Pattuglia - anno II - n. 3-4 - gen.-feb. 1943

fticordiomo di aver letto qualche anno fa una intervista a Rcné Clair, pubblicata su « Lcs nouvellcs littu-aires •, a proposito della 'vccchjo polemica dell'inrtucnza cscrcituta. dolio letteratura sul cinematografo. In defjoitiva Cluir riassumeva il suo pensiero in queste parole:« La littérature at.f cinema je n'cn vois vraiment pas l'utilité. Chnquc art possèdc ses règles, et scs moycns parWculiers d'esprcssion; il mc scmblc <iu'iJ n'cn est oucun qui puissc gngncr ù empruntcr è une autre forme art.istiquc, et le cin~ma moins qu'aucun nutre, lui si joone ancore, et dont l'élan, la vigncur ne peuvent que souffrir d'iniluences trop marqu~es <1e tradition ... ». Le parole di Clair sembrano chiude.re definitjvamcnte l'annosa polemica. E difatti la Francia dimostrò pjù voi• te che per orfdre delle autentiche o• pere d'arte nel cinematografo ero ne• cessario contare sopratutto su artisti che riuscissero ad esprimere il loro mondo con le jmmigini, cd uokamcnlc con queste. In Italia il processo è avvenuto mol• to più lentamente, soltanto da poco tem• po· infatti il cinema può considerarsi uecito da una tose sperimentale, do un periodo per qualche verso avan• guardista. Ed è pacifico, crediamo, il dover ammettere che nel nostro paese non si sono ovuti artisti nel campo del cinematografo. Forse per questo i migliori tentativi dei nostri produttori non si oUontanano dai film desunti dal· la letteratura o comunque non originali. Zd ceco che ci sembra proprio ve• nuto il momento di uscire dalla losc, cbiamfomolo cosi, di preparazione, e imboccare la strada della creazione li• bera. Finiamola dunque una buona volta di ricorrere ad altri campi. E lascio• mo pure lo,·orarc e diamo completa fiducia a chi possiede convinti ideali, una maturazione sincera, e che so• prattutto ha qualcosa da raccontare, e questo qualcosa vuol comunicarlo ad un pubblico più vasto possibile, Il cinema italiano ha dunque biso .. gno di veri 1 autentici artisti. Non sop• piamo davvero chi oggi potrebbe affermare il controrio. Del resto quest.Q opinione coincide, a guardar bene, con le più autorevoli ed intelligenti critiche sul nostro cinema dalla rinascita ad oggi. Questo è anche io sostanza quanto aUerma Pio,•ene au cPrimnto• di un mese la. Il cinema italiano - scrive Piovene - pur mostrando ma• turità tecnica e chiare intenzioni d'arte, ba in de[initiva rivelato nei singoli film cuna narrazione difettosa•. Il che equivale od atrermare che nessuna di queste opere può dirsi in definitiva ·completamente riuscita. Questo giudizio sul cinema italiano ultimo (l'orticolo riguarda appunto i film italiani pre• tentati alla ultima mostra veneziana) può venir appUcato, parola più parola meno, anche ai migliori film posteriori al 1030. Inlatti noi non ricordfamo nessun film che abbia soddisfatto in pieno critica e pubblico. e Le immagini si isolano - continuo. Piovene - an.zichè legarsi l'una all'altra: tutto è chiuso, nitido, lreddo, e come impieieolito. Manca quell'onda, quella Ouidità narrative, che si ottiene quando si parte dal centro vivo del racconto, da propositi di finitezza esteriore>. Alla parola chiara dj Piovene {sebbene non sempre il nostro critico, co• me egli stesso premette ed avverte, riveli una spiccata sensibilità cinema• tografica) fa riscontro la dosato ed opportuna precisazione di un giovane, Carlo Lizzani, il quale nel o. 153 di «Cinema•, riassume la situazione, ri• marca.n<lo nelle ulttrne opere realizzate Da II Alba tragica,, di Carné NA.RRARE (riet immaçini~ dai nostri registi, una nette tendenza verso un eccessivo formalismo. L'opinione del primo ci sembra che prenda ancora più forza ed evidenza unita oll'opinione del seeondo. Un eccessivo formalismo porta logicamente ad una nirrativa cinematografica incerta e zoppicante. E a questo punto potremmo anche generalizzare. Il cinematografo ci sem• bra insomma che invece di prendere una strada sua, invece di staccarsi dalle altre arti per indirizzarsi verso un orizzonte sgombro, abbia letto di tutto per impantanarsi nei medesimi difetti e negli stessi dubbi che in queato momento letteratura e pittura sten• no pure attraversando. Proprio l'op• posto dj quello che bisognerebbe fare in un momento cosi critico del mondo. Un respiro ampio che comprenda e vadi MASSIMO MIDA da al di là degli interessi di una pie• cola chtsse borghese intellettuale, e