Nuova Repubblica - anno V - n. 22 - 2 giugno 1957

(165) nuova repubblica· MOS1'1tE A ROMA UN'OCCASIONE j'iOME del resto era da prevedere non pitÌ. che una \..J ~otevc!e, ma largamente incompleta, rassegna del- , l'arte italiana contemporanea poteva riuscire la mostra organizzata a favoFe degli « artisti esuli d'Unghe.: ria» dalr« Associazione per la Libertà della Cultura» nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna, a Roma. Né poteva venirne la proposta di alcun problema d'ordine culturale, d'interesse critico: l'occasione soltanto, invece, per gustare senza pesanti responsabilità selettive parec– chie opere di assai notevole rilievo. Del resto sarebbe ingiusto operare delle discriminazioni quando tutti hanno concorso con il medesimo slancio di so1idarietà. Questo piuttosto occorrerebbe sottolinearè, e lo fa del resto benis– simo Lionello Venturi nella pagina introduttiva al cata– logo: la pronta risposta degli artisti 3d un invito schiet– tamente umano. Scrive il Venturi: « La società odierna non è sempre buona per gli artisti; purtroppo si rivolge ad essi senza il necessario rispetto, dando loro consigli non chiesti, e quasi sempre incompetenti. Se si mettes– sero sulla bilancia ciò che la società offre agli artisti e ciò che questi le donano, il peso sarebbe di gran lunga prevalente dalla parte degli artisti.. .. Gli artisti donatori appartengano a tutte le tendenze, a tutti i credo estetici;· cerchino di capire gli estranei che tutti partecipano alla vita morale e sociale del nostro tempo e ne rappresentano l'aspetto ideale». Vi sono assenti, gvviamente, tutti i « realisti», o « neo– realisti » che siano, e per ovvie ragioni. Evidentemente chi si fregiò del merito, dell'esclusività anzi, di dipingere le pene degli oppressi, le fucilazioni in Grecia, la nostra lotta partigiana (e poi non fece con la dovuta serietà, e scantonò nelle oleografie monumentali dell'epopea gari– baldina), e non ha sentito per fatti recenti, non di diffe– rente natura e gravità, alcuna necessità morale d'insor– gere ancora contro l'ingiustizia ed il delitto civile e poli– tico, non si può pretendere nemmeno che concorra, ma– gari con un'opera per nulla « engagée >>, ad un atto non più che di mera solidarietà umana. Perciò il 'leader' del «realismo» italiano è assente, e così i suoi epigoni. I partecipanti all'esposizione romana (presenti quasi tutti con un'opera donata, ed un'altra aggiunta), sono di tutte le generazioni. I più noti: fra gli anziani, Morandi, Balla, Campigli, Carrà, Ciarco, Saetti, Severini, della « generazione di mezzo», Afro, Birolli, Burri, Capogrossi, Cassinari, Franchina, Greco, la Lazzari, Maodelli, Mirko, Morlotti, Paulucci, Santomaso, Stradone, Turcato, Ve– dova, Viani; fra ·i più giovani, Brunori, Dorazio, Frunzo, Giunni, Perilli, Sadun, Perizi, Scialoja. A voler vera– mente indicare qualche episodio interessante (a parte la qualità assai notevole dei dipinti di Atro, di Burri, di Cassinari, di Morlotti, e, fra i maestri, dell'incisione - già nota - di Morandi, e dei due paesaggi di Vin– cenzo Ciardo, un pittore molto notevole che la critica ita– liana - salvo, a quanto so, il Ragghianti - deve ancora imparare a conoscere) citerò le conferme del proficuo lavoro di Enzo Brunori, nel segno di una larga e vitale problematica. peculiarmente europea di pittura appellata ai dati della fenomenologia naturale, intimamente fusi alla coscienza e quindi al linguaggio del pittore, natural– mente fuori di qualsiasi << routine» descrittiva rapporta– bile al tradizionale naturalismo figurativo; degli attuali esercizi di Toti Scialoja su akuni dei fatti più salienti della recente pittura nord-americana: PoHock e Kline (« Auguri per il proprio compleanno» è comunque molto ,notevole, risolto con la consueta abilità); del non trascu– o·abile lavoro del giovane Frunzo, anche se per ora a ~volte troppo legato a Corpora; del progressivo aggiorna- 1mento, onestissimo, del triestino Perizi; dell'(( impasse>> neo--morandiana di Piero Sadun; del progressivo e fortu– nato recuperò di Giulio Turcato, infine. Così bellissimo il disegno a solo contorno di Alberto Viani. Infine di Vedova abbiamo potuto vedere due dipinti del '51, rimasti finora inediti. (in essi Vedova anticipa l'immediatezza espres~ siva delle sue prove dal '53 ad oggi). Ma naturalmente per la loro generosità, ed essa sol– tanto conta in questa occasione, tutti gli artisti presenti meritano ampio elogio. Per il loro elenco completo (94 in tutto) rimando al bel catalogo