Nuova Repubblica - anno I - n. 23 - 5 dicembre 1953

4 ______________________ N_u_o_v_A_R_E_P_U_B...:_B_L_I....:.C_A _ _____ ____________ _ I ITALIA, 014141 DlCAPO C N LlLEGGE ELETTORAL~ S I riparla di legge elettorale. Nes– suno sarà tanto ingenuo da cre– i.... dere che si tratti di una 9uestione accademica. Quando in qualsiasi paese del mondo diventa attuale la questio– ne del modo di eleggere i deputati, è certo che il momento del suffragio non può essere molto lontano. n un momento, per dire la verità, che ci trova altamente interessati, ma insieme freddissimi: perché, si po– trebbe dire, la nostra formazione po– litica è sorta su una questi@ne di al– ternativa democratica, che una con– tingenza elettorale ha suscitato, e che abbiamo investito con una concezione a lungo ponderata e vissuta, del rap– porto tra socialità, politica, e vita mo– rale. Parlare di nuova legge elettorale e di nuove elezioni è dunque affare no– stro, più forse che di qualsiasi altra questione di metodo della vita pub– blica. Per questo, avvertiamo l'elettorato che è venuto il momento della massi– ma attenzione e della massima vigi– lanza. Anche se ci tocchi qui ripetere cose che, per ognuno di noi, sono sta– te oggetto di lunghissime analisi e di ferme conclusioni, bisognerà sin d'ora esprimerle con la massima chiarezza. . Esistono in Italia due grandi forma– zioni politiche, la democristiana e la comunista, che hanno una concezione del potere, come identico a quello di unanimità. Esistono una serie di forma– zioni minori, che pensano al potere politico, come ad un rapporto di maggioranza· e di minoranza. Ci clas– sifichiamo nel secondo gruppo, petché non crediamo sia possibile ottenere l'unanimità, apparente o reale, se non con una violenza morale o fisica alla persona'iità dei singoli e dei gruppi. In effetti, democristiani e comunisti, non ricusano certo di conservare formal– mente delle formazioni minoritarie; ma ciò che rifiutano, in questo caso, è di accoglierne le proposte e di darvi corso, ove questo sia il meglio, per– ché temono che ne risulterebbe inde– bolito il loro dominio. Minoranze for– mali esistono anche nella Repubblica Popolare tedesca; minoranze sarebbero ampiamente esistite in Italia, ove si fosse proclamato lo scatto del congegno maggioritario del 7 giugno: ma sap– piamo pertinentemente, semplicemente sulla base delle leggi che il quadripar– tito si era impegnato a varare con l'in– tesa del 15 novembre, che alle per– sone che avrebbero costituito quelle minoranze sarebbe stata limitata la li– bertà di parola (legge sulla stampa), di manifestazione sociale (legge sinda– cale), di organizzazione politica (poli– valente). La nostra scelta è dunque, sui principi i, esaurientemente chiara: noi sceglieremo quel sistema elettorale che impedisca, come suo fine, la ridu– zione del Paese ad una lotta per il potere, inteso come nuda forza o co– me unanimità coatta. Taluno potrebbe osservare che, se questo è il nostro scopo, ad esso do– vrebbe corrispondere il desiderio di perpetuare, o almeno di prolungare sino alla sua ultima scadenza, l'attuale im– mobilismo parlamentare, l'attuale gioco di equilibri formali, di scambietti, di concessioni, di false cortesie, di alter– native tra nazionalismo e demagogia. Anche a questa osservazione ci sem– bra di dover rispondere che la pre– sente atmosfera politica italiana ha i suoi vantaggi, che diremo subito, ma di gran lunga inferiori ai rischi. I vantaggi sono che, malgrado tutto, è assai meglio che una campagna elet– torale si svolga nel clima attuale, dove il comune interesse esige una dimi– nuita aggressività verbale, che non, ad esempio, nel clima che preparò il 7 giugno. Ma la situazione presente hon può d'altra parte prolungarsi decen- - temente oltre qualche mese, perché essa deve essere definita per quello che è: il clima della generale irresponsabili– tà. Non è sostanzialmente responsabile dinanzi al Parlamento un governo no– minato soprattutto per stanchezza, e per la risolutezza della Presidenza della Re– pubbliça; tutti i voti del Parlamento in favore del Governo sono stati, infatti, voti condizionati nel tempo. ed evasivi sul merito. 