Nuova Repubblica - anno III - n. 15 - 19 giugno 1955

nuova repubblica 3 ALTO ADIGE INQUIETO -DUE N i\ZION ALISMI Bisogna impedire che sulla questione del!' irredentismo austriaco gli italiani si Jascino deviare in posi– zioni che sono in antitesi col 1..,uonsenso, con le ·regole della democrazia e con gli interessi del paese. L'esistenza di minoranze di diversa nazionalità ai confini di .uno stato è una realtà· difficilmente elimi– nabile, che non legittima però diritti d'imperio e di supremazia e nemmeno diversità di trattamento di OLIVIERO ZUCCARINI Q UELLO STESSO SPIRITO del nazionalismo che ha servito in Italia - prima del fascismo, col fascismo e dopo il fascismo - a comp!·omettere irrimediabil– mente le sorti di parecchie mig\jaia cli italiani viventi nel– l'Istria e nelle coste dell'altra parte dell'Adriatico, sta ora stupidamente operando in modo da compromettere la sorte cli altre migliaia di italiani. L'espel'Ìenza cli circa un trentennio è come non avesse servito a nulla. Non per gli irresponsabili che continuano a soffiare sul fuoco delle passioni nazionali e a reclamare atti cli forzi! e di autorità che si sono sempre disastrosamente risolti. Non per gli nomini di governo che li hanno lasciati e li lasciano fare e li hani:io persino adoperati, piuttosto d'indirizzare l'a– zione verso quella politica delle nazionalità della quale il conto Sforza intuì i vantaggi e le possibilità ma che, pur– troppo, non seppe poi spingere avanti sul terreno della concretezza nè fare con sufficiente energia allorchè, per ciò che si riferiva a popolazioni di lingua di tradizioni e di sentimenti italiani, era necessario e avrebbe valso assai meglio di promesse solenni non mantenute, anzi altret– tanto solennemente smentite dai fa.tti. L'Italia non ha nessun interesse a lasciare che nelle sue zone di confine a popolazione mista si aggravino e si inacerbiscano le rivalità e gli appetiti nazionali; deve piut– tosto impedirlo con una politica che faciliti i reciproci rnpporti in condizioni di parità. L'interesse è reciproco. Nè vi è una politica da fare in una zona che non 9ebba essere poi scrupolosamente seguita nell'altra. Le situazioni non sono differenti anche se si sono determinate in altro modo e si riferiscono a popolazioni diverse di lingua e di sentimenti. Qiò che può essere legittimo e buono per una, non può non esserlo pure per l'altra. E gli errori che si commettono da una parte, si ripercuotono inevitabilmente nell'altra con le medesime conseguenze, alle volte peggiori. Bisognava al nostro ministero degli esteri essere cie– chi per non capire che la richiesta di un plebiscito per la cosiddetta zona libera di Trieste, avrebbe provocato ugua– le richiesta da parte• dei capi politici di lingua tedesca del\' Alto Adige e riaperto così una questione che aveva già trovato una strada verso un pacifico assestamento. E infatti non se ne fece nulla. N aturalroente, invece, le con– seguenze immediate a Trieste furono i gravi incidenti pro– vocati da elementi loca Ti fascisti e nazionalisti; con un peggioramento quindi nella situazione locale. E del tutto diversa fu la soluzione data alla questione. Non fu merito della politica italiana esservi arrivati. E non si tratta dav– vero di una buona soluzione. Però, mentre essa impone nnovi rapporti di pacifica convivenza e di vicinanza tra italiani e slavi entro e fuori i nuovi a.rbitrari e insicuri confini, restano i gmppi fascisti e nazionalisti, allora stu– pidamente favoriti e incoraggiati, sempre attivi per rendere quei rapporti difficili se non pure impossibili. Si è intanto dato il via ad un'altra preoccupante qnestione: quella dell'irredentismo tedesco nell'Alto Adige. Giustificata? Le aspirazioni alla unità nazionale di un po– polo sono sempre giustificate da profondi moti vi, che non sono solamente sentimentali. Nè si deve credere che i mo– tivi· economici e sociali possano acquistare forza suffi– ciente per superarli o annullarli. Finora almeno, per quan– to grandi siano state le trasformazioni sociali in alcune parti del mondo, non se ne è avuto l'esempio. Polacchi, ungheresi, rumeni, bulgari, jugoslavi continuano a man– tenersi tenacemente attaccati alle loro formazioni nazio– nali. Il solo motivo che si sia mostrato capace di superare i motivi nazionali, rispettando le particofarità e armoniz– zandole; permettendo a popolazioni di lingua e di costumi differenti di convivere insieme senza urtarsi, cli sentirsi anzi fortemente unite nella stessa organizzazione politica, è quello della libertà. Lo si è visto in Svizzera. Lo si può vedere o,71nque la organizzazione politica di un paese è