Sebastiano Di. Giacomo sforzo fisico del lavoratore al· fine di - promuovere -il riarmo dell'Europa occidentale ».. L'immobilismo· della· CGIL non era dovuto soltanto a preoccupazioni ideòlogiche- e politiche, ma anche alla scarsa ·comprensione della nuova realtà sindacale--. Essa mancava di- capacità di analisi e di iniziativa verso ·i gruppi industriali. Uno -schematismo 1 hella richiesta di aumenti salariali; una disorganicità delle così numerose rivendicazioni, un certo·« spontaneismo»-· nelle agitazioni, portava il sindacato, a perdere i contatti con i reali problemi ·del mon-do del· lavoro. La CGIL co,nduceva· una lotta per la contrattazione a livello nazionale, in modo da ottenere ·un aumento salariale generale e sistematico, cioè indistintamente un aumento per tutte le categorie -dei lavoratori, cercando di stabilire dei tassi massimi ·salariali. Il più delle_ volte, gli operai -erano cl1iamati a scioperare per rivendicazioni che il padronato aveva da tempo soddisfatte, sia _pure con buste paghe «extra». In generale, le analisi della CGIL erano adeguate al settore piµ arretrato del-- l'in·dustria; mentre non si era formulata una politica relativa al settore più avanzato e dinamico. Di fronte al Piano Scht1mann, la posizione cont,raria della CGIL è stata radicale, violenta e sterile. Riferendosi al Trattato -della CE.CA, si arrivò a parlare addirittura di « carattere antinazio·nale e di ab·dicazione alla sovranità economica e politica italiana». In un discorso complicato e pseudotecnico, si dichiarava che il Trattato era incostituzionale e rovinoso per l'avvenire del paese, e che avrebbe rappresentato la condanna a morte delle imprese siderurgiche italiane. Ora, è per.fino inutile criticare -affermazioni del .genere. Basti dire che la produzione di acciaio nazionale -è passata dai 2,3 milioni di to-nnellate nel 1950 ai 16 -milio,ni circa di oggi, soddisfacendo per la prima volta il consumo interno. Ancora nel 1956, « Rassegna sindacale·», la rivista della CGIL, sul rilancio europeo dava questi « giudizi »:· « I rappresentanti ·di alcuni partiti -·della '•piccola Europa 'déi sei ' ...:.._ scrivevà - .hanno costituito, -come. è noto, Ul1 co,mitato per l'ennesimo 'rilancio europeo', di quell'europeismo talmente esangue e screditato che, ci chiediamo, chi potrà p,renderlo ·sul serio?.~. Vuol ·dirci l'on.· Pastore un solo accordo europeistico a sei che sia servito :ad -alleviare la disoccupazione in Italia, a migliorare le· condizioni dei nostri lavata- -tori .nelle -fabbriche ~ nelle campagne?». Ma, a partire· dal 1957, la politica dei •sindacati -e specie quella della CGIL, comin·c~a a _cambiare e a indirizzarsi verso soluzioni unitarie. Di fronte ai nuovi pro,blemi comunitari, la CISL· e la UIL, p·ur dichiarandosi decisamente favorevoli all'integrazio,ne economica· dell'Europa :e --quindi al ·MEC, avanzano già alcune notevoli riserve in -merito alle conseguenze negative che gli accordi di Ro·ma avranno per l'economia agricola in generale ·e per -il -1\tlezzògiorno in particolare, e i11inerito ad una perico1o,sa diffusione dei cartelli indu·striali nella Comunità. La CGIL, d'altra parte, non assume più una posizione ostile verso il MEC, come era avvenuto per la CECA. Se nelle sue -tesi c'è ancora un -·rimasticamehto della critica comunista (l'integrazione con1e so-lidarietà al colonialismo francese e rafforzan1ento -·della politica del 68 Bibliotecaginobianco
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