Nord e Sud - anno XX - n. 158 - febbraio 1973

Marxisnio e anarchismo: un dialogo difficile cora sulle basi della vecchia società, e perciò dà ancora al movimento delle forme politiche che più o meno le corrispondono », non avendo esso ancora raggiunto quella organizzazione definitiva che in un secondo tempo renderà superflui i mezzi di cui si è servito per la propria liberazione. Come si vede, la questione resta al punto di prima e a Marx va dato atto soltanto di una dose elevata di realismo, di cui talora Bakunin appare singolarmente privo. Necessità dell'organizzazione, insiste Marx, e certezza della sua provvisorietà: ma intanto, obiettava Bakunin, « al governo dell'immensa maggioranza delle masse popolari » vi sarà una « minoranza privilegiata », la quale non rappresenta già il popolo, bensì se stessa e le proprie pretese di volere governare il popolo: Chi può dubitare di ciò - concludeva - non sa niente della natura umana». Di fronte a quest'ultima osservazione, Marx che pure l'aveva trascritta negli appunti presi dal libro di Bakunin, si limitava a censurare « il delirio » del suo autore « a proposito del dominio »; e rilevava che Bakunin non si era evidentemente mai chiesto quale forma potessero, o dovessero, assumere « le funzioni amministrative » dello Stato proletario, lasciando così cadere la questione di fondo. Ma il problema che Bakunin poneva era veramente grosso: esiste infatti un « potere » disposto ad « autoeliminarsi »? Può darsi che Marx e Lenin lo credessero veramente; Bakunin evidentemente no, e non aveva tutti i torti. Diceva Giambattista Vico che « è proprietà dei forti gli acquisti fatti con virtù non rilasciare per infingardaggine, ma, o per necessità o per utilità, rimetterne a poco a poco e quanto meno essi possono». Marx, che a quanto sembra era a conoscenza dell'esistenza dell'opera vichiana non aveva forse mai letto (o riflettuto su) questa proposizione: la quale, pur nel senso restrittivo in cui è adoperata dal suo autore, proclama l'eterna e tragica verità della scarsa o nulla disponibilità dell'uomo a cedere di ciò che è in suo possesso. Bakunin, che diffidava dell'uomo, era poco disposto a legittimare una qualsiasi forma di potere che molto difficilmente avrebbe poi rinunciato ad essere tale. Molto prima di Sartre (il quale lo ha detto dopo che !'.esperienza storica lo aveva largamente dimostrato), Bakunin aveva compreso che la « dittatura del proletariato » rischiava di trasformarsi in « dittatura sul proletariato». E alla tesi marxiana, che in ogni caso quella minoranza sarebbe stata di « la-· voratori », rispondeva che sarebbe stata invece di « ex-lavoratori, i quali non appena divenuti governanti o rappresentanti dal popolo, guarderanno il mondo del lavoro manuale dall'alto dello Stato ». L'elemento utopico che la dottrina di Bakunin pure contiene - e contro il quale si appuntavano le critiche di due formidabili realisti 117

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