abbastanza 1·ispettosa dei diritti dell'individuo e delle mi– noranze linguistiche o razziali. Quanto più tra due stati confinanti gli ordinamenti politici si assqmigliano e sono rispettosi di tali diritti, tanto meno si avverte e si fa sen– tfre tm le popolazioni di confine la spinta dell'inedentismo. Le sistemazioni territoriali volute dopo la prima guerra mondiale furono in alcuni casi arbitrarie. Quelle alle quali si è dato luogo dopo la seconda lo sono ancora di più. Se gli irredentismi dovessero riprendere vigore, sotto la spinta degli appetiti e delle concezioni nazionali– ste lasciateci in eredità dal nazi-fascismo, l'Europa divam– perebbe in un nuovo incendio ben altrimenti distruttore di quello che' è tuttavia 1·estato dopo due conflitti mondiali. I>urtroppo sono quelli che, per la mentalità e le concezioni cli vita formatesi nell'ultimo trentennio, fanno più facile presa. E 1·ise1·bano perciò i maggiori pericoli per J'.avv'l– nfro. S E C'E' ÙN POPOLO al quale oggi, per i suoi ordina– menti democratici e per i duri sacrifici dignitosamente sopportati in questi decenni, dovrel)bero andare le simpatie degli italiani, esso è il popolo austriaco. ·La riconquista che l'Austria ha fatto in questi giorni della sua libe1·tà e della propria autonomia non può non essere salutata da noi con sincero '-' vivo compiacimento. L'autonomia del– l'Austria, gara.ntifa clalla sua neutralità tra i due blocchi, è un interesse anche italiano. Come è nell'interesse del– l'Italia st,i.P,iJ.i.recon lei stretti rapporti amichevoli che po– trebbero trdvarsi grandemente facilitati dagli Ol'dinamenti democratici delle due repubbliche. La esistenza ai confini di una popolazione di lingua tedesca, la cui storia- e i cui sentimenti sono strettamente legati a quelli di una parte dell'Austria, potrebbe agevolare tale avvicinamento anzi– chè costituire un ostacolo. La diplomazia ha imposto, per criteri esclusivamente suoi, q~1ei confini tra l'Italfa e l'Au– stria, facendo subire a popolazioni tedesche la stessa in– giustizia che per lunghi decenni avevano dovuto subire lo popolazioni italiane della stessa zona. Ma la politica del– l'Italia nuova, che non può non essere democratica, deve, come sua prima se non esclusiva preoccupazione, cercare di ridurre di tanto gli effetti così da rendere la esistenza di quei confini quasi inavvertibile. L'unità europea non si raggiungerà che abolendo gli impedimenti creati artificio– samente dalle barriere esistenti tra uno stato e l'altro o assimilando tra loro i regimi politici: e il primo passo che l'Italia può fare in tal senso è appunto coll'Austria. Il maggiore orrore che il nostro governo potesse com– mettere nel momento in cui l'Austria riconquistava la li– bertà e la sua indipendenza era quello di mostrarsene in– differente e persino sospettoso. Chi ha mai così mal con– sigliato l'on. Martino, proprio lui unico tra tutti i ministri alleati, a esprimere apprensioni e riserve su quanto avve– niva? L'effetto è stato semplicemente negativo; per· l'Ita– lia, s'intende. Ha offerto, infatti, il pretesto perchè tutta la stampa austriaca si occupasse poco benevolmente del nostro paese ed ha servito a dare nuovo impulso alla po– lemica sulla questione dell'Alto Adige e campo ad inizia– tive e a polemiche· che proprio, e in questa occasione, do– vevano essere evitate. Che la COJ\ferenza tenuta a Vienna ).3er definire la questione austriaca abbia poi dato occasione al partito alto-atesino cli lingua tedesca per far presenti al governo austriaco le proprie rivendicazioni e le proprie lamentele non deve far.meraviglia e non può essere motivo di risen– timento. E' naturale o perfettamente legittimo. Vi· è in– tanto un fatto che ha una grande imp0l't9.nza pure per noi: che la definizione della posizione dell' Ausb-ia ba posto - fine ad una delle spinte maggiormente perturbatrici e pe– ricolose della situazione locale; la spinta pangermanista proveniente da Berlino e da Bonn, non certo da Vienna. E' vero, purtroppo, che i principali agitatori della animo– sità antita.Jiana sono cli provenienza e di ispirazione nazi– sta. Come però è anche vero che a mantenere sempre vivo il contrasto e a faro tutto il possibile per inasprire i rap– porti con la popolazione tedesca sono gli esponenti del MSI e del vecchio nazionalismo. Non si potrà a tale pro– posito deplorare abbastanza il conèorso che certa stampa nostra, cosiddetta indipendente e che tanto contribuisce a formare certa opinione pubblica, si è affrettata a dare, con inusitata ampiezza, alle loro iniziative e alla loro po– lemica. E poichè si tratta di stampa d'ispirazione gover- nativa, non