Nuova Repubblica - anno V - n. 38 - 22 settembre 1957

(181) nuova repubblica Alt'l'I FlGUltATIVE E AlUBlENTE D'OGGI di ENRICO CRISPOLTI L A MOSTRA « Colori e forme nella casa d'oggi» a Vi1Ja Olmo, a Como, ha senz'altro coraggiosamente centrato un problema ancora d.i scottante attualità, al quale sono vitalmente legati numerosi fattoYi della pro– duzione artistica contemporanea: il rapporto fra pittura e scu]tura ed architettura, fra opere d'arte figurative ed ambiente architettonico. Un problema che del resto ha in– teso anche l'XI Triennale milanese (della quale ci occu– peremo prossimamente), ma forse con soluzioni di minore efficacia. Che funzione può avere nella casa d'oggi l'opera del pittore o dello scultore: opera non tanto meramente decorativa, e cioè già formulata in funzione architettonica, ma al contrario a sé stante, quale definito ed integro va– Jore, quale distinto prodotto? Non sarà certo l'opinione di illustri architetti, come Wright, negatori de1l'utilità di qualsiasi aggiunta all'architettura capace per sé di esau– rire ogni valore riecessario alla costituzione ambientale e funzionale dell'abitazione umana, a rendere inesistente il problema, che del resto è reversibile in quello, non meno scottante, della funzione sociale di pittura e scultura nella vita d'oggi: una funzione meramente celebrativa od uffi– ciale? C'è senz'altro da dubitarne. Ma anche accettato per lecito ed anzi riconosciuto pres– sante, come viene poi a configurarsi questo problema? Si sacrificherà l'architettura per la pittura e la scultura, ri– ducendola a presentatrice di queste; o al contrario queste resteranno meri e sostanzialmente spuri oggetti nell'auto– nomo contesto architettonico? Evidentemente una simile discussione, non risolvibile in giustificata scelta, arenereb– be qualsiasi dibattito in una interminabile ed inutile po– lemica (polemica del resto già vecchia di molti anni). Piuttosto occorrerà qualifl"Care di volta in volta, a cri– terio naturalmente dell'architetto costruttore e regista, le opere che debbono concorrere alla sua impresa. Qualifica– zione che sarà scelta critica, definizione di ciò che può darsi per meramente decorativo, come di ciò che venga ad imporsi come preciso dettato o manifesto ideologico. li problema dunque non può, sussistere in linea teorica, ma va trasportato nella effettiva prassi del costruire e dcll"arredare. Non resta che esaminare le soluzioni offerteci dagli ar– chitetti impegnati a Villa Olmo. Diciamo subito che que– sti ambienti (il tema era proprio l'arredamento di un am– biente a scelta: studio, soggiorno, sala da pranzo, camera da letto, ecc.) sono quasi tutti, bene o male, personal– mente qualificati; ciò che differenzia subito la manifesta– iione comasca dall'anonimia architettonica della Trien– nale milanese, ove gli oggetti, mobili o quadri o sculture, sono disposti per buona parte indipendentemente da qual– siasi organizzazione architettonica ad essi pertinente. E giacchè l'esemplarità di una mostra di architettura e di arredamento è soltanto nella sua attuabilità esistenziale, la manifestazione comasca ha senz'altro raggiunto, pur con le numerose e spesso gravi limitazioni che indiche– remo, un risultato assai più positivo e costruttivo. Hanno inteso l'opera figurativa, pittura o scultura, quale elemento concorrente alla coordinazione spaziale dell'ambiente, sia pure questo « en plein air », cioè in fun– zione schiettamente «architettonica»: Franco Albini e Franca Helg, con i due dipinti di Sambonet, Acerbis con la bellissima scultura di Somaini, e, seppure in modo ele– mentare e di minore efficacia di esito e normativa, le scul– ture-ceramiche di Fiume, ed in metallo del1a Zagni, tutte all'aperto, od il «mobile» di Munari nell'atrio della mo– stra. Il figurativo quale