Nuova Repubblica - anno V - n. 26 - 30 giugno 1957

l-), • (169) 1mon ,~pubblica LUCI DELLA RIBALTA SPETTACOLO E INCULTURA di VITO PANDOLFI I N QUESTI ultimi anni mi è accaduto sovente di dare rappresentazioni teatrali o spettacoli all'aperto nelle città culturalmente più attive dell'Italia centrale. Compiendo queste tournées o allestendo nella sceno– grafia naturale di qualche illustre architettura spettacoli finanziati e desiderati da qualche ente locale - Comu– ne o Azienda del Turismo - ho avuto modo di venire a contatto, in modo diretto e attraverso esperienze dal vivo, con la vita della nostra provincia, che, com'è forse ancora poco noto, ha subito profonde trasformazioni (ancora da esaminare) in questo dopoguerra. Il teatro di prosa risulta oggi assai lontano dagli in– teressi popolari - almeno da noi -, odora di muffa e raramentç l'uomo della strada gli si accosta. Con gran– de difficoltà si riésce a scuotere l'attenzione pubblica, 1 specie in provincia. Gli unici casi positivi si creano Quando, a poca distanza di tempo, riesce a giungere nella cittadina quello spettacolo che a Roma o a Milano ha suscitato molto scalpore. La curiosità, lo snobismo, il rimpianto di non. vivere nella gran«;le città, smuovono allora i pigri ceti della media borghesia per una sera o due. Ma questo capita una volta l'anno, non più. 7 (Dis. di Di110 Bosch.i) Abbiamo dunqu·e queste occasioni uniche nel loro genere; al di fuori di esse non resta che l'abbandono e }a disattenzione generale. I ceti medi delle cittadine di provincia non nutrono più, in realtà, alc.un interesse cultura-le, libro e teatro sono. a loro divenuti del tutto estranei, sembrano stantii ricordi scolastici. La popola– zione aumenta, ma le librerie diminuiscono, i teatri di– vengono cinema se di proprietà privata; quando .invece sono gestiti direttamente dal Comune, si aprono per un limitato numero di sere og!U anno. Abbiamo regioni in:. tere d'Italia da cui sono «completamente» scomparsi teatro di prosa e teatro lirico. Le statistiche documen– tano come in Calabria, Basilicata, Lazio (esclusa natural– mente Roma), Sardegna, trascorra a volte un intero anno senza che si possa annoverare una sola rappre– sentazione professionistica, lirica o di prosa. POLESINE - E' l'unica H apertura n governath•a Sorge sovente in seno ai consigli comunali la preoc– cupazione di incrementare una attività culturale in que– sta direzione. Ma anche quei Comuni le cui finanze na– vigano in buone acque, trovano l'irriducibile ostilità dei prefetti, decisi a bocciare ogni loro deliberazione in materia, e non preoccupati di altro che di spegnere ogni segno di vita spirituale, ogni iniziativa che esuli dall'or– dinaria amrrìinistrazione e possa suscitare contrasti con ..le autorità centrali o con quelle religiose. Gli Enti e le Aziende del Turismo considerano assai più giudizioso contribuire alla vita sportiva della loro provinci?, che da anni si preoccupa di mettere da parte i capitali occorrenti per la costruzione di un ippodromo (eppure gli ippodromi sono in crisi anche nelle grandi città) rifiutandosi di occuparsi minimamente di mani– festazioni culturali. Diciamolo una buona volta e senza reticenze: la provincia italiana oggi più che mai appare ,« la t~rra dei morti » all'occhio del turista straniero che fa il dovuto paragone tra le glorie e i monumenti pas– sati e la piatta realtà presente, in cui ogni manifestazio– ne largamente sentita dalla popolazione è di ispirazione _straniera, il più sovente americana o inglese (dallo sport al film e alla televisione: modellati secondo archetipi pervenuti dall'esterno). Il ceto medio di queste città - e in buona misura anche quello operaio - è accidioso, scettico dinanzi al– l'opera d'ingegno, credulone dinanzi alla truffa, incapace d'altro se non di concepire ma difficilmente attuare - la fuga verso la grande città. Le cittadine più piccole, che non sono capoluoghi di P!·ovincia, conservano, rela- · tivamente, maggior freschezza e maggior capacità d'en– tusiasmo. E' più facile per una compagnia o per uno spettacolo !t..[,,e un esaurito qui che nelle sonnacchiose città maggiori~· dove appare di buon gusto solo Ja scet– tica indifferenza. Una compagnia compie questi suoi giri completa– mente isolata, ignorata dalla popolazion.e. Non resta che darsi alla ricerca dei ristoranti più attraenti e al tempo stesso più convenienti. Si ha un senso d'esilio, si è stra– nieri. Dai caffè ci guardano passare nel corso, all'ora della passeggiata, e probabilmente formiamo oggetto di commenti sarcastici, timbrati dalle tipiche cadenze lo– cali, conditi da un cinismo da quattro soldi. In quanto ai grandi del passato che veniamt a presentare, sono le incomprensibili ossessioni del liceo. Quelli del presen– te, naturalmente li si ignora. La vita italiana si nutre di una ingrata dialettica tra la provincia e le nostre due grandi città. In provincia si finirebbe per restare completamente isteriliti e