Lucio Susmel quelli del raggiungimento dei centri di consumo, a quelli della distribuzione degli impianti, in modo da valorizzare la rete di oleodotti e di gasdotti, e a quello della distribuzione combinatamente con le disponibilità di altre risorse ». Ma la Sangro-Chimica di Chieti, che vuole installare la raffineria di petrolio a Fossacesia, non trova qui né il porto, che dovrebbe essere surrogato con propaggini sovvertitrici della biologia marina, dei -flussi naturali e dell'estetica, né infrastrutture o altri impianti tutti da costruire, né un oleodotto già in opera, tant'è che si sarebbe costretti a mettere a soqquadro monti e foreste per interrarne uno apposito nel quale esportare dall'Abruzzo il prodotto raffinato, destinato a rifornire i serbatoi di Pomezia. A Fossacesia la Sangro-Chimica trova invece un mare pulito e una ridente campagna che, mai più imperiosan1ente di oggi, definiscono la vocazione econon1ica del litorale e del suo retroterra. Con questa logica, con questa superata concezione che non ammette « progresso » senza « sviluppo tecnologico » ad oltranza, che spregia di fatto il valore di preziose strutture naturali non trasferibili - a differenza dei manufatti - da una sede all'altra, si pretenderebbe di far violenza all'ambiente e di sopraffare la volontà popolare, calpestando, come ha sottolineato « Italia nostra», anche i diritti sanciti dalla costituzione della Repubblica Italiana. Innegabile è che, in cambio di discutibili vantaggi, deriverebbero alle sagge genti del Sangro guasti irreparabili. Si può onestamente dire che per il Sangro le « diseconomie », pur se solo parzialmente valutabili in termini monetari, e tuttavia non meno importanti, sarebbero rovinose; e, in un Paese .che già produce più benzina di quanta ne consumi, possono solo moltiplicarsi i dubbi sulla convenienza di impianti, così ubicati e concepiti, anche in termini di bilancio puramente economico, specie se nel « passivo » devono essere inclusi i costi per contenere gli effetti contenibili degli inquinamenti. Siamo, inso1nma, di fronte ad uno dei tanti esempi del disordine dilagante nell'amministrazione del territorio, di un ennesimo tentativo di devastazione suicida delle poche risorse ecologiche superstiti, in nome di una forma di tutela, non richiesta e né voluta, del benessere della collettività, ormai giustamente sospettosa di approdare al deserto dopo una effimera e spossante galoppata a cavallo dell'indust•rializzazione. Sarà difficile accusare di miopia o di egoismo i poteri locali che cer~ano di sbttrarre alla distruzione la loro casa anche per tenerla aperta a ogni cittadino che ne sappia apprezzare la bellezza e la pulizia, il che · non significa - sia chiaro - alcun rifiuto preconcetto, né alcuna incomprensione dei bisogni della società: significa anzi esattamente l'opposto. 58
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