Nuova Repubblica - anno III - n.27 - 11 settembre 1955

(75) nuova repubblica SOCIALISMO E COSTA D'-O R O PROGRESSO TRADIZION:E In Africa bisogna sfatare il n1ito, derivato dal capitalismo,_ che per civilizzare un paese sia necessario industrializzarlo. Una pianificazione dell'agricoltura eleverebbe il te– nore di vita deJle popolazioni senza sfigurare il volto de 'la vita a~sociata tradizionale di CARLO DA LONDRA Q UANDO MR. ALCOOCK, planning adviser. del go– verno della Gold Coast (West Africa), terminò la propria relazione alla Town and Country Planning Summer School in Cambridge, gli applausi fiacchi e radi sottolinearono, ahimè, soltai1to le sue scarse capacità ora– t,nie e non volevano per nulla dimostrare scontento, in– soddisfazione, per la mancanza d'idee, di princìpi, d'anima in una parola, ché, tramite il suo dire, n1ostrava il volto squallidamente, tecnico del pur importante esperimento di pianificazione che si sta realizzando in quelle regioni. Come mai i presenti, oltre 600 qualificati town-planners d'In– ahilterra delle colonie e anche di alcuni paesi europei o d'oltreoceano, non avvertirono quanto le citazioni di Mun– ford contro « la non-pianificazione ottocentesca delle non– città », o di Bertrand Russel contro « l'irreggimentazione e la uniformità che nasce dalla industrializzazione », galleg– giassero smarrite e pallide, luci del cuore subito soffocate dal peso di una « pratica» che con quelle idee (o princìpi, o esortazioni) non aveva,.nulla a che fare? Vanà la pena di tornare sull'argomento, rivelatore di una particolare situazione politico-sociale inglese di questi anni, prendendo spunto da altri momenti (per esempio la questione del trasferimento d'industrie dalle grandi vecchie città nelle N ew-Towns; o dello stesso Piano di Cam– bridge) : qui ci sembra opl:lortuno seguire, sia pure in breve, la linea << africana». La Gold Qoast, dunque, è oggidì tra i paesi prn avan– zati cl' Africa: comprendendoci il Togoland sono 90.000 mi– glia quadrate di territorio, 300 miglia di costa suì Golfo di Guinea, circa 4 milioni e mezz_o d'abitanti; di questi, solo 13.000 non africani (9.000 inglesi), clie è subito un gran sollievo per chi cerchi d'avviare il paese verso il self Government (dove esistono forti nuclei di bianchi, la rete di interessi economici e di tradizioni «imperiali» è tale che si avanza molto lentamente e difficilmente: si pensi al Kenya). Pro-capite, come -usa dire (e sperando che le statistiche non confondano le idee, non nascondano 'la ve– rità), vengono 25 sterline annue -- che è cifra quasi inau– dità per codesti luoghi - da ttna esportazione che nel 1954 ha raggiunto i 115 mili,oni di sterline. Va tutto bene: politicamente ( si prega di far atten– zione qui) le cose marciano; la democrazia politica è at– tingibile dalla Gold Coast in un breve giro di anni. M A L'ECONOMIA della zona si basa quasi esclusiva– mente sulla coltivazione del cacao: 85 milioni, sui 115 presegnalati. E si tratta di una esportazione che può di èolpo entrare in crisi, di una economia agricola a base mo– nocolturale che non dà sicuri affidamenti. Per questa ra– gione molti progetti sono in cantiere, e dopo due anni di lavoro il Volta River Profect è terminato, può passare da– gli schemi le carte i rapporti alla realtà. Si tratta, alla grossa, di produrre l'energia elettrica necessaria alla tra– sformazione della bauxite, di cui esistono ricchi giacimenti, in alluminio; complementarruente d'irrigare 200.000 acri di terreno, di creare un lago di 3.000 miglia quadrate (pe– sce, e trasporti economici per via d'acqua), di fermare un 45.000 pescatori, itineranti, in piccole città (1'80% della popolazione vive in villaggi con meno di 3.000 abitanti) ... di costruire un porto e una città (Tema ne,Y-town). Tutte queste cose non solo possono accadere, ma stan– no per accadere. La forza tecnica è in moto, nonché quella finanziaria (assicurata congiuntamente dal governo della· Gold Coast, dal governo