Nuova Repubblica - anno I - n. 15 - 5 settembre 1953

colo gravissimo ad una efficien– te politica socialista in Italia per– ché esso è interpretato come rigorosa ' legge ' alla base del partito, la cui inosservanza por– ta alle sanzioni disciplinari, e non affatto come strumento di eventuale consultazione di verti– ci. Il problema, cioè, è ancora una volta problema di demo– crazia interna. È evidente che una politica socialista non può essere subordinata a quella co– munista, ma ciò non toglie che un partito socialista, nella con– creta situazione italia_na, potreb– be benissimo concordare di vol– ta in volta determinate azioni col partito comunista. D'altron– de, è certamente giusto che una denuncia del patto, oggi, por– terebbe probabilmente voti ai co– munisti e voti alle destre, ma non occorrerebbe affatto un atto formale e clamoroso di questo genere se il PSI godesse all'in– terno di una discussione libera e aperta che consentisse i natu– rali contrasti politici : la denun– cia avverrebbe automaticamen– te su pressione della base, su fat– ti politici concreti e non soltan– to su genc.ricità anticomuniste alla Simonini. Non mi pare quindi che, in sé, l'esistenza del patto - allo stato attuale delle cose - s.ia un ostacolo insupe– rabile al dialogo. Se il dialogo avrà per oggetto cose, e non om– bre; se intorno a queste cose si discuterà come fare, cosa fare, per una soluzione socialista: la distinzione, la separazione dal– la soluzione comunista verrà da sé. Attenti a non perdere anche qui le occasioni che la storia può proporre. Il regime democratico, rivoluzionario, pieno di fermenti innovatori, del primo leninismo si è trasformato, per una evolu– zione dettata da problemi estre– mamente seri e gravi, in una for– ma di stato centralizzato, auto– ritario, totalitario. Siamo, ine– quivocabilmente, contro questo stato. Tuttavia anche questa fase può essere superata da un'altra fase. Giustamente Bevan ha os– servato che non si può svilup– pare la grande industria, creare un esercito di tecnici, vincere l'analfabetismo di milioni di con– tadini, senza che a un certo pun– to si ponga ai dirigenti industria– li, ai tecnici, agli operai e con– tadini usciti dalla schiavitù pri– mitiva, il problema della liber– tà politica. « Insegnando ai la– voratori a preparare i disegni di moderne macchine industriali, a interpretarli, a costruire e a far funzionare le macchine, le dittature si scavano la fossa». Ma se la dittatura si scava la fossa, non possiamo desiderare che se la scavino contempora– neamente i lavoratori che oggi le stanno dietro. È nostro com– pito preparare loro l'alterna– tiva democratica. Questo lo si può fare soltanto continuando a mantenere aperto il dialogo con loro, non respingendoli. So– prattutto, prospettando concre– tamente soluzioni dei loro pro: blemi economici, tali da consen– tire il mantenimento della de– mocrazia. Non si può proporre delle soluzioni economiche peg– giori, affermando che in cam– bio resta la libertà : è- soltanto se sapremo dimostrare che le stesse soddisfazioni economiche si possono raggiungere nella li– bertà che dimostreremo la su- 10 eca periorità della democrazia e del socialismo. E, soprattutto, non condizionare continuamente la attuazione delle riforme sociali alla necessità di fermare il co– munismo. Le riforme sociali un socialista le vuole perché è so– cialista: il proporle come rime– dio al pericolo comunista è una posizione strettamente reaziona– ria, ed è stata generalmente la posizione del PSDI. È appunto lavorando tutti insieme alle ri– forme, alle condizioni e ai li– miti delle riforme, senza occu– parci se esse piacciano o dispiac– ciano ai comunisti, ma avendo ben chiaro in mente un tipo di