'Il Governo stesso non sa con precisione perché ottenga 'tali voti; tant'è vero che i suoi propagandisti discretamente vanno diffondendo la vo– ce che il maggior pregio del Ministero Pella sia l'approvazione del Paese. Ora l'invocazione al Paese è semore la de– nunzia di una carenza parÌamentare, provocata o meno. Tuttavia, quando i « pellisti » si richiamano al favore po– polare più c~e a quello del Parlamen– to, dicono qualche cosa che ha la sua parte di vero: ed è che incomincia a circolare troppo insistentemente la voce che, per pochi voti, la legge maggio– ritaria, nelfa realtà, sarebbe scattata; ma che la sua applicazione sarebbe ormai impossibile. Solo questo sospetto, fon– dato o meno che esse, sia, esautora il Parlamento: lascia temere che sotto di esso vi sia il vuoto. La situazione di irresponsabilità pub– blica che attraversa oggi il nostro Paese deriva dunque, e dalla legge let– torale del 7 giugno, che ha coartato e ricattato per più vie la coscienza degli elettori e dei partiti; e dalla impossi– bilità di una alternativa socialista al comunismo; e dalla ambiguità dei ri– sultati elettorali del 7 giugno. Da que– sta condizione, più presto si esce, e meglio sarà. La maggior 'parte delle questioni nazionali in corso, che sono straordinariamente gravi (politica este– ra: Europa o no; questione giuliana; posto dell'Italia nel sistema atlantico; commercio dell'Italia con l'estero, in rapporto al Battle Bill, eccetera; poli– tica interna: urgenza di una politica di lungo periodo, che ne calcoli i costi e, su questa base, eseguisca quelle tra– sformazioni di struttura che sole pos– sono costituire l'alternativa o alla impo– sizione 'del comunismo, o a quella di un capitai-fascismo) rimane così forza– tamente in sospeso. Ma quanto più a lungo tali problemi vengono rinviati, al– trettanto diviene più costoso, in sa– crifici umani e in denaro, risolvere il problema di libertà sociale e politica cui accenniamo, della democratizzazione delle nostre strutture. Per concludere su questo punto, siamo di questo avvi– so: che bisogna predisporsi a nuove elezioni, e bisogna auspicare, inizian– done la discussione, un chiarimento ormai urgente del potere legislativo in Italia. E veniamo allora alla legge eletto– rale. Negli ultimi anni, alcuni paesi del– l'Occidente, premuti dalla realtà atlan– tica della quale fanno parte ufficialmen– te o non ufficialmente, hanno subito pressioni almeno psicologiche, per orientare il loro sistema elettorale, in modo da escludere o da limitare la rappresentanza comunista. Le pressioni americane sul sistema elettorale greco hanno costituito uno scandalo interna- , zionale. Ma i sistemi adottati in Fran– cia, in Italia, in Germania, sono la conseguenza della scelta operata nel campo internazionale. Non ce ne scan– dalizziamo punto, perché comprendia– mo da soli che in politica tutto si tiene, che c'è una logica formale anche della politica, per la quale non si può volere e disvolere, non si può scegliere una certa politica estera, adottando nel– lo stesso tempo i mezzi che servono ai lini della politica estera opposta. Ma quando ci si lascia incapsulare in qùe– sta logica, e quando i termini estremi di essa sono soprattutto delle posizio– ni di forza, cioè il potenziale militare e industriale degli Stati Uniti e del– l'Unione Sovietica, il circolo statico di politica estera e di politica interna gene– ra la falsificazione di ambedue; accade che, avendo accettato di subire una alleanza « di forza », si dovrà subire anche una politica interna tendenzial– mente di pura forza . .Il un circolò che bisogna tenere aperto a dispetto di ogni rischio: d'altronde le incognite, in un paese di forte vitalità e passione politi– ca, riemergeranno egualmente. Così è accaduto in Francia, dove non è stato il sistema apparentistico