Nuova Repubblica - anno II - n. 3 - 5 febbraio 1954

4 RESPONSABILITÀ D SARAGAT L o stato dell'opinione italiana, nella settimana durante la qua– le l'on. Fanfani cercava dispe ratamente una maggioranza precosti– tuita, è uno degli aspetti più sin– golari di questo dopoguerra. Abbiamo infatti assistito ad uno spettacolo di illusioni e delusioni, che è stato fa– cile attribuire ai funambolismi tattici del Presidente del Consiglio, mentre ave\·ano, a nostro avviso, le loro ra• dici in una fondamentale incompren– sione, pregi e difetti sommati, del– l'esperimento Fanfani. • In breve: la designazione di Fan- fani come uomo della « sinistra » de– mocristiana ha deluso i sinistri di tutti i partiti t tendenze, dilettanti compresi. « Tutto qui? » si sono do– mandati. « Ma per questo bastava Pel– ta e non occorreva mettere in crisi il governo ». Per contro, la destra eco– nomica titubava: di questo piccolo ambizioso e attivissimo ministro, si diceva, c'è poco da fidarsi: non è neppure fedele a se stesso; aspettava– mo che si affacciasse a sinistra, ed ecco che compare a destra: ma è una pseudo-destra, e ve ne accorgerete dal– la pressione fiscale e dall'interventi– smo. Insomma, la destra ricusava di accoglierlo, la sinistra lo respingeva. In realt:ì, tutto ciò non accadeva soltanto perché Fanfani presumeva di dover far passare col suffragio della destra, una politica da lui giudicata di sinistra; bensl perché Fanfani ri– maneva fedele a se stesso, esprime– va quello che può essere il punto più avanzato di una sinistra interclassi– sta e tendenzialmente corporativistica. Chi lo aspettava perciò al traguardo minaccioso del dirigismo, non ve Io ha trovato, perché Fanfani doveva già far ingoiare alla destra economica un grosso rospo, quello della erosione dei privilegi permanenti della evasio– ne fiscale, e l'altro, di un progetto di legge sindacale, dalla quale esulereb– bero i divisamenti di sanzioni nei riguardi dello sciopero politico. Ma chi lo aspettava al traguardo della destra, di un governo cioè che non intervenisse con qualche sforzo ,pro– duttivistico e a lini di occupazione, è stato egualmente deluso, ed ha op– posto un facile ragionamento: infine Fanfani non imprime una propulsio– ne all'economia italiana, perché, gra– zie alla sua diligenza fiscale, egli diminuirà il volume degli investimenti privati, affiinché lo Stato possa spen– dere in investimenti sociali, cioè nel– la produzione di beni di consumo du– revoli, nel senso della « casa per tut– ti ». Di qui, minor produzione di beni strumentali, minor esportazioni, minor ricchezza nazionale.' Questa delusione di destra e di si– nistra, ha un torto solo: di essere una delusione: di non aver compre– so in anticipo che la « sinistra » di modalità fanfaniana non può più es– sere oggi dirigista, perché il dirigismo comporta un contenuto etico dello sta– to. Ora la sinistra cattolica deve an– dare con molta moderazione su questa china pericolosa, perché il Parlamen– to del 7 giugno non ammette più un deciso clericalismo: e il linguaggio di Fanfani è stato anche troppo pater– nalistico. Fanfani è stato dunque rea– lista restringendosi nei limiti che il 7 giugno comanda. Nello stesso tem– po, quando Saragat ha trovato trop– po scarsi gl'interventi statali del go– verno democristiano 19H, paragonan– doli con quelli del '50, ha solo dimen– ticato che Fanfani doveva fare i conti col primo bilancio dello Stato, dal ·48 in poi, che va esente totalmente da aiuti americani. In una parola, le condizioni parlamentari ed economi– che generali, non consentivano a Fan- L'ECO PEliLA STUIPA V/licio di ritatli da tiornali • ·riviste Direttore: Umberto Frugiuele Condirettore: Ignazio Frugiuele Via Giuseppe Compagnoni, 28 MILANO Corrispondenza: C...ella PoSlale 3549 • T clegr. : Ecostampa fani uno statalismo dirigistico più esteso di quello che il suo program– ma esemplificava. Fanfani non faceva dunque che adattare