Nuova Repubblica - anno III - n. 22 - 7 agosto 1955

nuova repubblica 7 LU CI DELLA RIBALTA LE AlllICHE DEL COMMENDATORE - A me ha promesso un satellite (Dis. di Dino Boschi) LA SCELTA DICATTANEO di FRANCESCO RIZZOLI ·LA RECE JT E PUBBLICAZIONE dell'Epistolario. del Cattaneo, di cui sono usciti i primi dei quattro vo– lumi (Carlo Cattanoo, Epistolario, a cura.di R. Cad– deo. Firenze, Barbera, Hl54) ripropone alla éritica italiana il problema della {unzione, del peso che il Cattaneo eser– citò, nell'arco centrale del nostro Risorgimento, sulla strut– tura culturale della nuova Italia. Uomo alieno da prebende ed onori, piuttosto chiuso nel perimetro della propria funzione di intellettuale e non di uomo d'azione (< La politica fu sempre paite affatto se– •Condaria dei miei pensieri, essendomi io sempre impegnato di se1·vire quietamente il mio paese ... " • Ep. II, lett. a P. Pieri del 22 dic. '5G), spinto dalle circostanze, si trova implicato nel grnnclo moto nazionale, che si svolse ben diversamente dalle sue intenzioni, repubblicane e federa– liste, ma sul quale la sua influenza fu certo sensibile. La più recente storiografia di sinistra, volta a rivalu– tare la funzione dirigente dell'idealismo della scuola napo• letana nel processo di sviluppo ideologico-culturale che dal Risorgimento scende a Labriola, ha finora lasciato al– quanto nell'omb1·a i risultati del pensiero democratico set– tentrionale, gravato dal sospetto di astrattezza metafisica ·e di meccanicità positivistica. In realtà l'interpretazione d'una filiazione Vico-Roma– gnosi-Cattaneo-Arcligò ha ostacolato la comprensione del pensiero del Cattaneo, investito più dalla condanna subita dal positivismo arcligoiano, che dagli entusiasmi di un suo presunto idealismo. Ce,to l'operoso e dinamico progresso industriale della borghesia milanese non poteva non suggerire una visione più realistica e scientifica, un bisogno di concretezza e di positività al pensatore lombardo; ma non è trascurabile 1a constatazione che proprio nel Nord si matura il noc: ciolo dell'unica sinistra democratica, coerentemente impe– gnata nella lotta politica> apparsa nel parlamento ita– liano prefascista. Ali'« indifferenza> etica ·e politica così odiata dal Gramsci, allo scetticismo e all'indipendenza disinteressata della cfoltùra· tanto combattuti dal Gobetti, alla consolatio philosopÌ,iab si oppone l'impegno diretto, la viva parteci– paziÒne inlellettuà1e ai problemi della lotta civile, la po– lemica aspra ·e• tagliente che colpisce l'astratta teoresi, l'ipocrisia moralistica dei conformismi d'ogni colore. In verità il h1oderatismo conservatore ha lasciato-pro– fonde e domipanti, tracce nel pensiero e nella vita italiana: in esso il verbo « essere » ha rappresentato, sulle orme della• vecchia, metafisica, la categoria logica di base e il principio d,ella ste 0 ssa. vita pratica; di fronte ad esso la opzione del Cattàneo _per il.verbo «avere» (Ep. I, pag. 400), assume il significato d'una scelta ideologica che nell'attuale fase della vita politica e culturale italiana non ha del tutto perso il suo valore. · A una · culturà che ama contemplai-si per conoscere la propria essenza, il Cattaneo sente l'esigenza di contl:ap– porre una cultura la quale osservi,le oose, attrav~rso quei contenuti che l'esperienza di quelle le fornisce, la quale studi ciò che si « ha>, ciò che si pos~ede. Una cultura, una filosofia, insomma, che presupponga la va.1·ietà e l'esperienza, e ·non una filosofia che sul pre- supposto dell'essere pretenda far uscire dall'essere stesso la molteplice realtà, i contenuti dell'esperienza. La storia non è narcisismo, eterno ritorno in sè, eterna