che abbia po– tuto saldare una maggioranza; così è stato in Italia, dove il sistema maggio– ritario ha generato una vera crisi della coscienza pubblica, e la presente situa– zione di irresponsabilità; cosi è, mal– grado le apparenze di calma e di com– pattezza, nella stessa Germania, dove bi– sognerebbe seguire con maggiore at– tenzione la lotta che vi si ~vol!!e per tenere aperto quel circolo: la lotta dei . sindacati per salvaguardare la loro uni– tà, la lotta che dallo stesso governo il Ministro Erhard conduce, per impe– dire che il grande capitale ritorni do– minatore e ispiratore del militarismo, attraverso la rinascita dei cartelli. Quan– to alla Grecia, sappiamo tutti che il marasma può essere colà evitato solo da una iniezione costante di dollari. Che si creda o non si creda alla distensione, non si può far dipendere eternamente la politica nazionale da questa incognita. Se si dovesse dare un giudizio realistico sulla situazione inter– nazionale degli ultimi anni, si dovrebbe solo stabilire che essa, in termini di diplomazia della potenza, è una situa– zione di equilibrio; e non vi è da pre– vedere un cambiamento notevole di essa, anche se l'U.R.S.S. abbia aderito alla Conferenza a Quattro, poiché è già chiaro che l'U.R.S.S. cerca proprio ora nuove formule per conservare l'equi– librio presente. .Il di fronte a questa condizione della politica internazionale, che dopbiamo decidere delle cose no– stre. Che dobbiamo scegliere la legge elettorale. Se pertanto esiste un proble– ma' di adeguazione della politica inter– na italiana alla situazione internazio– nale, tale adeguazione deve consiste– re nella possibilità che tutte le forze e gli orientamenti dell'elettorato con– tribuiscano a discutere e a decidere mo– mento per momento la posizione ita– liana di fronte alla oscillazione di quel– l'equilibrio, non invece, che la solu– zione debba essere già precostituita, per un quadriennio, dalla adozione di una legge elettorale capestro, e dalla previ– sione o speranza che l'equilibrio debba essere rotto per il trionfo, di pura for– za, di uno dei grandi protagonisti mon– diali. Quando noi ritorniamo ora ad insi– stere su una soluzione sola, quella della proporzionale pura, non faccia– mo che proseguire una vecchia battaglia, la battaglia che il nostro gruppo ha sostenuto negli anni 1951-53. Non siamo noi degli irrmobilisti, è la si– tuazione storica, internazionale e ita– liana, che ci obbliga a persistere' in un atteggiamento che, per non essere stato abbastanza coraggiqsamente con– diviso dalle altre forze politiche, ci ha condotto al limbo politico di oggi. Ma se si vuole una controprova, si esaminino tutte insieme le conseguente degli altri sistemi di cui si parla in questi giorni. Il sistema uninominale è sostenuto in ambienti democristiani, e, insincera~ mente, non è combattuto dai comuni– sti. Insinceramente, perché i comunisti sanno meglio di noi che, con quel si– stema, i loro candidati sono eleggibili in maggioranza solo in qualche re– gione italiana, e, per la verità, pochis– sime. Nell'Italia del Sud, la maggio– ranza dei deputati sarebbe tuttora, ine– vitabilmente, o democristiana o mo– narchica, dacché quelle zone sono in una fase appena iniziale di trapasso dal feudalesimo 1111a società moderna, e l'avanzata comunista verso i ceti medii, se è in corso, resta tuttora inferiore al potere, che sugli stessi ceti medi esercitano i poteri economici antichi. Quanto alle formazioni minori, esse sarebbero dappertutto spazzate. Se la media, all'ingrosso, delle formazioni po– litiche italiane conferisce il 36-38 per cento dei suffragi rispettivamente alla Democrazia cristiana e ai socialcomuni– sti, e il 28 per cento a tutti gli altri schieramenti, noi otterremmo con l'un1- nominale una falsificazione di questo genere: un venticinque per cento alle sinistre, un cinquantacinque per cento alla Democrazia cristiana, un quindici per cento alle destre, un cinque per cento al centro democ.ratico. Ma sicco– me le