I Il potere e la piazza consumavano giornalmente nella provvidenziale assenza, oppure di fronte agli sguardi indifferenti, quando non con l'attiva collaborazione, delle forze dell'ordine. Si celebrava quella che esattamente venne definita la controrivoluzione postuma e preventiva; ed essa fu opera - se pure preterintenzionale - di Giolitti, di quel Giolitti che, vittima cinque anni innanzi delle giornate di maggio, ripeteva ora lo stesso giuoco stolto e pericoloso di Salandra. Dice a questo proposito uno scrittore liberale, Panfilo Gentile: Quanto questo piano fosse imprevidente e come esso dovesse risolversi nel noto detto della biscia che morde il ciarlatano, lo dimostrano i ·fatti.. Ma più ancora della imprevidenza va sottolineata la p1rofonda immoralità. In definitiva esso si riduceva a sostituire il carabiniere col sicario. Lo Stato poneva riparo a una sua abdicazione con un'altra abdicazione. Il Governo chiamava in suo aiuto il banditismo politico e a questo rimetteva i còmpi ti che gli spettano. Purtroppo non può sussistere il minimo dubbio che la carenza statale di fronte alle violenze fasciste non fu dovuta a impotenza, ma a calcolo, e fu calcolo di Giolitti e del suo sottosegretario agli Interni, Camillo Corradini, allora molto influente presso il Presidente 20. Giolitti si illuse di porre rimedio alla situazione inco•ntestabilmente grave mediante un'operazione che fu il più grave errore della sua lunga carriera politica. Nell'adoperare il fascismo in funzione di castigamatti delle organizzazioni socialiste, apparve opportuno allo statista piemo11tese non oltrepassare certi limiti, poiché, se i socialisti fossero rie11trati nell'alveo del suo sistema, i fascisti ne sarebbero rimasti fuori. Occorreva dunque ricondurre anche il fascismo nell'alveo, col trasformarlo in un fattore della legalità ufficiale e manipolandolo quale innesto di vitalità dell'appassito tronco del sistema liberale. Ma questa volta Giolitti sbagliò i conti, e li sbagliò perché non comprese la reale natura del fascismo, né l'indole del suo capo. Non comprese, in buona sostanza, che il fascismo era costituzionalmente sovvertitore e antinomico e non si sarebbe mai potuto inserire nei termini di una dialettica che lo trascendesse. Perciò col pretesto che la Camera eletta nel 1919 non fosse sufficientemente rappr_esentativa, ne chiese e ne ottenne lo scioglimento, indicendo nuove elezioni, ove i candidati fascisti si presentarono in quello che venne chiamato il « listone », perché vi comprendeva liberali, radicali e democratici di tutte le sfumature. Sperava Giolitti con questo espediente di falcidiare le liste socialiste e popolari; 20 P. GENTILE, Cinquant'anni di socialis1no in Italia, Ed. Longanesi, Milano, 1948, pp. 146-147. · 111 Bibliotecaginobianco
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