britannico... e dalle Compagnie ·Anglo-Canadesi d'alluminio): e codeste energie capitalisti– che che paiono trovare nuova vita nel terreno vergine delle colonie, quando si mettono in moto difficilmente s'arre– stano. D'altronde, non è questo il luminoso cammino della civiltà? Ma sì, ma sì, d'accordo. Soltanto che si vorrebbe sapere che cosa accade a questi pescatori nomadi, allorché vengono bloccati nelle città, Q trasformati in operai; che cosa capita alle famiglie « biologiche» attualmente esi– stenti (J_3er ovvie ragioni di conservazione, destinate a scomparire con il nuovo tipo di vita: ma intanto esistenti, e radicate nell'animo di quei popoli); quali risultati potrà dare un· tipo di pianificazione urbanistica (le case, i quar– tieri, le strade, i negozi, i locali pubblici) esemplato sul town-planning· britannico. Candidamente Mr. Alcoock di– chiarava che non se ne pa idea: gli studi necessari non vennero fatti, è difficile raccapez?.arsi in una serie di pro– fezie sociologiche che non han precedenti cui innestarsi ... Cambiamenti, e grandi, ce ne saranno: di qual genere, non lo sappiamo. · Senonchè un fastelletto di domande più puntute venne pur messo innanzi, domande che aiutavano, ci pare, a raccapezzarsi ( « avrebbero » aiutato a capire, a prevedere, se ci fosse stata risposta: per -quanto, anche l'irnpos1,ibilità. d'ottenerne qualcuna giovi a, capire, oh quanto) : Biblioteca Gino DOGLIO 1) qual è l'oggetto di codesto Piano? Quale tipo di economia e di società ci si ripromette di ottenere? · 2) si vnole introdurre il principio della propÌ'ietà privata della terra, o quale altro? 3) il tipo d'industria che si mira a introdurre non sarà tl'oppo selezionato, e troppo poco bisognoso di brac– cia? Che cosa accade, comunque, dei territori abbandonati dalle popolazioni che vengano a stanziarsi nelle città? 4) in qual maniera si è cercato di «sentire» anche l'opinione della popola~ione? Quali le fonti d'informazione, atti ve e passive, cui si è ricorso? · Il silenzio, o discorsi come « nel mio staf c'è anche un giovane diplomato in sociologia», oppure « il mio spe– cialista in materia dice che c'è netta tendenza verso forme di proprietà privata del suolo», furono la risposta. E BBENE: che co.·a avrebbe cercato di sapere, e di pro– ~ porre sia pur tentativamente, con estrema cautela e modestia, un « socialista moderno», pensoso dei fini (il so– cialismo da realizzare nella società d'oggi, non in quella dell'Ottocento) e deì mezzi ( un movimento politico, un tipo di organizzazione, che non declini regolarmente in buro– crnzia, in prepotere degli attivisti, dei funzionari)? Credo che costui, anzitutto, si sarebbe . chiesto se è proprio necessario mutare una regione nettamente agricola in regione industriale. Un accurato esame. delle situazioni singole, in Africa, pùò ben condurre alla conclusione che è solo un mito m~1tuato dal capitalismo quello che sia ne– cessario, indispensabile, industrializzare per divenùe civili; per diventare belligeri certo, ma a fini pacifici (e sociali– smo e pace son sinonimi), perché non vedern se una pia– nificazione dell'agricoltura non raggiunga lo stesso il ri– sultato di elevare il tenore di vita senza spaccare le vene delicate della vita associata tradizionale? Non si vuole che o·li africani rimanirnno nella loro condizione attuale, certo: o ~ . ma è proprio necessario identificar.e civiltà con civiltà ettro- veci? non esistono possibili ammodernamenti, espressioni moderne·, delle tradizioni e dei costumi attualmente do– minanti? E' ,ip.dispensabile, insomma, che le popolazioni . . ... \ SET1 1 E GIORNI NEL MONDO ADENAUER A MOSCA L , INIZIATIVA che ha condotto ai colloqu~ germano– so:rietici di q nesti g~orni è partit~ da Mosca_ nell~ pnmavera scorsa, 1nquadrandos1 nella sene d1 manifestazioni distensive, come la conclusione del trattato di pace austriaco o il ripristino di normali relazioni con Belgrado, con cui l'Unione Sovietica teneva a fornire all'Oc– cidente