stato diverso da quello attuale, che i socialisti possono ritrovar– si uniti. Uoitit popolare E infine, un ultimo punto. A .i– tonomia Socialista continua a mantenere il vincolo che la uni– sce alla formula elettorale di Unità Popolare. E non a caso. Noi siamo persuasi che il par– tito socialista di domani debba allargare le sue braccia dovun– que trovi uomini disposti a la– vorare per un avanzamento del– la società italiana, per un am– modernamento dello. stato, per una diversa distribuzione delle forze economiche, nella persua– sione che tali obiettivi si pos– sano raggiungere senza distrug– gere la libertà politica. Noi dia– mo quindi un valore simbolico a questa formula. Conosciamo molti socialisti infinitamente me– no consapevoli di quanto sia ne– cessario fare per trasformare in senso 'popolare' (e quindi so– cialista) lo Stato italiano, di un Parri o di uno Jemolo. All'USI che ci ha accusato di tiepido socialismo continuiamo a rispon– dere la medesima cosa : non cre– diamo alle formule magiche né alle purezze ideologiche. Al so– cialismo (come a tutte le grandi idee della storia) si viene da cen– to filoni diversi. Nessuno ha il di– ritto di credere che il suo sia mi– gliore degli altri. Ma tutti ab– biamo l'obbligo di favorire lo spostamento verso posizioni serie di trasformazione i,.ociale del massimo numero di forze. La fonnula federativa di ' Unità po– polare' potreQQ for çssere il o CO NUOVA REPUBBLICA 3 ---------------------- paradigma della formula da tro– vare per raccogliere in un solo fascio tutti coloro che, in Italia, vogliono andare a fondo nella rivoluzione sociale, senza sovver– tire certi principi fondamentali del vivere civile che si chiama– no « ordine democratico » : prin– cipi che la rivoluzione russa non aveva dietro di sé (perché die– tro di sé aveva Io zarismo) ma ha piuttosto davanti a sé, da <:onquistare. Noi ci muoviamo da un terreno più maturo, quei principi sono già un retaggio del– la nostra civiltà: per questo, non concepiamo il comunismo in Ita– lia. A questa condizione, çon questo limite, è possibile ritrovar– ci per una lotta comunè rifor– misti e giellisti, repubblicani mo– derni e socialisti cristiani, libc– ralsocialisti ed ex comunisti, sen– za chiedere rinunce ideologiche a nessuno, ma chiedendo a tut– ti una dedizione sincera e reci– procamente critica a un grande compito comune. TRISTANOCODIGNOl,A U na circolase interna del P.S.D.I. in data 7 luglio 1953 (Prot. n. 06554/S/F, Circo!. n. 76) con– tiene, fra l'altro, i seguenti fiori: « Nei confronti di quei compagni che hm1110rece11teme11te ltuciato il Partito perché non condividevano il suo orien– tamento preelettorale i Comitati Diret– tivi Sezionali devono praticare la po– litica della « po.-ta aperta » invitando fraternamente i predetti compagni a riprendere, cou uguali dfritti ed uguali dove.-i, il loro posto di lotta nei ran– ghi del P.S.D.I. Per quanto si riferisce, invece, a quegli elementi che raggruppatisi nella formazione di « Unità Popolare », nel– la loro duplice qualità di dirigenti na– zionali e di candidati della anzidetta formazione, hanno violentemente com– battuto il nostro Partito e contribuito a danneggiare la sua posizione eletto– rale, divenendo Jpe11e volte Jtrumento degli apparati totalitari, sarà compito dei Comitati Direttivi Provinciali esa– minare accuratamente i Jingoli casi ~ decidere se tali elementi possono o meno essere riammessi nelle file del Pastito. Una intensa azione di convincimen– to deve anche essere intrapresa nei ri– guardi dei compagni già menibri del PartitQ, Occorre dimostrare a questi \ COSE DIFRANCIA I LOSCIOPERO D'AGOST Dal nostro co,·,ùpo11de11te Q uesti famigerati decreti legge (che ritardano di due anni