaminarne dei particolari, osservare una scena completa e complessa per 90frermarsi poi, per fissare tutta l'attenzione sull'espressione di un personaggio. t qui, jn questa dinamica dello ripresa, che il problema delrarchitettu~ scenica si scinde in due ben distinti, quello dell'allestimento teatrale e quello della creazione dell'ambiente cinematografico. Diverse ne sono le esigenze, diversissimi i rieultati ai quali pcss,iomo pervenire. Se pensiamo al te~tro futurista, tendente ad un teatro o torto definito cincmatogrnfko, dove furono fatti tentativi di dinamica scenieo., di movimento ritmato delle architetture (ed in questo settore abbiamo nomi ed opere che ancor oggi ttsistono in una rassegna di va]ori) dobbiamo pure ammettere (e l'affermazione è incontrovertibile) che è stato proprio quello il teatro meno felice che si ricordi. L'inconsistenza del testo non poteva permettere una validità, una piena sostonza a quegli spettacoli basati unicament:fo sulI'intelligentc fantasia dell'inscenato. re. ll teatro, quindi, non sarà mai cinematografo; e deve cercare di star-- sii lOntano se vuole ancora rivivere be,.. ne. I valori cinemotogratici non vanno ricercati nei numerosi .improvvisi mutamenti di scena, ma nel ritmo tutto particolare che il soggetto acquista tradotto nella pellicola, dando espressione d'arte a se stante tanto dalla letteratura, quanto dalla pittura e dallo stes~o teatro. Ad avvalorare questa nostra asser• 2·1:oneci informano alcune opere cJnemntogra!iche del periodo precedente la guerra mondiale del '14. I fondali, gli apparati . sbrigativamente presi a prestito. dai sottopalchi teatrali mancaron9 nella foro funzione di creatori cll un ambiente specifico cosl che l'opera cine- .matografica si rivolse piuttosto verso un eloquio mimico, diede vita a farse o a commedie briUanti borghesi che nulla o troppo poco avevano in comune con la fertile fantasia cinematografica d\m M~liés, ad esempio, per citare un nome che sta al centro di un periodo, eia pure fiabesco e cartapestacco, ma tanto felice, pieno di poesia e di vita. Ed ancora, insistendo autJa sostanziale differenza dei due spettacoli, dobbiamo as&0lutamente escludere dal teatro cli posa quanto sul palcoscenico può essere del tutto accettabile, specie nelle commedie leggere, la ecena dipi.ota, Verso una decisa tridimensionalità, verso la acena costruita, 'verso un lin• guaggio di linee, di volumi e di ::Piani deve orientarsi la creazione dell'am• l»en~ cinematografico. Da un'immaginazione che avey'\_ piµ del gusto cbe dello sii/e era all!,l!)ata l'opera di Mcerson Lazare quando idep gli ambienti per il Milione di Reoé Clair. Non era, in quelle acene, :la pretesa di presentare una realtà uma• aamente accettabile, ma di giocare ooo LA SCENOGRAFIA . ' (t) (J(J,J(Jtmzle tnkiltidf? ~/ /f d'n( di EGIDIO BONFANTE esaa per entrare nel surreale; ooco che quindi possiamo accettare le bidclette dipinte sulle pareti ed i vestiti dipinti appesi all'attacapanni dipinto, proprio perchè esiste qui una ricerca del tutto cinematogTa[ica, una ragione cli poetica ambientale eh.e è nell'essenza dell'arte di Clair. In altra maniera invece andrebbe impostato un discorso sull'ambiente &e~mico, fattore di primo piano nel Ulm tedesco 1l gabinetto del dottor Caligar,"* anteriore di un dc• cennio al Milione. Jn questo film, ae vennero sfruttate in pieno mediante l'opera attenta di Walther Reimann, Hermann Warm e Walther Rohrig, tutte le possibilità, le risorse espressive ed interpretative della scenografia, dobbiamo riscontrare un pericoloso accosto• mento al teatro identificabile non solo nelle architetture posticce, dove tropr. o evidente è l'improv,·isazione dei «teai», del legno e dello shlcco. t questa, ~quindi, un'opera d'arte a sè stante dalla storia del cinema e soprattutto dell'ambiente cinematografico; d'altro canto dobbiamo ammettere, che per valutare criticamente l'architettura di un film è necessario scendere od un esame d'ogni singolo lavoro, renderci conto caso per coso degH intendimenti che animarono l'opera dell'ideatore. Un discorso sulla scenografia nel cinema oggi ci interessa e ci urge se vogliamo fare del film, )ontanj da un'illustrazione, u!l quadro completo: fare realmente dell'arte. Non ritenia.mo errato iJ paragone che nitri ha già avanzato tra l'illustrazione di certi romanzi correnti con il Ulm dove Ja scenografia, l'nm• bicnte, è trascurata cd incerta dove il successo (già in partenza unicamente comJMrciale) è tutto nUidato egli attori, alla loro interpretazione. Jn tutti e due i campi non abbiamo organicità e compattezza presto riscontrabile ancb_e dall'occhio dello spettatore meno esigente; non avvertirà questi dove sia Ia