invece il lio.to dj queste orti sembra da noi sempre più limitato e Iioco. Gli escmpj che si potrebbero (are sono mol• ti. Pensiamo alla pittura di un De Pisis, raUinata e decorativa all'eslTcmo, ma esempio preciso di un tecnicismo troppo Iine n se stesso, che mai su• pera i limiti di un determinato gusto, senza mai attingere a significati di un'umanità meno ristretta; alla prosa di un Baldini, che trova gli stessi con· fini imposti da un programmo con• trollato e dichiaratamente chiuso. Tornando al cinematografo, ci sembra che in generale uon sia mai ben precisa e prepotente l'ispirazione e la commozione per la materia da narrare. nei nostri registi. Manco in oltre pn· ro)e una vera soHerenzo., quell'o.uten• Da II Etoile de Mer u di Man Ray Fondazione Ruffilli - Forlì tico e speciale tormento che eccom• pagna di solito l'artista nell'estrinseca• zione del suo mon<Jo poetico. Questo · •dolore» noi non lo abbiamo mai scn• tito nelle opere ultime dei registi migliori. Può darsi che in Italia non vi sia ancora un'attnosforo adatta a questi misteriosi contatti fra l'artista e la massa: ma risalta più facilmente o.J. l'occhio una noncuranza ed una indif• ferenza dj fronte ad uno ricerca csscn .. ziale e profonda, che superi e guadagni un consenso più largo di quello limitnto di una fredda cerchia intel• lcttualisticn; un consenso che per la più larga popolarità abbia un valore umano assai superiore. Ma se leggiamo più attentamente le parole di Piovene e quelle di Lizzani ci accorgiamo che le prime ca'lzano perfettamente per alcuni registi quali Camerini, Blasetti, Genina, e le altre risultano maggiormente probanti per le opere di altri, quali Castellani, Poggioli, fredo, Chiarini e Soldati ci sembrano già più avanti di queaU ultimi, soprattutto in letto di possibilitn narrative, ma sono più vicini ni secondi piuttosto che ai pdmi. In genero.le nelle opere di quesQ nosiri registi invano si cerca un cen• tro emotivo che li abbia spinti e in• coraggiati: la materia rimane quasi sempre frcrlda, staccata; non avviene mai nei loro film una maturazione in· teriore completa. Ed è invece nostra. !crma convinzfone che per poter arri• vere all'arte narrando con le immagini è necessario partire da una ispirazione nativa e convinta, da una intuizione propriamente ed esclusivamente cine• matografica, di immagini che siano già racconto nella prima formulazione dell'artista. Per questo ci siamo domnn• dati con curiosità quale fosse la vera ragione che spingesse Castellani_ verso un Puskin (reso alla fine soltanto decorativo) e Poggioli, ad esempio, nel· le braccia cli un drammone verista ( e La morte civile•). Tanto più chet nccettnti questi impegni, essi sapevano bene che era insito nel loro compito arrivare ad una comprensione univcr• sale; ed invece la loro strada era già chiusa nella prima concezione. D'altra parte ci sembra anche vero che per poter convenientemente tra• sferire un'autentica ispirazione in im• mogini, conviene possedere pure un'ns• soluta sk-urezza del mezzo impiegato. Il che signilicn prima di ogni o.ltra inquadratura, recitazione e montaggio: coso conoscenza esatta dei rapporti tra cioè una previsione esatta dei tre stadJ successivi di la,·orazionc del film. Tutti questi rapporti debbono nascere legati e concordi nclJa fant,asia del regista creatore che non avrà dilticoltà, in teatro di posa, a trasferire il suo mondo fantastico in immagini. In un narrare cinemo.tograCico equi• librato, perfetta deve dunque user• lo dosatura Ira tutti gli elementi del film; per cui l'inquadratura non deve risultare nè disadorna (Camerini io • Una storia d'amore>), nè troppo guarnita e ricca {Castellani in e Un colpo di pistola>, Freda. in ,Don Cesare di Bazan• ), nè troppo studiata (Chiarini ne «La bella addormentata•), nè re• torica o sciatta (Genina in cBeugaal» )1 ma deve soltanto contenere in &è ben pesati gli elementi necessari alla sua originalità, fino a giungere alla possibilità più , grond~., di cui ci parla Beta Balàsz: « L'inquadratura ineolita strappa il volto delle cose dalla neb• bia dell'insensibilità che lo circonda e ce lo fa vedere•. Una nuovo inter• pretozione, insomma, delle cose e de• gli elementi visivi. e La vitalità di ogni arte consiste - continua Bela Dalàaz. - nel mostrarci il mondo come ae )o vedesalm.o per la prima volta •• MASSIMO MIDA 13

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==