la prova concreta della sua voJontà di pace. Il momento in cui l'URSS si risolveva finalmente a proporre a Bonn l'istituzione di rapporti normali e lo scam– bio di delegazioni diplomatiche non era tuttavia il più favo– revole nelle alterne vicende che hanno accompagnato in questi dieci anni la possibilità di risolvere il problema tede. sco. Quando pel'ciò si seppe che Mosca invitava Adenauer, uomo che aveva sempre vilipeso nel passato, fu come un fulmine a ciel seeen0, e difficilmente si sarebbe potuto scar– tare l'impressione che quell'invito fosse l'ultimo tentativo di Mosca per mettere nell'imbarazzo il ·governo di Bonn e lanciare un ultimo siluro al riarmo tedesco. Forse per questo motivo Adenauer non si affrettò ad accettare l'invito sovietico e attese prima di essersi incon– trato con i rappresentanti americani a 'iiVashington, rin– viando comunaue un suo eventuale viaggio a Mosca a dopo la conferenza di Ginevra: essendo deciso à non rinunciare al riarmo tedesco, che costituiva a suo avviso il necessario coronamento della riacquistata sovranità, e non volendo mercanteggiare l'unificazione contro la, neutralizzazione, Adenauer preferiva che le prime battute della ripresa del dialogo sull'unità tedesca avvenissero a Ginevra fra i quat– tro « grandi ». Così facendo - e ripetendo anche recentemente che la responsabilità del ripristino dell'unità tedesca incombe alle potenze occupanti - il cancelliere tedesco intende forse abilmente dimostrare anche all'opinione tedesca che la poli. tica del suo governo nulla ha a che vedere con il mante– nimento della divisione del paese, che è conseguenza della politica delle grandi potenze, nessuna esclusa, sia occiden– tali che orientali, nei confronti del popolo tedesco, elemento, questo, che contribuirà a mant.enere vivo uno stato d'animo nazionalista anche dopo un'eventuale unificazione, assicu- / 5 africane da nomadi e agricole diventino proletariato indu• striale? Beh, sarà una dichiarazione di fede ma a me sem– bra che non sia indispensabile. La terra, si sa, è il problema num.ero uno (ancora il Kenya, insegna). Non esistono certificati di proprietà, sem– mai accenni tradizionali,. ipotesi:' e molto uso in comune. Di contro alla affermazione immediata di un socialista tra– dizionale « è necessario na·ziona.lizzare » (concentrazione,di potere economico a sostegno di un concentra,to potere po– litico) pel'chè non pensare a gestioni localizzate (municipa– liz;1,ate: comunalismo insomma), di· tipo cooperativo? Guar– da caso ancora in Africa, nell'Uganda, stanno prendendo piede certe cooperative di tipo kibbnzzistico, collettività o comunità comprensive della vita di lavoro e della vita di relazione: non sono ufficialmente riconosciute, forse non go– dono nemmeno dei favori governativi, ma « lavorano bene» co_me si dice in Inghilterra: e aiutano una reale, umana, trasformazione di quelle società. E' ben noto che ci vuole gran danaro per compiéÌ;e·. codeste trasformazioni: 1 ma, ammesso che abbiano ancora un ce1·to vigore socialista, la Cooperazione e il Trade-un10-· nismo britarinico son ricchi assai, almeno una parte del la– vorn potrebbero cetto assumerlo in proprio. E INFINE NON_ SI TRATT~ cli andare da quell~ genti, con in mano 11 metro dell etnologo e la mutria del– l'esploratore, o con la mentalità del sociologo astratto, tutto tecnica e obiettività, bensì di repe1·ire tipi di sonda che mentre riferiscono (che cosa pensa e sente I.a· gente, ora;· che cosa sente e pensa nel profondo, liberata dalle aliena– zioni economiche e religiose) mettono in movimento sen-· timenti e raziocinio di costoro, le fanno partecipi all'opera di pianificazione che si vuole intraprendere. Quest'ultimo è un tipo di partecipazione che ben .poco ha da spartire con la cosiddetta coscienza «politica», con le finalità (e i mezzi) della democrazia politica. Se è vero che i partiti, e le strutture governamentali tradizionali, hanno a poco a poco irretito il socialismo e fabbricata