mancanza, a chi sia da attribuire il difetto, ma avrà la sensazione che qualcosa non l, perfettamente a posto. Il personaggio ha bisogno ,di essere valorizzato, J9Jutato nel suo sforzo in• terpretativo dnll'nmbienle, daHo parti• colare atmosfera che ne sottolinei lo stato d'animo, il bisogno di una sua specifica azione èontingente. Fatto essenzialmente visl:10 è il ci• nematografico. appunto sulle immagini deve basarsi per dar forza al racconto. Entra cosi in campo decisa l'illuminazione che att~averso l'inquadratura realizza la richiesta emotività soggettiva. La solidità e la morbidezza di un piano. il taglio di una prospettiva, la dissonanza o l'acco&tamento tonale di macchie d'ombre e di luci saranno i fattori più validi per soltol:ineare l'angoscia o la colma, la tristezza o l'en .. tusinsmo animatori d'un particolare mo• mento. Nel cinema lo scenografo entra decisamente come attore che con le sue costruzioni interpreta la vicenda e la narra assieme ai personaggi, attraverso sequenze indirizzate a colpire direttamente l'occhio dello spettatore; l'occhio inteso proprio come organo di percezione di apecitiche senaazioni; in eottordine ~ il fattore auditivo. Gli elementi che si.assomigliano nel comporre l'opera cinematografica devono essere subordinati all'architettura scenica; cioè fondersi con essa reciprocamente adattandosi all'unità creativa. L'inquadratura, il movimento di macchina e tutti i fattori che coetitui• scono la sintassi cinematografica, il particolare linguaggio espressivo del film, vanno usati in funzione dell'ambiente, del suo gjgnificato rappresentativo. Bi- &0gna, nel cinema, abbandonare il facile decorativismo e risolvere, più con la morale (un attento discernimento estetico) cbe col aeotimentalismo, il com• pito prefissoci i la narrazione per i~'- magini dovrà essere realmente costnuta e sentita a!finch" ognuna di esse possegga un linguaggio incontrovertibilmente filmistico. Ci piace ricordare quanto Comencini e Lattuada asseriscono nella presentazione alla loro mostra del cinema ordinata all'ultima Triennale «un elem~nto di grande importanza nel cinema è la scenografia e appunto attraverso ..la scenografia il cinema ritrova gTadatamente i suoi valori puri•. Se esaminiamo delle opere cinematografiche ormai passate da tempo al vaglio della critica e già collocate ne~la storia di questa nuovo arte, possiamo renderci ben ragione di come ogni valido .autore abbia sentito vivo il problema dell1ambiente, di quella particolare poetica espressiva af!idata olio scenografo. Cosi j.n alcuni esterni di Notti di Pietroburgo Grigori Roscial e Vera Strobva studiarono particolari contrasti di masse buie e di linee bianche (ricordare la scena del _ponte di notte) che possedevano uno sp1ccat:9 emoth-itù indispensabile al racconto, riscontrabile questa nella linearità essenziale con la quale lo scenogx:,ato Hermann \\iorm interpretò l'ambiente per la Gio,,anna d'Arco di Drcyer, a un decennio di distanza della sua fantasiosa creazione per il Gabinetto _del dotlo.r CaligarL 11 mondo in cui s1 muove 1! Don Chisciotte di Pabst è olla base di rutto il lavoi-o dnematogrofico. L'opera dello scenografo AndrejeU è al centro del linguaggio al quale Pabst espose l'opera let_tcra.ria d_el Cer~antes. Dello stesso regista vogbamo ncordare come esempio vivo d'intelligente scendgraria, la desolazione ~e_lle strade semibuie nella Via senza g,01a. Anche alcuni film recenti offrono ottimi esempi di particolare emotività raggiunta dallo sbJdio atten~o dell'architet: tura scenico. Debole l, 11 valore su di un piano estetico del Figlio di Frankestcin di Rowland. A parte l'interpretazione di_ Bori~ Karloff il film si regge graz1e agh interni ' che reahnen~ rispecchiano l_o spirito squallido e ~esolante dell! yi~ cenda. Le stanze disadorne e gh mterminabili corridoi illuminati da quella luce ferma e spettrale ci accompagnano neÌla favola macabra. .. E òggi interessa alla Nazione il ci: nema nostro che vorremmo alla p~l · della migliore produzione straniera. Già la competente autorità ha ordinato che nel prossimo anno si produc~no meno film, ma di migliorare la quoht_à. . Intensiricheremo gli scambi con • paesi runici, ma ci preoccupere~o oltre al numero (che non è ma1 con• tato) di !are opera d'arte. Ebbene, pro• prio da noi, tardi. si è sentita ~a questione dello scenografo. Se Cabu ,~ era era basato sulla fantastica e operistica architettura, tutto il no~tro cinema migliore fino a pochi anru fa, ha lasciato in sott'ordine il compito dello scenografo limitandolo ad un lavoro in margine, qualC06a di non assolu~- mente indispensabile. L'architetf:O G1;11- . do Fiorini, che già ci diede reahzza.no .. ni sceniche interessanti