Nuova Repubblica - anno I - n. 2 - 20 gennaio 1953

TJOVA REPUBBLICA RIVO LIA INPERIFERlA L A periferia di Roma è desola– ta. Su di essa può posare i I cielo più limpido: in essa re– gna lo squallore. A poca distanza dai giganteschi templi, dagli im– mensi palazzi vuoti, dai grotteschi e colossali monumenti, sono queste grotte e queste baracche, sulla terra nuda. In e;,se hanno trovato rifugio gli sbandati e ,follati da ogni par– te d"Italia. Al centro di esse sor– gono spesso gruppi di piccole ca– ~e sbrecciate, in file abbastanza re– golari, senza fognature e pavimenti. T à sono state trasferite a forza vecchie famiglie romane di operai .: di artigiani, cacciate dal centro J'Cr dar luogo a vie imperiali. Ac– campati così ai margini della gran– de città e dei grandi avvenimenti, 1,ossono sempre sognare di diven– l.\rne protagonisti. Ma, in realtà, non possono nemmeno prendere ,!ue autobus per arrivare a vedere, con i propri occhi, ciò che là, nelle piazze millenarie, sta avve– nendo. Fra fango e polvere, tra cessi pubblici e posti di commis5ariato, si attendano talvolta compagnie teatrali che si dicono « minime », nel gergo del centro. m1n1m1 ....., G· 1· e . 1u 1etta e Romeo Periferia romana dotti e inutili fasti, i piccoli este– tismi che oggi invano sospirano Eliogabalo. Alla periferia, queste povere e umane rappresentazioni. Si dava Ci11/iellf/e Romeo. Gli attori non erano quelle creature elette e superiori che siamo abitua– ti a veder apparire sui grandi palco– scenici. Erano creature umane come il loro pubblico, così asservite dal– la vita, ma con un tale nascosto fondo di purezza. Giulietta non era splendente· se non nella fanta– sia shakespeariana dei suoi accen– ti (in verità, le doti fisiche ed ar– tistiche d'eccezione, prima o poi trovano sempre un buon compra– tore) e Romeo non appariva appar– tenere al nobile sangue dei Capu– le.ti. Ma, in fondo, nulla si oppo– neva a credere anche a ciò che non appariva, ma che si doveva sentire e che doveva traboccare. a noi solo per disporre di noi o completamente a loro favore o per scagliarci contro i loro riv.1li. I.oro sono là, comandano le leve per far funzionare immani macchme stataii e dottrinarie, e ridurti in schiavitù, proclamando la tua libe– razione. Vorrebbero app1opriarsi di tutto, quei bei mostri - anche la bellezza e la forza poss•Jno com– prarsi - che parlano in modo da non farsi intendere, e a cui non potrai mai rivolgere la parola, tanto sono ovattati da coorti di segretarii. E certo, vorrebbero pe– netrare proprio nel nostro intimo cantuccio, guidare con confessioni e autocritiche ogni minimo battito de.I cuore, prescriverti gli slanci dell'animo secondo ricette. No. L'amore di Romeo per Giu– lietta e di Giulietta per Romeo, non conosce leggi. Conosce sol- tanto gli ostacoli, abbietti ostacoli materiali che potranno condurre alla morte, mai alla sconfitta. Non conosce c9nfini, non conosce ele– menti esterni di stimolo: è il solo elemento della vita ad avere un assoluto, uno sviluppo naturale che perciò si farà anche storico, il solo a possedere entrambe le facce della vita, nel tempo della storia, nello spazio del I" evoluzio– ne fisiologica. La vita del lavoro non può non seguire e tecordarsi in fusione con la vita naturale dal seme al frutto, ed entrambi !unno una sola ragione d'essere: