Nuova Repubblica - anno III - n. 12 - 29 maggio 1955

nuova repubblica 3 lJ N I V E R S I T A' E CLASSE DIRIGE N. TE L'indirizzo attuale delle nostre facoltà tecniche tende a buoni a tutti gli .usi e in realtà, nella media, inferiori a delle forze intellettuali induce a un sempre maggiore coltà, ad un minore impegno dei docenti., ad un senso congedare indiv.idui programmaticamente qualsiasi compilo specifico. La dispersione disorientamento nel seno stesso delle fa• di insicurezza e di fatalismo negli allicYi di E SCE ME~SJU,IEN'fE a cura del Centro Studi del– l'UNURI una Rassegna di statistiche universitarie, documento assai importante dei problemi che inte– ressano l'istruzione superiore, sia per il criterio d'impo– stazione - ogni numero contiene note di fondo d'intona– zione sociologica, un'inchiesta sulle attrezzature universi– tarie o parallele cli nn paese est~ro, estratti di leggi e re– lazioni parlamentari e una raccolta di vai-i dati stati– stici - sia per la cfiligenza delle informazioni, sia infine per una sensibilità abbastanza aperta al fenomeno econo– mico-sociale. Specie la giustificazione statistica, originale o 1·ipresa da altre fonti, di ogni singolo articolo, può co– stituire nn testo p,-ezioso per chiunqqe abbia a cuore l'istm– zione superiore del nostro paese· in tutti i suoi aspetti, e nei suoi rapporti con gli altri settori sociali e produttivi. Mi riservo di dame notizia e trarne qualche conside– razione genernle, qnando sarà a disposizione una scorta di dati più ampia e possibilmente idonea per uno speci– fico obiettivo di ricerca. Invece gli articoli di carattere sociologico mi seml:frano già sufficientemente rivelatori dj un certo abito mentale, cli nn modo di affrontare i pro– blemi con determinati mezzi espressivi e criteri· ideologici, e me1·itano una nota a parte. Significativo per tutti, sotto questo punto cli . vista, l'articolo di Ugo Baduel: « La scuola e l'assorbimento intellettuale nella grande indu– stria». Un simile argomento, che tocca una piaga di sco– perta evidenza nel nostro assetto sociale, va invero af– frontato con tutte le carte in regola, cioè non solo con la conoscenza degli elementi statistici e cli tutti i fattori so– ciali in gioco, ma anche con il dovuto impegno ideolo– gico, Di ciò è bene avve1·tito l'autore, che pone subito al– l'inizio una definizione cli modello sociale verso cui « mo– bilitarsi», che è quello cli una «nazione» avente la capa– cità di « sviluppo », ossia Ja capacità cli « crescere omoge– neamen~e, seguendo i giusti tempi e il corso naturale ». Per raggiungere questo scopo si indica il « metodo comu– nitario» Ma tale pronunciamento è risoluto solo in appa- 1·enza. Che cosa si voglia veramente dire con «sviluppo» e « metodo comunitario » non è troppo chiaro nel resto dell'articolo. V'è ce,·to una precisa intenzione di concre– tezza nell'analisi elci rapporti di scambio fra il laureato e l' industria.le. Ad esempio, concepita giustamente la figura statistica clell"intellettuale come persona fornita di « responsabilità dirigente », risulta intanto che solo il 39,19% di queste fo,·ze è rappresentato eia urutà provviste di istruzjone superiore, e che solamente il 49,87% degli appartenenti alla categoria degli universitarii risulta occu– pato in lavori intellettuali, mentre il restante 50,13%, pari a 204 mila uniti,, non trovano modo di utilizzare la pre– parazione culturale cni hanno .dedicato 17 anni di studio. D'altra parte, rispetto a tutte le forze del lavoro, la per– centuale dei disoccnpati è solo dello 0,88% per gli uni– versitarii, del 2,95% pe,· quelli provvisti di istrnzione secon– daria e del 3,1G% per 00!01·0 che hanno interrotto alle scuole elementari. Ciò è l'ovvia conferma che se una qua– lunque laurea dà molto maggiori possibilità di trovare una qualunque occupazione, questa è solo in misura sor– prendentemente modesta adeguata al titolo. Al contrario, manca lo stesso rigore nell'approfondimento delle cause di tale situazione e dei modi per risolverla. Non riesce infatti altrettanto persuasiva l'inchiesta sull'abito psicolo– gico dei dirigenti industriali nel rapporto con candidati «intellettuali», sulle qualità richiestegli come indispen– sabili, sui metodi formali d'assunzione. L'adozione di esami psicotecnici o dei metodi delle « relazioni umane » sem– bra davvero insufficiente per un male così vasto. Manca sopl'attulto nell'articolo un'idea organica delle finalità da raggiungere e quindi,. di 1·iflesso, anche dei mezzi. Dalla concretezza degli accertamenti particolari si va verso una confu a astrattezza di ideali etico-politici, o almeno di prospettive storiche. Nel fatto, che cosa mai si cela in quel concetto di « sviluppo> se non un'impre– cisa volontà riformistica, sorretta