il suo interclassi– smo alla situazione. E lo faceva con la malagrazia che hanno i professori quando mettono mano a quella deli– catissima e sensibilissima cosa che è il governo parlamentare: ma in quei limiti, di situazione e di temperamen– to, egli non era che se stesso. Falso è stato anche quello che si è det– to di lui: che il suo era infine pel– lismo mascherato. Il solo intent<f fan– faniano di lotta macroscopica conl'ro le evasioni fiscali, che ·in un Paese come il nostro è la via maestra della repressione dei privilegi, e l'intento di non esercitare bigottismo in fatto di pareggio, bastavano a qualificare Fanfani come ,un uomo inconfondibi– le con Pella: con la sola riserva che egli non era, né sarebbe diventato oggi, un socialista, o che non era né sarebbe diventato ora, per opportuni– smo, il difensore della destra econo– mica. Interclassista, paternalista, ma con una preparazione moderna di eco– nomia e di informazione sociologica, Fanfani offriva un « modello» di quello che è e non può non essere una democrazia sociale cattolica. La delusione della destra e della sinistra è dipesa dal non conoscere questa nuova flora del dopoguerra europeo : la sinistra sociale cattolica. Quali partiti hanno fatto bene, e quali hanno fatto male a respingere il governo Fanfani? A nostro avviso, hanno agito coe– rentemente, respingendolo, i socialisti, i comunisti, i monarchici. Hanno agi• to contraddittoriamente i socialdemo– cratici. ' Perché i socialisti e i comunisti han– no fatto bene? Perché l'on. Fanfani ha avuto la dabbenaggine di partire lancia in resta contro una sinistra ita– liana che, ai dati del 7 giugno, rap– presenta quasi dieci milioni di italia– ni. Proclamare fuori delle tradizioni italiane, secondo un luogo comune da pulpito, dieci milioni di cittadini, è addirittura ridicolo. Fanfani ha sba– gliato tutto, in questo senso. Non ha capito che la sua politica poteva, sì, essere quella di sottrarre al comuni– smo giustificazioni realissime di pau– perismo e di disoccupazione; ma che il ricominciare a discriminare italiani secondo la tradizione e italiani contro la tradizione, significava non a,·er• ca– pito nulla delle istanze di una demo– crazia moderna. Il secondo partito che ha fatto be– ne a respingere il governo Fanfani, è stato il partito monarchico. Non per le ragioni che esso ha espresso, e cioè che Fanfani si è CQmportato in suo riguardo in modo subdolo e opportu– nistico, che è anche vero; ma perché i monarchici, che rappresentano in Italia l'estrema conservazione, avevano ogni buon motivo di fingere, sotto la difesa dell'iniziativa privata, la resi– stenza dei ceti privilegiati all'aggres– sione fiscale del nuovo Governo. Perché, invece, a nostro avviso, i socialdemocratici avrebbero dovuto, in Parlamento, e fuori del Governo, ap– poggiare il Governo Fanfani? Perché, prima di tutto, come ha dichiarato per iscritto J'on. Vigorelli, essi ne ap– provavano il programma economico– sociale. In secondo luogo, perché es– si avrebbero avuto in mano il Go– verno, lo avrebbero controllato in– ternamente, venendo esso a dipende– re unicamente dai loro voti. In Ita– lia si sarebbe potuto fare un espe– rimento di riduzione alla laicità del debole laborismo fanfaniano, sotto il controllo attivissimo della socialdemo– crazia. Certo, occorreva, per questo scopo, un gruppo parlamentare straor– dinariamente attento, tecnicamente ro– busto e preparato. Che l'on. Saragat faccia dire ades– so da qualche fedele agenzia che è disposto a ripristinare il quadriparti– to, è grottesco: egli sa bene che il quadripartito ha una storia molto chia– ra, quella della preminenza democri– stiana sui consorti di governo; che l'esperienza del « controllo » dall ·in– terno è scontata, mentre quella del controllo dall'esterno è tutta da fare. E sorge inevitabile il sospetto che J'on. Saragat e i suoi amici, delusi I NUOVA REPUBBLICA dal non aver ottenuto gloria