nel– l'amore, che in un continuo scam– bio, va da quello dei due amanti di Verona a quello del cantico del– le creature. f: vero, c1uell'amore di– venne morte - e no, vediamo _gli avvenimenti della tragedia farsi sempre più cupi sull'angusto pal– coscenico, più rare divenire le loro già brevi oasi di felicità. Ma è pure l'amore il solo a poter so– stenere la morte, a darle ragione d'essere: perché !"assoluto non può toccare che il suo infinito nulla. e alla piena della passione non c'è altro sbocco. La morte del re– sto, non fa che restituirci all'infi– nità degli esseri viventi. Per la gente della peri feria l'amore, anche se tanto combatte con la fame ha pure questa real– tà, la dolcezza degli addii infiniti di Romeo e Giulietta (una vicenda italiana: e così resta con Shake– speare, così aderente a un dramma ital iano che si perpetua e s' incru– disce). Vogliono trascinare questa gente di qua o di là, per esalta– zioni che si riveleranno mortifi– rnzioni, a sacrificarsi per questo o quello degli idola spems. Biso– gna scegliere, affrettarsi, credere nonostante. tutto. Se non si è da 7 questa parte si è forzatamente da 9uell' altra. Perché' Rifiutarsi sign iftca es~er~ fuori dal mondo, dicono, non misurare la realtà, non capire la necessità del compromesso. Perché? A quel– Ii del centro, con il codazzo delle infinite burocrazie, e clienti sempre pronti a comprare, a prezzi natu– ralmente di assoluta liquidazione, si risponde con un chiaro rifiuto d"obbedienza. Quello che conta è che l'amore divenga sempre più forte, and1e se costringe ormai gli amanti al veleno. lasciat~ d,e srnr rano finalmente lacrime sul volto patito di questi spettatori: sono esse che li condurranno alla pro– pria liberazione, al senso positi– vo di un compito quotidiano, di un sentimento puro, alla propri,1 assoluta indipendenza morale .. GI, organismi statali e sociali, restino un mezzo, non un fine per altri fini. La lotta per il pane non im– plica l'asservimento. Nulla negli impulsi umani deve essere sacri– ficato. Gli attori di 9ueste compagnie «minime» vagano così, per un'i11- tera esistenza, attraverso gli uomi– ni della periferi~ che sono poi gli uomini stessi, meno piccoli nu– clei che se ne distaccano per al ie– narsi e alienarl1. I loro drammi so– no per il loro pubblico, e signifi– cano ogni volta come debbano mantenersi integri e puri i senti– menti, come debbano trovare fron– de e fioritura. C'è tanta presun– zione dall'altra parte. E una sem– plice realtà da questa: in queste baracche abita quel teatro dramma– tico che penetra nella vita dell'uo– mo, le dà figura. Ciò che di esso interviene nella vit1 dl"ll"tnnanità. che è la sua storia. Capita anche a questi uom1111 in platea di dover recitare. Capita a tutti, una volta nella \'ila. Ricor– do c1uando feci ricorso ad operai, ad artigiani, a contadini, per uno spettacolc dove occorreva esscrè realis\i all'estremo, in talune pic– cole parti e portare se stessi diret– tamente. Recitare era per essi una missione e una gioia: come un cul– mine, che raggiungessero e da cui potevano spaziare lo sguardo. VITO PANDOU'l Non trovano mai locali. Perciò rizzano tende come i circhi, espon– gono cartelli scritti a mano con il programma della serata - nuovo ogni sera - e recitano, a prezzi d'entrita minori di quelli del ci– nema