illustrato, edito a .cura del1a stessa « Associazione per la Libertà della Cultura ». ENRICO CRISPOLTI * 1t A conclusione de_l pubblico dibattito sul tema 1 S~uole pri– Yate « senza oneri per lo stato», tenutosi a Milano nel cinema Durini E 12 maggio 1957 per iniziattva dell'Unione Ge– nitori e Insegnanti della •Scuola di Stato (UGISS) e con una relazione del pro/. Mario Gliout del Consiglio Superiore della PI, 1c constatato che le scuole non statali hanno una grande prevalenza numerica su quelle dello Stato nell'ordine clauico e magistrale e r.elle zone più ricche (su 167 istituti magistrali stataU ve ne sono 317 non statali), 1t constatato che lo stato nelle 20ne economicamente piil. sviluppate, come nelle province di Milano, Torino, Genova, non istituisce scuole medie statati per non togliere alunni alle scuole confessionali, mentre concede che si istituiscano scuole -non sta~ tali dove già esistono scuole statali del medesimo ordine e grado, • constatato che dalle sei scuole parificate esistenti in Italia all'epoca della ri/orma Gentile queste sono state aumentate ne– gli annì successivi al Concoidato dal governo fascista e hanno avuto un aumento vertiginoso coi governi democristiani dal 1941 in pot, cosi da giungere neglt ultimi anni ad un ritmo di più.• dì una parificazione al giorno in media, • si chiede che il governo stanzi urgentemente i fondi in– disJ)e·nsabili per le necessità di vita e per lo sviluppo della scuol11 di stato e cessi, in ossequio all'esplicito dettato cestituzio– nale, ria.{ distrarre pubblico denaro per sovvenzionare sotto qual– siasi forma le scuole confessionali». TORVAJANICA - Tutta colpa della libertà di stampa (Di.w. di Dino Bos~:hi) BIBLIOTECA 1956 P ROBABILMENTE H comunismo ha una validità (( storica in paesi arre'"trati, che non hanno mai co- nosciuto la rivoluzione liberale e critica di origine europea. Ma appena le condizioni di questi paesi evol– vono in senso moderno - e dal punto di vista economico non si può negare che la Russia abbia fatto grandi pro– gressi - il problem.a della libertà. sOTge, come manife– stazione prima di una civiltà più ricca e complessa. D'altra parte, se tale problema sorge in paesi a struttura arre– trata, esso non. è mai -numcaio in paesi che hanno parte– cipato, con la loro tradizione culturale, col loro svol– gimento economico e sociale, al formarsi di civiltà libe– ramente critiche. Lo schema universalistico, dogmatico, dei comunist-i~scidenta1i cade a pezzi. Naturalmente, io non so se prfma del rapporto Krusciov (come sostengono i comunisti), o dopo, Togliatti si sia accorto di questo. Ma, risalga la sua via italiana al socialismo al 1944-45, come sostiene Ingrao, o sia stata inventata qualche mese fa, ciò non comporta assolutamente nulla. E' evidente che vi sono differenze sensibili fra il comunismo cmese e i1 comunismo russo. Ma non sono queste differenze che contano a st3bi1ire una diversa prospettiva storica, ma il problema della libertà. Il dilemma spietato in cui si tro– vano i comunisti italiani è il seguente: o la via italiana al socialism.o comporta la soluzione .éfel problema della libertà e il partito comunista perde ogni contenuto ideo– logico e politico proprio, o non comporta la soluzione del problema della libertà e rimane la via sovietica al socia– lism.o ... ». Nessuno meglio di Ugo La Malfa potrebbe presentare se stesso. Perciò abbiamo riportato direttamente un passo della prefazione scritta da lui per una raccolta di suoi articoli - del Mondo e della Voce Repubblicana - che le edizioni del Mulino hanno pubblicato sotto il titolo: 1956 - La crisi del cO)nunism.o e la via cb2lla democrazia. Dì formazione storicista e liberale - o, come egli stesso ama scrivere, critica -, il nostro autore ha condotto una analisi spregiudicata e coerente dei fatti reali e delle confuse mitologie. Se poi, dato che si parte da presupposti idealistici, il <eproblema della li– bertà » sembra prendere il posto di altri dati << struttu– rali » che per critici di diversa osservanza potrebbero di– stinguere ·l'Europa occidentale dall'Oriente, l'interesse dell'analisi lamalfiana non risulta per questo meno vivo. La figura politica di Ugo La Malfa non ha neppur essa bisogno di presentazioni: basta a richlamare il nostro interesse il presente momento politico, che lo ha visto determinare con perseverante audacia il corso della re– cente crisi ministeriale mantenendo all'opposizione il par– tito reptÌbblicano. Chiusa principalmente per opera sua la non sempre