Nord e Sud - anno XI - n. 59 - novembre 1964

Rosellina Balbi rano molte ore alla settimana fuori di casa sbrigano le faccende dé)mestiche - alle quali la casalinga « a pieno tempo » dedica ancora sessanta ore settimanali, in metà tempo. Ed è superfluo osserv~re che. l'atmosfera di calore e di sicurezza che una donna dà alla casa « dipende dalla sua personalità, non dalla sua scopa o dai suoi fornelli. Per la donna, trarre un senso di soddisfazio-ne e di creatività dai molteplici mo·notoni compiti che sono, il suo destino quotidiano sarebbe irrazionale quanto per un operaio che lavori alla catena di montaggio lo· sarebbe il credere d'aver creato un'automobile perché ha stretto un bullone» (R. Lynes, citato nel libro della Friedan). Come risolvere, dunque, il problema delle donne? Privarle dell'istruzione, per meglio adattarle al rt1olo della casalinga, sarebbe lo stesso che - po-niamo -avviare i bambini negri al mestiere di lustrascarpe, per meglio adattarli alla segregazione razziale. È tuttavia cl1iaro che non esistono· soluzioni facili, e questa è anche l'opinio,ne di Betty Friedan. È difficile, doloroso e forse anche lungo, trovare una soluzione individuale: « prima di tutto, si tratta di rifiutare recisamente lo stereotipo della casalinga. Ciò non comporta il divorzio, l'abbandono dei figli, la rinuncia alla casa. La scelta non è tra matrimonio e carriera; questa era la contrapposizione errata della mistica della femminilità >>. Come primo passo, bisognerà vedere nel lavoro casalingo non una professione, e tanto meno una missione, ma soltanto un compito da portare a termine nel modo più rapido ed efficiente. Il secondo passo è quello di vedere anche il matrimonio in una prospettiva più giusta, eliminando da esso ogni « patina ·di retorica». Il matrimonio e la maternità sono tappe importanti nella vita di una donna; ma non rappresentano il punto di arrivo, il definitivo approdo. « Il solo modo· in cui la donn.a, al pari dell'uomo, può ritrovarsi e riconosc'ersi, è quello di svolgere una propria _ attività creativa. Non esiste altro modo». Poiché, evidentemente, la risposta non pt1ò essere costituita da un lavoro qualsiasi, ma da un lavoro che sia anche un serio impegno morale, i problen1i che ne derivano sono complessi e numero,si; non, però, insormontabili. Se posso-no sembrare tali, ciò dipende dal fatto che moltissirne donne sono ancora immerse a metà « nei falsi dilemmi e nei sensi di coilpa della mistica della femminilità ». Tra queste donne, particolarmente numerose sono le cattoliche e le ebree: giacché, nota la Friedan 1 « l'immagine della casalinga è incorporata nei canoni della loro religione, nei precetti della loro infanzia e dell'infanzia dei loro mariti, e nelle definizioni dogmatiche del matrimonio e della maternità che dà la loro chiesa ». Ad ogni modo, qualsiasi sviluppo comporta dei rischi; questo _particolare sviluppo, poi, contiene anche il rischio - anzi, la certezza - dell'ostilità da parte delle altre donne; le quali, vivendo vicariamente attraverso il marito e i figli, provano risentimento nei confronti della do,nna che ha ·una propria vita (anche percl1é il suo esempio distrugge la loro illusione di essersi immolate ad una ineluttabile legge di natura). E tuttavia, quali che siano i rischi, le difficoltà, le amarezze, non c'è che una sola via da. seguire: _,- cessare di essere « un'isola », e far parte del « continente ». 62 _Bibliotecaginobianco

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