autoconsapevolezza, non è né teologia né teofania, ma svi– luppo e progresso concreti ve1-so fini, valori e ideali sempre maggiori, è erenne riconquista di una « fraternità ed uguaglianza, tle'll'ordine morale>, che l'usurpazione e la· tirannide storica hanno lacerato e distrutto. E l'artefice moderno di questo progresso è la volontà dei popoli. Cattaneo crede nel popolo, nei suoi dfritti, nelle sue responsabilità, nelle sue capacità di pedezionarsi. Da qui l'attualissimo concetto d'una cultura della classe intellettuale che, calata nel popolo, si fa politica, cioè coscienza dei fini dell'azione, e insieme faticosa con– quista dei grandi ideali umani: la libertà e la verità. In questa visione .d'un popolo autonomo da pregiu– dizi metafisici e religiosi, e libero da ogni. vincolo cli mino– ranze esterne ed interne, in questa concezione di unità etnico-politica, sta il centro del pensiero politico del Cat– taneo, la sua rivoluzione democratica. Contro il paternalismo burocratico della vecchia classe dirigente, contro le nostalgie conservatrici e i timori sov– versivi, contro il provincialismo d'una cultura fiacca e molle, sta la necessità d'un rinnovamento dalla base, dal basso, che una nuova cultura moderna deve alimentare, ma in cui essa « prima > deve credere : una cui tura che sia cosciente che le proprie condizioni di sviluppo sono sem– plicemente le proprie capacità d'entrare in contatto con le altre culture, di assimilarle, cli integrarle, una cultura che sia capace di interpretare il rapporto fra sè e il po– polo in modo nuovo; non più illuminista, come eterna of– fel"ta ciel «vero:, dall'alto in basso, ma scientifico-demo• cratica come inserimento del «vero» scientifico in un in– dispensabile terreno che, fecondato, diverrà poi fecondante. Ma ogni popolo non sarà solo nella propria autoaf– fermazione; la stol"Ìa di un popolo è sto da dei rapporti con gli alt1·i popoli: tutta l'umanità si muove verso forme d'integrazione maggiori. Allo statalismo spiritualistico, radice d'ogni nùlitari– smo, al moderatismo individualistico e nazionalista egli oppone la fede illurninfatica d'una integrazione politico– economico-culturale fra gli. stati d'Europa, non solo in fun– zione di alternativa politica al sistema delle alleanze di– plomatiche, per loro natura conservatrici (la Santa Al– leanza), ma condizione d'un progresso civile generale a garanzia cli autentica libertà. Integrazione di popoli e non di stati, che solo la democrazia, e non il liberalismo e il clericalismo è capace cli realizzare e mantenere. Vi è nel Cattaneo l'esigenza cli rinnovamento civile e morale attraverso l'assunzione d'un laicismo netto e senza compromessi, che si configura come rinvigorimento della virtù gnoseologica e pratica della ragione umana. E questo umanismo positivo,. che 1·ifiuta ogni sugge– stione cli soggettivismo spiritualistico e di idealismo tra– scendentale, che è legato al fatto e all'esperienza, ma in– sieme è creatore di valori universali, questo umanesimo è una voce che una sinisti-a democratica e progressista non deve trascurare. Rimane indicazione di una coerenza in– terna e cli un amore alla ricerca concreta, cui l'uomo, quello « vero" non può rinunciàre. UMANITÀ DIMENEGH A VEDERLO COSI', altissimo e robusto, il bel viso se– vero allungato dalla barbetta ormai brizzolata, e a sapere per giunta che egli è uno scienziato di chiara fama, ex-rettore magnifico dell'Università di Padova, ti– tolare della cattedra cli farmacologia, è difficile indovinare in Egidio Meneghetti il poeta: un poeta delicato e umanis– simo, a volte amaro, a volte triste e angosciato, anche se il ve.rnacolo veronese al