locale, perché sanno che il loro spettacolo è perfino inferiore a quello, per una certa opinione pubblica. A volte riescono a strin– gere accordi con le autorità locali, a penetrare fra mura di veri e propri mattoni, dove il freddo be– ne o male deve fare sosta. Oppure a farsi una struttura moderna di spettacolo «viaggiante». Se si ec– cettuano alcuni casi sporadici, tut– to ciò è provvisorio. Abbandonati da dio e dagli uomini, questi co– niici conducono u·na dura vita, tor– mentosa e perseguitata dalla mi– seria qu3nto quella del loro pub– blico, di cui per anni ed anni van– no all'incontro, da queste perife– rie alle borgate sperdute fra i mon– ti del oord e del sud, a quelle frazioni dove nqn osa giungere neppure il cinema. E in comune con il suo pubblico hanno la pre– sunzione di colpabilità dinanzi a ogni potere sia statale d,e reli– gioso. Perché il povero, si sa, na– sconde sempre la stoffa di un delin– quente. Tanto di più, poi, se eserci– ta una prof ession e così vana e mercenaria come quella dell'atto– re (purché. s'intende, i compensi non siano davvero alti: allora le attricette che mostrano seni vengo– no ricevute dai presidenti delle repubbliche). Le seggiole scricchiolavano. ragazzacci - qui per qualche an– no si fà gli spavaldi, per avere almeno uno spreco - finalmente tacevano, masticando noccioline, americane e cbewing g11111. Donne e bambine stavano compunte. Gli uomini ai margini della tenda guardavano un po' assonnati, ora che ci si inoltra nella notte, e un po' scettici sulla passione che si veniva sviluppando, là, tra la car– ta dipinta e oscillante a una lieve corrente. ! vero, tutto ciò appar– tiene alla giovinezza, - sembrano pensare. Ma cosa sono mai quegli anni) O una guerra o una crisi economica se li porta via con sé come foglie secche, e resta soltan– to l'assillo della miseria. GIRARROSTO ·Nonostante le rivoluzioni, e pas– sata la prima burrasca, al centro siedono i brevi cerchi di privilegia– ti, fra cui al più avvengono dei_ cambii (spesso predisposti), e alla periferia, ignara e spesso beffata, vive la periferia della popolazione, in' seno alla qùale tendono a for– marsi altri piccoli centri. Al centro gli spettacoli d'arte stipendiati col pubblico denaro della periferia, i Lo sapevamo un tempo che l'amore era rivolta, libertà, come quelle dei due sventurati amanti. Rivolta, perché esprimeva il no– stro di ritto alla nostra persona, perché non pass,1va attraverso nes– sun consenso statale o religioso, attraverso nessuna dottrina. Perché era una cosa nostra, su cui nessuno poteva mettere le ma– ni e distrarlà per i propri scopi, agitarla, farla affaticare per conto dell'ambizione o della ricchezza. Loro sono al centro, e ricorrono Il birittobell'intolleran3a 111 1111a delle la/Ile mo11re organiz– zale dura,11e la Settima11a del Libro (va bene: come ,·espingerla? ma ben altro ri v110/eper le sorli del libro e della cultura!) fig11ra1 1 ano, ovviamenlt, opere di 11a1ura ffatlo diversa. Ma il « co111111bilJ » ha urtato la J11sce11ibi– lità di 1111 libraio cattolico il quale, un po' a diJ1anza, ne ha tratto q11e110 sfogo, sollo forma di /mera f/fie,·ta. per 101 q11otidia110 li11or11eie: « ... 