soffo– cati dall'accidia e dalla indifferenza genei~ale, che poco a poco si tramuta in ostilità. Roma e Milano accolgono i provinciali ma ben presto li spersonalizzano, li assor– bono nel loro ingranaggio, e li svirilizzano perché in esse non è possibile sopravvivere che a patto di scendere al compromesso. Il grande problema della nostra vita na– zionale è attualmente quello di ridare vita e volto alla provincia. Così, per il nostro teatro non c'è altra via di scampo - non solo sul 1>iano economico - che poter contare sullo Hinterland della provincia. Ma per tornare indietro e percorrere di nuovo la strada ·maestra, in Q-Uesta struttura di vita nazionale, temiamo che sia _ troppo tardi. · La televisione ha ormai invaso la piazza e le coscien- MEMORIE PARTIGIANE di NARDO DUNCHI NUOVA ITALIA 195 7 Il libro si legge d'un fiato per la vivacità con la quale è scritto e per la rete di straordinarie, leggel)darie im– prese di cui è intessuto. Ma. il libro interessa anche per H suo valor~ documentario e umano. Dunchi disegna ambienti, rievoca figure, racconta episodi, che sono ancora poco noti; e ricostr~ndone in particolare il sottofondo psicologico– politico c,he tanta importanza ebbe nella costituzione delle prime bande di «ribelli», porta un notevole contributo a un sempre più preciso disegno storico della Resistenza ita– liana. Il tutto, inoltre, con vivo ser,.so di umanità senza sbavature sentimentali e artifici letterari. In ciò D~nchi è aiutato da un toscano senso della misura e della concre– tezza e da quel suo svelto e incisivo modo di esprimersi che dà immediato e poetico ,rilievo a tutto quello che viene LA narrando. _ Quest'opera è il n. 5 della Collana « Quaderni del Ponte» ~Nuova serie). Volume d~l formato 13 x 21, di pagine VIII-336, m vendita al prezzo di L. 1300. ze. Sui tetti delle cittadine si infittiscono le sue antenne. Nel Meridione essa arriva già dove non: hanno fatto in tempo a giungere le sale cinematografiche. Ho conosciuto famiglie di .sperdu,ti villaggi della éatabria la cui esisten– za, il cui tempo libero, sono ormai così legati al video, da seguirlo ogni notte come l'amico più fidato. Il marchese di Sade nella sua Pliilosophie du boudoir osservava sarcasticamente che il progresso morale era ben lungi dal coincidere con il cosiddetto progresso ci– vile, e citava tribù primitive i cui cost'umi morali erano assai più evoluti che nelle grandi città dell'occidente. Jn sostanza, e messo da parte ogni paradosso, il quesito da lui posto era il seguente: il progresso civile suscita real– mente un progresso morale? Quesito inascoltato ma con ogni evidenza decis~vo per la nostra civiltà cdsì a rimor– chio dei ritrovati scientifici condotti verso un'unica di– rezione, potenza bellica e comfort materiale, standardiz– zazione e diffusione dei beni di consumo in funzione di un'egemonia produttrice. Nel campo dello spettacblo può ripetersi un quesito dello stesso tipo: passando dal teatro al film, dal film alla trasmissione televisiva, si è verifi– cato un progresso oltreché tecnico anche nell'educazione della comunità? Àbbassandosi sempre più il costo per lo spettatore, si verifica un allargamento degli spettato– ri che in effetti si propaga fino a un limite che può dive– nire la totalità della cittadinanza. Ogni nuova forma crea dunque un numero progressivamente crescente di spettatori, ma s'impoverisce al tempo stesso di conte– nuto artistico e la sua libertà d'espressione viene ad es– serne sempre più limitata. Quel che è più grave, viene ad essere sempre più ridotta la partecipazione dello spet– tatore alla creatività del processo artistico, la sua possi– bilità d'influire sulla sua elaborazione, quindi lo svilup– po della sua personalità attraverso il con.franto diretto e modificabile offertogli dallo spettacolo. Cdn la· televis.i<r ne si effettua un livellamento nella mediocrità, un tenace imbottimento dei crani inteso ad uniformarli. e a spe– gnerne ogni velleità d'autonomia (e questo tanto più, jn quanto i programmi preferiti sono proprio i meglio con– soni a ottenere questo r1Su1tato). Si perpetua e si gene– ralizza l'aspirazione infranta ad una vita che non è mai . sufficientemente d'élite; agli strati superiori che a loro volta non si sentono mai sufficientemente superiori. Ciò che maggiormente colpisce nella vita provinciale è appunto che la diffusione ormai vastissima dello spet– tacolo, non viene affatto a favorire, almeno per ora, una differenziazione e una richiesta con maggiori pretese nei gusti. Dal teatro passando al film, dal film alla televi– sione, il gusto medio si è andato progressivamente abbas– sando, e il peso delle strutture sociali si è fatto sempre più onnipotente anche per gli spettacoli di gusto elevato. E' ora che tacciano i banali e facili ottimismi, e· che al di sopra del gioco di potenza, si misuri la realtà degli stati d'animo, come in effetti si sta evolvendo.

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