da Fanfa– ni, ritornino alla vecchia illusione che questa si conquista solo dal Governo. Ma ancora: è facile che si ri– formi il quadripartito? Meno di quello che può parere. La sconfitta di Fanfani è la sconfitta della sinistra democristiana. I comuni– sti e i socialisti preferiscono un go– verno agnostico di destra liquida, co– me quella Pella-PNM, che il governo di centro sinistra, il malfamato qua– dripartito della legge truffa. D'altra part~ la stessa Democrazia Cristiana ha maggior ragione di sentirsi risen– tita contro Saragat che contro Lauro e Covelli. Questi ultimi, infine. so– no gli aV\'ersari naturali di Fanfani; Saragat è il vecchio compagno di cor– data, che (come ebbe a dichiarare una volta in Congresso di Partito) ha sem– pre temuto di vedere la sinistra de– mocristiana sostituirsi a quella che egli presumeva fosse la funzione del P.S.D.l. (perciò, forse. il suo partito ha sempre appoggiato il degasperismo, fingendo di scoprirlo insidioso solo all'indomani delle elezioni perdute). In qeste condizioni, è possibile che si vada, anziché verso il quadripartito, verso una formula di fanfanismo ad– dolcito in Piccioni, con l'appoggio condizionato del P.N.M. Il nostro commento potrebbe forse suscitare l'impressione che noi deplo– riamo la fine troppo precoce dell 'espe– rimento Fanfani. Ma la nostra posi– zione su di esso risultava gi:ì dalle parole che scrivemmo alla vigilia: ci si provi, dicemmo, questa sinistra cat– tolica: noi siamo qui pronti a spa– rarle addosso, al primo segno del suo strutturale clericalismo. Questo era l'atteggiamento politico da osservare, a nostro avviso. Oppure, bisogna ave– re il coraggio, on. Saragat, cli aprire la strada ad un governo totalmente diverso: prendere l'iniziativa di un governo socialcomunista, inducendovi elementi della sinistra cattolica, e ma– gari missini. Questa è una operazione politica realizzabile. ~ la decisa aper– tura a sinistra. L'on. Saragat non ci avrebbe trovati al suo fianco, perché nessuno che veda oltre il proprio na– so può impedirsi di prevedere che una soluzione del genere sfocerebbe in dittatura comunista pura e sem– plice: ma è una operazione seria. Se si vuole invece che in Italia si rico– stituisca l'avvio ad un equilibrio de– mocratico positivo, non e'è da lasciar qualificare la Democrazia Cristiana, e obbligarla ad essere democratica, cioè laica. Sa l'on. Saragat ,he in Italia si può governare con i monarchici per cinque anni? Basta tacitarli trasfor– misticamente, e fare del « pellismo ». Al termine, quando l'on. Saragat si presenterà agli elettori, i voti suoi saranno tutti di Nenni. NESSUNA PARATA I COSE DI FRANCIA I FINE DEI PRETI· OPER Dal nostro corrispondente S E vi sono state in un recente passato, e vi sono tuttavia, pa– recchie analogie tra la situa– zione politica francese e quella del nostro paese, c'è però una dilferenza sostanziale: l'assenza in Francia di un partito a base confessionale e di leggi che diano alla Chiesa quel potere immenso che le dà, in Italia, il Concordato del -1929. Benché sotto Pitain la Chiesa ab– bia cercato di profittare della situa– zione per riconquistare certe posi– zioni, e qualcosa sia riuscita a recu• perare, l'essenza laica dello Stato francese non è stata intaccata. E ciò malgrado che dalla liberazione i11 poi un partito che si dichiara catto– lico abbia se11za interruzione fotto parte del Governo. La situazione « religiosa » della Francia è profondamente diversa dal– la nostra. No11 esiste i11 Francia, sal– vo che in qualche zona ristretta, il e pratica11/e per co11formismo >. Chi va in Chiesa è rispettai.o da chi no11 ci va, e a sua volta non oserebbe mai criticare o fare pressioni su clii non pratica o pratico altro culto. D'altra parte una percentuale notevole della popolazione, e in modo particolare l,a q_uasi totalità della classe operaia, e 'divenuta talmente estranea a qual– siasi influenza religiosa, da