Nuova Repubblica - anno I - n. 12 - 20 giugno 1953

I FRATELLI ROSSELLI NON MOLLARE L , Associazione Gi11.uizù1 e Liberlà, fondata da Carlo e dai suoi com• pagni di fede, in Francia, si dette il compito essenziale di tener viva in Ita– lia la resistenza alla dittatura. Occor– reva evitare che in Italia si spezzasse il filo della tradizione democratica, e che la vittoria della dittatura diventas– se totale e definitiva. Occorreva inoltre che in caso di crisi - nessuno poteva prevedere quando e come una crisi si sarebbe manifestata - si trovassero in Italia uomini, che ispirandosi a. quella tradizione, si mettessero in prima linea, con idee chiare su quanto dovessero fare, evitando sperperi di forze pre– ziose attraverso iniziative confuse o contraddittorie. Convocando alla resistenza attiva con– tro la dittatura uomini provenienti da tutti i partiti antifascisti purché accet• tassero il metodo della libertà, Giu– JJizia e libertà non domandava l'ade– sione a nessun dogma economico - li– berista o dirigista o comunista che fos– se. Domandava anzitutto l'impegno di dedicarsi a ristabilire in Italia le li– bertà personali e le libertà politiche dei cittadini. Ma nello stesso tempo Gilntizia e Liberlà raccomandava, qua– lora soprnvvenissç: una crisi, di non essere così ingenui da lasciare intatte le costruzioni fasciste, in attesa che una Costituente di là da venire inau• gurasse un nuovo cielo e una nuova terra. Gi1111izia e Liber1,ì impegnava i suoi aderenti a smantellare imme• diatamente, nel periodo del trapasso dal regime fascista :il regime libero, le strutture politiche ed economiche fasciste, e quelle strutture prefasciste che avevano reso possibile il sorgere della dittatura, o facevano oramai cor• po con essa. Lasciare intatte quelle strutture sarebbe stato lasciare sgom– bra la via per una nuova offensiva fascista a breve scadenza. Quindi confiscare senz'altro i beni di tutti coloro che avevano partecipato alle responsabilità della dittatura nei gradi più alti della gerarchia, e SO· cializzare immediatamente le imprese di pubblica utilità o monopolistiche, e quelle che non potevano vivere senza gli aiuti diretti del governo. Sarebbe toccato poi al popolo italiano, rior– ganizzatosi in partiti di sua scelta, il compito di risolvere, attraverso la li• bera concorrenza fra quei partiti, i problemi pi!! profondi, che un regime provvisorio non avrebbe né potuto né dovuto affrontare. Le idee di Giu1tizia e Libertà fu. rono c.riticate come inorganiche, timi• de, borghesi, conservatrici, addirittura reazionarie. Ma quando la dittatura fascista cadde, e un governo provvi• sorio di antifascisti si formò, nessuno smantellò nulla. In Gi1111izù1e Liberlà non vi erano gerarchie. Chi lavorava di più, era il capo naturale del gruppo che lo seguiva, finché lavorava di più. Car– lo Rosselli fu detto il capo di Giu- 11izia e Libertà, non perché egli si sia mai arrogato quell'ufficio, o i suoi compagni glielo abbiano mai confe– rito. Era il capo perché era colui che lavorava più di tutti. La sua agiatezza gli consentiva di dedicare intero il suo tempo e la sua energia all'azio– ne politica. Profuse la sua grossa for– tuna nell'azione. Diceva spesso: « Fra dieci anni non avrò più un soldo. .Allora lavorerò per vivere, e così fa. ranno i miei figli ». Morendo lasciò alla moglie e ai tre figli da soste– nersi per pochi anni. Ed oggi i suoi figli debbono guadagnarsi la vita la– vorando. Chi decise la sua morte volle met• tere fuori combattimento l'uomo che spargeva fermenti di rivolta nella gio– ventù italiana, e così demoliva la illusione che la gioventù educata in clima fascista, fosse tutta fascista. Po– te,1a credere che il movimento di Gi111tizia e Libertà, privato della sua direzione e del suo generoso appog– gio finanziario, sarebbe finito con lui. L'assassinio di Carlo Rosselli avreboe servito di lezione a chiunque non si decideva a mettere giudizio in Italia e fuori d'Italia. Nello, dopo il 192), non fece più politica attiva. Con tutto questo, gli toccò due volte il domicilio coatto, sempre senza che gli fosse contestata l'accusa. Rifuggendo