è cliffìcile pensa.re clie, pe1· lo meno, sia stata incoraggiata a farlo. Ebbene, bisogna impedire che su questa questione - che non è affatto secondaria - gl'italiani sj lascino ispirare e deviare in posizioni che sono in antitesi con il buon senso, coi~ le regole della democrazia o con gl'inte- 1·ossi reali del paese. L'esistenza cli minoranze di diversa nazionalità ai confini cli uno stato è una fatale realtà determinata dall'alto, non facilmente eliminabile, che non legittima però e non giustifica diritti d'imperio e cli su– premazia e nemmeno diversità cli trattamento. L'accordo De Gaspe:ri-Grnber volle significare questo. E se - come è certo - non ha avuto i risultati che era· logico atten– dersene, non c'è che migliora1·lo e perfezionarlo. Da parto tedesca si lamenta che non sia stato osservato. Si può però dire ~la parte italiana che lo sia stato abbastanza? Io non credo che i tedeschi abbiano tutti i torti nol la– mentarsi, specie quando penso al modo come i poteri politici vengono esercitati dagli organi del governo e dai suoi funzionari in tutto il resto d'Italia e che lassù non devono essere molto diversi. Mi è accaduto cli sentire d'ini– ziative da parte tedesca per ciò che si riferisce a,lla scuola, giustamente criticate e riprovate da professori li– berali e democratici, che però, disgl'8ziatamente, hanno trovato esatta conispondenza nelle iniziati,·e del partito dominante nella zona italiana della regione. 111a ci si è doma.nclati cosa avviene, nei riguardi dei tedeschi, in tutti gli altri campi? Venti anni cli fascismo hanno disgrazia– tamente creato situazioni e sta.ti di fatto locali estrema– mente complicati e difficili.· Cosa si è .fatto e si fa por supe1·arli? Per far dimenticare gli onori e cancelJaro le colpe? E perchè non dovrebbero gl'italiani, nei confronti elci tedeschi compresi entro i confini del loro sta.lo e delle loro richieste come delle loro lamentele, mettersi nella posi– zione in cui si sono trovati e si troverebbero ora al loro posto? Indubbiamente c'è ancora lassi, in funzione un ntt– zionalismo es;spora,to. 111a non è una ragione per con– trappo1·gliene un altro altrettanto intransigente. 11 com– pito dei partiti clemocrntici, ad ogni modo, è nn altro, e non credo che sia stato finora assolto sufficientemente e bene. Si tratta di rivederlo e di agire di conseguenza. IL FEUDO DELLEMUTUE L A LEGGE 22-Xl-l!l54 n. 1136 rende obbligatoria in Italja l'assicurazione di malattia per i coltivatori di– retti. Le prestazioni comprendono: assistenza medica generica, assistenza ospedaliera, assistenza medica specia– listica, assistenza ostetrica. E' lasciata facoltà alle singole Casse Mutue comunali di estende1·e ai coltivatori diretti e loro familiari anche l'assistenza farmaceutica ed integra– tiva. A parte il fatto che dalle assistenze obbligatorio i, esclusa l'assistenza farmaceutica, che è pe1· l'assicurato una dello più importanti dal punto di vista economico, i principali elementi che cal'atterizzano questa legge, in con– fronto a quelle che regolano gli enti similari, sono la eleg– gibilità degli organi deliberanti e l'intervento economico dello Stato.· Se questi due principi sono completamente nuovi nel– la legisla.zione italiana dell'assicurazione obbligatoria di malattia, la stessa cosa non si può dire in quella dell'assi– curazione volontaria; infatti fin dallo sco1·so secolo i soci delle Società di Mutuo Soccorso eleggevano i propri 01·gani direttivi ed avevano ottenuto dallo Stato molti e rilevanti benefici come contributi pro capite, franchigie postali, esen– zioni fiscali, ecc. Purtroppo qufl:nclo la mutualità da volon– taria si trasfo1·mò in obbligato1·ia lo Stato limitò, fino a farli scomparil'e quasi del tutto, i suoi interventi. Oggi, per esempio, il massimo ente italiano per l'assistenza di ma– lattia, l'INAM, non gode cli alcnn contl'ibuto da parte dello Stato e nessuna franchigia postale; basti pensare- che è soggetto, come qualsiasi privato, alla imposta generalo sulle entrate per i pagamenti di medicinali, rette ospeda– liere, onorari a certe categorie sanitarie, ecc. Nelle Casse Mutue dei coltivatori diretti le elezioni vengono effettuate col sistema maggioritario; l'assemblea comunale degli assicmati titolari di azienda elegge il con– siglio direttivo comunale, i presidenti di questi consigli a loro volta eleggono il consiglio direttivo provinciale, i pre– sidenti di quesfultimi infine eleggono il consiglio centrale. Il presidente nazionale però è di nomina governativa. La partecipazione dello Stato sancita dalla legge con-

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