l'età del col– locamento a riposo di certe cate– gone, sopprimono alcuni impieghi va– canti, limitano il reclutamento di nuo– vi funzionari ai tre quarti dei posti vacanti) recano davvero un tale danno da convincere milioni di funzionari e di lavoratori della necessità di una lot– ta a oltranza? No. In sé e per sé, questi <lecceti non meritavano l'onore di un movimen– to, che trov~ il suo precedente solo nei grandiosi scioperi del giugno 1936, che portarono la Francia dalla coda al– la testa della legislazione sociale, che conquistarono le 40 ore compensate co– me 48, le vacanze pagate, il sabato in– glese, il perfezionamento delle Assicu– razioni sociali... Tutte conquiste ricon– fermate alla Liberazione, ma sempre più profondamente intaccate. Il appunto per impedire che la Francia torni del tutto alla coda che le masse han scioperato, col pretesto dei decreti Laniel, simili alla goccia che fa traboccare il vaso. Sul piano economico, nessun paese d'Europa è uscito vincitore nell'ultima guerra. Vincitori e vinti si sono trovati sullo stesso piano, mendicanti di fronte all'America; ed è successo che il vinto ha finito talvolta per rimettersi meglio a posto del vincitore. La Francia non è riuscita a ridare ai salari dei suoi la– voratori il potere d"acquisto del 1938. Ora la prima caratteristicadei gran– di scioperi d'agosto è stata ch"essi fu– rono lanciati dalla Confederazione del Lavoro « Force Ouvrière », di tendenze ritenute moderate, diretta da elementi provenienti dal vecchio sindacalismo classico francese tipo Jouhaux e dal so– cialismo della S.F.1.O., organizzazione sorta precisamente in• opposizione alla supremazia comunista instaurata nella C.G.T .. Subito la Confederazione fran– cese dei Lavoratori Cristiani s'è unita al movimento, al quale hanno portato il loro contributo entusiastico anche certi sindacati autonomi di impiegati e di tecnici senza nessuna tendenza politica. La C.G.T. ha seguito per ultima, sor– presa di vedersi precedere una volta tan– to da organizzazioni che la propaganda comunista amava qualificare come stru– mento dell'America, dei padroni,. ecc. ecc. e che, infinitamente più deboli, riu– scivano a smuovere masse che essa nrt riusciva più a controllare. lì bastato un ordine di Force Ouvrière perché il servizio postelegrafonico si arrestasse di colpo in tutta la Francia; un secondo ordine, e tutti i treni si sono arrestati, dalla frontiera belga a Per– pignano, dal Finisterre a Mentone. Le compagni che l'era delle scissioni e dei frazionamenti fra socialisti democra– tici deve essere chiusa irrevocabilmente e che il loro esperimento non può pro– lungarsi oltre senza fare il giuoco dei totalitarismi di destra e di sinistra. I militanti del P.S.D.I. devono ten– dere con appassionato slancio alla rea– lizzazione dei due capisaldi indispensa– bili alla stessa esistenza del loro Par– tito: l'unità e l 1 a11to11omia di tutti i sociaIisti democratici ». La circolare porta la firma di quel mirabile maestro di coraggio e di coe– renza politica, che risponde al nome di Matteo Matteotti: il quale ha già ripreso la sua funzione di « sinistra di comodo » non appena superata la fase elettorale, durante la quale è suo uso cambiare di penne. Matteotti dunque invita premurosa– mente a praticare la politica della «,.por– ta aperta» verso i compagni che la– sciarono il partito per divergenze poli– tiche, mentre propone - con l'abituale gesuitismo - la politica della « porta chiusa » verso gli altri compagni che - come candidati e dirigenti di Unità Popolare - hanno danneggiato il Par– tito. Danneggiato? ma l'on. Saragat non ha dimostrato 11rbi et orbi che il pas– saggio del premio di maggioranza sa- minacce, le lusinghe, le requisizioni, gli