una falsa democrazia, solamente formale, non pare proprio il caso d'entusiasmarsi quando un paese rnggiunge il self– Government politico, o si divide in partiti ... Non pensiamo affatto a un « governo di tecnici». C'è un esempio clamoroso, sempre in Africa!, di quel che ac• cade in codesto caso: il Congo, dove non si vive male, rna è vietata qualsiasi espressione di « coscienza », di repe– rita umanità. Il socialismo in Africa, se è un socialismo moderno, ha il compito essenziale non solo di eleval'e quelle popola• zioni, ma di evitare una esasperazione nazionalistica clie ·cresce, cresce continuamente. E poi, ha il compito di aiuta- re il nostro socialismo, nostro europeo, a ritrovare (per• ché era su una strada buona, molti e molti anni or sono) la proptia via. Che cosa ne pensano gli amici che, come Codignol a, sonò oramai impegnati in code. ·ta rice~·ca? Op– pme, l'invito a « ripensar~ il sociali. mo» non è che un serpente di mare, evocato dalle calure d'agosto e destinato a scomparire appena ricomincino le monotone 1nanovre parlamentari? rando così ai gruppi conservatori il controllo di un potere che altrimenti rischierebbero allora di perdere. I rnssi vorrebbero in questi colloqui., a quanto diceva la Pravda, stabilire « normali relazioni diplomatiche, com• merciali e culturali con la Repubblica federale tedesca», accontentandosi di preparare il terreno ad una futura riu• nificazione. Concessione importante di Mosca all'Occidente sarebbe il riconoscimento sovietico del governo di Bonn senza un corrispondente riconoscimento occidentale di quello di Pankow, che porrebbe cosl Bonn in una posizione cliplo. matica di vantaggio in qualunque trattativa futura, prelu• denclo alla liquidazione della Repubblica tedesca orientalè. Ma Bonn non sembra disposta ad accettare un rico• nascimento sovietico che rischierebbe di apparire un suo implicito riconoscimento dello status qiio e perciò vorrebbe dare allo scambio di delegazioni più il carattere di un inizio di trattative cli lunga lena che quello di un inizio di nor• mali relazioni diplomatiche, che dovrebbero essere solo il coronamento di quelle tr~ttative. Pur avendo cercato in partenza di dissipare ogni illu• sione, il governo di Bonn sa tuttavia di non potersene tor• nare da ~fosca a mani vuote e, nonostante le carte di cui dispone Adenauer, Mosca gli farà certamente pagare le concessioni cli cui egli ha bisogno sulla questione del ritorno. dei prigionieri. Un sondagio dell'opinione pubblica tedesca compiuto dall'Istituto Emnid rivelava infatti che, mentre il 54 per cento dei tedeschi spera che Adenauer tratti a Mosca la questione dl:lll'unificazione, che difficilmente potrà dare risultati concreti, ben il 44 per cento vuole che tratti almeno con successo la questione dei prigionieri. Il suo pre. tigio sarebbe perciò assai scosso se, non risolvendo la quèstione dell'unità, non ottenesse nulla di concreto nem– meno sulla questione dei prigionieri. Il partito socialdemo9ratico tedesco, per parte sua, non intende associarsi alla politica estera di Adenauer ed è difficile che Mosca non tenga conto delle sue opinioni, trat– tando col Cancelliere in carica, in quanto i socialdemocratici insistono ancora affinché la Germania non sia inclusa in nessuno dei due blocchi militari. Sembra quindi difficile che Adenauer concluda a Mosca. un altro trattato di Rapallo, rovesciando le attuali alleanze di Bonn, o che accetti un piano di neutralizzazione, che potrebbe condurre ad una rapida unificazione del suo paese; come sembra difficile che un problema europeo, come quello tedesco, possa essere risolto in conversazioni bilaterali. I ministri degli esteri dovranno perciò occuparsene di nuo~? a Ginevra ed è auspicabile che questa volta i « grandi ,· non sfuggano alle loro responsabilità e che si presentino a Ginévra con l'intenzione e con la preparazione occorrenti ad affrontarlo seriamente. I PAOLO VITTORELLI

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