quale si affida stempera un poco l'amarezza e l'angoscia e a volte la muta in ironia, o in -nalinconia serena. Pochi amici sapevano che di Meneghetti erano le rare .opie stampate di versi, pubblicati in albi fuori commer- 3io, cbe andavano sotto il nome di Antenore Foresta: A mila a mila, Nelle ba.s.,e veronese, La Partigiana nuda. E fu Il Ponte a rivelare qualche tempo fa che proprio qi:e– st'ultima, una disperata rievocazione dei tormenti cui fu sottoposta un'operaia partigiana dalla banda Carità, era ~ma canta di Meneghetti. C'è voluta dunque la < p1·epotenza:, di un editore ,unico, il ~eri Pozza, a decidere Egidio a uscire dall'ano– nimo, ad assumere la paternità dei suoi Yersi, raccoglien– doli in un bel volume dal titolo significativo: Cante in piazza (Venezia, Neri Pozza, 1955). Cante in piazza, can– z01ù sulla piazza, per tutti, così come sono, senza prntese. Ma non dovete creder•e al titolo. Questa è poesia di quella buona, per vena e per fattura; e in essa è una umanità profonda, la solidarietà del poeta con gli umi.liati e gli offesi, la sua partecipazione al dolore del moudo. A sera, su uno ·stradone polveroso della « Bassa», un ometto anziano arranca St) una bicicletta armgginita. Due giovani passano e beffardi gli gridano: « Corà.jo, Bartali >, e si allontanano cantando Band·ie1·a rossa. Eh, sì, pensa l'ometto; anche voi sperate nella terra ai contadini. E ricorda che dopo l'altra gu(}rra l'han promessa anche a lui, la terra, quando è tornato dal Carso coi polmoni marci. E ·poi gli han dato legnate perché cantava Bandiera rossa; e la figlia, stanca d'aspettare la terra e di far miseria, è scappata in città a < far la vita >. Così ora non resta a lui che una povera « speranza da rufiàn >, di acquistarsi un boccon di terra coi soldi guadagnati dalla figlia. Meneghetti, che era presidente del CLN veneto du– rante la Resistenza, fu arrestato nel gennaio del 1945 e de– portato a Bolzano, nel famigerato campo cli concentramen– to. Rinchiuso in cella, fu testimone di un orrendo crimine consumato nella cella vicina da due traditori ucraini al servizio dei tedeschi. Una piccola ebrea cli· forse· diciotto anni fu violentata dai due bruti. Da quela note 110 l'à più parlà, da quela note no l'à più magnà. L'è là, cuciada in tera, tnuta, chieta, nel scuro dela cela che la speta de morir. Ebreèta, cos'è/o che te speli, e ci vèdeli mai quei oci grandi! /orsi to mama! /orsi to moroso? opura i buteleti che mai te g'avaréf Po' te Ghini la /acia verso tera semp,·e più sempre più. Si lascia mo.rir di fame: ci voleva la fame per darle ancora un po' di felicità: quella dei sogni. Si può scegliere a caso. Ed ecco Verona, la Verona della sua giovinezza, che esce dal verso di Meneghetti: bella, armoniosa, un po' misteriosa nelle sue piazze nasco– ste e ancora vergini dalla furia del cemento armato; e ridanciana e gaudente, gene~osa e ospitale, vino buono e belle donne, l'arena romana e il Giardino Giusti, le Arche scaligere e piazza Bra; e il suo popolo semplice e schietto e vivo, mai piegato dalla sventura o dalla miseria, perché c'è sempre un gòto de vin bon che fa dimenticare. Un po– polo che non tollera però le prepotenze: e in attesa del momento buono ride, sfotte, fa schiantare di rabbia i gal– lonati, ·furibondi cli non essere presi sul serio. E' questa e popolarità» che fa amare la poesia di Me– neghetti; _questo suo confondei-si con gli umili; questo li– brarsi del suo canto a esaltare, triste o lieto, l'eterna vi– cenda dell'uomo che vorrebbe vivere meglio ma non può perché la prepotenza dcturba la bellezza della vita. PIERO CALEFFI

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