conside– rare la Chiesa Cattolico con lo stesso assoluta indil/ere11za con cui consi– dera il b11ddismo o altro culto sco– nosci11to. Il vecchio anticlericalismo dell'operaio francese di mezzo secolo fa è sparito, come cosa che 11011lo rig11arda, che è al di fuori della s11a vita. Questo era necessario premettere per spiegare questa faccenda dei pre– ti-operai che ha fatto tonto parlare e scrivere in Francia e fuori. B stato una deci11a d'anni fa sot– to l'occupazione, che l'alto 'etero france!e ha cominciato a preoccupor– s, seriamente del completo distacco di vastissime categorie di cittadini do ogni sentimento religioso; è allora che s'è cominciato a parlare della Francia come < terra da missioni> al pari dei paesi coloniali. E siccome era specialmente la classe o per aia che s'era allo11ta11ota do lei, lo Chie– sa pensò di rivolgere i suoi sforzi alla Sita riconquista. L'idea del prete– operaio che si mescolava ai lavora– tori delle o/ficine, ne condivideva i11 pieno la vita, le lotte, le fatiche, e ne approfittava per ristabilire un con- A BR[SSA{O~E tatto tra lavoratore e religione, sorse appunto nell'alto episcopato fra11cese e fu creazione del cardinale Souhard, allora arcivescovo di Parigi. Si deve aggiungere che il livello medio dei cattolici fra11cesi è infini– tamente superiore o quello della mos– sa dei cattolici italiani; di qui quel certo lnalessere perpetuo che ,•;,. tra Roma e la Chiesa francese, questa giudicando che il Vaticano tende a mantenere una religione do donnic– ciole, a base di superstizioni, il Vati– cano a sua volto temendo che i cat– tolici francesi facciano del cristiane– simo qualcosa di troppo elevato per l'ingenuità· delle masse credenti di vaste zone del mondo. Ma 11el caso dei preti-operai av– ven11e qualcosa di più complesso. I preti i11trodotti nell'ambiente operaio s'immedesimoro110 talmente con lo vita dei loro compagni di lavoro, che non solo presero o condividerne le ideologie e le speranze, ma di– vennero i più ferventi sostenitori dei loro diritti, tanto da venir sovtnte prescelti dai loro compag11i come membri di commissioni interne, di• rige11ti di sindacati .... Nelle dimostra– zioni di strada, i preti-operai erano in testa, e sovente le buscarono dal– la polizia; nelle riunioni di categoria erano i ftù ascoltati, anche perchi sovente i più violenti. Ma la Chiesa non li av,va man– dati tra gli operai per questo; e i risultati sul pia110 religioso si rive– larono nulli. Gli operai, per simpa– tia verso questi loro colleghi batta– glieri, era11 capaci d'andar perfino ad assistere una volta a 11na loro messa; ma no11 ci fu un solo caso di conversione. E i11sensibilmente l'ambiente portava il prete-oporaio verso idee e principi diversi. I preti– operai, anzicM riportare gli operai all'ovile della Chiesa, andavano ra– pidamente verso sinistra. Ed è allora che Roma intervenne trio11fa11do delle ambiziose audaci; dell'episcopato francese, rinfaccian– dogli le illusioni, richiamandolo al– l'umiltà delle concezioni vaticane. La religione e per donnicciole > trat– teneva le pecorelle italiane o spa– g11ole all'ovile, la religione e dotta e profonda> dell'episcopato fra11cese regàlavf dei preti al comunismo.' UN A LETTERA DI DIEGO VALER/ L'ep,scopato fra11cese ha, natural– mente, capitolato. I preti-operai sono praticamente aboliti; ci saranno dei « preti dello missio11e operaia» in– ca.