determinante specifica della èon– dizione spaziale dell'ambiente, essendo di questo protago– nista, hanno invece proposto: Veronesi in un corridoio a luci colorate mobili; Allerio nello studio-soggiorno con grandi decorazioni di Fontana; Belgioioso, Peressutti e Rogers, che hanno accortamente recuperato il valore am– bientale neoclassico originario della sala loro affidata, va– lorizzandone affreschi, stucchi, decorazioni e consistenza architettonica, con l'inserto di pochissimi elementi - luci, poltrone e dipinti, appropriatissimi, di Fontana; g1i au– tori delle due stanze per bambini, della collettiva (Albe– rio, Cappe1le~i, Longhi, Parisi; Radice, Rho, Somaini) e dell'altra di Zanuso e ·cini Boeri; Radice nel disporre i suoi importanti dipinti m un passaggio; Je Sala e Silva nel passaggio con una eccellente scultura murale di So– maini, e nell'altro con vetrata a colori di Gabriella Sala; infine i fratelli Castiglioni Con gli stampi murali di Ajmo– ne nel loro soggiorno « bo'utade~»- Mentre soluzioni con– suete in rapporto d'equilibrio fra quadro e scultura ed ambiente (opera figurativa quale pregevole e valorizzato elemento d'arredamento) hanno preferito Corradi Del– l'Acqua con tavole e scultw·e di Somaini fra mobili di Gardella e Caccia-Dominioni; De Carli con disegni di Aj– mone; Bega con bozzetto di Minguzzi nel suo studio· per « art director » pubblicitario; Tilche, Franchini, la Knoll Inter, Italy, Tedeschi, i fr~telli Monti, ed Allievi e Parisi nella loro notevole « casa per vacanza», ancora con una nuova ed interessante scultura di Somaini. Infme una soluzione del tutto fieristica del figurativo come degli am- (Dis. di Dino Boschi) NUOVA GEOGRAFIA - Mi dica, per raggiungere il premio Castelbianco ... ? bienti loro assegnati (la soluzione senz'altro meno costrut– tiva in questa sede) hanno realizzato Gio Ponti, e con assai maggiore dignità architettonica, i giovani Mazzeri e Massoni in una veranda con beWssimi pavimenti con ele– menti in ceramica. Esisteva un altro problema: il rapporto fra il nuovo allestimen"to ambientale ed il precedente dato architetto– nico della villa Olmo, costruzione neoclassica. E' stato af– frontato e brillantemente risolto con felice attenzione ai nuovi rapporti da Belgioioso, Peressutti e Rogers, come da Asti e Favre. Altri, numerosi, l'hanno invece recisamerite negato: Albini ed Helg, i Castigliani, Corrad.i Dell'Acqua, «Forma», Tilche, Tedeschi, ecc. Gli ambienti architeltouicamente· più qualificati: la casa per vacanze di A1levi e Parisi, il soggiorno di Albini ed Helg, i!R-s.oggiorno dei B.B.P.R., il soggiorno-studio– pranzo di Àsti e Favre, gli uffici di Corradi Dell'Acqua, lo studio di Hauner, il soggiorno di Tilche, i passaggi delle Sala e Si1va, la stanza per bambini di Zanuso e Cini Boeri, lo studio-soggiorno di Alberio. Certo ci si deve chiedere: quali i costi di questi arre– damenti? Quale quindi; per la loro attuabilità, la loro qua– lificazione sociale? Questo un limite grave dell'esposizione: si è trascurato, salvo forse nella saletta di Hauner, l'arre– damento qualificato, ma assolutamente standard e cioè subito accessibile al ceto medio. Come infatti controbatte– re l"uni~ità, economicamente negat{ya, di ambienti quali quello del gruppo B.B.P.R., di Cenadi Dell'Acqua-Gardel– la-Caccia Dominioni, o della stessa casa di Allevi e Parisi? Cosi si è trascurata la possibilit.