sinistre, così soffocate, non po– trebbero non determinare una opposizio– ne di base, un governo democristiano, pur essendo maggioritario, dovrebbe ap– poggiarsi, per soffocarla, ad un più ampio consenso: quello delle destre; otterremmo una dittatura clerico~fa– scista al settanta per cento. Il sistema attualmente in corso al Senato potrebbe, secondo l'on. De Martino, venire esteso alla Camera. Qui crediamo di doverci impuntare su una questione, per così dire scienti– fica, di metodo. Non si eleggono due camere con lo stesso sistema: ne ri– sulta un doppione che le esautora ambedue. Ma contro quella legge si può insistere per motivi analoghi a quelli che abbiamo sollevato per l'uni– nominale: quella legge impone per sua natura la << concentrazione dei voti » su due sole liste. Alla prova dei fat– ti, il Senato del 1953 risulta pove– rissimo di forze dei partiti medi, non solo per i riflessi della situazione ge– nerale del 7 giugno, ma per la for– za della legge stessa. Resta un terzo sistema: quello del 1948. Di esso, nei nostri raggrup– pamenti, è stata fatta tante volte la critica, che non varrebbe ripetersi. Sanno tutti che si tratta di una pro– porzionale corrftta a vantaggio dei partiti maggiori: che impingua dun– que i partiti pingui, e smagrisc-e i partiti snelli. Abbiamo già subito il danno di questa regola nella Camera del 1948, né intendiamo ripeterlo. Sinora non sono stati proposti altri sistemi elettorali, e noi discutiamo qui solo quelli che già sono sul tappeto. Naturalmente non ricusiamo di pren– derne in esame altri, ma per conto nostro indichiamo ancora una volta come orientativo il metodo, che pre– conizziamo da sempre, la proporzio– nale pura (es., il progetto Preti al Congresso del PSDI del 1952). Su questa proposta è possibile rac– cogliere il conforto della convinzione di più partiti. Non dovrebbe esservi contrario il P.S.J.; vi sono favorevoli i tre partiti di democrazia laica. E naturale, perché la proporzionale è oggi il solo sistema laico, cioè anti– dogmatico, di elezioni politiche. A chi va ragionando di concentrazione di partiti laici, basterebbe, per oggi, rispondere questo: che, nella distin– zione dei programmi, e senza bisogno di inchiodarsi a organi di unità di azione, una prima battaglia i partiti «laici» possono sin d'ora condurla insieme: quella per la proporzionale pura. E a nostro avviso, gli accordi necessari per questa lotta comune non dovrebbero tardare neppure di poche settimane. IL MURO • L'apertura a sinistra di Saragat e Zagari è diventata una specie di scatola cinese. Togli una scatola e poi un'altra e poi un'altra ancora, e alla fine trovi l'ulti:ma, piccola pic- cola. P: vuotà. ' • L'apertura a sinistra l'ha fatta sul serio Unità popolare, presentan– dosi alle elezioni e impedendo che la D.C. conseguisse la maggioranza as– soluta in Parlamento. Poi altri hanno guastato o stanno guastando le pos– sibilità offerte dalla nuova situazione. • Alcuni nostri compagni di Tre– viso hanno - come si suol dire - rotto gli indugi e sono entrati nel PSI. Avevano chiesto di entrare in gruppo e, localmente almeno, avreb– bero potuto contare qualcosa. Gli è stato risposto che ciascuno facesse do– manda individuale alla sezione com– petente. Le «unificazioni> di tal genere ognuno può farsele da sé. * ~ La Giustizia >, in un corsivo di commento alla udienza· del pro– cesso contro i fascisti su querela di Parri, nella quale ha deposto Luca Osteria, dice peste e corna di questo ultimo. Ha scelto proprio il momen– to giusto; il momento cioè in cui i fascisti tentano di svalutare la depo– sizione formidabile dell'Osteria. Il quale sarà stato un « doppiogiochi– sta >, ma nelle circostanze rievocate al processo ha aiutato la Resistenza e, con la sua deposizione, ha messo K. O. i diffamatori fascisti. • Chi ci salverà dalla stupiditq di certi antifascisti alla clorofilla? * Dicono che l'on. Simonini si è iscritto alla U.J.L Taluno della se– greteria si era opposto all'iscrizion6, non