-icati di occuparsi particolarmente degli operai, mo se11za più condivi– der11e le fatiche, senza poter più far parte dei sindacati, vivendo al di fuori dell'ambiente operaio. Se qual– che lavoro manuale sarà loro con– cesso, esso non dovrà confondersi col lavoro d'o/ficina. Contemporaneamente all'abolizione elfettiva dei preti-operai, assistiamo al nuovo allineamer,to a destro del Movimento Repubblicano Popolare, che nel 1944 era cosi fremente di mrnovamento sociale. Le forze cat– tolich~ fra11cesi preferiscono tornare alla dife11siva, rassegnarsi al ruolo secondario a11ziché rischiare più ol– tre di ve~ir. compromesse in rivolgi– menti socwh che la Chiesa ho sem– f,:e, i11 tutti i tempi, combattuto fu– rzosame11te, finché gli eventi l'hon110 poi obbligata ad accettarli (ed essa ebbe l'abilità di rivolgerli a proprio profitto). Caro Codignola, ho letto con stupore grande l'ar– ticolo della Signora Battisti e Plebi– scito per l'Alto Adige>; pii, precisa– mente quel passo dell'articolo dove si parla di e spettacolose parate > organizzate dall'Università di Pado– va per i suoi Corsi Estivi di Bres– sanone. Superfluo dire che, chiedendoti ora il permesso di esprimere pubbli– camente un'opinione contraria a quella della Signora, io non intendo minimamente di mancarle di rispet– to. Alla Signora Ernesta Battisti mi presento, oggi come sempre, e con le ginocchia della mente inchine >. Ma quella nota ironica e quasi insultante del suo articolo non può né deve passare senza risposta da parte di chi ai Corsi Estivi di Bres– sanone ha dato il suo lavoro nei due anni passati, e sa dunque di propria scienza come sono andate le cose. Perciò, e soltanto perciò, scrivo que– ste righe. Quei Corsi, in verità non hanno avuto mai (assolutamente mai), nulla (assolutamente nulla) di spettacolo– so: né in forma di parate, né in nessun'altra forma. Si sono tranquil– lamente svolti nelle aule di una scuola suburbana, dove ogni giorno, per parecchie ore del giorno, si rac– coglieva un pubblico volonteroso, anzi volontario, di studenti e di non studenti, di lingua italiana e di lingua tedesca. Nemmeno alle ceri– monie inaugurali si può onestamente dare il nome di parate: il prim'an– no parlò Manara Valgimigli sul pro– blema delle traduzioni poetiche, il secondo, Franco Flarer sul momento attuale della Medicina; presenti, na– turalmente, le « autorità », a comin– ciare dal Vescovo della Diocesi e dal Sindaco della Città. (li quale ultimo, tutt'e due le volte, ci dèttc un cordiale benvenuto). Ci furono anche delle conferenze letterarie, sto– riche, scientifiche; tra le quali son da segnalare due serate gocthianc che risultarono dalla collaborazione nostra con clementi locali (il prof. Joseph Maurer e la Compagnia della Radio Bolzano) ed incontrarono un notevole successo. Infine, nel secondo anno si attuò un Simposio, a cui parteciparono insigni studiosi del– l'antichità greca: tra gli altri, il prof. Picard della Sorbona e il prof. Otto dell'Università di Tubinga. Mi pare di aver detto tutto ... e Controproducenti > i Corsi? Ma noi non abbiamo voluto né vogliamo produrre altro che delle possibilità di convivenza coi nostri studenti e d'incontri culturali coi cittadini tlcl– l'Alto Adige, di lingua tedesca o ita– liana che siano. Ad attribuirci inten– zioni di propaganda nazionalistica si offende, prima di noi, la verità. Mi creda la signora Battisti; e mi scusi se son costretto a parlare cosi francamente. A te. Codignola, grazie dell'ospita– lità. DIEGO VALllRI Il deputato Den,•s, che aveva par– tecipato a un viaggio nelle e demo– crazie popolari> (a cui aveva preso parte a,,che Da/adier), è stato espul– so dal gruppo parlamentare M.R.P. I dirige11ti del partito, che avevano a lungo resistito per mantenere a si– nistra il movimento, sovente in con• trasto con la manifesta volontà dei loro elettori, ha11110 capitolato an– ch'essi, come ha capitolato l'episco– pato. M ll è sul pia110 sociale che è av– ve11uto sopratt11tto l'arretramento del– le for;;e cattoliche fra11cesi, di cui ti M.R.P. rappresentava insomma l'llla avanzata. Esso ha 'dovuto ce'. dere alla minaccia di veder la Chie– sa abbandonarlo completamente per le formazioni politiche centriste fa– centi capo a reazionari classici del tipo Pinay o Fourcade. Sul piano confessionale, malgrado le evidenti pressioni di Roma, i cattolici fron• cesi non hanno modificato il loro atteggiamento.

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