senza dubbio da una sincera ansia di rinnovamento, ma. lasciata pur semp,·e all'eqq.ivoco di formule come: « giusti tempi», « corso naturale»? Sarebbe pur lecito sapere se per tale natu– ralità storica egli intende per caso l'avvento di una società socialista o almeno di alcuni ben definiti istituti socia– listi, anche se con una lenta e cronometrica regolarità di marcia («giusti tempi >) oppure un corso capitalistico indirizzato verso un sempre maggi61·e equilibrio dei pote1·i. Sapere allora, finalmente fuor di metafora, quale modello di sviluppo egli auspichi al nostro paese fra questi possi– bili: a) un'evoluzione della grande industria come nella Germania occident,ile, ad economia mista più o meno accentuata verso il settore privatistico, ma con estesi isti- 1blloteca 1noBianco CARLO TREVISSOI tuti di cogestione e si,:nili forme di socializzazione; b) un trnguardo di « stato assistenziale» di tipo inglese, con larga quota di nazionalizzazioni. O in alt,·a ipotesi; e) un new-cleal sotto l'insegl\a, mutatis mutandis, di un piano Vanoni; d) un lasciare andare le cose per il loro verso (« corso naturale»?}, fidando nella provvidenza. Vi sarebbe allora, qualunque 'possa essern la scelta operata fra Je soluzioni più serie, il conforto di espe– rienze storicamente realizzate per suggerire riforme del pari concrete. Ad esempio, se si vuole una putecipazione effettiva degli operai e degl'impiegati alla gestione azien– dale, è chiaro che il cosiddetto « metodo comunitario» non dovrebbe risolversi, nella futura istrnzione unh•ersitai-ia, soltanto in nna prepa1•azione ad un lavoro di « éqnipes » di intellettuali, comP. propone il Baduel, ma anche al rap– porto continuo e di pari a pal'i con gli operai o i loro dele– gati nella. fabbrica, alla collaborazione con essi nel risol– vere tutti i comuni problemi sociali, politici, psicologici, oltre che di specifica tecnica. O se si vuole un'estesa nazio– nalizzazione della grande industria, si dovrebbe .famiglia– rizzare fin dalla scuola il futuro funzionario con un mestiere più anonimo e in un certo senzo più disinteressato. J n ogni caso, solo dopo aver chiaramente indicata la via da intrapi-endere nella ·trasfotmazione dell'intera struttura sociale, e il relativo orclinam_ento giuridico, si potrà studiare il modo per inserir-vì quei provvedimenti nell'ordine scola– stico, primo tra i quali, ad esempio, il « numerus clausus », che rappresenta a mio pai-ere il più energico toccasana per perequare l'as.·orbimento dei candidati intellettuali al ritmo dell'athvità pt'ocluttiva. N ON SI VEDE COME si possa pervenir-e a un tale risultato senza un preciso, anche se non massic– cio, intervel)l;o- dello stato, che si spieghi, da un lato, nello stimolare l'espansione industriale e nel coo1·clinarla secondo crite,·ii di p1·iorità; così che dall'altro lato si possa fare, oltre al preventivo numerico delle unità di laureati e diplomati assorbibili, pure una ripartizione qualitativa delle futme utilizzazioni. Intervento istituzionale ciel resto tanto più necessario se si de,·e cominciare a vincere le resistenze cli molti dirigenti che vedono con favore lo stato attuale di concorrenza dei prestatori d'opera intel– lettuale, se non a.ltro perchè li costringono· intanto allo stipendio minimo di c11tegoria, nonchè di altre eminenti persone che in omaggio al principio liberale di i.ndiscri– minato accesso alle nniversiti,, vogliono dare in definitiva al lameato la liberti, di fare lo stagnino di einsteniana me– moria. Cosi stando le cose, è comunque 6no troppo evi– dente che• una tale dispersione cli forze intellettuali non è soltanto in assoluto una «stolidità» etica ed estetica, come affel'l11a Badnel, e porta a diminuire grandemente· il prestigio del titolo universitario, ma induce ad un sempre maggiore disorientamento nel seno stesso delle facoltà, ad un minore impegno dei docenti, ad un confuso rime– scolamento degli indirizzi, ad un senso di insicurezza e di fatalismo nei discenti; inoltre, comprimendo lp sbocco naturale dei diplomati d'istituti tecnici industriali nei posti occupati per disperazione dai lameati, può nuocere al fun– zionameu to di queste stesse scuole. Tutto ciò si è detto per starn alla logica del discorso del nostro studioso delt'UNURI, e valga, se non altro, come pt·oposta di uno schema ideale di studio, libero da mitologie comunitarie e sviluppistiche. Ma una cosa è stu– diare il problema in tutta la sua complessità sociale e giudclica, a.ltro è vedere se nel sistema esistente sia pur possibile escogitare qualche concreto rimedio per il solo settore dell'istruzione universitaria. E qui occorre elimi- · nare subito m1 equivoco: è troppo facile, e un po' dema– gogico, accusare gl'industriali di vecchio spirito assoluti– stico, di