felice fase <<istituzionale» della politica del PRI, si aprono oggi per i democratici laici - repubblica– ni e radicali -· funzioni politicamente più qualificate a lato delle forze socialiste. Di tali funzioni La Malfa ap– pare vieppiù consapevole interprete nella polemica soste– nuta nelJo stesso periodo - e riportata in appendice al volume - con l'Osservatore Romano. Contro i pubblicisti clericali - dal padre Balducci a mons. Castellano -, che approfittavano dei fatti di Ungheria per attribuirne la responsabilità a tutto quanto il pensiero moderno imma– nentista e laico, il deputato repubblicano chiede, con tatto e misura, se « è s~onveniente ricordare che in nome del cattolicesimo si sono commessi innumerevoli delitti ed al– trettante violenze e che i paesi a maggioranza cattolica non brillano per sviluppo di civiltà e di libertà ». GIOLIO CHIARUGI GIACOBINI ITALIAN[ A BBIAMO assistito, negli ultimi anni, a tutta una fio_ritura di studi sui giacobini italiani; fioritura che . ha preso le mosse dal volume, ormai classico, di Delio Cantimori sugli Utopisti e riformatori itaiiani. Ed ora lo stesso Cantimori ha curato per l'editore Laterza una raccolta di scritti di giacobini italiani, della quale il primo volume è uscito pochi mesi fa (Giacobini ita– liani, Bari, Laterza, 1956). Nella importante Nota con– clusiva del volume il Cantimori fa un po' il punto deJ.!e ricerche, osservando che non è legittimo ripetere J'ac– cusa di «astrattezza» già rivolta dai contemporanei, e che l'interesse di questi scrittori non può essere smi– nuito per il fatto che i loro autori sono storicamente dei « vinti », nel senso che i loro tentativi di azione poli– tica Si scontrarono e si spezzarono contro l'indirizzo conservatore che il Direttorio andava imprimendo a tutta la politica francese. « Ma la storia della cultura delle nazioni - scrive il Cantimori _: non è fatta sol– tanto di documenti di stato, di tecniche governative ed amministrative, e di memorie di vincitori e di gover– nanti, ma anche .del ricordo scritto e pubblicato di aspirazioni, passioni, programmi, speranze, tentativi non riusciti, ma non per questo meno rispondenti a bisogni e a problemi reali, forse ancora non maturi per una soluzione, ma già percepiti, e sentiti, e rozzamente espressi; e non meno vivi perchè condannati a lungo silenzio dal conformismo storiografico» (pag. 413). In questo primo volume sono raccolti scritti di Giu– seppe Compagnoni, Nicio Eritreo, Enrico Michele L'Au– rora, Giovanni Antonio Ranza, Matteo Angelo Galdi, Vincenzo Russo. Del Russo sono stati ristampati i Pen– sieri politici e gli articoli del Monitore di Roma; e sono gli scritti di gran lunga più interessanti di questa raccolta. E non solo per lo storico, il quale trova in essi tracce di quelle discussioni sullo stato, sulla religione, sulla tolleranza che dalla seconda metà del Seicento erano vive in Europa, ma, oseremmo dire, anche per il po– litico. Il Russo si ispirava non· soltanto ad una tradi– zione che si estendeva nel passato, ma aveva presenti le vicende e le idee della riVoluzione francese, che han– no profondamente segnato, e continuano a segnare, la vita politica europea. Alcuni dei problemi che egli soJ– leva sono insoluti ancora oggi: per esempio quelli che riguardano lo stato e quei fondamenti di esso che sono i corpi politici, le leggi,. lo spirito pubblico. Il socialismo scientifico ha integrato questa problematica, ma non ne ha negato la validità. E' veramente singolare .che in un'epoca come la nostra, nella quale le ricerche storiche sono giunte ad un altissimo grado, una eccessiva individualizzazione dei problemi porti gli uomini del nostro tempo a porsi ogni volta di fronte a certi problemi come se fossero total– mente «nuovi». Si è spèsso teorizzata la figura del poli– tico concreto, cioè esperto di problemi economici e or– ganizzativi; contrapponendolo al politico nutrito di studi storici, messo in caricatura come ideologo, utopi– sta,. chiacchierone. E queste vedute ci paiono indica– tive della crisi della sinistra italiana. Spesso, per i nostri uomini politici, il <<passato» non va più in là del 1914: il che spiega certe ingenuità, la mancanza di ampie pro– spettive, la politica alla giornata, tutti i dati insomma che talvolta fanno dubitare della capacità dei demo– cratici e dei socialisti italiani di avere il senso della loro missione storica, ed anche della tradizione nel1a quale sono inseriti. GIULIO SESTINI ..

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