dal presente, si tuffava nel passato. La storia del Risorgimento ~ra il suo campo favorito. Soleva dire: NUOVA REPUBBLICA 3 « Quando mi trovo con gli uomini di quel tempo, mi sento a posto: mi sento come a casa mia, gli uomini di oggi mi sono estranei. Avrei dovu– to essere nato allora ». Pensava che quella storia investigata e raccontata con spirito di lealtà, doveva compiere in Italia azione politica, fosse pure a lunga scadenza, come ogni specie di educazione morale e intellettuale. Essa era sistematicamente falsificata dai fascisti. Vittoriosi nella lotta po– litica, non paghi di invadere il pre– sente, aspiravano a proiettare la loro vittoria nel passato, per prolungarla nel futuro. Negli studi storici Nello cercava di risolvere la contraddizione che tormentava la sua anima, fra il dovere di servire il suo paese e la impossibilità di servirlo nelle condi– zioni di allora. BILRNCIO E PROSPET Non volle mai stabilirsi fuori d'Ita– lia. Diceva essere necessario che qual• cuno rimanesse a dare esempio di « non mollare». Le sue condizioni econo• miche gli permettevano di dare quel– l'esempio. Era suo dovere darlo. Carlo fuori di Italia squassava la fiaccola della lotta contro la dittatura in im– prese che sembravano disperate. Nello, in Italia, teneva viva quella fiaccola, nascondendola sotto il moggio. I due fratelli simboleggiavano l'Italia che lot– tava e l'Italia che taceva: né l'una né l"altra si arrendeva ai fatti compiuti. li delitto fu perpetrato il 9 giugno 1937. Carlo fu ucciso sull'istante da mano maestra con due pugnalate alla carotide. Nello. aggredito eia persona meno esperta, fu assai pili difficile a finire: dO\é essere colpito diciassette volte. La impresa fu compiuta da sicari francesi, per mandato ricevuto da agen• ti italiani che eseguirono un ordine ricevuto dal Ministro degli Esteri Ga– leazzo Ciano. Sarebbe infantile presu– mere che Ciano abbia preso una ini• ziativa di quel genere all'insaputa del Capo del Governo e suo suocero, Be– nito Mussolini. Sulla tomba di Carlo e Nello, nel cimitero di Père-Lachaise gli amici scrissero: « Carlo e Nello Rosselli, in– sieme assassinati, insieme aspettano che il sacrificio della loro gioventù affretti in Italia la vittoria del loro ideale: Giustizia e Libertà». GAETANOSALVE~INI E RA da prevedersi : la stampa conformista - in testa il Cor– riere della ura che è il più grande sconfitto dell'ora - ci accu– sa di avere noi determinato il crollo del < quorum >, di avere quindi fatto fallire il premeditato disegno della Democrazia cristiana la quale conta– va di avere, col premio di maggio– ranza, il totale controllo del Parla– mento e quindi dello Stato; e di ave– re noi dato il colpo di grazia ai par– titi minori, particolarmente al P.S. D.I. la cui débacle è stata altrettan– to clamorosa quanto ingloriosa. t ne– cessario dire che l'imputazione di re– sponsabilità ci onora? ~ necessario dire che non ci interessa minima– mente la malignità dell'on. De Ga– speri, secondo il quale noi ci sarem– mo offerti in olocausto a Togliatti? è necessario dire, dopo la chiara im– postazione da noi data alla nostra lotta, che il fine che ci eravamo pro– posti era proprio quello di far crol– lare il < quorum >, e con esso la pre– meditazione clericale di rivedere la Costituzione e di far subire al Paese una ulteriore involuzione che solo il beneplacito della Democrazia cri– stiana avrebbe potuto infrenare? Cre– diamo che i nostri lettori siano suf– ficientemente smaliziati per aver biso– gno di ampie disamine. La riforma elettorale, premio di maggioranza e imparentamento, non poteva che screditare e frantumare i partiti minori e, quel che più impor– ta, la loro posizione politica. Noi lo avvertimmo sin dal 1951 al con– gresso nazionale del P.S.D.I. a Bo– logna, e ripetemmo a Genova il con- Roma 18 Giugno 1953 U Comitato 1>romotore di « UNITA POPOLARE» pre!