sapendo a quale categoria asse– gnare il deputato di Reggio. Mari– ,iaio disoccupato, precisò Della Chie– sa. E la domanda venne accolta. Ora l'on. Simonini, come elemento di base, sta lavorando per la fusio– ne della U.I.L. con la C.J.S.L., e mostra le credenziali di A ntonini. Dicono però che Viglianesi esige una autentificazione diretta delle creden– ziali. PIC lruNTO CONTRO FUNTO I ~ 6f/ttJi&. ai/lrieia V aglio consigliare, come prezioso esercizio, la lettura di quella pubblicazione - edita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - che si intitola: Documenti di vita italiana. Il numero 24 è dedicato a Trie– ste ed al problema del T.L.T. e contiene tali svarioni, tali inesattez– ze e tali contraddizioni da giustifi– care, da solo, tutti i rovesci subiti da Palazzo Chigi in questi ultimi anni. Ne cito qualcuno. A pag. 1825, in una tabella raffi– gurante la divisione della popolazio– ne delle Zone A e B secondo i dati del censimento del 1921 e secon, do la nazionalità dei censiti, il Co– mune di Monrupino, viene chiamato Menrupino e quello di San Dorligo della Valle, diretto confinante con la zona del porto industriale trie– stino viene chiamato San Dorlingo, e... collocato in Zona B invece che in Zona A. Pertanto, Aquilinia con gli impianti di raffineria dell'Aquila, essendo una frazione di San Dorlin– go della Valle, dovrebbe già- essere in Zona B. A pag. 1843, alla nota (!) si legge: « Dal settembre 1947 al giugno 1952, il Governo italiano ha dovuto ver– sare più di 71 miliardi di lire per equilibrare il bilancio del T LT > e sullo stesso argomento a pag. 1896 nel testo: « Dal settembre 1947 a tutto il giugno I953 il Governo ita– liano ha dovuto già versare lire 61 miliardi per pareggiare il bilancio del Territorio di Trieste> la quale cosa, fa pensare che il TLT dal giu– gno 1952 al giugno 1953 sia riu– scito a restituire IO miliardi al Teso– ro italiano a decremento del deficit precedentemente integrato. Sempre a pag. 1896, invece, si racconta che nel secondo semetre I953, il nostro Tesoro era interve– nuto con ulteriori lire 6.222.003.000 ad integrare il deficit del Territorio di Trieste. A questo punto qualsiasi persona ha il diritto di chiedere: che cosa se ne fa il nostro Governo, a Trie– ste, di un consigliere politico, di una Camera di Commercio e di una Università da lui mantenuta, se... riesce a dare alle stampe una pubbli– cazione così brillantemente sprovvi– sta di serietà? ALBERTO BERTI * * * P OICHE' l'on. Togni ha avuto l'ot– tima idea di esaltare alla Ca– mera la capacità e la compe– tenza dei diplomatici di carriera, sarà opportuno che anche noi espri– miamo pubblicamente la nostra gra– titudine verso questa benemerita ca– tegoria, per la maniera con cui con– tinua a difendere la dignità ed il prestigio del Paese di fronte agli stranieri. e Risuoni qui il messaggio di Abra– mo Lincoln a Macedonia Melloni - ha detto l'on. Pella nel suo discorso del Campidoglio' sulla questione di Trieste - del quale messaggio ricor– diamo quest'anno il centenario, che personalmente Giuseppe Mazzini tra– duceva (l'annotazione è di suo pu– gno) « cogli occhi umidi e col cuore commosso >, e che Giosuè Carducci, molti anni dopo, definiva « la pa– gina più onesta di tutta la storia contemporanea >. Per disgrazia dell'on. Pelld, il qua– le ha subito in questo caso un vero e proprio infortunio sul lavoro, il fa– moso messaggio non poté risuonare, per la semplice ragione che Abramo Lincoln non si era mai sognato di esprimerlo. Come sanno in Italia tut– ti i professori di storia di Liceo ap– pena informati, il preteso messaggio non è altro che una falsificazione del primo dopoguerra, un documento in– ventato di sana pianta allo scopo di sostenere le rivendicazioni italiane sulla Dalmazia contro il presidente Wilson, che vi si opponeva. Ghi non conoscesse ancora la ridevole istoria di questo falso, può leggerla narrata ultimamente per filo e per segno da.

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