ed intelligenti, lamentava questo fenomeno nostro in un non lontano numero di Bianco e Nero. Ostacolo maggiore alla creoz"ione di un buon ambiente è l'invadenza del produttore disposto a sacrificare il meglio dei suoi capitali per gli attori, ma lontano dall'ammettere l'importanza dall'architetto. D'altro canto alla Mostra del Cinema ,•eneziana del 1941 fu assegnato a Virgilio Marchi (passato al cinematografo dopo solidi esperimenti teatrttli) il premio per le migliori sce• nografie dell'annata, quella della Co~ rona di Ferro di Blasetti. C'è quindi chi la riconoece queeta importanza: dobbiamo imporla. Ed è Fe.ndazione Ruffilli -·Forlì sempre stato vivo H.problema deJi'nn~ dei migliori critici cinematogralioi nostri. S.egoali,amo le considerazioni sugli • interni » nei lilm, pagine piene di lede, che Carlo Enrico Rava vçniva presentando sullo Stile. Non dimentichiamo che molta del• l'cfficocia nc-ll'interpretazione di Ame• dco Nazzari nel Caravaggio dj Alessandrini è do,'llta alle architetture cli Salvo d'Angelo particolarmente riuscita specie in aleuni interni della tavemo. ' Non c'importa qui un esame critico delPopern dei nostri più attenti architetti cinemQtografici, ma unicamente far presente il problema, additare, tra le poche~ alcune felici realizzazioni. Ancor più felici se si pensa che nella costruzione i bozzetti molto banno per• duto della loro efficacia i questo per ragioni d'indole economica o per l'iD- . vadente ingerenza d'oltre persone. Coso ormai lamentata da quasi tutti gli scenograU che posseggono un minimo di dignità artistica. L'asserzione, e~ credinmo in parte dovuta a malaniffl\, d1 Enrico Rava per cui ogni architetto italiano che possegga seri inte~ dimenti non resiste più di qualche mese nei capannoni di Cinecittà, non vorremmo accettarla e speriamo che gli uomini delln peJHcola non abbiano sempre in primo piano solo la questione dell'incasso. Questa parentesi, anche se non iD• dispensabile ad un esame del pro~lema inteso in linea ili massima, c1 lt parsa necessaria per il nostro problema. .•, C'è, ed è altro chiarimento che riteniamo utilo, chi ha visto nelle sceno♦ gra(ie dei migliori. film francesi il ~- ]ere la realtà per la realtà, un verismo che dovrebbe essere incompatibile con la creazione dell'artista, ed ha visto piuttosto un invito alia fantasia nel cinematografo americano del tipo De Mille. Ebbene, quello che molti hanno inteso come fantasia è condannabile come la più pacchinna delle esprcseio~i. Non deve interessare la scene che lascia a bocca aperta, l'architettura da Mille e una notte la regia con ta fuga interminabile dei saloni, ma piuttosto ci sta a cuore un'architettura che realmente serva al film, un ambiente intonato Pensiamo che tra i più validi esempi siano proprio da ricordare quei fil~ trascurati da un'indagine certo superf1cia]e. Ricordare la cameretta all'ultiu~.o piano in Alba tragica vuoJ dire ncordare le ore angosciosce del condannato a morte. E un film nostro, che ba raggiunto valori .non indiUercnti di poetica ambientale è quella Peccatrie1; che tanto risentiva delle iniluenze de1 migliori francesi. Ln scala emotiva, tra i migliori elementi dell'architetturn del film, possiede una certo parentela ':°D quella più terribile di Alba trag,ca. Questo ci serve per ricordar:c, a quanti nostri uomini di ingegno si dedicano al problema che va bene la foresta della Corona' di ferro (vi è però presente Reinhardt del Sogno di una notte di me:za 'estate), ma è certo più interessante un interno umile che però nbbin uo significato, vicino alla nostra vita, bisogna ritornare allo ·spettacolo di valori universaH; la fn,•oln Ja narreremo iJ meno possibile. ?-!on importa, ripeliamo, mettere la &ceno• grafia davanti all'occhio di chi vede per incantarlo, importa di più che questa non si avverta, tanto è sapientemente dosata nel1a proporzione con gli altri fattori. Accettiamo anche la sintesi più spio• tot.a, ma che non sia .voluta dall'e68<'~ laconici per partito pre.so: deve ee1• stere la necessità di quel particolare linguaggio, cosi per l'architettura più faraginosa. Un invito alle immagini è questo numero cinematografico di Pattuglia e nell'inquadratura che_ fa immagine (ca-- senza del cinema) ~ l'ambiente, costruzione cosciente per una filmistica poetica interpretazione. EGIDIO BOl'iFANTE (1). Natur:1lm,nte noi diamo alla scenOR'r•fl• un nJore impo1tan1e: •• il nro inttrpr,1e del film l - tempre per noi - il rec111a: non lo scenol(ufo. Quest'ultimo l alle dipendente del primo; quando, 1' 1ntende, 1ia ~tro ua:11ta: t·totor,. Per quutn dl1-- 1entlamo, In aie.uni punti, dallo ,crtuo dt.l tki•ful~ ..

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