}rle allo con soddisfazione dei risultati politici rag– giunti neUa battaglia elettorale combattuta per la difesa della democrazia, in piena indipendenza da ogni altro schieramento. Tali risultati, evidenti dopo il faUimento della legge maggioritaria, rappresentano un deciso ar– resto del processo di involuzione verso un regime di autoritarismo e il ritorno ad una più sana situazione po– litica, che se offre maggiori apparenti difficoltà impegna però i partiti ad affrontare i problemi del Paese non con espedienti ma nella loro re~hà; ringrazia i compagni che si sono gettati nella lotta senza risparmio di energie e gli elettori che non hanno esitato a dare la loro fiducia a un gruppo di uomini di buona volontà, i quali non disponevano di ingenti ap– parati né avevano dietro a sé interessi consolidati: an– che se questi compagni e questi elettori sono rimasti privi cli una rappresentanza parlamentare, la loro esi– stenza è un fatto nuovo che non nuò mancare di avere riflessi oolitici; · ribadisce l'impegno di continuare la lotta comune, di chiarirne sem!lre meglio le ragioni, di operare per lo sviluppo e la difesa del programma esposto davanti al corpo elettorale; riafferma il giudizio che a risanare la lotta politica in Italia sia necessaria la presenza di un nuovo schiera– mento socialista capace di assumersi responsabilità di governo per l'adempimento di precisi impegni sociali, in un quadro di democrazia moderna; conscio !)ertanto di non aver esaurito la sua fun– zione, fa appello a quanti, fuori e dentro i partiti, sen– tono queste esigenze, a quanti, alieni sinora o disgustati della politica, sentono il dovere di non disertare, ai giovani indifferenti alle raffinate e inutili manovre, per• ché diano corpo, attraverso un'opera difficile certo, ma non dilazionabile, a questa speranza già chiaramente delineata, apparsa all'orizzonte della vita politica ila• liana. I celio e le nostre proposte di una strenua difesa della proporzionale pu– ra. Già allora ammonimmo la mag– gioranza del partito sui pericoli dei suoi vincoli con la Democrazia cri– stiana, e prospettammo la possibi– lità di una seria alternativa sociali– sta democratica e laica da presen– tare agli elettori come unica via di uscita alla stupida alternativa < o Ro– ma o Mosca > che si richiamava a quella fascista e che faceva rimane– re inerte la democrazia italiana in una posizione negativa, stagnante nel compromesso, nella politica degaspe– riana del carpe diem, mentre per se– gni sempre più chiari il Paese, la sua parte più evo1'1ta, manifestava la sua insofferenza e la sua ricerca di solu– zioni positive. I fatti ci hanno dato clamorosa– mente ragione; cd è stupefacente che proprio Silvio Negro, gran sa– cerdote conformista, in un suo pri– mo esame della situazione, ci venga a dire che « se le elezioni si fossero fatte con la vecchia legge, a gua– dagnarci sarebbero stati proprio i partiti del centro in tutti i sensi >. Ora, o noi siamo stati soli, all'inter– no dello schieramento democratico, a vedere sin dal 195 l quale sarebbe stata la conseguenza del < premio di maggioranza > e soprattutto dell'im– parentamento, e allora si devono fare ben amare riflessioni su la capacità politica della classe dirigente del no• stro Paese, e specialmente dei diri– genti i partiti che si richiamano alle fonti della democrazia, e dei loro corifei; o anche costoro avevano pre– vista la débacle, e tuttavia hanno so– stenuto la richiesta, la imposizione dell'Azione cattolica e di altre forze estranee allo Stato italiano, e in que– sto caso le riflessioni sono anche più amare. E sarebbe disastroso il convin– cersi che i dirigenti politici condivi– devano e condividono la irragione– vole paura che anche in questa bat– taglia elettorale hanno cercato di in– fondere nel popolo: paura del co– munismo, paura di ricambio del fa. scismo, senza riuscire a vedere, nem– meno dopo cinque anni di capricciosa politica fondata appunto su la pau– ra, che i due fenomeni derivano più da inquietudini sociali che non da finalità politiche, e che le inquie– tudini sociali si placano solo quando lo Stato democratico adempie scru– polosamente le sue funzioni e non si abbandona a < crociate> contro que– sta o quella pa,te, conscio che il suo compito è quello di contemperatore dei contrasti, di supremo regolatore della vita