à di diffusione della grafi– ca, delle riproduzioni a colori di dipinti, ecc. Ne è risul– tata una grave limitazione, una scarsezza eccessiva di pos– sibilità di reale utilizzazione di questa lezione un po' trop– po aristocratica d'arredamento d'ambienti. Per scrupolo di qualificazione del prodotto, si è trascurato il suo indice economico: eppure non sono affatto elementi inconcilia– bili, e questo la mostra avrebbe dovuto dimostrare. Sarà forse a causa della ·prevalenza assoluta di pro– fessionisti lombardi, milanesi e comaschi anzi, fra gli espositori (altro elemento negativo della manifestazione). E naturalmente l'edilizia milanese imposta assai più so– vente così i propri problemi d"arredamento, a scapito ap- punto del prodotto medio. . La mostra di Como, volendo conclude re con un suo bilancio, ha visto la utile riproposizione di un tema ancora attualissimo, appunto il rapporto reciproco architettura– arti figurative; l'importante e proficua collaborazione fra architetti ed industrie, come, nel più dei casi, fra archi– tetti e pittori e scultori; la decisa ripresa di una gloriosa tradizione comasca di cultura figurativa modèrna (della vitalità di questa tradizione è immagine la civiltà e puli– zia di tutta l'organizzazione della mostra, il magnifico ca– talogo impaginato da Luigi Veronesi, ed altri episodi mi– nori); il suggerimento di una mostra di architettura con– creta, attuabile, vera. E sono questi gli elementi positivi. Negativa - .s'è detto - l'eccessiva limitazione d'apertura sociale di quei modelli d'arredamento, il carattere quasi esclusivamente lombardo della manifestazione (non basta chiedere un commento al catalogo allo Zevi), l'assenza spesso a fianco degli architetti maggiori, che sono fra i migliori oggi in Italia, di artisti figurativi altrettanto qua– lificati (cioè la scarsa capacità di coerente scelta cultu– rale di quegli stessi architetti). Ma c'è da auspicare, come si è sentito dire, che l'espo– sizione divenga biennale, e migliori quindi r..el futuro la sua qualità ed impostazione. Intanto questa mostra pre– lude ad una ripresa di attività culturale moder·na anche a Como. Di ciò non c'è che da essere grati agli organizzatori, che meritano perciò di essere incoraggiati". 7 BIBLIOTECA • GERMANIASOTTO CHlAVE L E CORRISPONDENZE del giornalista americano Jean Davidson (J. Davidson, Germania sotto chi.ave, Milano, Feltrinelli, 1957) hanno ben poco di giorna– listico, pur possedendo un alto grado di vivacità e di sti– le. Manca loro il consueto abbandonarsi alle impressioni e ai connessi pregiudizi e luoghi comuni. Anzi, nel caso del Davidson si verifica addirittura l'opposto, e cioè un libro a tesi, dove l'inchiesta di prima mano, usata con larghezza e perspicacia, sembra impiegata soltanto per dimostrare quello che l'autore pensa già, prima di entrare in Germania, sulla scorta delle opinioni personali e delle precedenti letture. Del resto, il sospetto è confermato sin dall'introdti"zione, dove ci si riferisce esplicitamente agli scritti sulla que– stione tedesca che Jean Prévost, poi caduto alla testa della Resistenza francese, aveva pubblicato nel '36: « La Ger– mania si è data deliberatamente al fascismo soltanto dopo aver visto cadere le sue grandi speranze di rinnovamento interiore. Nel suo furore di ricostruzione, di razionalizza– zione, di riorganizzazione, la Germania sembrava la belva in gabbia che si scaglia contro le sbarre. Poi, dopo il falli– mento dei suoi teri.tativi di esportazione, si è resa conto di essere imprigionata. Allora ha chiesto allo Stato di ga– rantirle lavoro e vita ». « Cuore palpitante che non ha trovato un corpo in cui battere», il cosiddetto miracolo tedesco non è afTatto un miracolo: è la ripetizione della situazione tedesca degli ultimi cent'anni, acuita dalla divisione del mondo in bloc– chi e dallo sviluppo tecnologico ed economico dell'industria moderna. Chiusa, tenuta sotto chiave in uno spazio ristret– tissimo tra l'area atlantica dei grandi detentori della ric– chezza mondiale e il blocco comunista dei rigidi accentra– tori del nuovo potere politico ed economico, essa ha messo in moto alla più folle velocità le cospicue ricchezze di beni e di lavoro, senza