palesi conb·addizioni in ciò ch'essi vogliono in . effetti dai giovani lameati. Vi sono esigenze connaturate al funzionamento delle aziende, oggi e nel prossimo futuro, comunque possano mutare le strutture e il clima psfoolo– gico, le quali 1·endono inevitabilmente difficile il primo contatto dell'intellettuale con il dirigente: l'imperativo della massima produttività al minimo costo e con sempre miglio,·i caratteristiche di qualità del manufatto, sia bene o male, vige da noi come in America, in Jugoslavia come in Russia. Sta agli universitarii di fare ogni sforzo per conoscere questo mondo; il quale accentuerà sempre più, se mai, il suo carnttere di Leviatano governato da imper– sonali· leggi di produzione e di circolazione di beni. E non credano i neo-laureati di sentire domani parole divei·se da un eventuale p1·esiclente di consiglio di gestione o da un ,· funzionario di ente nazionalizzato: si chiederà ancora e sovrattutto competenza. tecnica, capacità organizzative, conoscenza dei problemi del mercato e della distribuzione. V EDIAMO DUNQUE quali siano le deficienze del nostro attuale sistema universitario almeno di fronte al futuro scontro psicologico e tec~ico del laureato. E' facile riconoscere che con l'indil"izzo attuale delle nostl'e facoltà tecniche si tende a congedare individui p1·ogrammatica– mente buoni a tutti gli usi e in realtà, nella media, infe– riori a qualsiasi compito specifico. Perchè non accellerare i tempi cli una 1·i[orma pul'e annunciata qualche anno fa, consistente nel limitare gli stuclii (quattro anni di cui uno propedeutico) al conseguimento di un diploma con attributi specializzati; 1·iservare a chi ha attitudini scien– ti6che altri due anni di perfezionamento e il vero titolo di dottore (ciò che del resto è attuato da tempo in molti altri paesi) ; e selezionare fra i diplomati i futuri diri– genti, obbligandoli pur essi ad un successivo perfeziona– mento ad hoc nelle università e nei cantieri? Son cose troppo ovvie perchè valga la pena d'insistervi qui. Vorrei soltanto jndicarle ai giovani dell'UNURI, che le appro• fondissero, come primi interessati. Aggiungo di mio sol– tanto questo: chi scrive ba esperienza d'insegnamento sia nell'università che nelle scuole industriali; nelle prime trova ogni giomi cli più allievi incerti e irresponsabili (e, strano a dii-si, generalmente incapaci di stendere una rela– zione o una tesi in corretto italiano: il che fa presumere che di una non piccola parte dei guai son responsabili le scnole secondal'ie) e, di riscontro, una capricciosa giostra d'indirizzi e di ol'dinamenti, val'iabili col colore del miru– stro in carica, con le predilezioni scientifiche di questo o di quell'insegnante, ma raramente impostati con una moderna visione delle futUl"e esigenze professionali. Negli istituti industriali ha trovato almeno un maggiore coordi– namento nei programmj, più adeguate attrezzature tecnfohe e una pi(, serena coscienza dei propl'ii compiti (ed anche, cli,·ei, più sensibili aperture politiche}. Non sarebbe male perciò che dall'università si guardasse con meno sufficienza a queste scuole e magal'i se ne imitasse qualcosa. Quanto poi a ciò che gli a.rticoli di fondo della Ras– segna statistica possano rivelarè sulle tendenze culturali dei giovani e, in particolare, su certi n1odi espressivi, vor• rei fare un'ultima osservazione. Me ne darebbe occasione un altro articolo. « Un indice della condizione sociale del paese>, ecc. ciel recente nuniero cli Aprile, la cui lettura è stata per me veramente difficile, se non il'ritante, talmente tortuosa e accigliata è Ja sintassi e compiaciuto l'uso di termini di moda specialmente' in alcuni teorici marxisti (senza dubbio cattivi marxisti), quali « agenti esterni della vita di relazione», « problematica o tematica cultu– rale» ed altri del genere. Non che simili espressioni siano cli per sè incomprensibili ma certo sostituibili, con van– taggio dell'intelligenza di tutto il discorso; e vien da sospettare che codesto linguaggio infoltisca artificiosamente una trama di idee provvisorie e vaghe; è comonqne un'altra forma della già lamentata tendenza all'astrattezza, che mal s'accorda con i pur frequenti e consapevoli esercizi di scienza statistica. Per concludere, mi sia concesso insom– ma di raccomanda:re agli. studiosi della « Rasseg_na stati– stica» anzitutto idee chiare. E con l'abitodine ad un tale l'igore cadranno anche le inutili matas·se di « ismi > e di « isticj ». IL PONTE hanno collaborato fra ,:li altd: numero speciale ferruccio parri di aprile-maggio leo valiaui suHa Liberazione riccardo lombardi piero calamandrei . cario levi italo calvi no ' cario cassola albert camus vercors LA NUOVA ITALIA

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