1i può, 1i dere conouere il pensiero degli 110111i11i, JarJi una r11l– t11ra, ma quando 1i ha già 1111 pensie– ro proprio e be11saldo: 11011 si può, 11011 si deve propagare q11al1111q11e idea, in 1111 perico/010 miuuglio di t•erità e d'errori, a gente 1provved11ta e per– ciò più fari/e preda del 'errore... Ciò che 1,•acontro la rivelazione, va contro 11 uomo. Non e1i110110 altri Jermini di confronto e come libraio callolico avrei preferito 11011 e1porre i miei libri, pi11110J10 che col/abora,·e, anche i11di– rel/ame11te,ali" dif/11sio11e de/l'errore». Q11e1t 1 ultimo è 1pano a piene 111a11i - ne fa fede l'esemplificazione in a/Ira parte della le11era - da genie come Ca.-lo Marx, Be11ede110Croce ed Er– nnto B11011aiuti. Eppure il medesimo libraio, con no– tevole improt11it11di11e, 1011ient all'i,,i. zio del s110sfogo che « si r,spira bene, in Italia, grazie a Dio, e 101ci11adi110 italiano può liber(l/nente i11/on1u1rsi 111/ pe,11iero e J11/le ope,·e di ogni uomo 1 1 i11ente o 11ÌJ11110: è il 1·e1piro della civiltà». Si capiJCe: la civiltà 11011 ha ,1111/aa che fa.-e con Ma.-x, Croce, 811011ai111i ecce/e,-a eccetera. €segesl critica Da Giovedì, 1111 se11ima11ale di f,111ie di idee - peraltro mollo bene « ispi.-a– to », - la 1101t,·amalignilà coglie que– sta perla: C. « come incisore, 1i dimo– J/ra Ja/me111e a/1p.-ofo11dito nell'arte del– l'incidere,da darci l'impreuione ch'egli co111eg11a q11a1i1olta1110 il riJultato co11- 1e11uti11icoed espreuiro del 1110 la– t•oro, attraverso l"arduo cammino del– l'incisione». Abbiamo capilo 111110. Nel 1111mero 111cce11i,,o,altre perle ancora, r•erso la fine di llll nte1111a111e perio– do: il pittore S. « ... accetla, maga,-i 1ole1111izzando,/lllti gli i,11eg11anzenti che il g111to e la cult11,-"di ,m buon artÌJJa, 11011può 11011 ignorare e 1pe– riment,1re in se stesso (ombre dei gram– matici Ì1I fuga.I), anche quando si sap– pia imporsi (sic) con ,ma perso11ali– ltÌ ecc.». La firma, in ambedue i ca1i, è di G11glie/1110 Petroni, che p11r qualcosa di b110110 aveva fallo s11bi10dopo la guerra, fra la lieta sorprtsa di q11an1i u~ rico,-d,nu,10 lo 1tilico 11illicidio d, letterato arcade. Et ,denlememe anche il Petroni torna ai pa11ali amori e 4,al mondo dot·e ,i wff,·e e .ri lolla (il mo11do è u11apri11io11ei) si rifugia an– cora una 1·0/ta nel « gia,.dinetlo diJi,1- jeJJato >> di c,11"111a,do1'e può e11erci di 111110 (dall'arzigogolo JJiliuico al– /' errore di grammatica), 1aho un trfl– uurabile acce11orio: l'uomo. Si ,•edano, a querto p,·oposilo, anche le co/01111e di 1111 al1ro se11i111a11ale iJpimti11i1110, La Fiera letteraria -. do,·e il Pe– troni eccelle o,.mai da hof,po tempo per le 111e1q11i1ileragnatele rr11iche. D',1/tra parte, noi 11011 a la prendi.1- 1110 con la per1011ad, Pe1ro11i.Se qui la mftliamo nel grrarroJ/o è perché Pelroni at'eta /litio e u,itlo co1e 1e- 11e, durante e dopo la Resilienza, e ci d11pillce 1ederio ritornare nei panni di 1111 abatmo. Sopra/Ju/Jo lo citiamo, /,e.-ché ti suo caso è esemplare del/'i11- rol11zio11ea cui 1a11110 i,uonl,.o oggi quexli stè11i 1crit1ori che, 11011 molti a11111 fa, 1e111bra1·a110 guflrÌli e pentiti di quella sifilide arcadica che sempre ha i11fe11ato il corpo della m/lt(,•a il"· lit111a.Se (l/tri elememi 11011 ci Jo11el'O, basterebbe q11eJ/oritorno dei lellerati i1"lit111i ai loro cari trastulli, per f1ro– ••a1·e che il clima poli1ico è ben cam– biato in Italia da] '45 ad oggi! Il: CUClnlE!RE

RkJQdWJsaXNoZXIy