arresti sono rimasti inefficaci. La vita della Francia s'è arrestata, e il governo sè coperto di ridicolo. Perché? Perché finalmente la massa ha compreso di essere chiamata alla lotta per i suoi legittimi interessi; per– ché ha compreso che bisognava porre un freno alla tendenza degli ultimi governi di far pagare ai poveri quello che non si osava fa[ pagare ai rie.chi,e specialmente quell"impopolare guerra d"Indocina, che non serve più che a una banda di profittatori insaziabili. J governi che si sono succeduti in Francianegli ultimi anni, e specialmen– te dopo le elezioni del 17 giugno 1951, sono stati essenzialmente governi di destra; ma la loro politica non ha nien– te di comune con quella seguita, per esempio, dai conservatori inglesi. Il ministero Laniel è caratteristico di que– sta politica; nel suo seno esistono tre o quattro gruppi che difendono stre– nuamente ciascuno una categoria di pro– duttori, ciascuna delle quali esige non solo protezione e aiuto, ma privilegi. I produttori di barbabietole esigono che lo Stato comperi le barbabietole ecce– denti per farne dell'alcool che lo Stato paga 80 e non riesce a vendere a 20. I viticoltori fanno le barricate per le strade del Mezzogiorno d'accordo con certi ministri per obbligare lo Stato a comprare il vino rimasto nelle can– tine, che farebbe ribassare i prezzi, e a buttarlo via. I grossi produttori di grano esigono che il prezzo non venga ribassato malgrado il raccolto eccedente. Queste cosidette « feudalità econo– miche » in lotta per strappare allo Stato sempre nuovi privilegi, si scon– trano in seno al governo, dove c'è un ministro che deve accontentare quelli delle barbabietole e un altro che s'è impegnato coi viticultori, un terzo che è cointeressato coi produttori di grano. Le spese di tale politica ricadono sul contribuente; e le «feudalità», ri– vali tra loro, s'accordano però suhito perché a pagare sia il lavoratore. Cè comunque una lezione politica in questi scioperi : la massa I i ha se– guiti unanime, fosse essa di tendenze socialiste, comuniste, cristiane. Jn fon– do Force Ouvrière ha appena mosso un dito: la massa era matura per l"esplo– sione. Ed è la massa che ha preso su– bito la mano ai dirigenti, che ha creato immediatamente quel clima d"unità di classe a cui i suoi dirigenti hanno sem– pre posto tanti ostacoli. Come reagiranno i dirigenti a questa tendenza? Sapranno o vorranno arrestar– la? Con quale politica? Il prossimo avvenire risponderà. rebbe stato fatale per la democrazia? e il P.S.D.l. non ha potuto riprendere una funzione politica soltanto perché c· è stato qualcuno che ha operato per– ché quella condizione non si verificasse? Avremmo il diritto di sapere se, a giu– dizio dell'on. Matteotti, è stato un bene o un male che le cose siano andate così: Forse, nel suo subcosciente, sa– rebbe stato comunque preferibile un bel gruppo di 60 deputati del parco buoi socialdemocratico, da destinare ai minuti servizi governativi, a una pat– tuglia di deputati costretti oggi all"oppo– sizione. Ad ogni modo, è bene ch'egli sappia che non esiste e non è mai esistito, nelle file di A11to11omiaSocialista o di Uni– tà Popolare, la distinzione sottile (ah, quanto sottile) fra capi e candidati da un lato e gregari dall"altro. Chi ha par– tecipato alla nostra lotta sapeva di do– verlo fase per un preciso imperativo di coscienza e per un giudizio ben matu– rato sulla realtà strutturale e morale del P.S.D.I. Voler crease a posteriori una divisione come quella adombrata nella circolare matteottiana è - si tran– quillizzi l'on. Vice-Segretario - fatica sprecata. Un imperativo di coscienza! ma che cosa può suggerire questa espressione quando non vi sia la coscienza?

RkJQdWJsaXNoZXIy