associata; mentre, quando si fa parte contro altre parti, tende inevitabilmente a < totalizzarsi >, a divenire stato-partito, senza vedere che il pericolo fascista è nel suo _interno. La paura è cattiva consigliera, scrive Aneurin Bcvan; essa è com– pagna dell'odio, e l'odio genera in– tolleranza e crudeltà. Noi siamo dunque per una demo– crazia coraggiosa, che si proponga dei programmi e che, soprattutto, attui i suoi programmi; siamo per un socialismo libero, che pertanto sia sempre in grado o di far valere la sua volontà, evitando i rigidi legami che ne immobilizzano l'azione, o di costituirsi come forza d'avveni– re, di riserva, di ricambio alle ormai logore forze vincolate al capitale. Come ha potuto meravigliare quindi la decisa posizione da noi presa in questa lotta elettorale, la nostra « azione di disturbo >, volta a sot– trarre voti proprio ai partiti del cen– tro laico dato che non avevamo scel• ta, certi come eravamo, e come tut– ti hanno visto, che tali voti ad altro non servivano che a regalare alla Democrazia cristiana il potere totale? Non ha alcuna importanza che nes• suno dei nostri, nemmeno Farri, nem• meno Greppi, nemmeno Calaman– drei, uomini che onorano la demo– crazia, sia entrato al Parlamento. Torna a vergogna della maggiore po– tenza politica del Paese, se mai, l'aver creato il clima per il quale essi ne sono esclusi, mentre vi entrano trion– fanti i ventinove gaglioffi fascisti. t comunque importante che i nostri ab– biano impedito u~a sopraffazione che avrebbe inevitabilmente ucciso ogni possibilità ·di sviluppo della demo– crazia italiana. Ecco perché i socialdemocratici, i liberali, i repubblicani « ufficiali >, indipendentemente dai pianti dei candidati bocciati, devono ringra• ziarci per la nostra < azione di di• sturbo >, che consente loro oggi, pur con forze così ridotte, di contare nel Parlamento molto pii, di quanto avrebbero contato se avessero avuto rappresentanze più numerose, la cui azione e la cui volontà sarebbero sta– te nulle di fronte ad una maggio– ranza assoluta democristiana. Oggi essi rappresentano, al limite dei tre schieramenti, due dei quali - estre• ma destra cd estrema sinistra - ancora negativi, il nucleo determi– nante la approvazione o la disappro– vazione dell'azione governativa. Pos– sono rifarsi di fronte al Paese la reputazione di forze veramente indi– pendenti e costruttive, e riprendere la loro candidatura di seria alter– nativa: a patto che abbandonino le pregiudiziali di anti, e si risolvano finalmente a costruire sul per. Dobbiamo esprimere un'altra spe– ranza? La débacle della socialdemo– razia, il suo logorio, diciamolo aper– tamente, il suo discredito sono in de– rivazione diretta del suo abbandono delle posizioni che essa aveva as– sunto nel 1947-1948. Allora essa, di– nanzi all'errore del Fronte democra– tico popolare che immobilizzava il Partito socialista italiano escludendolo dall'azione all'interno dello Stato democratico, si era riservata la gran– de funzione di difendere gli interes– si della classe lavoratrice all'interno dello Stato, rappresentando nello schieramento democratico anche le forze militanti sotto la bandiera CO· munista e socialista. Il ripiegamento della socialdemocrazia su posizioni di < blocco > con le forze antiproletarie l'ha condotta alla sconfitta. L'eletto– rato - molto meno stupido di quan– to lo facciano i suoi adulatori e i suoi detrattori - ha ora revocato il suo mandato alla socialdemocrazia, affi– dando lo stesso compito al Partito socialista italiano, il quale si è as– sunto l'impegno di assolverlo.· Si de– termineranno le condizioni che ren– dano possibile la reimmissione di que– sta potenziale grande forza demo– cratica e progressista nella cittadella dello Stato? Dipenderà in grande misura dallo stesso P.S.1., dalla sua capacità di autonomia, dalla sua lealtà verso i tre milioni e mezzo di cittadini che l'hanno confortato della loro fiducia. Per noi rimane, questa, una grande speranza. Intanto, il compito e la funzione di Unità Popolare non sono esauriti. PIERO ULEPFI

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