procurarsi sul piano politico gli sbùcchi - interni ed esterni - di tale capacità produttiva. I costi di produzione e 1a perfezione tecnica dell'industria tede– sca riposano in larga misura sul livello di vita appcn;-i sufficiente che essa oggi consente alle proprie maestranze, dopo averle addirittura spremute a un livello di fame du– rante gli anni più duri della ricostruzione. La corsa nl riarmo e la « politica dura » dell'atlantismo oltranzista de– rivano dalla mancata risoluzione del problema delJc rela– zioni col resto del mondo, dal mancato collocamento della Germania in un nuovo equilibrio internazionale, il che presupponeva, e non da ultimo, un profon·do mutamento dell'equilibrio interno nella detenzione del potere. Rima– sta, nella struttura sociale, quella di cinquant'ilnni fa, potrebbe, in un domani non lontano, prendere la mano anche alle potenze- atlantiche che-, strette da a_Jtre neces– sità, l'hanno condotta con poca previdenza a questo punto. La zona di Francoforte, Monaco, Stoccarda, Colonia– Rhur, Hannover-Amburgo, e infine Berlino, s0no il teatro delle inchieste, dove l'autore dimostra di saper raggiun– gere nel migliore dei modi -il suo scopo. Le visite a]fa Hoechst - già dE:ìla I.G. Farben e in effetti ancora legata ad essa nonostante lo scioglimento legale del grande mo– nopolio chimico -, alla miniera Rheinischer Agete, alle acciaierie Thyssen, ai direttori di banca, ai capitani d'in– dustria, alle centrali sindacali, restano le più significative. Sebbene non possa offrire - preso da solo - altro che una visione parziale dei problemi, l'attuazione del MEC e le avvenute scadenze elettorali in Germania rendono sen– z'altro attuale la lettura dèl libro del Davidson. GIULIO Cll!ARUGJ I SUCCESSORl DI STALIN e ONTINUA il fervore editoriale di « Opere Nuove». E' destinato, probabilmente, ,a destare interesse il la– voro dedicato al rapporto Krusciov da un vecchio studioso di cose sovietiche, già capo della sezione ideolo– gica della Voce deU' America (Bertram D. Wolfe, I succes– sori di Stalin, Roma, ((Opere Nuove», 1957). Preoccupazione principale dell'autore è quell..1 di for– nire un commento approfondito sulla genesi storica del famoso documento, opera, a detta sua, di «epigoni>>, che imitano alla meglio il comportamento dei predecessori Le– nin e Stalin, senza statura e senza genialità. Il rapporto è integralmente riportato nel testo ufficioso - filtrato, come è noto, attraverso il Dipartiment9 di Stato americano - e non manca un minuzioso commento a fronte sui fatti storici ricordati, né l'indicazione dei passi probabilmente caduti nella versione ufficiosa ma pronunziati da Krusciov. Un'appendice di grande interesse riunisce: i maggiori documenti non pubblicati all'epoca della successione di Lenin (testamento e lettere di Lenin sul poi-itburò, car– teggio Lenin-StaJin-Kamenev-Krupskaja, lettere tra Lenin, Trotsky e Stalin sulla qt!estione georgiana),· una antolo– gia delle norme dettate da Lenin per la vita di partito, uno studio sul partito leninista « di nuovo tipo», le Note di un economista di Bukharin sulla industrializzazione, e infine il racconto sulla uccisione di Beria tenuto da Kru– sciov a Cortimin. La document::tzione del Wolfe è accuratissima, e il suo ragionare, sempre lucido e preciso, raggiunge a diverse riprese un effetto addirittura suggestivo. Ciò nonostante, la sua opera non supera il livello documentativo, senza offrire niente di meglio. Il canone di giudizio resta pura~ mente etico, e la critica, apparentemente perspicace, non concede rilevanza alcuna ai mutamenti storici e alle con– dizioni economiche durante il periodo considerato. Invece di un'opera storica, l'autore ha costruito una stupenda esegue a pag. 8, 3.a col.)

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