Giuseppe Sacco la reazione nazionalista, e te11denzialmente protezionista, nei confronti dell'iniziativa delle grandi imprese moderne d'oltre Atlantico; reazione che porterebbe gli Stati europei a richiu_dersi in -se stessi e a ·negare la sfida portata dall'afflusso dei capitali americani, bloccandoli alla ·-frontiera.' Ciò significherebbe l'accettazione dell'impossibilità, per mancanza di mezzi e di coraggio-, di tenere il passo con le imprese a1nericane sul piano dello sviluppo tecnologico,- vale a dire nel campo degli investimenti per la ricerca ap·plicata; significherebbe accettare la prosp.ettiva di un divario sempre crescente, e quindi di un semp·re più marcato isolamento; significherebbe, in definitiva, chiuderci, per difendere .sotto una campana di vetro strutture economiche sempre più fragili ed arretrate. È facile vedere dove porti questa via: al rapido passaggio dell'Italia nella categoria dei paesi sottosviluppati. L'opposta posizione, quella di lasciar liberamente affluire i capitali stranieri, può portare, almeno nel caso dell'Italia e della Francia, al trasferimento negli Stati Uniti dei centri di decisione ·economica, scientifica e- in parte politica e alla trasformazione dell'Italia in una « provincia» periferica di una grande unità economica, la cui « mente » sare"~be situata sulla costa orientale d'America. Una terza soluzione è, tuttavia, possibile, in un quadro non più nazion-ale, ma europeo. Solo in una prospettiva contine11tale ed· unitaria, infatti, I è possibile accettare la sfida posta all'economia europea, ed indirettamente all'indipendenza delle unità politiche europee, dalle socìetà americane, le quali hanno effettivamente dimensioni confacenti al mondo moderno. Qualche indicazione confortante è venuta dalle vicende degli ultimi mesi, come la fusione, annunciata quasi contemporaneamente alla notizia dell'acquisto della Ferrania da parte della Minnesota, della società tedesca Agfa _ con la belga Gevaert. In genere·, tuttavia, la maggior parte dei raggruppamenti più o meno direttamente determinati dalla reazione all'afflusso dei capitali americani, sono stati compiuti nel quadro nazionale- e in un èlima chiaramente impregn-ato di « nazionalismo industriale ». I più importanti accor:di si sono infatti avuti tra società ·dello- stesso paese: Cittoen e Peugeot hanno creato in comune uno stabilimento destinato alla fabbricazione dì parti di automobili allo scopo di• rifornire entrambe le società; in Germania, le acciaierie dei gruppi Thyssen ·e Phoenix Rheinrohr hanno realizzato, coalizzandosi, il più forte complesso produttore di acciaio della -Comunità europea: ancora in Germania, · è stato nei giorni scorsi· annunciato un accordo di cooperazione tra la Volkswagen e la Daimler-Benz per potenziare la piccola società bavarese Auto Union, e già si parla di una coalizione- tra la BMW, la Glas e la NSU; le quattro principali banche olandesi, infine, -sono sul punto di raggrupparsi a due a due. Quanto all'ampiezza del fenomeno, essa è ·stata ben indicata dalla cifra di quattrocento fusioni, ed operazioni analoghe, realizzate in Francia negli ultimi tre anni. N·ettamente meno numerosi ed importanti sono invece gli esempi e i progetti di fusioni inter-europee. -Alcune di queste operazio,ni hanno, anzi; incontrato opposizioni sia da parte degli ambienti economici,. cl1e dei governj 56 . •Bibliotecaginobianco
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